Palermo, sequestrato impianto di produzione di calcestruzzi a Misilmeri

I Carabinieri della Compagnia di Misilmeri, con il determinante contributo dei colleghi del Centro Anticrimine Natura – NIPAAF di Palermo, hanno effettuato un controllo finalizzato alla verifica sulla corretta applicazione della normativa ambientale presso un impianto di produzione di calcestruzzi sito nel Comune di Misilmeri.

A seguito degli accertamenti effettuati, i militari hanno deferito in stato di libertà, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese, il titolare dello stabilimento per “apertura di scarico industriale senza autorizzazione” e “attività con emissioni in atmosfera senza la prescritta autorizzazione, tutti illeciti previsti e puniti del Codice dell’Ambiente.

L’area è stata sottoposta a sequestro preventivo al fine di evitare il protrarsi della situazione antigiuridica ed impedire che il reato venisse portato ad ulteriori conseguenze.

Il sequestro è stato convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Termini Imerese.

È obbligo rilevare che gli odierni indagati sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo l’emissione di una sentenza passata in giudicato in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.




Terremoto nel Palermitano: “Paura, la terra ha tremato forte”

“Abbiamo avuto una gran paura, la terra ha tremato forte”, questi i commenti di chi ha sentito chiaramente il sisma.

Una forte scossa di terremo, di magnitudo 4.3, è stata registrata dai sismografi dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia nel palermitano alle ore 6.14. L’epicentro è stato localizzato in mare, al largo di Cefalù.

Il sisma è stato avvertito dalla popolazione soprattutto nella zona delle Madonie, ma anche nel capoluogo in molti sono stati svegliati dal tremore. Tantissime le chiamate ai vigili del fuoco. Fino ad ora non vengono segnalati danni.




Palermo, scoperta serra di canapa in contrada Mulinazzo

I Carabinieri della Stazione di Villafrati, nel contesto delle attività di prevenzione e repressione del traffico di sostanze stupefacenti, a seguito di una perquisizione domiciliare in contrada Mulinazzo, hanno tratto in arresto per coltivazione di sostanza stupefacente, un 57enne del luogo, già noto alle forze dell’ordine.

I militari hanno scoperto nella sua abitazione una serra con 5 piante di cannabis indica di diversa tipologia, alte circa 2 metri.

L’arrestato, come disposto dal Pubblico Ministero di Termini Imerese, è stato posto “ai domiciliari” in attesa dell’udienza di convalida; le piante, che a completa essicazione avrebbero potuto fruttare fino a 8 chili di marijuana, sono state sequestrate nell’attesa degli esami di laboratorio del Comando Provinciale di Palermo.




Palermo, grosso incendio sulla A19

Grosso incendio a 3 km da Termini Imerese sulla A 19 dove ad essere avvolto dalle fiamme è stato il costone che si affaccia sulla carreggiata. Un denso cordolo di fumo ha circoscritto l’area.

Dispiegamento di soccorsi sul posto tra Anas, vigili del fuoco e polizia di stato. L’incendio si è sviluppato all’altezza della centrale Enel. Traffico in tilt, si procede a passo d’uomo




Palermo, arrestati per corruzione un ex funzionario del policlinico “Paolo Giaccone” e un imprenditore

Mazzetta da 260 mila euro

Su delega della Procura della Repubblica di Palermo, i Finanzieri del locale Comando
Provinciale e i Carabinieri del NAS hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal
G.I.P. del Tribunale di Palermo con la quale sono stati applicati gli arresti domiciliari nei
confronti di:

  • Maurizio D’ANGELO (cl. 57 di Palermo), già segretario del Dipartimento dei servizi
    centrali dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo;
  • Alessandro CACCIOPPO (cl. 72 di Messina), già rappresentante legale della Italy
    Emergenza Cooperativa Sociale, con sede a Messina,
    indagati per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio unitamente a T.I. (cl. 79 di
    Palermo), S.M.L. (cl. 76 di Palermo) e G.F. (cl. 45 di Messina).
    Con il medesimo provvedimento, il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo di
    disponibilità finanziarie per 260.000 euro quale prezzo e profitto della corruzione.
    L’indagine, inizialmente avviata dai Carabinieri del NAS di Palermo, su segnalazione
    dell’azienda ospedaliera, ha evidenziato gravi anomalie nella gestione del servizio di
    trasporto ammalati all’interno del nosocomio, appaltato alla ITALY EMERGENZA nel 2012
    e svoltosi sino al 2018, con una spesa preventivata pari a 4,5 milioni di euro.
    Il pubblico funzionario D’ANGELO aveva, infatti, attestato la conformità delle fatture
    rilasciate dalla società nonostante fossero prive dei documenti e delle informazioni
    previste dal capitolato speciale d’appalto con particolare riguardo all’indicazione specifica
    dei servizi resi e nonostante fossero stati addebitati all’ente pubblico costi inerenti al
    personale già compresi nelle prestazioni remunerate.

Per effetto di tali atti contrari ai doveri d’ufficio l’azienda ospedaliera ha sostenuto un
maggiore costo pari a euro 3.367.800.
I successivi approfondimenti delegati agli specialisti del Nucleo di polizia economico-
finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, svolti attraverso complesse indagini
finanziarie e riscontri documentali, hanno consentito di contestare un patto corruttivo fra
il legale rappresentante della cooperativa CACCIOPPO e il pubblico funzionario
D’ANGELO, remunerato per la sua infedeltà con 130.000 euro, corrisposti attraverso
sofisticati stratagemmi per “schermare” gli illeciti flussi finanziari.
In un caso la cooperativa ITALY EMERGENZA ha corrisposto su un conto corrente
cointestato a T.I., figliastra del dipendente pubblico e al coniuge, S.M.L., la somma di €
80.000, poi pervenuta nella diretta disponibilità del D’ANGELO, artificiosamente
giustificata dalla volontà di risolvere bonariamente una potenziale controversia di lavoro a
fronte di una prestazione irregolare svolta dalla medesima T.I. nei confronti della
cooperativa, rapporto che si ritiene non sia in realtà mai avvenuto.
In un’altra circostanza, una società immobiliare, legalmente rappresentata da G.F., di
fatto collegata alla ITALY EMERGENZA, ha bonificato su un conto corrente, cointestato al
D’ANGELO e a un’anziana signora, ulteriori 50.000 euro.
Per giustificare il pagamento la società ha acquistato dalla donna un’immobile fatiscente,
contestualmente concesso in locazione alla suddetta cooperativa che, al di fuori da ogni
logica commerciale, versava immediatamente proprio la somma di 50.000 euro come
pagamento anticipato dei canoni di locazione per un periodo di sei anni, somma poi
entrata definitivamente nella disponibilità del pubblico funzionario.
L’odierna attività evidenzia, ulteriormente, il perdurante impegno della Procura della
Repubblica di Palermo, per il contrasto della corruzione e delle più gravi forme di reato
contro la Pubblica Amministrazione che sottraggono alla collettività risorse pubbliche,
incidendo pesantemente anche sulla qualità dei servizi forniti ai cittadini, soprattutto in
un settore delicato come quello della sanità.




Palermo, colpo a famiglia mafiosa di Borgo Vecchio: violenze e controllo del territorio da parte del clan

Questa mattina, su delega dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, i Carabinieri del
Comando Provinciale hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P.
presso il Tribunale di Palermo nei confronti di 14 indagati (1 in carcere, 11 ai domiciliari e 2
obblighi di presentazione alla PG), ritenuti a vario titolo responsabili dei delitti di concorso esterno
in associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, furti, ricettazione ed estorsioni consumate e
tentate, tutti reati aggravati dal metodo mafioso e sfruttamento della prostituzione.
L’indagine, coordinata da un gruppo di Sostituti diretti dal Procuratore Aggiunto Salvatore De
Luca, costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra condotta in maniera parallela e sinergica
dal Nucleo Investigativo e dal Nucleo Informativo dei Carabinieri di Palermo sul mandamento
mafioso di Porta Nuova e, in particolare, sulla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
La prima fase dell’operazione, conclusa con l’esecuzione dei fermi di indiziati di delitto del 12
ottobre 2020, aveva permesso di individuare il nuovo reggente della famiglia mafiosa di Borgo
Vecchio in Angelo MONTI, il quale si era reso protagonista della riorganizzazione degli assetti di
quella articolazione mafiosa, affidando posizioni direttive ai suoi uomini di fiducia, individuati nel
fratello Girolamo MONTI, in Giuseppe GAMBINO, in Salvatore GUARINO e in Jari Massimiliano
INGARAO. In tale prima manovra era emersa la ribellione al pizzo di molti imprenditori e
commercianti locali che, in maniera massiccia, avevano collaborato con le Autorità e contribuito a
far arrestate i loro estortori.
Nel secondo troncone dell’indagine, emergono alcuni reati fine dell’associazione che, in tema di
esercizio del potere mafioso e di controllo capillare del territorio, connotano plasticamente la
pervicacia e l’aggressività della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
Infatti, le investigazioni restituiscono, ancora una volta, uno spaccato caratterizzato dalla continua
ricerca, da parte di cosa nostra, del consenso verso un’ampia fascia della popolazione.
I mafiosi, in sostanza, continuano a rivendicare, con resilienza, una specifica “funzione sociale”,
attraverso alcune manifestazioni tipiche della loro protervia criminale, che si sono esplicitati:

  • nella gestione delle feste rionali;
  • nell’organizzazione dei traffici di stupefacenti (funzionali a rimpinguare la cassa del sodalizio);
  • nella gestione di alcuni gruppi criminali dediti ai furti di veicoli e ai conseguenti cavalli di
    ritorno, anch’essi funzionali ad alimentare le casse della consorteria.
    Nel corso dell’attività d’indagine, inoltre, è emerso un contesto ambientale nell’ambito del quale si
    sono configurate ingerenze di alcuni esponenti mafiosi palermitani nella risoluzione di alcune
    controversie sorte all’interno dei gruppi organizzati della tifoseria della locale squadra di calcio.

Secondo le valutazioni del GIP e della DDA di Palermo sussistono gravi indizi a carico in ordine ai
fatti che seguono.

LA FESTA IN ONORE DI MADRE SANT’ANNA

Resilienza 2 ha inoltre documentato come la famiglia mafiosa di Borgo Vecchio abbia il pieno
controllo del comitato organizzatore della festa svolta in onore della patrona del quartiere “Madre
Sant’Anna” nel mese di luglio di ogni anno, il cui culto risale al lontano 1555. A portare avanti la
tradizione religiosa sono le famiglie del quartiere; infatti, i portatori della statua della Santa sono
tutti nativi di Borgo Vecchio, tanto che molti, in segno di rispetto a Sant’Anna, hanno chiamato i
propri figli Anna e Gioacchino, e molti altri si sono sposati il 26 luglio, giorno in cui si celebra
l’onomastico della Santa protettrice.
Sino a luglio 2015, il “comitato” era guidato dalla famiglia TANTILLO e, in particolare, dai fratelli
Domenico e Giuseppe TANTILLO che, nel dicembre 2015, venivano arrestati nell’ambito
dell’operazione “Panta Rei”, poiché ritenuti i reggenti della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
In occasione della festa svolta dal 25 al 27.07.2019, le serate canore, animate da alcuni cantanti
neomelodici, venivano organizzate da un comitato che, di fatto, era controllato da cosa nostra.
I mafiosi, infatti, sceglievano e ingaggiavano i cantanti e, attraverso le cosiddette “riffe” settimanali,
raccoglievano le somme di denaro tra i commercianti del quartiere. Tali somme venivano
impiegate, oltre che per l’organizzazione della festa e l’ingaggio dei cantanti, anche per rimpinguare
la cassa della famiglia mafiosa ed essere, in tal modo, utilizzate per il sostentamento dei carcerati e
per la gestione di ulteriori traffici illeciti.
Le investigazioni consentivano, infatti, di documentare l’attivismo degli esponenti apicali della
famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, i quali, avendo il pieno controllo del comitato organizzatore
della festa patronale:
 decidevano quali cantanti neomelodici dovessero partecipare alla manifestazione;
 provvedevano al loro ingaggio mediante il denaro ricavato dalle estorsioni, dalle “riffe” e dalle
sponsorizzazioni dei gestori/titolari delle attività commerciali ubicate sul territorio;
 autorizzavano i commercianti ambulanti a vendere i loro prodotti durante la festa, disciplinando
anche la loro collocazione lungo le strade del rione.
Un ruolo di primo piano, funzionale alla realizzazione dei progetti dell’associazione mafiosa, è stato
assunto da Salvatore BUONGIORNO, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
BUONGIORNO, infatti, nella veste di agente di numerosi cantanti neomelodici:
 ha ricevuto disposizioni da Angelo MONTI e Jari Massimiliano INGARAO per l’ingaggio dei
cantanti neomelodici scelti dai predetti per le manifestazioni canore, attenendosi alle indicazioni
dei mafiosi sui nominativi dei cantanti, sui rispettivi compensi e sul luogo ove allocare il palco
delle manifestazioni;
 ha avvicinato i gestori/titolari delle attività commerciali del quartiere Borgo Vecchio e del Corso
Camillo Finocchiaro Aprile (già “Corso Olivuzza”), chiedendo loro di sponsorizzare le
manifestazioni canore mediante la dazione di somme di denaro, ponendo in essere chiare
condotte impositive,
 ha ricevuto, dal canto suo, il vantaggio di lavorare nel settore in regime di monopolio all’interno
della zona di riferimento del mandamento mafioso di Palermo Porta Nuova, poiché autorizzato
dai relativi esponenti apicali mafiosi, quali Tommaso LO PRESTI, i fratelli Gregorio e Tommaso
DI GIOVANNI e Angelo MONTI.

In tale contesto risulta particolarmente significativa la vicenda inerente le relazioni dei mafiosi di
Borgo Vecchio con un neomelodico catanese (legato da vincoli di parentela ad importanti esponenti
apicali di quella criminalità organizzata), in solidi rapporti con Jari INGARAO tanto da fargli visita
presso la sua abitazione mentre questi era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.
Nello specifico, il cantante avrebbe dovuto esibirsi nel corso di una delle suddette serate, ma
l’evento non si realizzava a causa di polemiche susseguenti alla messa in onda, il 05.06.2019, di un
noto programma televisivo, nel corso del quale venivano espressi commenti “infelici” sul conto dei
Giudici Falcone e Borsellino. L’intera vicenda e alcune successive esternazioni di vicinanza ad
esponenti della criminalità organizzata, provocava una serie di divieti di esibizione nei confronti del
cantante, emessi dalle competenti Autorità.

IL TRAFFICO DI STUPEFACENTI

Le indagini hanno anche dimostrato che la famiglia mafiosa di Borgo Vecchio ha organizzato,
anche in relazione alle esigenze di sostentamento economico dei sodali, un florido traffico di
sostanze stupefacenti. Dal complesso delle investigazioni emergono i ruoli dei singoli associati, i
dettagli organizzativi, la contabilizzazione degli investimenti e dei ricavi, nonché l’afflusso di
denaro nella cassa della famiglia mafiosa.
In particolare, Angelo MONTI aveva delegato al nipote Jari Massimiliano INGARAO l’intero
settore delle attività illecite legate alle sostanze stupefacenti. Quest’ultimo, nonostante fosse
sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, è riuscito a organizzare e coordinare tutte le attività
funzionali al traffico, reperendo le sostanze stupefacenti, principalmente sul canale di fornitura con
la Campania, e a rifornire le varie piazze di spaccio del quartiere, delegando, a seconda dei ruoli, i
fratelli Gabriele e Danilo, Marilena TORREGROSSA, Carmelo CANGEMI, Francesco Paolo
CINA’, Saverio D’AMICO, Davide DI SALVO, Giuseppe Pietro COLANTONIO, Salvatore LA
VARDERA, Francesco MEZZATESTA, Giuseppe D’ANGELO, Nicolò DI MICHELE, Gaspare
GIARDINA, Gianluca ALTIERI e Vincenzo MARINO.

I FURTI E LE ESTORSIONI CON IL “CAVALLO DI RITORNO”

Infine, l’operazione ha permesso di evidenziare, ancora di più, la capacità di controllo capillare del
territorio da parte degli affiliati al sodalizio mafioso in trattazione. Infatti, qualsiasi attività illecita
non sarebbe potuta essere svolta all’interno del quartiere di Borgo Vecchio senza l’avallo di cosa
nostra e senza aver destinato parte degli utili alla cassa della famiglia mafiosa. Non fanno eccezione
i ladri di biciclette o di motocicli i quali, oltre ad essere assoggettati alla “prevista” autorizzazione,
devono anche destinare al sodalizio mafioso parte dei proventi della ricettazione o della restituzione
ai legittimi proprietari con il cosiddetto metodo del “cavallo di ritorno”.
Il relativo approfondimento investigativo svelava l’esistenza di un’autonoma organizzazione
criminale specializzata in tale settore, completamente asservita a cosa nostra.




Palermo, duro colpo ai capimafia della Stidda: dietro le decisioni l’ombra di Messina Denaro

Capimafia e boss della Stidda sono coinvolti nell’inchiesta della Dda di Palermo che oggi ha portato a 22 fermi. L’indagine colpisce le famiglie mafiose agrigentine e trapanesi ed è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Gianluca De Leo.

L’inchiesta riguarda anche un ispettore e un assistente capo della Polizia, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti d’ufficio, e un avvocato. Gli indagati rispondono a vario titolo di mafia, estorsione, favoreggiamento aggravato. Gli inquirenti hanno accertato che la donna, Angela Porcello, compagna di un mafioso, aveva assunto un ruolo di vertice in Cosa nostra organizzando i summit, svolgendo il ruolo di consigliera, suggeritrice e ispiratrice di molte attività dei clan. Rassicurati dall’avvocato sulla impossibilità di effettuare intercettazioni nel suo studio, i capi dei mandamenti di Canicattì, della famiglia di Ravanusa, Favara e Licata, un ex fedelissimo del boss Bernardo Provenzano di Villabate (Pa) e il nuovo capo della Stidda si ritrovavano secondo le indagini nello studio, per discutere di affari e vicende legate a Cosa nostra. Le centinaia di ore di intercettazione disposte dopo che, nel corso dell’inchiesta, i carabinieri hanno compreso la vera natura degli incontri, hanno consentito agli inquirenti di far luce sugli assetti dei clan, sulle dinamiche interne alle cosche e di coglierne in diretta, dalla viva voce di mafiosi di tutta la Sicilia, storie ed evoluzioni. Uno spaccato prezioso che ha portato all’identificazione di personaggi ignoti agli inquirenti e di boss antichi ancora operativi.

Nel mandamento mafioso di Canicattì la Stidda torna a riorganizzarsi e ricompattarsi attorno alle figure di due ergastolani riusciti a ottenere la semilibertà. In particolare uno dei capimafia, indicato come il mandante dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, avrebbe sfruttato i premi che in alcuni casi spettano anche ai condannati al carcere a vita, per tornare ad operare sul territorio e rivitalizzare la Stidda che sembrava ormai sconfitta. Dall’inchiesta emerge inoltre che il boss latitante Messina Denaro, capomafia trapanese latitante da 28 anni, ancora riconosciuto come colui cui spettano investiture o destituzioni. E che gli storici rapporti tra mafia e Cosa nostra americana non sarebbero mai cessati. Anche Messina Denaro è destinatario del provvedimento di fermo, che è stato emesso per 23 persone, ma eseguito solo nei confronti di 22, visto che il padrino trapanese resta latitante.Il ruolo del boss di Castelvetrano viene fuori nella vicenda relativa al tentativo di alcuni uomini d’onore di esautorare un boss dalla guida del mandamento di Canicattì. Dall’indagine emerge che per di realizzare il loro progetto i mafiosi avevano bisogno del beneplacito di Messina Denaro che continua, dunque, a decidere le sorti e gli equilibri di potere di Cosa nostra pur essendo da anni imprendibile.




Palermo:primi “botti” sequestrati: nei guai un 17enne incensurato

Continuano i controlli del Comando Provinciale Carabinieri sul rispetto della normativa concernente la vendita e l’esplosione dei fuochi pirotecnici in applicazione anche della ordinanza sindacale recentemente emanata.

Nel pomeriggio di ieri, i Carabinieri della Stazione Resuttana Colli hanno deferito in stato di libertà, per “commercio abusivo di materiale esplodente”, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo uno studente 17enne, incensurato.

Il giovane è stato sorpreso in piazza lampada della fraternità, nel cuore del quartiere Cruillas, mentre, senza autorizzazione, poneva in vendita quasi 100 articoli pirotecnici, tra i quali i pericolosissimi “Pitbull”, appartenenti alla categoria f4, ognuno dei quali contenente 60 grammi di massa attiva.

Il materiale è stato sequestrato in attesa dell’autorizzazione alla distruzione che avverrà a cura degli artificieri del Comando Provinciale Carabinieri.




Palermo, sparatoria tra due famiglie nel quartiere Danisinni: 3 arresti

I Carabinieri della Compagnia Piazza Verdi delegati dalla Procura della Repubblica di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale nei confronti di 3 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di rissa, lesioni personali, deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di arma da sparo.

I fatti oggetto di indagine risalgono al 16 settembre 2019, allorquando in via Regina Bianca, a Palermo, nel quartiere Danisinni, vi fu una violenta rissa tra un gruppo di persone di due distinti nuclei familiari.

Uno degli indagati, Davide Gargano, destinatario della misura cautelare, era rimasto a terra con gravi lesioni al braccio, ad una costola e alle ossa nasali, e, poco dopo, come reazione, ne era scaturita una sparatoria, all’esito della quale erano rimasti feriti due persone, del nucleo familiare Giordano, uno attinto di striscio all’addome e l’altro, Gianluca, destinatario della misura cautelare, attinto da diversi proiettili al femore e al polso.

L’indagine, corroborata dalle risultanze dei rilievi scientifici eseguiti sulla scena del crimine, ha permesso di ricondurre la vicenda ad una vera e propria faida tra i due nuclei familiari Giordano e Gargano, a seguito di un tamponamento tra un’autovettura, condotta da Davide Gargano, e uno scooter, di proprietà di Giordano Gianluca.

Antonino Gargano, fratello di Davide, detentore illegale di arma, avendo visto il congiunto soccombere alla violenta aggressione del nucleo familiare rivale, esplodeva diversi colpi all’indirizzo dei Giordano, rendendosi poi irreperibile nei giorni immediatamente successivi. Lo stesso si era presentato presso la Caserma dei Carabinieri con l’avvocato il 19 settembre scorso, 3 giorni dopo i fatti.




Palermo, ritenta il colpo al negozio di detersivi: inseguito e arrestato

I carabinieri della stazione Palermo Borgo Nuovo, hanno arrestato nella flagranza del reato di tentata Rapina T.c., 32 palermitano già noto alle forze dell’ordine.

Durante un servizio di prevenzione dei reati predatori e di verifica delle misure volte al contenimento del Covid-19, i militari sono intervenuti in via Brunelleschi, nel quartiere CEP, dove un giovane incappucciato aveva tentato una rapina in un negozio di detersivi non riuscendovi per la reazione del proprietario.

Intraprese immediatamente le ricerche, il malfattore veniva intercettato e fermato dopo un breve inseguimento a piedi.

Successivi riscontri hanno consentito di accertare che la stessa persona il giorno precedente aveva rapinato il medesimo negozio armato di coltello, nella circostanza aveva asportato il registratore di cassa contenente 350 euro.

L’arrestato è stato tradotto presso la casa circondariale Lorusso-Pagliarelli in attesa dell’udienza di convalida.




Palermo, spaccio nelle zone della movida: 19enne in manette

PALERMO – Nel fine settimana i carabinieri del nucleo radiomobile di Palermo hanno tratto in arresto nella flagranza del reato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, S.c. 19 enne palermitano.

Nel corso di un servizio di controllo del territorio e prevenzione nelle zone della “movida”, i militari hanno notato una persona che si aggirava con fare sospetto tra i vicoli.

Nella successiva perquisizione, estesa anche a due magazzini nella diponibilità del medesimo in via Cassari, quartiere Cala, sono state rinvenute 60 dosi di cocaina e 34 di hashish pronte per essere spacciate oltre a 650 euro circa ritenuti provento dell’attività illecita.

L’arrestato, su disposizione dell’autorità giudiziaria, è stato tradotto presso la propria abitazione, in attesa del rito direttissimo.

La droga sequestrata è stata inviata al laboratorio analisi sostanze stupefacenti di Palermo per le analisi qualitative.