MONDIALI DI ATLETICA A PECHINO. BOLT IMBATTIBILE

di Silvio Rossi

L’assassino torna sempre sul luogo del delitto. Una citazione utilizzata in molti gialli, che descrive la propensione dell’essere umano di tornare nei posti dove hanno vissuto emozioni particolari. Sta succedendo probabilmente la stessa cosa anche a Usain Bolt, il fulmine giamaicano che dal 2008 a oggi ha monopolizzato l’attenzione mondiale sulle gare di velocità.
Il campione giamaicano ha vinto le medaglie d’oro dei 100 e 200 metri alle Olimpiadi di Pechino, e successivamente in quelle di Londra, ha vinto le medaglie d’oro anche nei mondiali a Berlino 2009 e Mosca 2013, mentre a Daegu nel 2011 ha vinto solo la medaglia sulla distanza maggiore, per una squalifica per falsa partenza nei 100 metri.

Ai mondiali di Pechino Usain Bolt è arrivato non in grande forma fisica. Nelle batterie e soprattutto nella semifinale ha stentato, effettuando delle partenze non eccezionali, e riuscendo a qualificarsi senza problema, ma non dimostrando, come in passato, una superiorità senza appelli. Un Bolt più umano, un corridore non insuperabile, ma comunque favorito, assieme allo storico rivale, lo statunitense Justin Gatlin, che dopo i turni preliminari sembra avere più carburante in corpo rispetto al giamaicano.

Alle 15:15 (ora italiana) la finale dei 100 metri ha decretato il suo verdetto: Usain Bolt ha confermato di essere il numero uno, con poco distacco rispetto al suo rivale (9:79 per Bolt, contro il 9:80 di Gatlin), ha vinto la sua ennesima medaglia, correndo soprattutto con la testa, riuscendo a non perdere metri dopo la partenza rispetto al più sgusciante americano, che ha stregato negli ultimi metri, con una rimonta al fotofinish.
L’appuntamento con la storia è rimandato al prossimo anno, a Rio de Janeiro, quando certamente il fulmine giamaicano venderà cara la pelle, per riuscire a portare a casa la terza medaglia d'oro olimpica sui 100 metri, impresa mai riuscita a nessuno.