RENZI AL POSTO DI LETTA: L'UNICA STRADA PERCORRIBILE

di Paolo Quinto

Credo che un Governo Renzi sia in questo momento una strada percorribile e obbligata. Non si tratta di staffetta come molti erroneamente dicono ma di mutamento del quadro politico nel quale entrerebbero in maggiornaza Sel e parte dei dissidenti M5s. Ho sempre sostenuto, fin dal primo giorno post elettorale che l'unica strada erano le riforme brevi e poi il voto, oggi rimango della stessa idea.

Se Renzi sarà in grado con la sua azione di Governo di portare a compimento quelle minime riforme necessarie bene. L'alternativa a questo schema oggi è votare subito con un proporzionale secco ed un'unica preferenza, il che sarebbe un suicidio politico. La politica vince sempre, e consiglio ai tanti esegeti di meditare prima di lanciarsi in sterili congetture che puntualmente i fatti smentiscono.

In politica non c'è posto per i talebani integralisti e quando essi trovano posto allora sì che si assiste alla fine della politica. Per fortuna Renzi, il quale storicamente non proviene da movimenti extraparlamentari ma da solide scuole di partito, ha di questi esegeti la mia stessa opionione (almeno su questo).




F35, ECCO PERCHÉ NON ACQUISTARLI

[ Pubblicazione speciale dell'editoriale di oggi 28/06/2013 su L'osservatore laziale versione Virtual Paper ]

 

Paolo Quinto

Uno dei principali temi politici di questi giorni è relativo agli ormai famigerati F35. Dopo accese polemiche tra il fronte del si all'acquisto e quello della sospensione si è arrivati ad una posizione di mediazione attraverso la presentazione in Parlamento di  una mozione in cui sostanzialmente si rimanda ogni decisione relativa all'acquisto di nuovi caccia solo dopo un attento esame parlamentare.

La mia posizione negativa sugli F35 è nota da tempo, vorrei però, senza entrare nel merito di un dibattito meramente ideologico, cercare di analizzare criticamente la questione da un punto di vista squisitamente di politica industriale.

Le capacità militari della nostra Aeronautica oggi sono garantite da tre diverse linee di volo con distinte  caratteristiche: AMX, Tornado, Eurofighter,  F-16 Harrier. Il programma JSF(F35) dovrebbe sostituire AMX, Tornado e Harrier che sono ormai obsoleti.

La sostituzione di queste 3 linee di volo è una necessità reale della nostra Aeronautica, si tratta di valutare se esistono alternative al Jsf, specie considerando quali saranno i compiti che verranno affidati alle nostre Forze armate nei prossimi 15-20 anni.

Il JSF  è un programma che sta continuando a registrare consistenti problemi di progettazione e debolezze strutturali ingegneristiche che hanno determinato slittamenti del calendario previsto oltre a un aumento dei costi.

A causa di questi problemi si sono ritirati o hanno sospeso lo loro partecipazione al programma i seguenti Paesi: Norvegia, Olanda, Danimarca e Canada. La Gran Bretagna ha falcidiato le previsioni di spesa (ne doveva comprare circa 130, oggi ne vuole 20); persino gli Usa stanno valutando l'annullamento della versione «B», a decollo corto e atterraggio verticale, che interessava la nostra  Marina.

Al momento il costo per l’Italia è valutabile, come stima prudenziale, intorno ai 110 milioni  di euro per apparecchio, esclusi i  costi per il munizionamento e gli ulteriori costi per l’adeguamento delle strutture logistiche destinate ad ospitarlo e per la formazione del personale.

Il Joint Strike fighter F-35 è un jet multi-ruolo, con queste caratteristiche: capacità di attacco al suolo, funzione "stealth" (bassa visibilità radar), dotato di altissima autonomia e in grado quindi di svolgere missioni di proiezione in teatri lontani dal nostro territorio. Sono caratteristiche di un aereo progettato al tempo della guerra fredda, e restano forti dubbi sulla necessità di questa tipologia di aereo in rapporto alle esigenze strategiche delle nostre Forze Armate.

Le ricadute industriali e tecnologiche sulle imprese industriali coinvolte italiane sono  molto limitate; nello specifico dell'industria della difesa la strategia di sviluppo, deve essere vista nell'ottica del modello europeo di difesa, la sola opzione in grado di permettere una riduzione dei costi,  un aumento dell’efficienza del sistema di difesa e uno sviluppo del nostro sistema industriale. Vale la pena di ricordare che, con riferimento al nostro settore della difesa e dell'aerospazio, è estremamente urgente elaborare un quadro strategico di politica industriale di lungo periodo, la cui attuale insufficienza rappresenta uno dei fattori di crisi del sistema produttivo italiano. Questo al fine di salvaguardare il patrimonio industriale, produttivo e occupazionale di aziende che rappresentano il nostro Paese su scala mondiale in settori strategici e a forte componente innovativa (vedi Alenia e Ansaldo ad es.).

Tornando al progetto JSf, le ricadute industriali, consistono nell’attività di assemblaggio delle semi-ali che verrà realizzata a Cameri. L’attività in questione, dal punto di vista tecnologico e occupazionale è estremamente povera. I dati reali dicono che verranno occupati circa 600-800 unità di personale, e nemmeno si tratterebbe di  nuova occupazione, in quanto sarebbero  in larghissima parte sostitutivi di quelli che oggi lavorano alla linea Eurofighter. Un segnale ben diverso sarebbe lanciare un progetto europeo che avrebbe ricadute tecnologiche, di know-how e occupazionali nettamente superiori. A questo proposito è utile ricordare a titolo esemplificativo che nel progetto Eurofighter siamo co-produttori, mentre nei progetti a guida Usa, tutte le nuove scoperte, i brevetti, il know-how che si realizza rimane di esclusiva proprietà statunitense. Dunque, se proprio si vuole rafforzare la difesa aerea italiana esiste un’alternativa valida che consiste nel rilanciare il progetto Eurofighter, che servirebbe a soddisfare le esigenze delle nostre Forze Armate,a risparmiare risorse e avere maggiori ricadute tecnologiche e industriali, infine rilancerebbe l’industria aeronautica e della difesa europea e la stessa politica di difesa comune europea. Questo sarebbe un fattore di importanza epocale, per la crescita del nostro sistema industriale del settore e per una occupazione di quantità e qualità elevata e per contribuire sempre più a rafforzare il progetto di costruire un Europa forte e indipendente anche da un punto di vista tecnologico. Per chiudere non fa male ricordare, che quando finirà la missione italiana in Afghanistan non ci saranno più missioni di ampie dimensioni e, sopratutto, che il nostro sistema di difesa deve essere orientato al progetto di peace-keeping piuttosto che a quello di offensiva.




NELLA MORSA TRA GRILLO E SCELTA CIVICA

Angelo Parca

La mission Senato a Monti probabilmente in cambio di voti per il Quirinale già suscita numerose critiche nel centrosinistra, soprattutto dall'interno stesso del Pd dove si teme che un possibile accordo Bersani – Monti, e quest'ultimo ha bocciato una possibile intesa Pd – M5s, possa far implodere lo stesso partito dove i dissidenti di un governissimo crescono ad ogni ora che passa.

Bersani non può e non dovrebbe svendersi in favore di un tecnico prestato alla politica che, come detto più volte, si è sfilato il loden per fornirci un quadro ben chiaro di cosa non ha fatto durante il suo governo tecnico, sostenuto da tutti, responsabili solidali dei sacrifici degli Italiani.

Questa nuova legislatura sarà inevitabilmente breve, sei o dodici mesi e si tornerà alle urne. Grillo non sente nulla, non scende a compromessi e il Pd? Il Pd se mai dovesse cedere al diktat di Monti che mira al governo di larga intesa senza Grillo, rischierebbe durissime ripercussioni.

Paolo Quinto, già candidato alle primarie Pd 2013 liquida così  l’ipotesi di Monti al Senato: “Sarebbe un suicidio per il Pd pensare ad un esecutivo di larga intesa – dice Quinto – vorrebbe dire riproporre di nuovo quel governissimo bocciato clamorosamente dall’intero elettorato. E’ inaccettabile dare credito ad una politica sbagliata e mi auguro che il Pd non cada nell’ennesima trappola dei montiani che hanno saputo soltanto  infliggere misure drammatiche e di estrema iniquità al Paese proprio contando sul dovere di responsabilità di chi l’ha sostenuto, tra cui il Pd. Ma adesso, dato che Monti si è trasformato in soggetto politico attivo, sostenerlo significherebbe deludere la stragrande maggioranza dell’elettorato del Partito Democratico”. Votare sia alla Camera che al Senato due esponenti Pd sarebbe la ricetta migliore per reagire alla morsa di Grillo e Monti.
 




PRIMARIE PD. PAOLO QUINTO: “IL MIO IMPEGNO PER IL PAESE”

Redazione

Roma – Europa, lavoro, ricerca, scuola, donne. Sono questi i principali punti programmatici di Paolo Quinto, candidato alle primarie del Pd per il Parlamento che si terranno il 29 e 30 dicembre. “Abbiamo sostenuto e ringraziamo il presidente Monti – ricorda Quinto  –, ma l’agenda Monti è l’agenda di un governo tecnico che pure ha lavorato bene in un momento drammatico del nostro Paese. Se il Pd fosse stato un partito cinico avrebbe potuto chiedere le elezioni e vincerle. Invece siamo un partito responsabile e abbiamo accettato i sacrifici richiesti. Ma ora tocca all’agenda Bersani che coniuga tecnicismi e welfare”.
“Dobbiamo avere più Europa in Italia”, è una delle proposte di Paolo Quinto. “Più Europa – spiega il candidato del Pd a Roma – significa più regole e più finanziamenti”. Un tema, quest’ultimo, particolarmente importante poiché il nostro Paese usufruisce poco (e male) dei fondi strutturali dell’Ue. Altro aspetto dirimente del programma di Paolo Quinto è la riqualificazione urbana, al fine di rilanciare quella che è “l’immensa ricchezza urbanistica di Roma”.

Capitolo lavoro, altro tassello fondamentale. “La precarietà – osserva Quinto – è stata spesso, purtroppo, legata al concetto di flessibilità e la riforma Fornero è precarietà. Noi dobbiamo dare certezza ai giovani e inserirli in una struttura di welfare che, una volta trovato un lavoro, garantisca loro un futuro”. “In Italia – prosegue nella sua analisi il candidato alle primarie del Pd – si taglia la ricerca a differenza del resto d’Europa. In Italia, infatti, si investe soltanto l’1% del Pil contro la media europea del 3,6”. “La scuola italiana, dopo il disastro dell’ex ministro Gelmini, vive una situazione drammatica. Non è accettabile che gli edifici siano fatiscenti e che in inverno i bambini soffrano il freddo. Non è accettabile, inoltre, il degrado delle mense scolastiche”. Un ulteriore ritardo che caratterizza il ritardo del Paese è certificato dallo scarso contributo delle donne nel mercato del lavoro. “A causa delle poche tutele e della precarietà – è il punto di vista di Paolo Quinto – noi stiamo perdendo le migliori risorse del Paese. È stato calcolato che reintrodurre nel mercato del lavoro le donne consentirebbe all’Italia di salire di un punto per cento di Pil. Si tratta di una questione così importante che non possiamo affrontarla se non come uno dei primi punti programmatici del mio impegno e del Partito democratico nella prossima legislatura. Su questo aspetto – conclude Paolo Quinto – mi impegnerò personalmente perché è ciò che considero una delle grandi risorse del Paese: le donne”.