OBESITA': AL SISTEMA SANITARIO ITALIANO COSTA CIRCA 9 MLD L'ANNO

di Angelo Barraco
 
Il cibo è una dolce tentazione e quando l’ago della bilancia supera una certa soglia ci rendiamo conto che abbiamo esagerato, ma il problema non è soltanto l’ago della bilancia che si sposta senza sosta ma con l’obesità in crescita, la spesa a carico del Sistema sanitario nazionale è pari a 4,5 miliardi e ad essi si aggiungono altro 4,5 miliardi di spese sani. Un terzo della spesa per l’obesità è riconducibile ad una malattia molto diffusa, ovvero il diabete. L’Italia Barometer Diabetes Forum suggerisce che In termini assoluti, un obeso severo o molto severo costtariea 450-550 euro in piu' all'anno rispetto a una persona normopeso", ha detto Antonio Nicolucci, Coordinatore del Data Analysis Board di IBDO Foundation. La maggior parte di questa spesa e' da attribuire ai ricoveri in ospedale. In termini di costi, e' tuttavia importante sottolineare come l'impatto maggiore sia determinato dai gradi meno severi di obesita' e dal sovrappeso: una persona sovrappeso costa al sistema sanitario nazionale. Il sovrappeso e l'obesita' rappresentano infatti la causa principale di diabete di tipo 2, a sua volta associato ad un piu' elevato rischio di malattie cardiovascolari. In particolare, al di sotto dei 55 anni l'obesita' grave aumenta di 16 volte il rischio di avere il diabete. Sopra i 65 anni la prevalenza di diabete passa dal 12,5 per cento fra i normopeso al 38,7 per cento fra i grandi obesi.



ADDITIVI ALIMENTARI: CRESCENTE INCIDENZA DI OBESITA’ E MALATTIE: COSA MANGIAMO?

Emulsionanti alimentari sono aggiunti a molti alimenti trasformati a migliorare la struttura e prolungarne la durata. Chimicamente simile ai detergenti, essi hanno dimostrato di alterare la barriera di muco e microbi esso associati. Collettivamente noto come microbiota intestinale, questi batteri aiutano con il metabolismo e mantengono un sano sistema immunitario. Ogni modifica in questa comunità microbica può causare malattie croniche

di Cinzia Marchegiani

L’industria alimentare è la responsabile di molte patologie dell’uomo vittima inconsapevole di alcuni disastri sanitari, spesso ricerche e studi confermano quello che i consumatori purtroppo scoprono sulla propria pelle, con un danno a livello personale irreversibile e anche a carico del sistema sanitario nazionale. Gli additivi alimentari si trovano ovunque, sono utilizzati per rendere stabili e super conservabili gli alimenti ma scatenano importanti cambiamenti e reazioni all’interno del nostro organismo, fino a sviluppare malattie serie e soprattutto croniche. Un altro studio da poco pubblicato dal National Institute of Health ricorda questa realtà, gli “Additivi alimentari comuni chiamati emulsionanti promossi colite e sindrome metabolica nei topi modificando microbi intestinali. I risultati suggeriscono che alcuni additivi alimentari potrebbe svolgere un ruolo nella crescente incidenza di obesità e malattie infiammatorie croniche dell'intestino.”

 

MA PERCHÉ? Il tratto digestivo è la patria di 100 trilioni di batteri. Collettivamente noto come microbiota intestinale, questi batteri aiutano con il metabolismo e mantengono sano il sistema immunitario. Ogni modifica in questa comunità microbica può causare malattie croniche. Uno spesso strato di muco separa batteri intestinali dal rivestimento dell'intestino. Un gruppo di ricerca guidato dal dottor Andrew T. Gewirtz presso la Georgia State University si chiese se le sostanze chimiche che distruggono la barriera muco potrebbero alterare la flora intestinale e svolgere un ruolo in disturbi associati con l'infiammazione, tra cui la malattia infiammatoria intestinale e la sindrome metabolica.
Emulsionanti alimentari sono aggiunti a molti alimenti trasformati a migliorare la struttura e prolungarne la durata. Chimicamente simile ai detergenti, essi hanno dimostrato di alterare la barriera di muco e microbi esso associati. Per determinare se questi potrebbero avere un ruolo nelle malattie croniche, il team nutrito topi bassi livelli di 2 emulsionanti comunemente utilizzati, carbossimetilcellulosa o polisorbato-80, in acqua potabile o nel cibo. La ricerca è stata finanziata in parte dal National Institute del NIH di diabete e Digestiva e Malattie renali (NIDDK). I risultati sono apparsi nella rivista scientifica Nature il 5 marzo 2015.
I topi nutriti con gli emulsionanti per 12 settimane hanno sviluppato basso grado di infiammazione intestinale e sindrome metabolica, un insieme di condizioni che aumentano il rischio di diabete di tipo 2, malattie cardiache e ictus. I topi che sono stati geneticamente modificati per essere più inclini a infiammazione e cambiamenti intestinali microbo sviluppato colite se somministrate le emulsionanti.

 

INDUSTRIA ALIMENTARE E MALATTIE CRONICHE, ILLOGICITA' DELLE REGOLAMENTAZIONI Eppure non servono studi promossi con spese onerose per sapere come l’industria alimentare produce malattie croniche nella popolazione che utilizza prodotti alimentari elaborati,raffinati e a lunga conservazione. Forse i finanziamenti andrebbero utilizzati per fare campagna di informazione. Troppo spesso introduciamo nel nostro corpo alimenti che hanno perso sostanzialmente il loro valore nutrizionale, dove questi additivi creano squilibri talmente grandi che andrebbero tolti dalla circolazione e cercare di capire come si può affrontare il tema della produzione nella filiera industriale, altrimenti il sistema così congeniato crea malati che vanno ad arricchire il solito business farmaceutico.. Insomma se si sa, perché non si vieta? Le dipendenze legalizzate sono queste quelle idee che creano ricchezza ma non salute, l’importante è che il consumatore ne sia consapevole, è questa la strategia per rimanere indenni da qualsiasi risarcimentO. Sia Chiaro, gli additivi alimentari si trovano in tutti gli alimenti lavorati e sono autorizzati per legge. Dagli edulcoranti, coloro nati, emulsionanti, conservanti e ogni ben di Dio, anche nei prodotti per bambini. E allora buon appetito a tutti!




OBESITA': GRANDE SCOPERTA CELLULE CHE TRASFORMANO GRASSO CATTIVO IN BUONO

Redazione

Scoperte le cellule responsabili della trasformazione del grasso "cattivo", quello che ci fa mettere su peso, in buono, quello che bruciano per produrre energia. Si chiamano ILC2s e si trovano nel tessuto adiposo bianco, secondo uno studio del Weill Cornell Medical College di New York. I ricercatori credono di aver quindi trovato una nuova strada per combattere l'obesita'. Le cellule ILC2s indurrebbero a "bruciare" il grasso bianco, cioe' quello cattivo, in risposta a una proteina chiamata IL-33. I ricercatori hanno dimostrato che quando ai topi viene data IL-33, gli animali accumulano piu' ILC2 nel grasso bianco che poi bruciano. Di conseguenza i topi a cui e' stata iniettata la proteina hanno ridotto il loro peso rispetto alle cavie usate come gruppo di controllo. Ora i ricercatori sperano di poter creare un farmaco in grado di avere effetti simili anche negli esseri umani obesi.




OBESITA': IL FENOMENO SI CONTRASTA CON IL MENTOLO E IL FREDDO

Redazione

Padova – Secondo un recente studio condotto da alcuni ricercatori del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova, coordinati da Marco Rossato della Clinica Medica 3 diretta dal Roberto Vettor e pubblicato sulla rivista inglese Molecular and Cellular Endocrinology, stimola le cellule del tessuto adiposo bianco inducendole a consumare i grassi producendo calore[2]. Il tessuto adiposo viene cioè ingannato sulla reale temperatura esterna inducendosi come conseguenza un accelerazione del metabolismo che permetterebbe il dimagrimento. Questo meccanismo farebbe pensare che possa essere usato proficuamente nella lotta contro l'obesità.

Lo studio padovano ha dimostrato come il tessuto adiposo bianco abbia dei sensori in grado di "sentire" direttamente il freddo senza la mediazione del sistema nervoso. Questi sensori, attivabili dal mentolo, sono in grado di aumentare il metabolismo del tessuto grasso, che producendo calore brucia l’adipe in eccesso.

Nell'uomo infatti sono presenti due tipi di tessuto adiposo denominati bianco e bruno: il tessuto adiposo bianco, un accumulo di grassi, e il tessuto adiposo bruno, che riesce a bruciare i grassi depositati nel bianco producendo energia per le attività cellulari e calore.

"Una delle molecole in grado di indurre questa trasformazione è il mentolo – ha spiegato il dottor Marco Rossato, della Clinica Medica 3, coordinatore del gruppo di ricercatori – noto a tutti per la capacità di evocare una sensazione di freddo una volta a contatto con cute e mucose. Questa sostanza di derivazione vegetale e nota da migliaia di anni, stimola le cellule del tessuto adiposo bianco a consumare i grassi producendo calore".

Il mentolo, ha ricordato ricordato Rossato, è utilizzato diffusamente nell'industria alimentare, cosmetica e farmaceutica e sembra privo di effetti collaterali nell'uomo. Rappresenta pertanto una possibile nuova strategia per la cura dell'obesità, una patologia a rischio per lo sviluppo di malattie importanti quali diabete, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di neoplasie.
 

Le strategie per la cura dell'obesità sono rappresentate principalmente dai cambiamenti dello stile di vita quali la dieta ipocalorica e l'aumento dell'esercizio fisico che spesso si rivelano scarsamente efficaci per mancanza di una costante aderenza a tali aspetti. Anche se sono stati proposti in passato numerosi farmaci per la cura dell'obesità, non ne esiste alcuno attualmente in grado di portare ad una riduzione significativa e duratura del peso corporeo. Nei casi gravi si può anche arrivare alla chirurgia. Una delle strategie teoricamente in grado di portare ad una riduzione del peso corporeo è rappresentata dalla possibilità di aumentare il consumo dei grassi depositati nel tessuto adiposo.

L'esposizione regolare a temperature di freddo lieve potrebbe essere un modo alternativo per aiutare le persone in sovrappeso a perdere i chili di troppo. Il suggerimento arriva da un nuovo studio pubblicato su “Trends in Endocrinology & Metabolism” condotto da Wouter van Marken Lichtenbelt del Maastricht University Medical Center.

La ricerca rivela che le basse temperature aiutano a dimagrire, e questo significa che case e uffici caldi e accoglienti potrebbero, in parte, essere responsabili del girovita in crescita.

In pratica lo studio enfatizza l'importanza di allenare il nostro organismo a contrastare naturalmente il freddo, senza l'aiuto dei riscaldamenti. I risultati hanno infatti dimostrato che le persone giovani e di mezza età, esposte al freddo, producono calore e riescono a bruciare fino al 30 per cento del proprio dispendio energetico. Le temperature basse influenzano quindi in maniera significativa la quantità di energia che un individuo spende in generale. Oltre alla ginnastica, allenarsi a trascorrere più tempo al freddo potrebbe costituire una valida strategia contro l'obesità.