Mense scolastiche biologiche: pubblicato il decreto in Gazzetta Ufficiale

Un passo in avanti verso una sana alimentazione. Per la prima volta in Italia vengono definite e regolate le mense biologiche, dando così maggiori informazioni agli studenti e alle famiglie. Arriva un marchio di qualità con mense scolastiche bio a marchio oro se la percentuale di ingredienti da agricoltura e allevamenti in mare e in stalla provengono da aziende biologiche almeno nel 50% dei casi; marchio argento se la quota bio è di almeno il 30%. E’ quanto prevede il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali che definisce i criteri ed i requisiti delle mense scolastiche biologiche.

I criteri di classificazione, precisa il Mipaaf, sono stati individuati e concordati con il Ministero dell’Istruzione, le Regioni e i Comuni

Con l’obiettivo di ridurre i costi a carico degli studenti e realizzare iniziative di informazione e promozione nelle scuole è anche istituito un fondo stabile gestito dal Ministero delle politiche agricole con le Regioni. Nei bandi di gara previste premialità per ridurre lo spreco alimentare e l’impatto ambientale. Negli ultimi anni, a causa dei ripetuti scandali alimentari, e aumentano in maniera notevole il consumo di prodotti Bio. Ma cosa si intende per biologico? L’agricoltura biologica è un tipo di agricoltura che sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, vuole promuovere la biodiversità delle specie domestiche (sia vegetali, che animali), esclude l’utilizzo di prodotti di sintesi e degli organismi geneticamente modificati (OGM). La filosofia dietro a questo modo di coltivare le piante e allevare gli animali fa riferimento a tecniche e principi antecedenti all’introduzione dei pesticidi in agricoltura avvenuta negli anni 70, in occasione della rivoluzione verde; vuole offrire prodotti senza residui di fitofarmaci o concimi chimici di sintesi; non vuole, soprattutto, “esternalità” negative, mirando a ridurre l’impatto ambientale su acque, terreni e aria.

Nella pratica biologica sono centrali soprattutto gli aspetti agronomici:

Si utilizzano solo fertilizzanti considerati “naturali” (ossia non di sintesi chimica); si praticano rotazioni colturali e lavorazioni attente al mantenimento (o, possibilmente, al miglioramento) della struttura del suolo e della sostanza organica del terreno; sono utilizzati antiparassitari che non siano di sintesi chimica e pertanto considerati “naturali”; sono inoltre utilizzati antiparassitari “tradizionali” (come il verderame); gli animali sono allevati con tecniche che rispettano il loro benessere e nutriti con mangimi ottenuti secondo i principi dell’agricoltura biologica. Nell’allevamento sono evitate tecniche di forzatura della crescita e sono proibiti alcuni metodi di allevamento intensivo. Le malattie degli animali sono curati mediante preparati omeopatici e fitoterapici, limitando i medicinali convenzionali ai casi previsti dai regolamenti.

L’agricoltura biologica in Europa è stata regolamentata per la prima volta a livello comunitario nel 1991

Con il Reg. (CEE) nº 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari. Nel carrello del biologico, ormai c’è posto per tutti: produttori di frutta e ortaggi, carne, pesce e latticini, vino, miele, zucchero, pasta, riso, cacao, caffè, tè, dolci e prodotti da forno, uova, oli e condimenti, ma anche merendine, snack e bevande. Certo, i cibi biologici possono costare un po’ di più ma offrono una serie di vantaggi “impagabili”: hanno un sapore più naturale, quindi sono anche più appaganti e più sazianti per il palato; sono più controllati dal punto di vista della coltivazione e dell’allevamento e non contengono sostanze d’origine chimica; per produrli, è ridotto lo spreco di materie prime, si rispetta la biodiversità e si riduce l’impatto ambientale. Per contro, va anche detto che i cibi biologici freschi (proprio perché naturali e privi di additivi) si conservano meno a lungo: in realtà, questo che sembra un difetto è una garanzia di qualità!

Marco Staffiero




Asili nido, dossier cittadinanzattiva: diminuisce la domanda ma le liste d’attesa continuano ad aumentare

Il tempo dei diritti negati. Ogni possibilità di un modello di vita equilibrato viene negato in nome della nuova società civile e perfetta. Le difficoltà per un lavoro, la mancanza di accedere ad un mutuo per acquistare una casa, la condanna verso una generazione in difficoltà anche ad avere il primo diritto: quello di diventare genitori. Per arrivare a fine mese diventa una difficile corsa ad ostacoli per le famiglie e da qui nasce l’obbligo di far lavorare 12 ore al giorno la coppia, rendendo impossibile la vita di tutta la famiglia.

 

Chi ha la possibilità può portare i bambini al nido. Ma solo una percentuale limitata. Le domande, complice la piaga della denatalità, sono diminuite: una flessione complessiva del 13,1% nel 70% di 89 capoluoghi di provincia indagati nel 2015. Le liste di attesa, però, sono aumentate: dal 20% del 2013 al 26%. Insieme ai costi, in alcune città addirittura stellari. L’asilo nido resta un sogno, per troppi. Un lusso, un privilegio, ma soprattutto un diritto negato. Quello per le mamme di ricominciare a lavorare, per esempio. Soprattutto al Sud. Nel corso del 2016, su 30mila donne (dati Ispettorato nazionale del Lavoro) che hanno dato le dimissioni dal posto di lavoro, ben una su cinque l’ha fatto per mancato accoglimento dei figli al nido pubblico, quasi una su quattro per incompatibilità fra lavoro e assistenza al bimbo, il 5% per i costi troppo elevati per l’assistenza al neonato.

 

Una fotografia sconfortante scattata, come ogni anno, il dossier di Cittadinanzattiva presentato a Roma. Per non parlare dei costi.Ammonta a 301 euro la tariffa media mensile nel 2017/18 (erano 309 nel 2014/15) per una famiglia tipo (3 persone con un minore al di sotto dei 3 anni e un Isee di 19.900 euro). Con 167 euro il Molise è la regione più economica, il Trentino Alto Adige la più costosa (472 euro). Spicca l’aumento del 10% registrato in Basilicata. Fra i capoluoghi di provincia, Catanzaro e Agrigento le più economiche (100 euro), Lecco la più costosa (515 euro). Gli aumenti più rilevanti negli ultimi tre anni sono stati registrati a Chieti (50,2%), Roma (33,4%), Venezia (24,9%). Nel primato positivo, quanto a costi, delle regioni del sud, va però tenuto conto che solo nel 3% la retta comprende tutto (oltre ai pasti anche pannolini e altre spese), mentre tale percentuale sale al 25% negli asili del centro e al 40% in quelli del nord. E soprattutto, la copertura media della potenziale utenza 0-2 anni è solo del 7,6% al sud, con il limite negativo di Calabria e Molise che coprono rispettivamente fino al 4,1% e al 5%. La copertura arriva invece al 23% al nord e al 26,5% al centro.

 

Le mense pulite (se ci sono), ma non sempre sicure. L’indagine ha riguardato 78 scuole di 12 regioni (Valle D’Aosta, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna); 627 gli intervistati fra bambini, docenti, genitori e rappresentanti della Commissione mensa. Le mense non brillano in quanto a stato manutentivo e di sicurezza: il 14% presenta distacchi di intonaco e il 6% altri segni di fatiscenza come umidità, infiltrazioni di acqua. Barriere agli ingressi nell’8% delle mense, pavimentazioni irregolari nel 17%, porte con apertura anti panico assenti nel 35%. L’80% dei bambini ritiene che i locali siano abbastanza o molto puliti e luminosi, abbastanza o molto spaziosi (per l’85%) e sicuri (75%). Fra gli aspetti negativi segnalati dai bambini, il 56% ritiene che siano molto rumorosi, il 37% poco accoglienti e il 43% poco allegri. Secondo i piccoli utenti gli arredi lasciano molto a desiderare: il 51% dichiara, infatti, che non siano né adatti né confortevoli. Non passa inosservato il dato che in una scuola su dieci del campione di quest’anno, manchi del tutto il locale mensa e i pasti vengano serviti in corridoi o aule più grandi.

Marco Staffiero




POMEZIA MENSE SCOLASTICHE: IL DOLCETTO SOLO AI BAMBINI CHE PAGANO L'"EXTRA"

Redazione

Pomezia (RM) – "Le peggiori avvisaglie di un regime populista sono le politiche discriminatorie all'interno delle scuole. Accade ad esempio che a Pomezia, la Giunta comunale targata Movimento 5 Stelle metta in atto un'odiosa discriminazione in base al censo, nelle mense delle scuole primarie e dell'infanzia, concedendo il dolce a fine pasto solo a quei bambini le cui famiglie possono permettersi di pagare un bonus extra". Lo dichiara in una dura nota Ileana Piazzoni, deputata di Sinistra Ecologia Libertà. "Nonostante il messaggio 'grillino' su una presunta salvaguardia delle fasce più colpite dalla crisi economica, l'amministrazione del Sindaco Fabio Fucci si sta dimostrando una degna discepola della peggiore destra elitaria, andando a colpire il nervo più debole della società cittadina: i suoi bambini. Creare alunni di serie A e di serie B in base alla disponibilità economica delle famiglie, con tutti gli effetti che ne conseguono sulla vita del bambino nel contesto scolastico e in palese conflitto con la promozione dello sviluppo sociale e personale dell'alunno, è assolutamente inaccettabile. D'altra parte è noto come il discorso politico demagogico, laddove non esistono proposte concrete e una visione costruttiva della società, abbia come unici strumenti la discriminazione e l'emarginazione dei più deboli".
"La salute e il benessere psico-sociale dei bambini – prosegue la parlamentare di Sel – non possono essere messi in discussione, anche di fronte alle difficoltà finanziarie che tutti i comuni italiani si trovano ogni giorno ad affrontare. Proprio in questa direzione ho presentato assieme alla collega Chiara Scuvera (PD) una proposta di legge per garantire l'eguaglianza nell'accesso dei minori ai servizi di mensa scolastica. Pensare di risolvere problemi di cassa a discapito della tenuta sociale democratica di una comunità – conclude la Piazzoni – è il primo passo verso una temibile, e questa volta reale, suddivisione in 'caste' della società".