Lo show di Grillo e Renzi, Il comico: "Rottami tuo padre, sei squallido". E lui replica: "Non nominarlo, la verità arriva"

 

Botta e risposta tra il leader M5s Beppe Grillo e l'ex premier Matteo Renzi che ieri ha detto che se suo padre fosse colpevole dovrebbe avree "condanna doppia". Grillo va all'attacco: "Renzi rottama il padre".E la replica di Renzi non si fa attendere: "Questo è mio padre. Buttati come sciacallo sulle indagini, se vuoi, caro Beppe Grillo. Mostrati per quello che sei. Ma non ti permettere di parlare della relazione umana tra me e mio padre". Lo scrive sul suo blog, in merito al caso Consip, l'ex premier Matteo Renzi rivolgendosi al leader M5S. "Caro Beppe Grillo ti scrivo", è l'incipit della 'lettera' di Renzi. "Spero che un giorno ti possa vergognare – anche solo un po' – per aver toccato un livello così basso", scrive Renzi. "Vedremo che cosa accadrà. Mio padre ha reclamato con forza la sua innocenza, si è fatto interrogare rispondendo alle domande dei magistrati, ha attivato tutte le iniziative per dimostrare la sua estraneità ai fatti. Personalmente spero che quando arriverà la parola fine di questa vicenda ci sia la stessa attenzione mediatica che c'è oggi. La verità arriva, basta saperla attendere".

Non si fa attendere anche la controreplica del leader M5s:  "Si derottamano padri solo se la rottamazione è una gaffe comprovata, Matteo tu sei una gaffe esistenziale. Per una volta che leggo quello che dici non puoi prendetela con me. Fatti coraggio e rileggi a voce alta, magari ti aiuta". Così Beppe Grillo, su Facebook, controreplica alla 'lettera' che dal suo blog Matteo Renzi gli ha indirizzato in merito alla vicenda Consip e alle frasi dell'ex premier di ieri in tv su suo padre Tiziano.

La Procura di Roma, alla luce di "ripetute rivelazioni di notizie coperte da segreto" – sia verso gli indagati, sia verso i media – e "per una esigenza di chiarezza" ha "revocato" ai carabinieri del Noe la delega per ulteriori indagini, affidandola al Nucleo Investigativo di Roma sempre dei Carabinieri.




Tangenti e ricatti: il padre di Renzi si difende: "Mai preso soldi". L'ex premier: "Se mio padre è colpevole pena doppia"

 

E' durato oltre tre ore l'interrogatorio di Tiziano Renzi, nell'ambito delle inchieste delle procure di Roma e Napoli su Consip. Il padre dell'ex premier ha lasciato piazzale Clodio senza fare dichiarazioni. "Mai preso soldi. Si è trattato di un evidente caso di abuso di cognome": così Tiziano Renzi si è difeso davanti ai pm, secondo quanto riferito dal suo difensore Federico Bagattini, durante l'interrogatorio al quale è stato sottoposto nel pomeriggio a piazzale Clodio. "Il dottor Renzi ha risposto a tutte le domande" ed ha precisato di "non aver avuto alcun ruolo in questa vicenda", ha detto l'avvocato Federico Bagattini. Tiziano Renzi, ha aggiunto che il suo assistito ha negato di aver mai conosciuto né incontrato Alfredo Romeo e di essere mai stato in Consip. Nel corso dell'interrogatorio ha escluso anche di conoscere Denis Verdini. Rispondendo a domande dei pm sui rapporti "con tutte le persone coinvolte nell'inchiesta", il padre dell' ex premier ha sottolineato di essere legato all'imprenditore farmaceutico Carlo Russo anche da una frequentazione di carattere religioso. Durante l'interrogatorio, ha concluso l'avvocato Bagattini, non sono state fatte nuove contestazioni.
 

In serata Matteo Renzi a Otto e mezzo ha detto: "Se c'è un parente di un politico indagato in passato si pensava a trovare le soluzioni per scantonare il problema ed evitare i processi. Io sono fatto in un altro modo: per me i cittadini sono tutti uguali. Anzi. Se mio padre secondo i magistrati ha commesso qualcosa mi auguro che si faccia il processo in tempi rapidi. E se è davvero colpevole deve essere condannato di più degli altri per dare un segnale, con una pena doppia". "Se ci sono ricatti si va dai magistrati – ha detto ancora Matteo Renzi a Otto e mezzo -. Vogliamo essere chiari: stiamo parlando di soldi pubblici e allora se ci sono ricatti e reati, se ci sono tangenti c'è il dovere di fare i processi. Noi siamo persone perbene, non abbiamo paura dei processi. Anzi. Erano quelli di prima che facevano i lodi e il legittimo impedimento per non fare i processi. Si va in tribunale e si guarda chi ha ragione e chi ha torto". "Noi non siamo come quelli che quando si indaga la sindaca di Roma sono garantisti – ha detto ancora l'ex premier a Otto e mezzo: io della Raggi non ho chiesto le dimissioni, non sono garantista a targhe alterne"."Se la buttiamo sulla questione processuale e penale devo dire con molta forza, a tutela della comunità di persone che ho rappresentato, a iniziare dal Pd, che si aspetta la sentenza sempre, si è garantisti e si rispetta la presunzione di innocenza", ha aggiunto.

Poi Matteo Renzi alla domanda 'Luca Lotti deve dimettersi?' ha detto: "A mio giudizio assolutamente no. Conosco Lotti da anni ed è una persona straordinariamente onesta, lo devono sapere sua moglie e i suoi figli. Io non scarico mai gli altri: non l'ho fatto con Delrio, Boschi e ora Lotti. Non accetto processi sommari".

"C'è un disegno evidente in queste ore di tentare di mettere insieme cose vecchie di mesi", ha detto ancora Matteo Renzi a Otto e mezzo. L'indagine su Lotti e Del Sette "è una cosa di tre mesi fa. Cosa è successo?", domanda l'ex premier. "Una discussione incredibile".

E si è concluso anche l'interrogatorio di Carlo Russo, l'imprenditore amico di Tiziano Renzi, indagato nell'inchiesta Consip. Russo è uscito dalla sede del comando provinciale dei carabinieri di Firenze dove è stato ascoltato dai pm di Roma e di Napoli Mario Palazzi ed Henry John Woodcock, accompagnato dal suo legale. Russo si è quindi allontanato a bordo di un taxi. A giornalisti e cameramen che gli chiedevano una dichiarazione si è limitato a rispondere "Buona sera e buon lavoro". L'imprenditore Carlo Russo non ha risposto ai pm Palazzi e Woodcock nella caserma dei carabinieri di Firenze dove si è svolto l'interrogatorio nell'ambito dell'inchiesta Consip. Russo si è avvalso della facoltà di non rispondere su indicazione dei suoi difensori, avvocati Gabriele e Marco Zanobini. "Intendiamo – spiegano i legali – far rispondere il nostro assistito quando saremo su un piano di parità ossia quando avremo piena conoscenza degli atti. Ora abbiamo solo un decreto di perquisizione".