NDRANGHETA: 14 ARRESTI IN CALABRIA, AVEVANO LA BASE OPERATIVA IN UNA LAVANDERIA

Redazione
 
Reggio Calabria – Un’ operazione della Polizia di Stato ha portato all’arresto di 14 soggetti – 8 in carcere e sei ai domiciliari – legati alle cosche della ‘ndrangheta che operano a Gioiosa Ionica, Rosarno, Siderno. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria. Il capo d’accusa contestato ai 14 soggetti è associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga. Le indagini sono state condotte dagli uomini del Servizio Centrale operativo e dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria che hanno tratto in arresto il boss Giuseppe Commisso, conosciuto come “U Mastru” e che è ritenuto il capo dell’omonima famiglia. L’uomo, gia condannato per associazione mafiosa con 14 anni di reclusione, inoltre sono stati arrestati i suoi broker di riferimento e diversi soggetti legati agli Ursino di Gioiosa Ionica e i Pesce di Rosarno. Ciò che ha dato il via all’operazione è stato il collocamento di microspie, nel 2010, presso la lavanderia Apegreen di Siderno (Reggio Calabria), sotto la gestione di Giuseppe Commisso. Gli investigatori ritengono che la lavanderia sia la base operativa di tutta l’organizzazione. Sono tante le ore di conversazione registrate e ascoltate dagli inquirenti, conversazioni tra esponenti della ‘ndrangheta ionico-reggina che hanno permesso una dettagliata ricostruzione delle attività di Commisso e della fitta rete che, oltre ad essere estesa lungo lo stivale, arriva anche all’estero. Le indagini hanno portato anche all’operazione “Crimine” che ha fatto scattare circa 300 arresti. Le conversazioni al vaglio degli inquirenti hanno evidenziato un ruolo importante di Commisso nel narcotraffico internzionale. Tali indagini sono l’epilogo delle indagini che hanno coinvolto la cosca nel 2009 e hanno fatto emergere l’attività della cosca in Belgio, Venezuela e Costa D’Avorio. 



INCHIESTA SHOCK: LA NDRANGHETA CONTROLLA I POLITICI IN AUSTRALIA

Redazione

Australia – Un'inchiesta straordinaria che ha fatto emergere quanto la 'ndrangheta sia ramificata anche all'estero. La 'ndrangheta calabrese sarebbe riuscita nel corso degli ultimi anni a conquistare sempre piu' piede in Australia riuscendo a corrompere politici sia a livello federale che dei singoli Stati grazie a "falle" nel sistema di raccolta fondi. E' quanto rivela un'inchiesta durata oltre un anno dei media asutraliani, Fairfax Media-Abc Four Corners, che andra' in onda stasera alle 20,30 locali (le 12,30 in Italia). Secondo il reporter Nick McKenzie, autore dell'inchiesta che e' anche venuto in Calabria per cercare i parenti dei boss australiani e ha parlato con i magistrati italiani, gli affiliati alle ndrine australiane ricorrono agli stessi mezzi usati nel nostro Paese: "Il gruppo opera ricorrendo alle minacce e alla violenza sia in attivita' economiche lecite, come il commercia di frutta e ortaggi, asia in quello illegale della droga"

L'inchiesta ha scoperto legami tra "riconosciuti e sospetti criminali" appartenenti alla 'ndrangheta e politici di primo piano. Addirittura un uomo "direttamente legato alla mafia (calabrese)" incontro' l'allora primo ministro australiano (1996-2007), John Howard ed altri leader di partito ad eventi di raccolta fondi per il Partito Liberale nei primi anni 2000. Nulla, pero', lascia credere che l'allora premier ne fosse a conoscenza, sottolinea McKenzie Politici di entrambi i due importanti partiti australiani, laburisti e liberali, sono stati oggetto di pressioni da donatori legati alla 'ndrangheta per favorire i loro affari, legali o illegali che fossero. Secondo un rapporto della polizia del 2013 la mafia calabrese ha usato un numero di finanziatori ben conosciuti di partiti politici "che hanno offerto la loro immagine pubblica e del tutto legale" per coprire le loro attivita', di fatto per fare i prestanomi. Gli inquirenti hanno scoperto che il figlio "di un sospetto boss mafioso", un religioso, fece un'esperienza di lavoro all'ambasciata australiana a Roma, quando capo della legazione era l'ex esponente Liberale Amanda Vanstone. Cio' nonostante le autorita' italiane avessero condiviso con l'ambasciata le informazioni che aveva sul boss. La stessa politica quando era ministro dell'Immigrazione nel governo Howard fece "ottenere un visto per un boss piu' tardi arrestato per traffico di droga ed implicato in un assassinio. L'uomo e' il fratello di un uomo d'affari conosciuto di Melbourne, con una storia criminale nota in Italia e nel 2005 ottenne il visto per l'Australia per ragioni umanitario".




'NDRANGHETA: SGOMINATO TRAFFICO DI DROGA DALLA COLOMBIA

di A.B.
 
Reggio Calabria – Sono state eseguite 34 misure cautelari nei confronti di presunti affiliati alla ‘ndrangheta su cui pende l’accusa di traffico internazionale di droga. Le misure cautelari sono state eseguite dai finanzieri del Gruppo Investigazione criminalità organizzata (Gico), di Catanzaro. Oltre agli arresti avvenuti a Catanzaro sono scattate le manette anche in Spagna. All’inchiesta della Dda di Reggio Calabria ha collaborato anche la Dea americana. Le indagini che hanno portato ai 34 arresti hanno condotto gli inquirenti al sequestro di quattro tonnellate di cocaina.
 
La droga partiva dalla Colombia su barche a vela che erano dirette in Spagna. Le indagini hanno appurato inoltre che nella notte tra il 25 e il 26 agosto, delle navi spagnole con supporto aereo portoghese hanno abbordato una barca con 856 kg di cocaina ed altri 725 kg sono stati abbordati su un velieri che si trovava alle Canarie. Nel corso delle indagini è stato identificato un narcotrafficante fornitore di droga. Il soggetto riforniva le cosche della ‘ndrangheta calabrese ed esponenti dell’organizzazione paramilitare colombiana Farc. il narcotrafficante ha base operativa nella foresta amazzonica dove ha anche un apparato di sicurezza e la sua cattura è ostacolata da questi fattori.  



'NDRANGHETA: MORTO ANSELMO DI BONA, CAPO DELLA COSCA DEI "GAGLIARESI"

Redazione

Catanzaro – E’ morto Anselmo Di Bona, ritenuto il capo della cosca dei “Gagliaresi”, lo storico clan del capoluogo calabrese. L’uomo aveva 62 anni ed era malato da un bel po’ di tempo. L’uomo aveva compiuto diversi procedimenti penali, ma soltanto in un caso era stato condannato per associazione mafiosa e soltanto in primo grado. Tale condanna è datata 2008 e la pena era di 8 anni e 4 mesi.
 
L’operazione che portò alla sua condanna, denominata “Reverge”, vide in lui il ruolo di riorganizzatore del clan. La morte di Anselmo Di Bona coincide con l’omicidio di Domenico Bevilacqua, detto “Toro seduto”, capo della criminalità rom della città. La coincidenza delle due morti potrebbe essere l’input per una guerra di mafia nel territorio. Si indaga al momento sul possibile collegamento delle due morti.



NDRANGHETA: COLPITA LA COSCA PESCE. SEQUESTRATI BENI PER 21 MILIONI

Redazione

Beni per 21 milioni di euro sono stati confiscati fra l'Italia e l'Austria ad esponenti della cosca Pesce, di Rosarno Calabro. Gli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, coadiuvati dal SCICO di Roma, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, hanno dato esecuzione a 12 decreti, con i quali il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione ha disposto il sequestro e contestuale confisca del patrimonio costituito da beni immobili, beni mobili registrati, attività commerciali e disponibilità finanziarie ai Pesce, egemoni nella "Piana di Gioia Tauro" ma da tempo ramificata su tutto il territorio nazionale ed anche all'estero.

Le indagini. Le investigazioni eseguite dal GICO del Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria, hanno consentito di accertare la sproporzione esistente tra i modesti redditi dichiarati dagli indagati e dai componenti dei vari nuclei familiari In particolare, sono stati sottoposti a confisca: quattro imprese/società, comprensive del loro patrimonio aziendale operanti nel settore agricolo e dei trasporti; oltre 25 mila metri quadri di appezzamenti di terreno, coltivati ad agrumeto e frutteto;13 fabbricati, tra i quali spiccano 3 ville di pregio, di cui una a Baden bei Wien, capoluogo dell'omonimo distretto austriaco, situato a sud-ovest di Vienna; plurimi rapporti finanziari bancari, postali ed assicurativi.




'NDRANGHETA: SUICIDA L'EX GIUDICE GIANCARLO GIUSTI

di Angelo Barraco

Catanzaro – Giancarlo Giusti, ex gip del Tribunale di Palmi che era stato coinvolto in due importanti inchieste della Dda di Milano e di Catanzaro su presunti suoi legami con esponenti della ‘ndrangheta, e per questo motivo si trovava agli arresti domiciliari. L’ex gip si è tolto la vita impiccandosi presso la sua abitazione di Montepaone, presso Catanzaro. Residenza in cui viveva da alcuni mesi, da quando si era separato dalla moglie. I primi ad accorrere sul posto sono stati il pm di turno della Procura della Repubblica di Catanzaro e i Carabinieri della provinciale. I primi accertamenti hanno rilevato che Giancarlo Giusti viveva da solo. Giusti aveva tentato il suicidio all’indomani della sua condanna a 4 anni di reclusione che il Tribunale di Milano gli ha dato per i suoi rapporti con la cosca Lampada della ‘ndrangheta. Fu soccorso dalla polizia penitenziaria che lo ricoverò in ospedale con prognosi riservata. Viste le sue condizioni psicologiche precarie, aveva ottenuto gli arresti domiciliari. 




NDRANGHETA: 609 ANNI DI CARCERE PER 63 IMPUTATI

di Angelo Barraco

Processo d’Appello denominato Minotauro; processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in provincia di Torino, per 63 imputati sono stati inflitti 609 anni di carcere. Nel processo di primo grado invece i numeri erano diversi, 36 condanne, 38 assoluzioni. Le richieste avanzate sono le seguenti: 10 anni a Nevio Coral, che era l’ex sindaco di Leinì, 7 anni per Antonino Battaglia, l’ex segretario comunale di Rivarolo, 15 anni per Rosario Marando che era stato assolto invece in primo grado. I Procuratori generali di Torino, Roberto Sparagna, Monica Abbatecola e Antonio Malagnino, durante la requisitoria del processo d’appello denominato “Minotauro” hanno raccontato come l’ndrangheta si è sviluppata al nord e a tal proposito hanno dichiarato: “La 'Ndrangheta al Nord opera in modo diverso, in silenzio: si adatta, si mimetizza, e questo la rende più insidiosa e persino più difficile da aggredire. In Piemonte è presente almeno dal 1972, quando abbiamo certezza della richiesta, formulata a un pentito, di aderire al 'locale' di Chivasso. E’ possibile che i politici piemontesi potessero non sapere dei legami di parentela di alcune persone con i boss in Calabria, ma abbiamo il sospetto che i politici di origine calabrese non potessero non saperli".




NDRANGHETA: DURO COLPO AL CLAN DEGLI ZINGARI, 33 FERMI

Redazione

E' stato colpito duramente il "clan degli zingari". Sono più di 30 le persone fermate oltre a tre tonnellate di droga sequestrate tra cocaina, eroina e marijuana per un valore di 45 milioni di euro; numerose armi (tra cui kalashnikov) sottratte ai clan; un pericoloso latitante catturato. Questo il bilancio dell'operazione antidroga denominata "Gentleman", condotta dalle fiamme gialle della sezione Goa del Gico di Catanzaro, della sezione Goa del Gico di Brescia, della compagnia di Policoro (Mt), del servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma (Scico), con l'interessamento della direzione centrale per i servizi antidroga (Dcsa).

Al termine di un'attivita' investigativa durata quasi due anni, all'alba di oggi oltre 400 finanzieri, con l'ausilio dei baschi verdi in tenuta da ordine pubblico, delle unita' cinofile e del supporto degli elicotteri ed unita' navali, hanno circondato e perquisito in ogni angolo la localita' "Timpone rosso" di Cassano allo ionio (Cs), da anni ritenuta la roccaforte del clan degli zingari ed hanno eseguito un provvedimento di fermo nei confronti di 33 persone tra Calabria, Puglia, Pasilicata, Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia. Le indagini, coordinate dal procuratore distrettuale di Catanzaro Antonio Vincenzo Lombardo, in collegamento con le Procure di Brescia e Matera, hanno delineato l'attivita' delittuosa dei sodalizi criminali riconducibili a Filippo Solimando e Luigi Abbruzzese, ritenuti rispettivamente i capi clan di Corigliano Calabro e della 'ndrina degli zingari di Cassano, compagini, sottolineano gli inquirenti, storicamente dotate di autonomia ed accertata operativita' criminale nell'ambito del traffico internazionale di stupefacenti. Nel corso degli anni "gli zingari" si sono emancipati da una situazione di dipendenza che li relegava ai margini delle associazioni 'ndranghetistiche sino ad assurgere alla preposizione di un "locale" di 'ndrangheta dotato di autonomia.


L'organizzazione aveva accesso ai mercati sudamericani per la cocaina ed a quelli dell'est europeo per l'eroina e la marijuana, così da importare a prezzi assolutamente concorrenziali ingenti partite di stupefacente. Le indagini hanno svelato l'esistenza di una fitta rete di pericolosi narcotrafficanti internazionali in grado di movimentare grossi quantitativi di marijuana dall'Albania verso l'Italia, avvalendosi di collegamenti marittimi in mano all'organizzazione, nonche' di cocaina ed eroina, mediante l'impiego di automezzi modificati nella struttura al fine di ricavarne appositi vani funzionali all'occultamento.
La complessa attivita' ha consentito di identificare la totalita' dei personaggicoinvolti, legati per lo piu' da "vincoli di sangue" nel rispetto della tradizione 'ndranghetistica, e di individuare, tra l'altro, i differenti ruoli svolti da ognuno di essi in seno al sodalizio criminoso.
L'operazione ha permesso di infliggere all'organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che, soprattutto, dei mancati guadagni. Colpito anche il patrimonio accumulato dai principali arrestati, costitutito da beni immobili, quote societarie, autovetture di lusso, ed imbarcazioni. xxxx 'Ndrangheta: i traffici degli zingari intercettati dai satelliti. Ai risultati dell' operazione "Gentleman", condotta dalla Guardia di Finanza che ha eseguito 33 fermi in diverse regioni italiane, si e' giunti grazie a sofisticate intercettazioni satellitari, che hanno individuato alcune chat sulle quali gli indagati si scambiavano informazioni. E' uno dei particolari emersi nel corso della conferenza stampa che si e' tenuta questa mattina a Cosenza, presenti i vertici della Dda di Catanzaro e ufficiali della Guardia di finanza della Calabria, tra cui il generale Gianluigi Miglioli, della Basilicata e di Brescia, nonche' dello Scico di Roma. Carichi di marijuana e di eroina transitavano dall'Albania a Corigliano, su due grossi pescherecci, sequestrati, il "Maestrale" e il "Grecale". La cocaina arrivava invece dal Sud America. Nel corso dell'operazione e' stato anche intercettato un grosso carico proveniente dal Paraguay, per il quale era stato pagato un acconto di centomila euro, sequestrati in Spagna. A Corigliano ci sarebbe stato un vero centro di stoccaggio per lo stupefacente. Il traffico era coperto da attivita' apparentemente lecite. L'operazione e' partita da un'indagine svolta a Brescia, dalla quale si era visto come siano gli albanesi a gestire lo spaccio finale della droga, che proveniva dalla Calabria.
.




REGGIO CALABRIA, NDRANGHETA: ARRESTATE 8 ESPONENTI DEL CLAN "FRANCO"

Redazione

Reggio Calabria – Un'altra operazione degli ndranghetisti bloccata dai militari di Reggio Calabria. Sono finiti in manette otto esponenti della cosca "Franco" di Reggio Calabria per aver utilizzato esplosivo bellico del tipo C-4. L'esplosivo veniva prelevato dalla 'Laura C', una nave militare inabissatasi davanti alle acque reggine nel Mar Jonio, il cui relitto e' stato nel tempo oggetto di azioni di depredazione, anche da parte della 'ndrangheta per potenziare i suoi arsenali.

Nel corso della notte i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno arrestato le otto persone, ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, detenzione, vendita e cessione di sostanze stupefacenti, detenzione, trasporto e cessione di esplosivo bellico del tipo 'C-4' e estorsione aggravata dalle modalita' mafiose. Diversi sono stati gli episodi e gli attentati in cui l'esplosivo C-4 e' risultato impiegato per il confezionamento di ordigni rudimentali utilizzati dalla criminalita' organizzata. Contestualmente all'esecuzione dei provvedimenti e' stato eseguito un decreto di sequestro preventivo in via d'urgenza emesso dalla Dda di Reggio Calabria, di alcune imprese (quote sociali, annesso patrimonio aziendale e conti correnti), numerosi immobili, beni mobili, autoveicoli e mezzi d'opera, rapporti bancari e prodotti finanziari, per un valore complessivo di circa 10 milioni.




NDRANGHETA: MAXIPROCESSO "LUCE NEI BOSCHI", CONDANNATI 14 IMPUTATI A 167 ANNI DI CARCERE

Redazione

Vibo Valentia – E' arrivata a notte fonda, dopo 35 ore di camera di consiglio, la sentenza del maxiprocesso "Luce nei boschi" contro la 'ndrangheta delle Preserre vibonesi. Il Tribunale di Vibo Valentia ha condannato 14 imputati ad un totale di 167 anni di carcere e ne ha assolti 5. Prescrizione dei reati per altri 8 imputati. Le condanne piu' alte – 24 e 22 anni – sono state inflitte ai fratelli Bruno e Gaetano Emanuele, accusati di associazione mafiosa, traffico di droga, estorsioni, rapine e armi. Antonio Altamura, ritenuto il boss storico delle Preserre, e' stato condannato a 16 anni. Queste le altre condanne: Francesco Capomolla 17 anni e 6 mesi; Franco Ida', Vincenzo Bartone, Pasquale De Masi e Giovanni Loielo 12 anni a testa; Antonio Gallace e Leonardo Bertucci, 8 anni ciascuno; Nazzareno Altamura e Vincenzo Taverniti 7 anni a testa; Giuseppe De Girolamo 1 anno e 6 mesi; Domenico Falbo (collaboratore di giustizia) 8 anni. Assolti l'ex sindaco di Gerocarne (Vv) Michele Altamura, l'imprenditore di Soriano Giuseppe Prestanicola, Rocco Loielo, Francesco Maiolo e Francesco Taverniti. Prescrizione per Rocco Santaguida, Girolamo Macri', Roberto Codispoti, Bruno Zungrone, Giuseppe Nesci, Antonio Condina, Giuseppe Gentile, Michele Rizzuti. Il pm Marisa Manzini aveva chiesto pene per 261 anni di carcere. I condannati dovranno risarcire 8 Comuni del Vibonese e Confindustria Calabria, tutti parti civili nel processo.




NDRANGHETA CAPITALE: NELLA NOTTE ARRESTI A ROMA E PALMI

Redazione
Roma
– Nel corso della notte a Roma e Palmi (RC), i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Roma, con la collaborazione dell’Arma locale, hanno arrestato 3 persone in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma su richiesta della Procura della Repubblica di Roma – Direzione Distrettuale Antimafia. I tre arrestati, tutti di origine calabrese, sono ritenuti responsabili dei reati di favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, con l’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. 152/1991 convertito nella L 203/1991, per avere operato al fine di agevolare la cosca della ‘ndrangheta “BELLOCCO”, operante a Rosarno (RC) e comuni limitrofi.

La misura cautelare si basa sulle risultanze acquisite dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo Carabinieri di Roma a seguito della cattura dei latitanti BELLOCCO Umberto  (cl. 1983) e BELLOCCO Francesco (cl. 1989) eseguito dai Carabinieri della Stazione di Roma Casalotti  il 24 luglio 2012 nel corso di un normale servizio di controllo del territorio, indagini che hanno consentito di individuare la rete di persone di cui i due BELLOCCO si avvalevano per trascorrere indisturbati la loro latitanza nella città di Roma.

L’arresto dei BELLOCCO fu eseguito in circostanze rocambolesche da una pattuglia di Carabinieri in servizio serale che decise di procedere al controllo di un gruppo di giovani che sostavano in strada nei pressi di un complesso residenziale di via Carentino. Alla vista dell’autoradio dei Carabinieri, i giovani si diedero alla fuga al fine di sottrarsi al controllo e i militari riuscirono a bloccarne due i quali, in un primo momento fornirono dei documenti di identità falsi e, successivamente, furono identificati nei citati cugini BELLOCCO Umberto e Francesco, all’epoca entrambi latitanti da due anni, in quanto destinatari di numerosi provvedimenti restrittivi emessi dalle A.G. di Palmi (RC) e Reggio Calabria nel 2010 per gravi reati, tra i quali anche il reato associativo di tipo mafioso.

Riguardo allo spessore criminale dei due latitanti, si evidenzia che:
– BELLOCCO Umberto (classe ’83) è figlio di BELLOCCO Giuseppe, classe ‘48, con precedenti per associazione mafiosa, omicidio, estorsione, armi e altro, già latitante inserito nell’elenco dei 30 ricercati di massima pericolosità del Ministero degli Interni ed arrestato dal ROS dei Carabinieri nel 2007, in atto detenuto presso la casa circondariale di Terni, cugino di BELLOCCO Gregorio, quest’ultimo capo storico dell’omonima cosca;
– BELLOCCO Francesco (classe ’89) è figlio di BELLOCCO Carmelo, latitante fino al 1994, in atto detenuto presso la casa circondariale di L’Aquila, ritenuto elemento di spicco, unitamente al fratello Umberto (cl. 37) della medesima cosca.
In considerazione dello spessore criminale dei due latitanti arrestati, rampolli di un clan la cui operatività nella piana di Gioia Tauro è stata accertata con numerose sentenze, le indagini furono immediatamente assunte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di via in Selci che individuarono nell’immediatezza un appartamento sito a Casalotti in via Perlo, dove i due latitanti avevano predisposto la loro base logistica.

La perquisizione del covo consentiva di stabilire che i due ricercati si erano stabiliti a Roma da alcuni mesi ed erano operativi in attività illecite sul territorio; nel covo che era dotato di impianto di videosorveglianza, furono infatti rinvenuti numerosi telefoni, computer portatili, Jammer, ricevitori radio, macchine conta banconote, bilancini elettronici di precisione, un blocco notes con cifre ed appunti in codice, nonché l’Epistola di Leone IV, utilizzata dagli affiliati della ‘ndrangheta nel rito di iniziazione svolto in occasione delle nuove immissioni nelle cosche. I latitanti disponevano inoltre di 3 auto e 2 moto nuovissime, intestate a dei prestanome e poste sotto sequestro.
Le successive indagini del Nucleo Investigativo di Roma hanno consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza a carico degli odierni arrestati, M. A. (classe ’83), originario di Oppido Mamertina ma residente a Roma in zona Boccea e vicino al clan GALLICO di Palmi (RC), C. L. (classe ’83), originario di Palmi e G.A.R. (classe ’78) originario di Taurianova (RC); i tre avevano il compito di provvedere al supporto logistico necessario ai due latitanti per vivere in clandestinità. I tre personaggi, infatti, a vario titolo, avevano reperito e messo a disposizione dei cugini BELLOCCO l’appartamento di via Perlo, le autovetture e i motocicli, fittiziamente intestati, nonché i documenti di identità. I tre arrestati sono stati condotti in carcere.