Palermo, parco CassarĂ : si spalcancano le porte del Tribunale per i responsabili del disastro ambientale

 

di Paolino Canzoneri

 

PALERMO – Falso e disastro ambientale per l'inquinamento del Parco Cassarà a Palermo: questa l'accusa per burocrati, imprenditori e per il dirigente comunale del servizio Ecologia e Ambiente Roberto Giaconia.

L'udienza preliminare è stata fissata per il 27 giugno. Il Parco avrebbe dovuto rappresentare una "boccata d'ossigeno" per il capoluogo siciliano, in quanto situato in un'area fortemente cementificata, ma invece si è rivelato essere nient'altro che una gigantesca discarica sotterrata di materiale tossico, eternit e scarti di origine industriale, copertoni, plastica, piombo e tant'altro, coperta in superficie da un innocuo e ingannevole manto erboso sovrastante. Una vergogna incauta e pericolosa per la salute dei cittadini che da circa tre anni appare come l'ennesimo raggiro di una città che da sempre appare aggredita da tanti mali ma che prova a rialzarsi con tutte le proprie forze.


Era il 2011 quando si inaugurò il parco costato 11 milioni di euro con la gioia e la speranza di una positiva  sterzata verso tematiche relative all'ecologia e a spazi necessari per rassegne musicali e luogo di incontro e di reciproche interazioni sociali ma ben presto i primi forti temporali invernali del 2013 hanno fatto pian piano emergere una prima lastra di eternit rivelando il grande raggiro che ha gettato la città, ancora una volta, nello sconforto.
 
Ma si avvicina la resa dei conti. Sei anni di indagini accurate per risalire alle dirette responsabilità coordinate dall'aggiunto Dino Petralia e dai sostituti Alessandro Clemente e Fabiola Furnari e un importante risultato di dodici indagati fra cui figurano il responsabile del parco Vincenzo Polizzi, i direttori dei lavori del parco Francesco Saverino e Luigi Trovato, Emanuele Caschetto legale rappresentate dell'associazione di imprese e vari imprenditori fra cui Gianfranco Caccamo, Francesco e Filippo Chiazzese e altri responsabili del collaudo tecnico come Eugenio Agnello. Tutti accusati di falso e disastro ambientale ognuno con la propria porzione di responsabilità direttamente riferita alla competenza messa in atto durante la realizzazione del parco. Parecchi sono gli avvocati con il compito arduo di difendere gli indagati. Fra questi figurano Fausto Maria Amato, Basilio Milio, Ottaviano Pavone e altri.
 
Rattrista molto ricordare come il nome del parco sia intitolato a Ninni Cassarà della Squadra Mobile, ucciso il 6 Agosto del 1985 che i palermitani, quelli veri, ricorderanno sempre. Un nome che si dovrebbe in ogni modo proteggere e tutelare da questi beceri scandali italiani.
 



Palermo, 6 Agosto 1985: il vile agguato mafioso a Ninni CassarĂ  e Roberto Antiochia

di Paolino Canzoneri


PALERMO
– Il nome era Antonino, ma parenti, amici e colleghi lo chiamavano affettuosamente Ninni. Vicedirigente della squadra mobile della città di Palermo, Ninni, in lunghi anni di duro lavoro, si era conquistato la fiducia di tutto il corpo di Polizia. Per tutti resta e resterà Ninni Cassarà, ucciso in un vile agguato per mano di cosa nostra nell'androne del portone di casa dove stava rincasando martedi 6 Agosto del 1985.

La dinamica del maldestro agguato colse di sorpresa Cassarà appena giunto dalla questura a bordo di un'Alfetta scortato da due agenti in via Croce Rossa al n° 81 proprio nell'attimo in cui raggiunse il portone della sua abitazione. Un imponente spiegamento di forze di un commando di nove persone munite di mitraglie kalashnikov nascosti e appostati nei piani rialzati di una palazzina in costruzione di fronte il portone, non lasciarono speranze di sopravvivenza a Ninni Cassarà che investito da un numero impressionante di proiettili cercò inutile riparo e salvezza dentro il portone ma a causa dei molti colpi andati a segno perì esanime nella prima rampa di scale della portineria davanti allo strazio della moglie Laura Iacovoni scesa di corsa in un vano e disperato tentativo di salvare il marito. Sotto il fuoco delle mitraglie AK-47 perì anche l'agente Roberto Antiochia di soli 23 anni che per una diabolica coincidenza in quel giorno nonostante fosse in ferie si era comunque reso disponibile per scortare il commissario nella sua abitazione.

Probabilmente una talpa dalla questura all'origine dell'imboscata avvisò il commando dell'imminente rientro in casa e contemporaneamente all'eccidio efferato, nell'ufficio del commissario, fu trafugata l'agenda sicuramente piena zeppa di preziose informazioni ed annotazioni utili per le indagini sempre in corso. Ninni Cassarà era un uomo fidatissimo di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, membro attivo in un gruppo speciale antimafia fatto di uomini speciali, una forza dirompente di strategia e indagini, efficace come non mai, che seppe creare le basi dapprima per una grossa operazione di polizia giudiziaria concretizzatasi con la stesura del primo organigramma completo di cosa nostra e successivamente tracciando anche ipotesi concrete sulle motivazioni che spinsero i corleonesi, saliti al potere, ad eliminare uno dopo l'altro tutti i rappresentanti delle famiglie mafiose palermitane. Questo sforzo investigativo  partorì il famoso documento "Rapporto dei 162" stilato proprio da Cassarà stesso che aprì le porte al primo Maxi Processo alla mafia. Cosa nostra subì un forte contraccolpo sia per il mega processo che per gli sviluppi incoraggianti delle indagini che aprirono una breccia considerevole nel muro di omertà intorno alla mafia che fu costretta a pianificare successive azioni sanguinarie. Oggi a 31 anni di distanza dal sacrificio di Ninni Cassarà e dall'agente Roberto Antiochia il ricordo è vivo e vivrà comunque perennemente nei cuori e nelle menti dei palermitani onesti che da sempre sanno riconoscere i veri baluardi della legalità e del senso di giustizia.