MORTE MARCELLO LONZI: IL VERBALE DELL'INTERROGATORIO AL MEDICO DEL CARCERE

di Christian Montagna

In data 19 Maggio 2008, alle 16.50, dinanzi al Pm Antonio Giaconi, all'ufficiale di P.G. M.llo Cappelletti, all'ufficiale di P.G. M.llo Mara e al C.T.U Dottoressa Monciotti si è svolto l'interrogatorio al dottor Martellini Enrico, medico del carcere delle Sughere di Livorno, in merito al decesso di Marcello Lonzi. Classe 1956, in servizio presso il carcere dal 2003, il medico viene da subito interrogato su quella che è la questione fondamentale di questo processo, l'ora esatta della morte. In merito alle dichiarazioni del medico legale chiamato dalla signora Maria Ciuffi, il prof Bellocco, la morte di Marcello sarebbe riconducibile alle 17 circa, orario che però non coincide con le dichiarazioni delle guardie e dei medici del penitenziario.

Il dottor Martellini giunge in carcere alle otto massimo otto e cinque, tempo di timbrare il cartellino, due chiacchiere e arriva al blocco quando viene immediatamente avvisato di andare al piano superiore poiché il dottor Gaspare è impegnato con un detenuto e ha bisogno di essere aiutato. Giunto nella sesta sezione, quella in cui era detenuto Marcello Lonzi, nota il dottore Gaspare che cerca di rianimare Lonzi e cominciano insieme a praticare il massaggio cardiaco con l'aiuto di un defibrillatore. Martellini sostiene però di averlo trovato già morto, in arresto cardiaco ma ciò nonostante continua a tentare con massaggi cardiaci anche molto violenti. Con questa dichiarazione, il dottore interrogato chiarisce un'ulteriore dilemma di questa storia: secondo lui infatti, sarebbe proprio in questo momento che Marcello si sarebbe fratturato le costole, nel tentativo di essere salvato con un massaggio cardiaco molto violento fatto di "cazzotti anche molto forti". Riguardo le condizioni in cui al suo arrivo aveva trovato il detenuto, descrive la scena con queste parole:

"MARTELLINI: La cosa che mi ricordo erano due ferite, una o due, ora non mi ricordo, io ho questo flash di questa cosa, all'altezza del sopracciglio o destro o sinistro, ora non mi ricordo bene, e questa testa che era leggermente fuori dalla cella, infatti poi il discorso era che molto probabilmente per l'arresto cardiaco era caduto completamente in avanti era arrivato in fondo battendo la testa era rimasto….quando puoi è stata aperta la cella per forza di cose la testa è venuta fuori, penso che sia stato, non so se era in quella posizione, ma sicuramente era quella, perché poi dice guarda che lo abbiamo rigirato, per cercare di rianimarlo, ecco, quindi questa cosa qui mi ricordo, questa cosa qui, e questa grossa ferita proprio a livello…"

Una descrizione minuziosa e dettagliata di quella scena su cui tanto si sta dibattendo. Il Lonzi potrebbe essere stato spostato? La scena del crimine potrebbe essere stata inquinata? Interrogativi ai quali da oltre undici anni si sta cercando una risposta e che il 13 Marzo 2015 potrebbero si spera trovare una risposta.

"P.M.: Ricorda se era vestito quando lei è arrivato?"
"MARTELLINI: Era vestito, si, mi sembra di si, o…ora mi fa una domanda che non lo so, mi sembra di si…"

Continua inoltre il racconto della scena: c'è sangue che fuoriesce dalla ferita ma l'intento dei medici è quello di rianimarlo senza focalizzarsi sui particolari che al momento sfuggono alla memoria. Soltanto in seguito sarebbe stato avvertito il 118 e si sarebbe cominciato a discutere sull'opportunità di avvisare la famiglia o meno dell'accaduto cosa che stando al racconto di Maria Ciuffi, la madre di Marcello, non sarebbe mai avvenuta. Sul posto inoltre vengono chiamati gli agenti della scientifica per fare rilievi e scattare le foto ma, la scena è stata inquinata per praticare la rianimazione. Riguardo l'utilizzo del defibrillatore che secondo le norme dovrebbe essere dotato di una scheda di memoria, quello utilizzato per salvare Marcello ne sarebbe stato sprovvisto.

Martellini conosce Lonzi che a suo avviso non presenta nessun grosso problema dal punto di vista medico se non quello di sniffare il gas a causa del quale finisce in punizione molte volte in celle in cui viene tolto tutto ciò con cui i detenuti possano auto lesionarsi. Proprio quindici o venti giorni prima del decesso Marcello sarebbe finito in punizione proprio per questo motivo. Stando ad una relazione medica firmata dallo stesso medico assume psicofarmaci come Tavor e Rivotril in quanto assuntore di cocaina.

Altra questione importante sulla quale si sono focalizzate le indagini è la presenza o meno del compagno di cella di Marcello durante l'accaduto:
"P.M. :Lei ricorda chi era il compagno di cella di Lonzi?"
"MARTELLINI: No, sinceramente no. Comunque era presente quando sono arrivato"

Proprio il giorno della morte di Marcello, il dottore si reca alle 21.10 a visitare il compagno di cella per vedere se avesse avuto lesioni sulle braccia, sulle mani, per scoprire eventualmente una colluttazione ma l'esito dell'esame ispettivo è negativo. Gabriele Ghelardini, compagno di cella di Lonzi, risulta soltanto sconvolto da quanto accaduto. Riguardo alla questione dei gas infine il dottore dichiara di non aver sentito minimamente odori di gas all'ingresso nella cella e nemmeno durante la rianimazione sarebbero fuoriusciti odori. La finestra tra l'altro sarebbe stata chiusa e dunque si sarebbe sentito qualora fosse stato sniffato ma soltanto dopo avergli mostrato una foto della cella il dottore si accorge di aver fornito un dato inesatto e ritratta.

"UFFICIALE P.G. MARA: Quando fanno il gas cosa fate voi, lo portate via?"
"MARTELLINI: Ossigeniamo o cerchiamo, controlliamo prima i parametri, e poi se è un caso grave si manda…"
"UFFICIALE P.G. MARA: Un caso grave?"
"MARTELLINI: Certo, altrimenti già l'ossigeno…"
"DOMANDA: Ma vengono allontanati dalla sezione quando fanno uso del gas?"
"MARTELLINI: Si, proprio per evitare, ed anche controllarli meglio, nel senso che vengono messi , si chiama giù alla "osservazione", dove il medico va più spesso, proprio per…"

L'interrogatorio termina alle 17.30 e viene redatto a mezzo stenotipia con contestuale fonoregistrazione. Inviato agli inizi di Marzo presso la nostra redazione dalla signora Maria Ciuffi affinché ne fossero resi noti i contenuti, viene fornita una sintesi del colloquio agli atti.

 




MORTE MARCELLO LONZI: ECCO IL VERBALE DELL'INTERROGATORIO ALLA GUARDIA RESPONSABILE DEL PADIGLIONE

 

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di Christian Montagna

Livorno – Numerose sono le testimonianze agli atti e gli interrogatori di persone informate sui fatti nel caso di Marcello Lonzi, morto all'interno del carcere delle Sughere di Livorno l'11 Luglio 2003. Sebbene fossero stati interrogati dopo anni e anni dall'accaduto, i testimoni che hanno soccorso Marcello all'interno del carcere al momento del ritrovamento del cadavere hanno raccontato seppur in modo confusionale gli attimi concitati di quel giorno. Inviati presso la nostra redazione dalla signora Maria Ciuffi affinché fossero resi noti i contenuti, gli atti pubblici e le trascrizioni integrali degli interrogatori vengono così riassunti.

Il 2 Luglio 2009 alle ore 11 ha inizio l'interrogatorio a Moreno Michele, guardia penitenziaria reclusa nel Carcere di Soliciano a Firenze con l'accusa di violenza su un detenuto e in servizio nel 2003 alle Sughere di Livorno. Viene interrogato dal sostituto procuratore Antonio Giaconi, dal ten. Luigi Perri e dal M.llo Luigi Cappelletti. Con una qualifica di Assistente Capo, Moreno Michele è in servizio presso Livorno dal 1987 e svolge le mansioni di capo posto sentinella, capo posto nei padiglioni,capo posto alla Rotonda e atrio; ricorda inoltre perfettamente Marcello Lonzi poiché spesso si sono trovati a stare nello stesso padiglione. Il Pm comincia con le domande specifiche circa il giorno della morte.

"PM: si ricorda dove si trovava, come ha appreso della morte? "
" M.MORENO: no. Io mi trovavo sempre al piano di sotto. La ci sono 2 piani. Io stavo al piano di sotto"

Comincia dunque con queste risposte la parte più consistente dell'interrogatorio in cui Michele Moreno descrive in maniera abbastanza dettagliata tutto ciò che accade quel giorno in seguito alla diffusione della notizia della morte di Marcello. Lonzi che si trova nella sesta sezione, viene trovato a terra ricoperto di sangue; la guardia avvisa i medici, chiama la sorveglianza e il comandante e poi torna a sbrigare altre faccende. Sull'ora della morte, questione chiave del processo, la guardia inizialmente non ricorda se fosse mattina o sera ma in seguito alle insistenti domande del Pm riesce a collocare il suo orario di lavoro tra le 16 e le 24. Giunto sul piano in cui si trova la cella del Lonzi, la guardia dice di aver trovato sul posto già i medici, un'infermiera, la guardia di sezione e forse anche quella di sentinella e di essere rimasto lì circa dieci minuti prima di tornare a fare altro. Michele Moreno nel corso dell'interrogatorio, racconta i numerosi episodi in cui Marcello si fa notare all'interno del penitenziario: a causa del gas che spesso sniffa, viene portato in isolamento o a grande sorveglianza numerose volte, ma nonostante la sua ira da astinenza, viene rassicurato e calmato a parole. Raccontato come un ragazzo di indole aggressiva, la guardia mingherlino e alto poco più di 1,72 metri e al momento del ritrovamento lo scorge a terra con la testa vicino al termosifone e di pancia, a torso nudo.

" PM: insomma, la scena era questa: lei arriva, trova questo corpo, questo detenuto sdraiato con il sangue che esce dalla testa…"
"MORENO MICHELE: e già c'era gente dentro "

Proprio su questa affermazione si cerca di insistere per capire chi possa aver soccorso per primo Lonzi e se per caso fosse ipotizzabile un inquinamento delle prove all'interno della cella. Su questo punto, la guardia si dimostra confusa e non riesce a ricordare se all'interno della cella ci fossero due, tre o quattro persone al momento del suo arrivo. Gli altri detenuti, secondo il racconto, pare che avessero assistito a tutto ciò in silenzio senza alcuna protesta: i blindati aperti avrebbero infatti permesso agli altri detenuti di affacciarsi e osservare la scena.

" MICHELE MORENO: a me sembra di ricordare che ( i blindi) erano aperti. Ricordo che i detenuti guardavano"

E poi alla domanda del tenente Perri sulle impressioni appena visto il corpo di Marcello, la guardia ha così risposto:


" Ten. PERRI: Che impressione ha pensato?
MORENO MICHELE: che impressione? Pensavo che avrà battuto la testa, non lo so "

Non riesce dunque ad ipotizzare il perchéè dell'accaduto la guardia ma tenta di ricollegare la morte del giovane all'utilizzo dei gas. All'interno del carcere chiacchierando tra colleghi pare che tutti abbiano sempre attribuito la morte all'utilizzo di gas sniffati ripetutamente. Il tenente e il Pm però insistono sulla questione dell'ipotesi di morte spiegando alla guardia le numerose ossa rotte e chiedendo se per caso ci fossero state situazioni scomode tra Lonzi e qualche altro elemento all'interno della struttura ma la guardia ribadisce l'estraneità ai fatti dicendo di non aver mai visto né sentito cose simili. A questo punto interviene il Maresciallo che ricorda alla guardia di essere in servizio quel giorno come responsabile del padiglione e dunque ritiene strano che la sua permanenza dinanzi alla cella potesse essere stata solo di dieci minuti circa. Significanti però sono le accuse che muove nei confronti del medico che in un successivo interrogatorio che riporteremo a breve, dichiara di aver fatto il possibile per salvare Marcello.

" M.LLO CAPPELLETTI: il medico cosa faceva, l'infermiera?
MORENO MICHELE: sono andato a chiamare il comandante a chiamare gente più…
M.LLO CAPPELLETTI: ma il medico era lì fermo semplicemente a…
MORENO MICHELE: si, guardava…
M.LLO CAPPELLETTI: e se n'è andato via?
MORENO MICHELE: si. "

L'interrogatorio termina alle ore 13.15 con altre domande relative alle abitudini e ai comportamenti dei detenuti nel carcere in particolare riferimento agli atteggiamenti di Marcello Lonzi.

* N.B. Le domande dell'interrogatorio riportate nell'articolo sono state concesse per essere diffuse in quanto atti pubblici e spedite alla nostra redazione dalla signora Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi.




MORTE MARCELLO LONZI: UN INCREDIBILE ITER GIUDIZIARIO

 

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di Christian Montagna
Nemmeno dopo la morte trova pace il giovane Marcello Lonzi vittima della mala giustizia italiana, e con lui la giovane madre Maria Ciuffi che da anni lotta per la verità. Come abbiamo già detto e come testimonia il caso di Stefano Cucchi, siamo di fronte ad un assurdo caso dove le prove restano occultate ed i colpevoli se la spassano beatamente.

Nell'articolo pubblicato in precedenza introduttivo al caso ricco di colpi di scena e assurdità, Maria ci ha raccontato del suo arrivo al cimitero e della tremenda scoperta. Marcello ha del sangue sulla camicia, il volto gonfio con la bocca socchiusa e alcuni denti rotti, tre tagli sul lato sinistro del viso, sul labbro, sul sopracciglio e sulla fronte fino all'attaccatura dei capelli. Come potete immaginare, trovare un corpo in queste condizioni non è possibile in caso di morte naturale. Eppure, per ben due volte il caso è stato archiviato come tale. L'iter giudiziario di questa vicenda ha dell'incredibile: testimoni non presi in considerazione, guardie penitenziarie non interrogate, insomma, sembra proprio che quando si parli di Stato resti impossibile arrivare ad una soddisfacente verità processuale.

Nel settembre 2003, il pubblico ministero di Livorno Roberto Pennisi apre un fascicolo contro ignoti per l'omicidio di Marcello Lonzi. Sembra dunque che il caso stia prendendo la piega giusta e qualche mese dopo vengono richieste le foto del corpo del giovane e consegnate al Pm. Ci sono tre persone testimoni, due detenuti e una guardia penitenziaria che hanno visto per l'ultima volta in vita Marcello. Uno dei due detenuti dichiara di dormire e di non essersi accorto dell'accaduto ma di aver soltanto trovato Lonzi disteso a terra in una pozza di sangue con la testa vicino all'inferriata; il poliziotto invece dichiara di averlo lasciato in buone condizioni di salute. Dopo aver sentito Maria che è riuscita a contattare il detenuto in cella con Marcello, pare che le versioni fornite dallo stesso al telefono e in Procura siano totalmente diverse. Il poliziotto, dopo aver visto Lonzi per terra, dice di aver lanciato l'allarme e cercato invano di rianimarlo. Le indiscrezioni che però trapelano nel penitenziario e giungono all'orecchio di Maria sembrano essere discordi con questa versione dei fatti: si diffonde la voce che Marcello sia stato picchiato dalle guardie nelle celle di isolamento. Nonostante questo non fosse il primo caso di violenza nelle carceri italiane, il Pm pare non credere a questa versione e affida la consulenza medico legale al dott. Alessandro Bassi Luciani. La perizia fornita dallo stesso però si scoprirà essere scarna e carente, troppi elementi visibili ad occhio nudo vengono sottaciuti e non riportati. Secondo Luciani dunque la morte di questo ragazzo potrebbe essere stata causata da un arresto cardiaco. Nel 2004 il Pm Pennisi chiede la chiusura delle indagini con una richiesta di archiviazione poiché nulla di rilevante era apparso per poter iscrivere qualche elemento nel registro degli indagati. Il giudice Rinaldo Merani accoglie la richiesta e chiude il caso.

Maria non ci sta e intraprende una serie di battaglie che la portano a vedersi archiviato il caso più e più volte. Diffonde le foto di suo figlio al momento della morte; protesta contro le Procure che a tutti i costi vogliono coprire gli autori di questo efferato omicidio e il 12 Gennaio 2005 presenta una denuncia contro il Pm Pennisi, il medico legale Bassi Luciani e un'agente di polizia penitenziaria. Viene dunque riaperto il caso affidato stavolta al Pm Antonio Giaconi di Livorno che autorizza finalmente la riesumazione del cadavere indicando un nuovo medico legale, Francesco De Ferrari, che evidenzia le carenze della relazione precedente. Le costole rotte sono 8 e non una e lo sterno è fratturato. Pare essere dunque vicini ad una svolta ma in seguito agli esami tossicologici eseguiti sul sangue di Lonzi, anche De Ferrari scrive che i passati problemi di tossicodipendenza di Lonzi non possono non aver influito sulla morte ma, anzi, hanno accelerato l’insorgere del problema cardiaco; che il decesso è avvenuto per un forte stress emozionale e che l’aggressione da parte di terzi è poco probabile per mancanza di segni esterni visibili. Anche per questo medico dunque le cause della morte sono da attribuirsi ad una acuta insufficienza cardio-circolatoria. La consulenza chiamata dalla signora Ciuffi invece continua ad evidenziare delle anomalie. Nel 2008 Giaconi chiede la terza ed ultima consulenza medico legale a L.Vannuccini e F. Monciotti dalla quale fuoriesce un nuovo particolare: la denuncia di Marcello di aver subito un pestaggio al momento dell'arresto. Ma nemmeno questo dettaglio servirà a granché. Secondo la terza perizia medico legale, le lesioni sul suo corpo sarebbero state la conseguenza dell'urto contro un oggetto tagliente. Ma anche in questa perizia, il medico legale chiamato da Maria Ciuffi sottolinea le lacune e fa notare come in una fotografia scattata durante la riesumazione del cadavere, si veda un frammento di colore blu nella ferita sul sopracciglio di Lonzi.La perizia però giunge troppo tardi e nel 2010 il pm Giaconi deposita la richiesta di archiviazione accettata poi dal capo della Procura di Livorno, Francesco De Leo che respinge anche il ricorso in Cassazione nel 2011.

Maria non molla e si appella alla Corte Europea dei diritti dell'uomo che però nel 2012 dichiara non valido il suo ricorso. Nel 2013 allora presenta una nuova denuncia contro i due medici del carcere che hanno effettuato i primi soccorsi e contro il medico legale Bassi Luciani, per gli errori commessi durante l’esame autoptico. Si decide nel 2014 di poter svolgere ulteriori indagini e a breve, il 13 Marzo 2015 si terrà l'udienza conclusiva ma Maria continua a ripetere che " non si può morire quando si è in custodia dello Stato".

 




MORTE MARCELLO LONZI: IL CALVARIO DELLA MAMMA PER SCOPRIRE LA VERITA'

 

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di Christian Montagna
Non si da pace Maria Ciuffi che lotta da oltre undici anni per sapere la verità su quanto accadde al figlio Marcello Lonzi all'interno del penitenziario delle Sughere a Livorno l' 11 Luglio 2003. Una morte dichiarata naturale ma che di naturale ha ben poco ha rischiato di essere archiviata come tale nonostante le numerose prove e testimonianze che attestino il contrario.

Intervistata telefonicamente dal nostro quotidiano, Maria ha voluto raccontare per filo e per segno gli attimi concitati di quei maledetti giorni che le videro portar via ingiustamente il figlio. Siamo di fronte indubbiamente ad un caso Cucchi-bis del quale non si vuole giungere alla verità. Dopo archiviazioni inaspettate e tentativi di depistaggi, il prossimo 13 Marzo si terrà a Livorno l'udienza al termine della quale si procederà o all'archiviazione per la terza volta del caso o al rinvio a giudizio dei due medici del carcere Enrico Martellini e Orlando Gaspare e del primo medico legale che eseguì l'autopsia sul corpo di Marcello, Alessandro Bassi Luciani. Maria Ciuffi che lotta pubblicamente con forza da undici anni ha raccontato la verità sui meccanismi e gli indizi che portano a dubitare sull'operato delle guardie anche nei giorni precedenti la morte di Lonzi.

Era l' 11 Luglio 2003 quando l'allora ventottenne Marcello Lonzi fu trovato senza vita nel carcere delle Sughere di Livorno. Entratovi il 3 Marzo dello stesso anno, stava scontando una pena di nove mesi per tentato furto. Proprio la sera in cui fu arrestato, Maria che dell'accaduto non ne sapeva ancora nulla, tramite le testimonianze dell'ex compagna di Marcello accorsa sul luogo dopo aver udito le urla del compagno, è riuscita a ricostruire la dinamica degli eventi. Lonzi la sera del 3 Marzo dunque viene arrestato perché colto su un'impalcatura con una birra tra le mani a ridere e intento a compiere un furto in compagnia di un complice del quale però non si sa più nulla. Il processo per direttissima a Livorno condanna soltanto Lonzi a nove mesi di reclusione. Per essere il più attinente possibile alla verità dei fatti, Maria, che da sempre ha ritenuto giusto che il figlio pagasse per quanto accaduto in merito al reato commesso, ci racconta un altro precedente con la giustizia risalente al 2000 quando, Marcello trascorse un mese di arresti domiciliari a casa della stessa mamma per furto di auto condannato insieme a Gabriele Ghelardini ed una ragazza. Portato al carcere don Bosco, dopo due giorni di reclusione viene affidato alla mamma grazie alla concessione degli arresti domiciliari del pm Antonio di Bugno, lo stesso che ha condotto poi le altre indagini e chiesto l'archiviazione del caso. Tornando al 2003, in merito all'arresto che lo ha portato in carcere alle Sughere dal quale non è mai più uscito, sin dall'inizio appaiono dubbiosi alcuni elementi: i due fogli d'arresto compilati dai poliziotti che ammanettano Marcello, risultano essere contrastanti e la compagna agli atti deposita la sua testimonianza: dice di aver visto picchiare Lonzi e di essere riuscita a strappare di mano il manganello alle guardie. Portata anche la compagna di Marcello in questura, sarà in seguito arrestata, ma per altri motivi.

Nei mesi di reclusione che vanno dal 3 Marzo all' 11 Luglio, Maria non va a trovare Marcello in carcere per volontà di quest'ultimo che non vuole vederla piangere ma intrattiene uno scambio epistolare al termine del quale Marcello si convince ad incontrare la mamma. Caso vuole che Maria si rechi in carcere cinque giorni prima della morte di Marcello ma non le viene concesso di incontrare il figlio poiché, a detta delle guardie, impegnato in un colloquio interno con la sua compagna. Rivelazione che però non convince la signora Ciuffi che insospettita ipotizza un isolamento o una punizione. Dopo cinque giorni, arriva la triste notizia: Marcello viene trovato morto all'interno del carcere e il suo compagno di cella dichiara agli atti di non aver visto ne sentito nulla.

Primo elemento anomalo in questa storia è la comunicazione alla stessa Maria del decesso avvenuta il giorno seguente ma non per mano delle guardie carcerarie. "Ero appena tornata da lavoro quando alle 13.20, la zia di Marcello, sorella del papà, arriva a casa mia per dirmi della morte di Marcello" dice Maria al telefono e ancora " In tempi rapidissimi mi sono recata al carcere per vederlo ma nessuno mi ha fatta entrare. Dopo un'ora di attesa sotto il sole, un ispettore mi fa entrare chiedendomi il motivo di quella visita. Poi mi dice che mio figlio si trovava già al cimitero e stavano eseguendo su di lui l'autopsia". E' proprio su quelle ore che ora si sta cercando di indagare per scoprire la verità ma atroci dubbi sorgono spontanei: Come mai hanno svolto l'autopsia senza avvertire la mamma? Perché medico legale e scientifica sono stati chiamati di notte? Anche sull'ora esatta del decesso e sulla posizione della salma vi sono numerose incongruenze: secondo il referto del 118, i medici del carcere e il medico legale Alessandro Bassi Luciani che eseguì l'autopsia, la chiamata di soccorso sarebbe giunta alle 20,14 dell' 11 Luglio ma secondo Bellocco, medico legale chiamato dalla signora Ciuffi, e un medico del 118 il decesso sarebbe avvenuto prima delle 17 quando ancora splendeva il sole. Inoltre, per errore, un'ex detenuta dello stesso carcere, viene avvisata della morte del suo compagno nelle prime ore del pomeriggio. Si scoprirà soltanto in seguito che quella detenuta non era la compagna di Lonzi. L' ipotesi accreditata per questa morte è quella di infarto o di morte naturale.

Maria il 12 Luglio 2003 si reca al Cimitero dei Lupi ma non riesce a vedere il figlio che vedrà soltanto il giorno dopo nella bara.
Da subito, Maria dice di aver notato sul volto di Marcello degli evidenti segni che tutto lasciano pensare fuorché ad una morte naturale. Il polso sinistro dello stesso appare chiuso e dalla camicia bianca si intravedono macchie di sangue. Ed è proprio da lì che ha inizio il calvario di Maria, con quei dubbi che con il tempo si sono trasformati in certezze atroci che non la lasciano più serena.