Lavoro, Jobs Act: ecco i dati che smentiscono Renzi

 
di Angelo Barraco
 
“Fatti non parole. Da febbraio 2014 a oggi l'Istat certifica più di 599 mila posti di lavoro. Sono storie, vite, persone. Questo è il Jobs Act” è quanto scriveva su Twitter il presidente del Consiglio Matteo Renzi a fine luglio, prospettando un quadro sicuro in merito agli effetti del Jobs Act, concretizzato con i dati oggettivi da lui prospettati e una la continua e incessante volontà di evidenziare quanto sia in crescita il mercato del lavoro.

Ma quadro il prospettato da Renzi si è rivelato tutto fumo e poco arrosto poichè il la situazione lavorativa in Italia è al collasso e lo dimostrano in modo chiaro e nitido i dati relativi al secondo trimestre del 2016. Dati concreti dove tutto è ben diverso rispetto ai fantasiosi quanto utopici messaggi lanciato dal premier agli italiani nel corso dell’anno con frasi e richiami in riferimento ad un concreto miglioramento. Messaggi del tipo “Dare una mano al ceto medio e alle famiglie: è un'assoluta priorità” oppure “stiamo discutendo se le aliquote Irpef o altro” risuonano come campane stonate a mezzanotte, stessa cosa vale per i messaggi a reti unificate in cui veniva enunciato un concreto miglioramento con il Jobs Act. I dati dimostrano altro poiché i contratti a tempo indeterminato un numero nettamente inferiore rispetto all’anno scorso, solamente il 29,4%, ovvero 392.043 (-163.099). “L'Italia sta tornando, saremo in grado di rimettere in moto il nostro Paese” aveva dichiarato Renzi nel febbraio del 2016, aggiungendo inoltre che “per mesi ci hanno detto che il Jobs Act era una prevaricazione, una violenza, un'imposizione.

Oggi scopriamo che nel 2015 grazie al Jobs Act ci sono stati 764.000 contratti a tempo indeterminato in più (fonte INPS). Avanti tutta, con coraggio e determinazione”. Tale affermazione suona oggi come un boomerang che sfugge dalle mani e bruscamente sbatte sulla faccia del lanciatore poiché dai dati ufficiale emerge che o contratti stabili hanno subito un calo del -29% e i licenziamenti invece sono aumentati del +7%.
 
Sempre dai dati ufficiali emerge inoltre che nel secondo trimestre del 2016 sono state registrate 2,45 milioni di attivazioni di contratto, che però non si discostano quanto dovrebbero dal numero di cessazioni, che invece hanno raggiunto i 2,19 milioni. In merito ai licenziamenti sopracitati, i dati ufficiali riportano che sono stati 221.186 i licenziati, ovvero 15.264 in più rispetto al secondo trimestre del 2015. Diminuite invece le chiusure di contratto dovute alla cessazione dell’attività lavorativa e hanno raggiunto il -10,3%. Un calo considerevole è stato registrato per le dimissioni, che hanno raggiunto il -23.9% (293.814) e i pensionamenti, che hanno raggiunto il -41,4%, ovvero 13.924. Crollati i pensionamenti per le donne, che hanno raggiunto il -47%. Renzi intanto mantiene i toni alti e sui grandi schermi pensa ad un paese migliore volto ad futuro e alla crescita “Sul referendum abbiamo cercato di togliere dal campo tutte le questioni problematiche, hanno detto Renzi ha sbagliato a personalizzare, non ne parlo piu', dico a tutti il referendum non e' sul futuro del Governo, e' sul futuro del Paese. Mi hanno detto apri sulla legge elettorale, mettiamoci a lavorare, questa legge elettorale non piace, cambiamola, discutiamo, cerchiamo di farne una che sia migliore di questa, non accetteremo un cambiamento che peggiori la situazione ma siamo disponibili a discutere, e' un'apertura vera, sincera” in merito all’Italicum. “Il successo è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l'entusiasmo” disse Winston Churchill. 



"Ladri" nel il pc di Alessandro Maiorano: Renzi e politici nei dossier

 

Chiara Rai


Messo a soqquadro e devastato lo studio a Roma del noto avvocato Carlo Taormina oltre ad accessi sospetti e non autorizzati nel Pc di Alessandro Maiorano, la spina nel fianco del presidente del Consiglio Matteo Renzi nonché dipendente del comune di Firenze e autore di diverse denunce a politici tra cui lo stesso premier, l’attuale sindaco Nardella, nonché la senatrice Stefania Pezzopane.


“Ieri alle ore 18 sono rientrato in casa – scrive Maiorano nella denuncia presentata alla Guardia Finanza lo scorso 19 agosto – ed appena ho acceso il computer una schermata mi avvisava che era in atto da parte di ignoti una intrusione nel mip PC e stavano trafugando i miei dati personali tra cui anche la mia e-mail personale…”. La denuncia del dipendente fiorentino è ben argomentata e dettagliata. In poche parole qualcuno cercava forse della documentazione scottante che però, secondo quanto asserito da Maiorano, non è stata trovata sebbene però la sua privacy, nei fatti, sia stata violata nel becero tentativo di eliminare prove scomode. Dati personali e documenti sono stati trafugati: cosa cercavano? Qualcosa di compromettente? Come se non bastasse qualcuno è entrato anche nel cellulare di Maiorano facendo razzia di foto e documenti oltre ad impedirgli l’accesso a Facebook: “Questa documentazione che avevo nella mia e-mail avrei dovuto esibirla ai magistrati come prova delle mie denunce nei confronti di alcuni politici”.


“Secondo me qui c’è la manina lunga di qualcuno – commenta Maiorano – mi hanno preso foto materiale personale fotografie atti di vita privata. Prima attaccano l’avvocato Taormina, poi me e poi ancora persone a me vicine. Qui c’è qualcuno che ha paura di tutte le questioni sollevate. Mi auguro che i magistrati ci diano delle risposte: questo atto mi ha dato davvero fastidio anche se è stato uno sforzo inutile perché questi signori forse pensavano che mi facessi fregare da loro: ho salvato tutto”




Referendum costituzionale: l'ultima "bufala" alla fiorentina

di Roberto Ragone


Basta fare due conti: se i dati dell’Istat sono reali, e non possiamo dubitarne, se non quando fanno i conti dei nuovi posti di lavoro in confronto all’economia reale e alla deflazione italiana, in Italia ci sono sei milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà. Cinquecento milioni diviso sei milioni fa, più o meno, ottantatre euro a cranio, cioè il bonus che don Matteo ha già elargito a coloro che poi, per il loro reddito, lo hanno dovuto prontamente restituire sotto forma di imposizione fiscale.

Siamo al voto di scambio, al ricatto morale, ciò che aveva già tentato Berlusconi promettendo mille euro a tutte le pensioni minime se avesse avuto la maggioranza assoluta, il suo miraggio del 51%, inseguito fin dal 1994, ma mai realizzato. Solo che il Berlusca sapeva benissimo che la sua era solo propaganda, e che portare tutte le pensioni ad un minimo di mille euro sarebbe stato troppo costoso. Anche se, per essere sinceri,  questa classe politica che dichiara ad ogni piè sospinto che ‘non ci sono i soldi’, poi li trova quando si tratta di aumentarsi le entrate, mascherate sotto qualsiasi forma. Che siano stipendi, rimborsi spese, gettoni di presenza, rimborsi elettorali, portaborse, uffici, e via così, in questo dimostrando una creatività che bene impiegata potrebbe risolvere ben altri problemi della nazione. La nostra ‘Casta’ dimostra risorse a noi completamente ignote; anche perché quando si tratta di opere pubbliche, la maggior parte delle quali rimangono a metà strada per i soliti inghippi, si parla per lo più di ‘stanziamenti’. Al contrario, il ‘reperimento di fondi’ prelude a qualcosa di più concreto.

In questo caso Renzi vuol farci credere che votando SI’ al famigerato referendum si risparmierebbero 500 milioni di euro, mentre è chiaro a tutti che il Senato continuerà ad avere gli stessi costi, e il risparmio sugli emolumenti ai 95 nominati sarà vanificato dai rimborsi spese per gli spostamenti dalle sedi regionali e cittadine a Roma. I 5 senatori a vita continueranno bellamente ad essere pagati soltanto per pesar sui voti in maniera cruciale, sempre a favore del governo Renzi. Ormai potrebbero anche dirci che il SI’ al referendum farà volare gli asini e cadere la pioggia da sotto in su, tanto nessuno è in grado di contestarlo, tranne gli inascoltati e oscurati dalla Rai comitati per il NO, costituiti da eminenti costituzionalisti, – non da personaggi più o meno noti pescati nello spettacolo e nel palcoscenico della società, come Benigni, che dalla prima ora hanno analizzato nel merito la modifica della Costituzione, bocciandola in toto, e dimostrando, cifre alla mano, che non si risparmierebbe un accidente. Ma le manovre di Renzi e del suo Giglio d’Oro, di cui fa parte anche Campo Dall’Orto, nominato opportunamente direttore generale della Rai, sono riuscite ad oscurare tutti i tanti e autorevoli personaggi, che obiettivamente sono dalla parte del NO. Non ultima la campagna propagandistica sui vari Tiggì, di cui sono stati prontamente sostituiti i direttori di testata, a favore del SI’, con uno spacchettamento mascherato; una spiegazione per il colto e l’inclita che dovrebbe soddisfare tutti, ripetendo le stesse cose che sia Renzi che la Boschi portano in giro per l’Italia. Abbiamo conosciuto Matteo Renzi come rottamatore, e ci faceva anche simpatia, con quel suo piglio guascone mentre proclamava dai palchi di tutta Italia, lui, giovane sindaco di Firenze, che avrebbe rottamato i vecchi politici e la vecchia politica, cosa di cui tutti noi eravamo stufi. In realtà i vecchi politici sono ancora al loro posto, solo un po’ incazzati, e la vecchia politica è ancora in pista, mascherata da nuova politica. Chissà perché, tutti quelli che vanno al potere vogliono ‘cambiare la nazione’: così è stato per Berlusconi, che non c’è riuscito, così è stato per Obama; così è per la Clinton; così è per Trump. E così è per ogni leader, o aspirante tale,  che voglia essere eletto. Fatto sta che gli elettori credono sempre che si tratti di qualcosa di ‘nuovo', sono tutti alla ricerca del ‘nuovo’ purchessia, perché porta voti e invece, dato che poi i personaggi sono sempre quelli, di nuovo non c’è nulla, se non l’ennesima fregatura. Anche la modifica alla Costituzione vorrebbe passare per qualcosa di ‘nuovo’, e c’è qualcuno che ingenuamente, bisogna dire così, dichiara che purchè si cambi, va bene anche quella. In realtà non va bene per niente.

 

La dittatura nascosta "dietro l'angolo" La ‘nuova’ Costituzione assegna poteri illimitati al presidente del Consiglio, non escluso il potere di influire sulle nomine della Corte Costituzionale, quindi avendo in mano il potere reale. Quello che si nega, e che chi teme non vuole vedere, è la svolta autoritaria che ci aspetta dietro l’angolo. Ha ragione Renzi quando dice che i tempi della politica si accorcerebbero: in realtà non ci sarebbe più né Parlamento né opposizione, e quindi ogni decisone sarebbe presa e messa in atto secondo i suoi desideri, con un Senato di nominati, grati per il dono dell’immunità parlamentare e ben lungi dal voler contrastare le decisioni del ‘capo’.  La Costituzione non è una leggina qualsiasi, che si può abrogare con un referendum popolare: una volta che l’abbiamo approvata, ce la dobbiamo tenere e la dobbiamo subire. Perciò pensiamoci bene, prima di votare SI’: forse è il caso di rivedere alcuni tabella e rimandare ad una maggiore riflessione. Dopo tutto la ‘vecchia’ Costituzione, con tutti i suoi difetti, ci ha serviti bene fino ad ora, non buttiamola nel secchio dell’immondizia. E queste promesse ‘populiste’ e demagogiche di elargizioni medioevali, come i 500 milioni ai poveri, analizziamole bene, e non caschiamo per l’ennesima volta nella trappola di chi ha dimostrato solo di saper proclamare, ma non di fare gli interessi della nazione. Dopo e-bay, – qualcuno ricorderà le sette auto blu vendute su Internet, subito sostituite da altre più nuove e costose – le auto blu sono aumentate in tutta Italia, come riporta il quotidiano ‘Il Tempo’ in edicola lo scorso 10 agosto. Vorremmo meno proclami e più fatti, ma soprattutto che i nostri salariati – i politici – svolgessero una politica a favore del popolo che hanno scelto di governare, e non che rincorressero il potere fine a sé stesso, come invece dimostrano. Renzi ha la maggioranza, ma solo in Parlamento, e questa vuole mantenere, con accordi che non ci riguardano e a noi non portano alcun vantaggio. Ricordiamocelo quando promette di donare ai poveri i 500 milioni di risparmio originati dalla nuova Costituzione: intanto bisogna vedere chi sono i poveri, e perchè non li avete soccorsi fino ad oggi, visto che sapete che esistono  e ve ne ricordate solo quando vi fa comodo. Poi bisogna dimostrare come si risparmiano 500 milioni, perché e dove. Ottantatre euro a testa non trasformano un povero in persona benestante, ma questa Costituzione può trasformare un uomo libero in un’altra cosa.
 




Francesca Fornario: "RadioRai mi ha chiesto stop alla satira su Matteo Renzi"

di Angelo Barraco
 
Bologna – La nuova RadioRai, sotto la direzione artistica di Carlo Conti, sembra aver scatenato una serie di polemiche che sembrano allargarsi a macchia d’olio e fanno emergere una certa insoddisfazione generale da parte di chi è dentro questo organigramma. La nuova polemica è stata lanciata dalla conduttrice di Radio2 e autrice satirica Francesca Fornario, che ha scritto il seguente post su facebook “Ricapitolando: niente battute su Matteo Renzi, niente politica, niente satira, niente personaggi, niente imitazioni, niente copioni, niente 'scenette' qualunque cosa siano, niente comicità e che altro… ah, niente battute sul fatto che non si può dire 'comunista'. Quel che resta – il mio imbarazzo e il bene che ci vogliamo io e Federica Cifola – va in onda ogni sabato e domenica in diretta su Radio2, dalle 18 alle 19.30”. Francesca Fornario ha inoltre spiegato che già l’anno scorso ha condotto il programma MammaNonMamma affiancata da Federica Cifola, in cui vi era satira nei confronti di personaggi come Renzi e Alfano ma gi in quel periodo fu chiesto loro di eliminare la satira su Renzi “ma andammo avanti con tutto il resto: io faccio satira politica, anche a Un giorno da pecora, e ho continuato a farla. Gli ascolti sono andati benissimo e quest'anno siamo state riconfermate. Solo che ci è stato dato un altro mandato.” Quindi un programma senza personaggi, imitazioni e battute, dove la politica viene totalmente esclusa e tagliata fuori. Fornario ha inoltre precisato che “da Caterpillar hanno mandato via Cinzia Poli, che faceva battute politiche nel programma. Si vuole una rete diversa". Come? "A noi è stato chiesto di essere più attente agli 'aspetti antropologici' e meno a quelli politici. Radio2 è la rete di intrattenimento, non si vogliono confondere i piani. So che rischio dicendolo, che metto in pericolo l'intero programma, ma io sono questa cosa qui. Che senso ha farmi fare altro?”.
 
Paola Marchesini, autrice di RadioDue, nega e sottolinea che “Le cose sono molto semplici il programma si fonda sul confronto tra una donna che è madre e una che non lo è. Quest'anno lo abbiamo messo nella fascia di migliore ascolto, tra le 18 e le 19:30, in diretta, e abbiamo pensato che gli sketch funzionano di meno in una fascia di rientro di traffico. Abbiamo privilegiato il live, le telefonate. L'idea è quella di fare una satira di costume su come le donne affrontano la maternità, su tutte le esagerazioni o le non esagerazioni del caso”. In merito alla censura ha inoltre sottolineato che “Sono andate in onda regolarmente sabato, in diretta. A Radio2 nessuno impedisce nulla: sui personaggi, semplicemente, ci sono cose che funzionano e che fanno ridere e cose che non ci riescono”. Ma la polemica si accentua anche sul fronte politico e il senatore della minoranza demo Federico Fornaro ha scritto su Twitter “Esiste la direttiva sulla censura preventiva della satira nei programmi di Radio Rai? Se sì, la presidente Maggioni deve intervenire subito”. Il presidente della vigilanza Rai, Roberto Fico ha Twittato “Convocheremo quanto prima i vertici Radio Rai per chiarire quello che è emerso negli ultimi giorni. Nessuna censura sulla satira è accettabile”. 
 
Ma in questi giorni le polemiche sono state sollevate in merito alla soppressione del programma “610 – Sei uno zero” di Lillo e Greg su Radio2, che andava in onda da ben quattordici anni. Pasquale Petrolo –alias Lillo- ha commentato qualche giorno fa “E' vero, il programma non tornerà. Ci dispiace per la squadra ma soprattutto per il pubblico, dopo quattordici anni di un così grande successo saranno in tanti a rimanere delusi. Ma se la rete e il direttore artistico vogliono fare una radio con la quale noi non c'entriamo niente, rispettiamo le loro scelte”. In merito a tale soppressione, Federica Cifola ha commentato “tornerà 610. Stiamo lavorando a un progetto nuovo con Lillo e Greg e Alex Braga, un nuovo formato di 610”.
 
La polemica parte però dall’origine, quando il consiglio di amministrazione Rai nomina: Ida Colucci al Tg2 in sostituzione di Marcello Masi, Luca Mazzà in sostituzione di Bianca Berlinguer al Tg3, Andrea Montanari al Gr-Radio1 e a Rai Parlamento Nicoletta Manzione. Confermato Mario Orfeo al Tg1, Vincenzo Morgante al TgR. Miguel Gotor e Federico Fornaro, senatori del Pd, si dimettono dalla commissione di Vigilanza Rai, ritenendo che le nomine “sono state fatte in modo non trasparente, penalizzando competenze e professionalità interne, come ad esempio nel caso di una giornalista autorevole quale Bianca Berlinguer, senza che emergano un profilo e una visione di un moderno servizio pubblico. Il PD non è nato per riprodurre i vizi del passato, ma per cambiare l'Italia e, convinti che un altro Pd sia possibile, ci dissociamo da uno stile e da un costume politico che non ci appartiene”. 



Renzi e l'«asservilismo»: Maiorano cassato dalla Cassazione

di Chiara Rai

Gli è andata male ancora una volta ad Alessandro Maiorano, l’uomo delle denunce a Matteo Renzi che con sentenza della V sezione penale della Corte di Cassazione del 15 luglio 2016 ha visto rigettato un altro suo ricorso con condanna a risarcire le spese processuali. Maiorano, imputato per diffamazione ai danni di Renzi in un processo pendente, ha proposto istanza di remissione perché sussisterebbe il legittimo sospetto della “incapacità degli organi d’accusa e della giurisdizione di determinarsi liberamente rispetto alle decisioni da assumere” in quanto succubi della persona offesa.

La spina nel fianco del premier ha provato anche a dimostrare un presunto “asservimento” tra il precedente Procuratore della Repubblica del Tribunale di Firenze e il comandante territoriale della Guardia di Finanza nei confronti dell’ex sindaco di Firenze e attuale presidente del Consiglio. Sia il giudice che il comandante delle Fiamme Gialle, secondo Maiorana, sarebbero colpevoli di aver “insabbiato” alcune denunce da lui presentate che riguardavano l’operato di Renzi quando era presidente della provincia e poi sindaco della città del giglio. Questo “asservimento” sarebbe evidente grazie anche ad alcune anomalie evidenziate da Maiorano nella fase iniziale del processo: dilazioni nella sua celebrazione, illegittima ammissione della pur intempestiva costituzione di parte civile di Renzi, la derubricazione dell’imputazione da parte della pubblica accusa al fine di scongiurare l’esercizio dell’exceptio veritatis da parte dell’imputato Maiorano cui è conseguita l’esclusione di tutte le prove da lui richieste al fine di provare la fondatezza delle accuse mosse a Renzi ritenute diffamatorie. A nulla sono valse le sue “imprese” perché tutte le sue richieste sono finite in un nulla di fatto.

I giudici della Corte di Cassazione ritengono che la fattispecie esposta Maiorano non corrisponda a quella tipizzata dall'art. 45 c.p.p. Il collegamento tra i comportamenti processuali del giudice e del pubblico ministero censurati dall’accusatore del premier e il fatto che persona offesa del reato per cui si procede nei suoi confronti sia Renzi “è infatti frutto di mere illazioni, per di più solo genericamente prospettate atteso che alcuna delle circostanze evocate nella richiesta è stata in qualche modo documentata. Non di meno, che il precedente Procuratore della Repubblica di Firenze, una volta ritiratosi, sia divenuto consulente dell'amministrazione comunale di Firenze – peraltro, sembra di capire dalla richiesta, quando già il citato Renzi non ne era più al vertice – non si comprende per quale motivo dovrebbe ritenersi sintomatico nell'attualità di una situazione in grado di pregiudicare la libera determinazione dei protagonisti del processo ed in particolare l'ipotizzato "asservimento" del giudice e del pubblico ministero all'interesse della persona offesa”. Peraltro i giudici sottolineano che se la situazione di incompatibilità ambientale deve essere valutata, per l'appunto, con riferimento al momento della celebrazione del processo e questa sarebbe determinata dall'influenza esercitata Renzi nell'ambito territoriale di riferimento in ragione della carica politica, “è appena il caso di evidenziare come Renzi – come noto – non sia più Presidente della Provincia di Firenze o Sindaco della stessa città e come, seguendo il ragionamento tracciato dall'istante, la sua qualifica attuale di Presidente del Consiglio dei Ministri sostanzialmente renderebbe incompatibile il processo con qualunque sede giudiziaria del territorio nazionale”.
 




MATTEO RENZI, OPERAZIONE REFERENDUM: I SOLDI DEGLI ITALIANI E… JIM MESSINA

di Roberto Ragone

Tutti abbiamo capito che la faccenda della Riforma Costituzionale, con annessa legge elettorale Italicum, è vitale per il governo Renzi. Ma forse non abbiamo capito fino a che punto. Sono lecite tutte le illazioni, ma per scoprire le carte fino in fondo bisognerebbe esser addentro alle segrete cose. Possiamo comunque farci un’idea dell’importanza del referendum e del SI’ per Renzi da fatti accessori che nonostante tutto emergono all’attenzione di un osservatore attento, mentre sono accuratamente celati al grande pubblico. Per intenderci, quello che ancora ascolta e da credito alle fantasiose dichiarazioni di don Matteo in televisione. Il Fatto Quotidiano riporta che negli ultimi tempi, a fronte di 79 ore di Renzi in TV per la campagna del referendum per il SI’, ci sono stati solo 79 secondi per la campagna del NO, a riprova dell’invasione autoritaria di questo governo, avallata dal comportamento decisamente non obiettivo della Rai, dove la mano di Renzi ha fatto le nomine.

Di solito un personaggio come Jim Messina si assume per eventi importanti, come hanno fatto Obama e la Clinton, il primo per la sua rielezione alla Casa Bianca nel 2012, la seconda attualmente in corsa per la prossima presidenza degli Stati Uniti, e candidata del Partito Democratico. Jim Messina è un personaggio ben conosciuto a Washington: Dan Pfeiffer, Senior Advisor del Presidente degli Stati  Uniti, lo definisce “La persona più potente a Washington di cui non avete sentito parlare.” Messina, come si può immaginare del suo cognome, è di origine italiana, e nel 2013 ha ricevuto il Machiavelli Award, come Americano Democratico Italiano dell’anno.  È nato a Denver, in Colorado, laureato a Boise, in Idaho, nel 1993 ha conseguito la Bachelor of Arts in Scienze Politiche a Giornalismo alla University of Montana, nel 1993. Nel 1995 è assunto dal senatore democratico Max Baucus, del Montana. Nel 1999 è capo del personale per la senatrice democratica Carol Mc Carthy, al congresso degli Stati Uniti. Nel 2002 corre nella campagna per la rielezione di Max Baucus. Dal 2002 al 2004 è capo del personale per il senatore americano Byron Dorgan, del Nord Dakota. Nel 2005 è ancora con il senatore Max Baucus come capo di stato maggiore. Messina è stato accreditato dal New York Times Magazine come l’autore della sconfitta del Presidente Bush. Nel 2008 è assunto come capo del personale per la campagna di Obama alla presidenza degli Stati Uniti, con a disposizione 750 milioni di dollari, per cui ebbe a dichiarare al New York Times: “È come avere le chiavi di una fottuta Ferrari.”
La campagna condotta da Jim Messina fu definita dal Bloomberg Business Week “Il corso accelerato di più alto wattaggio mai intrapreso.” Dopo la vittoria di Obama, Messina è stato nominato capo del personale, e successivamente vice-capo di Stato maggiore alla Casa Bianca, guadagnandosi il soprannome di ‘The Fixer’ per le sue relazioni politiche. Nel 2013 Messina fonda il ‘Messina Group’, allo scopo di fornire consulenza strategica alle campagne politiche, alle organizzazioni di difesa e alle imprese. Con la guida dei più importanti leader della tecnologia, Messina ha abbandonato ogni metodo tradizionale di campagna politica, fondendo tecnologia e politica in modo imprevedibile. L’Associazione Americana dei Consulenti Politici lo ha incoronato ‘Miglior Stratega dell’anno’. Nel gennaio 2013 l’amministrazione Obama ha annunciato il lancio di una nuova strategia di difesa allo scopo di promuovere le politiche del Presidente, con Jim Messina come presidente nazionale.

Nel gennaio del 2016 Jim Messina è stato assunto dal Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi come responsabile della campagna per il referendum costituzionale del mese di ottobre 2016. Quest’ultima notizia ci riguarda da vicino, per più di una riflessione. Dando per scontato che un personaggio come Jim Messina non si paga a santini e bruscolini, certamente Matteo Renzi ha dovuto allargare i cordoni della borsa per qualche centinaio di migliaia di dollari, se non di più. Peccato che don Matteo li spenda per sé, e non per la nazione, visto che tutto il denaro di cui dispone ha una unica provenienza, cioè le nostre tasche.
Dopo l’aereo personale, attualmente, pare, inservibile, ma che comunque costa 40.000 euro al giorno, il premier si permette il lusso di ingaggiare il consulente più importante e sicuramente meglio pagato al mondo, e per cosa? Per una consultazione che dovrebbe essere ‘popolare’, con un comportamento antidemocratico teso ad influenzarne il risultato e quindi per falsare in ogni caso la volontà dei cittadini. Non abbiamo dubbi sulla capacità di Jim Messina, dimostrata più volte nel corso della sua carriera a fianco dei personaggi più potenti del mondo.

Se Obama gli ha potuto mettere a disposizione 750 milioni di dollari, possiamo conoscere il budget che invece gli ha offerto Renzi, o almeno quello che Messina gli ha richiesto, fatte salve le competenze del suo ‘Messina Group’? Davvero la trasparenza  non è la caratteristica migliore di questo governo Renzi.
In ogni caso, la posta in gioco è più alta di quello che ci vogliono far credere, con tutte le falsità che ci propinano, e di cui abbiamo già ampiamente scritto su queste colonne, riportando anche pareri autorevoli di costituzionalisti come Lorenza Carlassare, che non sarà consulente del Presidente Obama, ma è una persona di tutto rispetto e fiducia. Facendo due conti, e tenendo presente che la permanenza dell’Italia in questa Europa è importante per i poteri forti – banche, lobby e multinazionali – possiamo vedere chiaramente che tutta la faccenda è tesa ad ottenere in Parlamento una maggioranza bulgara, dopo avere svuotato di ogni potere un Senato fatto di nominati – e che nominati!  Questo per avere le ‘mani libere’ e condurre l’Italia dove i poteri forti vogliono che sia condotta.

Se l’operazione referendum dovesse fallire, crollerebbe tutto il castello di carte, e dopo la Brexit, forse anche noi potremmo liberarci di questa catena al collo, dato che l’Europa non ha mai fatto il bene dell’Italia, anzi, i guai sono iniziati proprio con l’euro e Prodi.  Ecco perché la presenza e la consulenza di un guru occulto come il già collaudato e super pagato Messina diventa necessaria e non più surdimensionata rispetto all’occasione. L’etica non è proprio il lato forte della politica, particolarmente quella di questo governo. Ci si chiede: è morale tutto ciò? È morale impiegare contro il parere democratico dei cittadini il loro stesso denaro? È morale super pagare un personaggio come Jim Messina per distorcere la volontà dei cittadini, che già si immagina orientata diversamente, dato che Messina è stato assunto a gennaio di quest’anno? È morale indire un referendum, che è la massima espressione della volontà popolare, per poi falsarne il risultato? È morale tutto ciò invece di accettare democraticamente di intraprendere la strada che la maggioranza dei cittadini ha scelto? Ricordiamocene ad ottobre, quando andremo a scegliere fra il SI’ all’addio definitivo alla possibilità di avere un governo democratico, e il NO all’autoritarismo, ad una svolta autoritaria che potrebbe portarci indietro di qualche decennio, e metterci in mano a dei padroni indesiderati. A proposito, di recente si è ancora riunita la Bilderberg, per decidere cosa non si sa, ma si può immaginare.
 




REFERENDUM COSTITUZIONALE, MATTEO RENZI: "SE PERDO VADO A CASA"

Redazione
 
Firenze – Il premier Matteo Renzi si trova a Firenze, al teatro Niccolini, per la prima tappa del tour per il “Si” al referendum costituzionale di autunno. Ha sottolineato che fino a fine ottobre è necessaria una campagna porta a porta e chiedere se si vuole riportare l’Italia a due anni fa o andare verso il futuro. Una sorta di aut aut quello del premier, che ha parlato del lavoro dell’Italia di questi due anni, definendo il lavoro fatto “radicale ma la sfida più grande inizia adesso”. Al suo arrivo ha avuto delle contestazioni poiché cinquanta persone si sono presentate come “truffati del decreto banche”, hanno raggiunto il Renzi e hanno inveito contro “buffone, buffone”, hanno issato cartelli con frasi “Fino all'80 per cento? Ancora una volta truffati” o “risparmiatori di serie A e risparmiatori di serie B ancora una volta truffati”. Il premier ha risposto alla contestazione “Abbiamo salvato i correntisti, più che le banche. In passato si sono fatti prestiti molto discutibili. Sul tema delle banche abbiamo messo fine a questa lunga vicenda e diciamo: portiamo le banche a dare credito ai territori ai piccoli e medi imprenditori e ai piccoli artigiani”  aggiungendo che “l'Italia ha recuperato i problemi che aveva. Ogni deputato metterà la faccia su quello che voterà. Anni fa l'Italia era incastrata in una depressione politica. Si chiedeva di abbassare le tasse e si rimase per sei mesi a discutere su come chiamare la tassa che si voleva eliminare. A fronte di questo è accaduto che le riforme improvvisamente hanno cominciato a a realizzarsi: il Parlamento è uscito dall'incantesimo e le cose sono state fatte”. Ha parlato della sua esperienza a Palazzo Chigi e del suo rapporto con i cittadini, sottolineando che se non avesse avuto uno straordinario rapporto con i cittadini non sarebbe mai arrivato li. Ha precisato inoltre che la riforma non è “contro chi ha combattuto per la libertà. Con il referendum un presidente della regione non guadagnerà più del presidente del Consiglio, ma neanche più del presidente degli Stati Uniti. Certo non si fanno le riforme per questo ma comunque. Tutte queste cose determineranno divisione tra l'Italia che dice sì e l'Italia che sa dire solo no.  Io non mi risparmio: non siamo noi a vincere questa sfida. La rottamazione non vale solo quando si voleva noi: se non riesco vado a casa. E' essenziale che ognuno di voi si prenda un pezzettino e da domenica 15 maggio pubblicheremo come fare”. L’Italia è una grande potenza mondiale, ha detto Renzi e ha sottolineato che è importante perché il mondo sia meno confuso. Ha parlato inoltre delle tanto discusse frontiere che tutti vorrebbero chiudere e alcuni hanno chiuso “come voleva Salvini non è una risposta. Bisogna investire in sicurezza, ma bisogna investire anche nelle periferie”. Secondo Renzi l’Italia è pronta a ripartire, lo ha sottolineato “Se partono gli investimenti l'Italia riparte. Cose che si sanno, ma le ridico per dire che tutto quello fatto è enorme, ma non basta: la vera sfida inizia adesso. Ora ci criticano quelli che due anni fa hanno firmato il fiscal compact. Tra il 10 e il 12 maggio votiamo le unioni civili, probabilmente con la fiducia, e il 25 maggio ci sarà il voto della legge sul terzo settore”. Ha parlato infine di banche “abbiamo eliminato il meccanismo atroce e assurdo delle banche popolare, garanzie alle banche di credito cooperativo e salvato i correntisti di quelle banche che rischiavano di perdere le obbligazioni, per le quali si è provveduto a trovare soluzione” aggiungendo che “i problemi delle banche non si originano qui, ma che hanno visto intere classi dirigenti reggersi l'un l'altra. Abbiamo messo la parola fine, e adesso diciamo portiamo le banche a dare credito alle piccole imprese, alle famiglie.  Il punto fondamentale  è che ancora non siamo riusciti a restituire all'Italia quel sentimento di orgoglio, di appartenenza, di passione, fondamentale per una grande impresa”. 



NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE

di Roberto Ragone
'Niente di nuovo sotto il sole' recita Salomone nell'Antico Testamento, nel il suo libro poetico intitolato ‘Ecclesiaste,’ o Qoelet’, se vogliamo dirlo con gli Ebrei; parole di saggezza di uno che aveva già capito tutto, e che conclude il suo primo capitolo con una frase che recita pressappoco così: “Molta sapienza molto affanno, chi accresce il sapere aumenta il dolore”. Il dolore di vivere, certamente, il dolore di una consapevolezza che non trova alcun sollievo nei fatti di oggi. Viviamo, in Italia, un’epoca che fa venir voglia a molti di scappare, di cambiare nazione e continente, a costo di regredire andando ad abitare in quei Paesi che fino a ieri erano considerati figli di un dio minore, al di là della Cortina di Ferro. Soprattutto i pensionati sull’orlo della povertà, che rinunziano ad una qualità di vita già consolidata, stante la loro età, con figli, nipoti, amici, abitudini.

Oggi vivere in Italia è diventato difficile, roba da ricchi, ma senza avere i vantaggi che possano avere questi ultimi. Diciamola tutta: noi sudditi viviamo una condizione di precarietà mai provata, uno stato d’ansia latente e costante, un’insicurezza che non è solo fantasia, o solo economica; la microcriminalità imperversa, come dimostrato stamattina, giovedì 17 gennaio, con il servizio sui tassinari di Roma, durante l'intervista a Chiara Rai e Antonello Fassari. Sembra che coloro che vogliono armarsi appartengano ad una categoria politica di cattivi a prescindere, perché già nell’animo progettano di togliere la vita ad un essere umano. Buoni, invece, sono coloro che predicano la non violenza, non sapendo bene a chi si debbano rifare, se a Gandhi o a Marx. Il mondo, quindi, è diviso fra buoni e cattivi? Magari fosse, ma non è così. Se i sudditi di questo paese sentono la necessità di un oggetto che li faccia sentire – extrema ratio – più sicuri, o in grado comunque di resistere ad eventuali aggressioni, la colpa è del clima di insicurezza instillato nell'animo della nazione tutta dalla cronaca quotidiana, con una Magistratura che interpreta le leggi, il più delle volte, a pro del reo, dove la certezza della pena è una chimera, dove le Forze dell’Ordine – e siamo stanchi di ripeterlo – sono ridotte ai minimi termini, dove l’esiguità delle pensioni e la scarsezza di lavoro spingono i giovani ad emigrare, e gli anziani a trasferirsi; un governo che non fa nulla di concreto per fare in modo che queste situazioni trovino finalmente una soluzione, nutrendoci di statistiche e di dati che non dicono nulla, che non impediscono che domani possano ripetersi le aggressioni notturne, a cui, piuttosto che una difesa armata, come deterrente possiamo opporre una lavagna con i dati che dicono che la criminalità è in calo, e che loro, gli aggressori con passamontagna, non dovrebbero essere qui, ma in galera per precedenti reati, o espulsi e all'estero, al loro paese. Iperprotetti, di contro, sono gli uomini politici, o coloro che hanno il denaro per pagarsi una scorta, mentre il cittadino, pardon, il suddito comune rischia ogni volta che esce per strada.

Siamo in pieno lavaggio del cervello, e il referente maggiore è la televisione di stato, quella che ci insegna quel buonismo ipocrita dei programmi mielosi dei momenti di maggiore ascolto, quelli che fanno una audience più alta. Quella sapienza che Salomone stigmatizza è molto lontana, e il suo contrario serve evidentemente ad addormentare le coscienze, a tutto pro di chi fa e disfa a suon di proclami, il più delle volte disattesi. In una nazione in cui chi legge un libro al mese è merce rara – e poi bisogna anche vedere cosa legge – assistiamo al proliferare di giornali di gossip, di sottocultura, di pettegolezzo, che vengono pubblicati, venduti e letti, e poco importa se nelle sale d’aspetto dei parrucchieri o dei medici di base. Dobbiamo allora arguire che la maggior parte dei telespettatori aventi diritto al voto è anch’essa becera, tenuta ad arte nell’ignoranza. E’ quindi facile instaurare e propagandare, come legittimi, sentimenti ‘buonisti’, a cui è orientata tutta la falsa politica televisiva, con le sue raccolte umanitarie, i suoi numeri per donare con un sms due, cinque o dieci euro, il che ci fa sentire tutti più buoni, senza conoscere esattamente quanto di quello che doniamo andrà realmente a chi ne ha bisogno, oppure negli stipendi di chi le società umanitarie gestisce e ha creato; senza sapere a chi fanno capo certe organizzazioni, patrocinate, per le offerte, dalla tv di stato; senza pensare che tante di quelle collette dovrebbero essere a carico della pubblica amministrazione, con denari che noi abbiamo già versato per quegli scopi. I ‘buonisti’: è un termine che raccoglie quanto di più becero e ipocrita ci possa essere, come i ‘perbenisti’ dell’800, quelli che avevano la moglie e l’amante, e andavano al casino; tutti sapevano, ma non si doveva dire, e poi la domenica a battersi il petto e a fare la comunione, salvo poi a ricominciare da capo il lunedì.

Quando Renzi dice che non accetta lezioni di trasparenza, ha ragione; non le accetta da chi, come lui, trasparente non è mai stato, ma sarebbe costretto ad accettarle da noi sudditi, se solo avessimo la possibilità di farci sentire, o di essere considerati. Ma sembra che questo governo, non dichiaratamente di sinistra – infatti anche Matteo tende al centro, dove sa che c’è la maggioranza dei voti – sia quello che vuole risolvere i problemi della nazione. ‘Cambiamo l’Italia’, si predica alla Leopolda e fuori: ma forse l’Italia non vuole essere cambiata, oppure non nel senso che dice lui, o peggio. Le riforme tanto sbandierate ad ogni piè sospinto sono sicuro che le ha capite il dieci per cento degli Italiani, cioè quelli che sono in politica. Per il resto, il 'jobs act' – attento, quando l’avvocato parla latino ti sta fregando, dice Manzoni  – la 'spending review' fatta pro domo sua, la ‘buona scuola’ che di buono sembra non abbia granchè, e così via. Senonchè arriva di botto una Le Pen che si affaccia al governo della Francia. Conosco i Francesi per averli molto frequentati anni fa, e a loro ho sempre invidiato una coerenza intellettuale. Sono nazionalisti ma non fascisti, amano la patria e la servono, ma non sono estremisti, comprano quasi soltanto auto francesi, ricordano De Gaulle come un uomo decisivo, ma non ne fanno un mito, molto simili, per alcuni aspetti, agli Americani. Se hanno deciso di votare a destra, avranno avuto le loro ragioni, e vanno rispettate. Quelli che il nostro ineffabile Presidente del Consiglio chiama ‘populismi’, con termine dispregiativo, è l’espressione di una intera nazione, tanto che ci si sono dovuti mettere in parecchi per sconfiggerla. Ironia della sorte, i populismi sono propri di questo governo, e di questo Presidente: come chiamate la regalia elettorale degli 80 euro, che poi 80 non sono mai stati, perché nessuno ha spiegato agli interessati che essi sarebbero stati elargiti con gradualità, secondo il reddito? Se Renzi viene in TV a dire che ’80 euro sono pochi per chi ha tanti soldi, ma sono tanti per chi ne ha pochi’, allora, amico mio, questo è un autogol macroscopico, perché gli 80 euro – che sembra verranno dati ai poliziotti, dopo averli insultati con 9 euro lordi che i più hanno rifiutato – diventano una elemosina. Con 80 euro ci fai la spesa per una settimana, oggi, al discount, per una famiglia normale di quattro persone. Quindi, chi più buonista e populista di un Renzi che con le sue iniziative cerca di accattivarsi le simpatie della pancia della gente – sudditi comuni? Oppure dovremmo usare un altro termine, demagogia? Certamente nelle sue iniziative c’è molto di demagogico, in quello che proclama.

Quello che fa, disse una volta un Cinquestelle, è un’altra cosa, perché non lo dice. A vederlo agitarsi ieri, ad alzare la voce in Parlamento, m’è venuta in mente l’opera dei pupi, Orlando e Rinaldo, e chiedo scusa, ma la mia sensazione è stata quella: purtroppo per lui chi alza la voce vuol dire che non riesce a farsi sentire parlando piano. Come un’altra sensazione mi grava nella mente, memore di Prodi, Monti e Letta: stia attento Matteo ai suoi stessi compagni, quelli sempre pronti a saltare sul carro del vincitore: può darsi che anche lui sia vicino alla scadenza, come dimostrato dai suoi predecessori. E allora l’Italia non la potrà più cambiare, lo farà qualcun altro: sempre che gli Italiani ci abitino ancora.
 




RENZI, LA BANCA ETRURIA, LA BOSCHI, LA ROTTAMAZIONE E… LA RESTAURAZIONE

di Vincenzo Giardino

Dopo l'episodio del suicidio del pensionato Luigino D'Angelo, la cui unica colpa è stata quella di salvare i risparmi di una vita, il ministro Padoan parla di risposta del Governo. L'unica risposta immediata che dovrebbe dare il Governo è la richiesta di dimissioni del ministro Boschi, per l'evidente conflitto d'interesse tra la carica istituzionale e gli interessi privati della ministra.

La Boschi afferma che suo padre è una persona perbene per aver dato le dimissioni dall'incarico di vicepresidente della Banca Etruria poco prima del crac, ma da molte inchieste giornalistiche emerge che la dirigenza della banca spingeva il personale a convincere i risparmiatori ad investire in obbligazioni ad alto rischio. Il caso vuole che il genitore perbene rivestì l'incarico di vicepresidente della banca poco dopo che la figlia diventò ministro di questa Repubblica.

La Banca Etruria è ad Arezzo, la stessa cittadina del longevo Licio Gelli. Nel corso delle indagini sulla P2 emerse che proprio in questa banca il venerabile aveva un deposito chiamato “conto primavera”.

La stampa di Stato, quella che beneficia dei finanziamenti pubblici per intenderci ed è controllata dalla "politica", non sta dando sufficienti informazioni e Renzi continua a parlare di Leopolda piuttosto che fare chiarezza su questo episodio che coinvolge un ministro della Repubblica che è anche una stretta collaboratrice del suo staff.

Il premier continua a fare orecchio da mercante alla richiesta di dimissioni avanzata non solo dalle opposizioni, ma anche da una minoranza del PD. La sbandierata “rottamazione” di Renzi, alla luce dei coinvolgimenti negli scandali di molti esponenti PD, ha il sapore di una “restaurazione”. Il solido involucro invecchiato è solo ritoccato nell'apparenza dalle angeliche faccine di tutti quelli che rappresentano il potere politico di oggi. Basterebbe approfondire i legami parentali di molti di questi personaggi per capire che non è cambiato nulla, sono le solite lobby che stanno dietro le faccine a governare le sorti della penisola italica.

In questo periodo storico, in Italia, stanno avvenendo scandali che in altre altre epoche avrebbero fatto saltare i governi più forti. Attualmente tutti gli oppositori che gridano allo scandalo vengono tacciati dal premier con l'appellativo di “gufi”, guadagnandosi l'approvazione dei fans che lo seguono.

Intanto l'Italia si impoverisce sempre di più e Renzi fa spendere allo Stato Italiano una cifra scandalosa per un aereo ministeriale che non può decollare. La disoccupazione è palpabile per la gente comune che vive le difficoltà quotidiane e il ministro Poletti bacchetta i giovani laureati con 110 e lode perchè secondo lui la laurea a 28 anni non serve a niente. Mai come in questa epoca la voce degli operai, degli studenti e di intellettuali seri viene schiacciata con spietata intolleranza. I movimenti di opposizione, tranne che per speculazione politica, non stanno facendo nulla di concreto per ostacolare tutto questo. La gente comune ha l'impressione di vivere in una nazione che è in balia del nulla e Renzi continua a farsi i selfie in tutte le occasioni, offrendo l'immagine discutibile di leader di una nazione che, mai come in quest'epoca, non gode la stima di altri paesi europei.

Sono tanti gli italiani che sono arrivati a rimpiangere i politici della prima Repubblica che, anche nella misura dei comportamenti e del linguaggio, davano una maggiore impressione di affidabilità e serietà. La frequenza degli scandali, da Berlusconi in poi, avrebbero fatto impallidire anche il più spregiudicato dei politici di quell'epoca.

Purtroppo il numero di giornalisti e intellettuali che hanno il coraggio di evidenziare e informare con chiarezza su quanto sta avvenendo è veramente esiguo per stimolare  la coscienza popolare. Travaglio, Saviano e pochi altri non sono sufficienti per illuminare le menti, le masse continuano a seguire i media strafinanziati dal potere come non mai.

L'unica cosa chiara che emerge da questo stato di cose è che i giovani di oggi hanno il futuro molto più incerto della generazione che li ha preceduti.
 




MATTEO RENZI, L'ORGOGLIO E… L'ARIA FRITTA

di Emanuel Galea

Volevo avere ben chiaro il senso del termine orgoglio e mi sono quindi documentato. Posso quindi fare una sintesi di quello che ho appreso. Inizierei per dire che con "orgoglioso" si definisce una persona con una spiccata stima di se stesso e cieca fiducia nelle proprie capacità. Si gratifica di sentirsi osannato e allo stesso tempo è incapace di affrontare umiliazioni. Si nutre di applausi, lodi e ama sentirsi elogiare. L'orgoglioso ha di se un’alta opinione. Se il consenso, l’elogio e la stima degli altri verso di lui dovessero venir meno , se qualcosa non dovesse  andare secondo le sue aspettative o  desideri, allora l'orgoglioso diventa arrogante, e da sotto la crosta esce il suo vero  io, farcito di egoismo.

Bando ai preamboli. Ormai il gatto è fuori del sacco. Parlerò del personaggio politico Matteo Renzi.
Scelgo uno stralcio dal discorso che l'allora neo presidente del Consiglio fece al Senato per il voto di fiducia, diciassette mesi or sono. In quel discorso identifico l’orgoglio dell’aspirante presidente, pronto a partire con la lancia in resta, a cambiare l’Italia. Ecco il passaggio:
"Ci impegniamo a meritare la fiducia come Governo, perché pensiamo che l'Italia abbia la necessità urgente e indifferibile di recuperare la fiducia come condizione per uscire dalla situazione di crisi in cui ci troviamo. Il nostro è un Paese arrugginito, un Paese impantanato, incatenato da una burocrazia asfissiante, da regole, norme e codicilli che paradossalmente non eliminano l'illegalità: senza dover risalire alle grida manzoniane, l'idea che le norme che si sono succedute nel corso degli anni non abbiano prodotto il risultato auspicato è sotto gli occhi di tutti."

E’ tutto qui. Su questo discorso, solo su questo ”lancio programmatico”, la gente ha concesso a Matteo Renzi una “carta di credito prepagata, ricaricabile”. Gliel’hanno caricata con un consenso del 65,3% non per meriti accademici, non per onori e glorie in veste delle gesta da sindaco di Firenze. Di quell’esperienza i pareri sono contrastanti e il bilancio della sua gestione, sia alla Regione Toscana sia a Palazzo Vecchio non brilla certo di successi. La gente gli ha accordato la fiducia perché è simpatico, ha gli occhi vispi, ha la battuta pronta, è spiritoso. Berlusconi lo aveva definito quale una brava persona, intelligente e molto furbo.

Bastano queste qualità per fare di una persona il presidente del Consiglio?  Certamente no! Proprio qui il tallone di Renzi. Lui pensa il contrario, ha un’eccesiva stima di se e la presunzione non gli manca.
È più che evidente che lo slancio orgoglioso di Matteo Renzi reggeva sul nulla. Il suo orgoglio si può definire arroganza, incoscienza, perché magnetizzava gli italiani con una lenzuolata di riforme, e solo a pochi non sfuggiva il bluff.
Ha subito dimostrato la sua inesperienza e anche presunzione, il giorno stesso che solennemente, in trasmissione Urbi et Orbi annunciava la sua boutade di una “riforma al mese”. Nel nostro piccolo, avevamo scritto un pezzo “Vino nuovo in botti vecchie”, o si guastava il vino o si rompevano le botti. Ci siamo andati vicini. Il vino di Renzi si è guastato e perde consensi che calano a picco e i partiti che si erano auto- conservati in botti vecchie si sono tutti sfasciati.

Il risultato di diciassette mesi di “governo Renzi”, sono sotto gli occhi di tutti. Da parte del governo non si sente che frastuono di vasi stracolmi di vuoto e nell’ambiente s’innalza l’odore nauseabondo di aria fritta.
 Risparmio ai lettori l’elenco di tutte le riforme promesse e non mantenute, il fallimento delle città metropolitane, province e unioni di comuni che hanno fatto lievitare costi e organici. Ogni commento all’Italicum è superfluo, una legge elettorale che presta il fianco a tanti dubbi costituzionali. Quanto sia costituzionale il premio di maggioranza? Quanto il voto di ballottaggio? Quanto il nodo delle preferenze e le liste bloccate?
 Posso parlare della riforma del Senato, una beffa a danno dei cittadini un gioco di prestigio ben riuscito. Il Senato non c'è ma si vede ancora, più affollato di prima. Unica modifica è stata la cancellazione del voto popolare. Ora tocca la “riforma” della Rai, che tutto è fuorché una riforma. È un giro di  valzer, per rimodellare l’assetto delle spartizioni. Si può andare avanti, oltre la ricetta “spending  review” – maneggiare con cura.  Approdiamo alla tanta strombazzata ”buona scuola”. Di riforma non ha l’odore, è un provvedimento tutto teso verso la sistemazione di precari, l’assetto dirigenziale, la normativa per l’arruolamento del personale docente, parla di retribuzioni e di una tantum.  Mancano i riferimenti culturali e pedagogici. Si fa riferimento a un non meglio qualificata offerta formativa demandata al capo dell’istituto. Un’offerta formativa moltiplicata per tanti istituti per tanti Comuni italiani. Di ministro Giannini ne abbiamo uno solo. E meno male! Guai se ce ne fossero stati di più.

Tutto è detto e stra-detto. Tutto è stato scritto e archiviato e tutte le azioni producono un effetto. Per conoscere l’effetto basta misurare il consenso.
All’inizio della sua carriera presidenziale, il “fiorentino a Montecitorio” raccoglieva un consenso che faceva invidia al migliore pachiderma della prima Repubblica.  All’esordio godeva un consenso del 65,3%.  Renzi non ha saputo fare buon uso del credito a lui concesso, sulla parola, dalla gente. L’effetto 80 euro si è esaurito, il jobs act sta risultando una debole rimodulazione del sistema esistente e come tale inefficace contro la disoccupazione, in constante aumento. L'ultimo dato registra un ritorno a 12,7% del tasso di disoccupazione. Un quadro con uno sfondo del debito pubblico che lievita sempre e macina miliardi. Renzi annuncia che l’Italia sta uscendo dal tunnel. Uscirà senza meno, basta rimuovere quello stratosferico macigno del debito pubblico che sta ostruendo l’uscita.

Quella carta di credito prepagata sta andando in esaurimento. Il presidente ostenta finta fiducia e si rivela sempre più suscettibile alle critiche. Il suo specchio magico dei consensi lo dà in caduta libera. Oltre il 50% degli italiani non sembra più credergli. La stampa locale e nazionale che prima osannava ogni sua mossa gli sta voltando le spalle per non parlare della stampa estera, come il Financial Times. Gli italiani stanno realizzando che per governare un paese non basta avere una bella faccia, un bel sorriso, una lesta parlantina e occhi vispi. Nel caso di Renzi non c’è stata alcuna parabola.  La carriera di Renzi è calata dall’alto. La storia ci spiegherà cosa e chi abbia accomodato un sindaco senza particolari glorie, sullo scranno più alto di Montecitorio. Lo stesso quesito, all’inverso, lo avevamo posto quando Berlusconi abdicò a favore di Monti. Renzi oggi si trova a dover rifare la strada all’indietro. Citando il suo stesso discorso al Senato si può tranquillamente affermare  “senza dover risalire alle grida manzoniane, l'idea che le norme che si sono succedute con l’esordio  renziano non abbiano prodotto il risultato auspicato, dato questo che è sotto gli occhi di tutti.”

I primi ad affermarlo sono il 43,1% dei giovani disoccupati e dietro di loro segue tutto il resto.
 




MATTEO RENZI IN ISRAELE: "CHI PENSA DI BOICOTTARE ISRAELE NON SI RENDE CONTO DI BOICOTTARE SE STESSO"

di Angelo Barraco

Gerusalemme – Il Premier Matteo Renzi ieri è stato in visita in Israele ed ha incontrato il presidente Reuven Rivlin. L’incontro è avvenuto presso la Knesset, il parlamento monocamerale di Israele. Il Premier Renzi ha esordito subito dichiarando: “Chi pensa di boicottare Israele non si rende conto di boicottare se stesso, di tradire il proprio futuro. Possiamo avere opinioni diverse, è accaduto e continuerà ad accadere. Ma l'Italia sarà sempre in prima linea nel forum europeo e internazionale contro ogni forma di boicottaggio sterile e stupido”.


L'ex sindaco fiorentino ha poi proseguito esclamando che la pace sarà possibile solo con due stati e due popoli, e solo se sarà garantita la piena sicurezza di tutti e il diritto dello stato palestinese all'autodeterminazione e quello dello stato ebraico alla propria sicurezza.

In seguito a questo intervento del premier italiano sulla pace, ha parlato Nethanyahu, esternando il  desiderio di una pace con i loro vicini palestinesi "ma deve essere una vera Pace", ha affermato puntualizzando che ci deve essere un accordo saldo e di sicurezza che impedisca che i Territori vengano presi dall'Islam oltranzista. Successivamente Nethanyahu ha cambiato argomento e ha detto a Renzi che tutti apprezzano la leadership che ha portato in Italia e che apprezzano le riforme che ha fatto aggiungendo inoltre, con velata ironia: “Ci piace la cucina italiana ma anche il calcio italiano. Matteo ci piace la tua Fiorentina”.

Renzi, sempre all’interno della Knesset, ha salutato Asher Dishon, il reduce della “Brigata ebraica” che ha combattuto in Italia nel 1944 contro il nazifascismo
e ha ringraziato dicendo che senza gente come lui l'Italia non ci sarebbe stata. L’uomo ha esternato il desiderio di voler tornare nel Bel Paese. “La inviteremo molto volentieri – ha risposto Renzi – e sicuramente”. Durante l’incontro il presidente israeliano Rivlin ha esposto al premier italianola preoccupazione di Israele in merito all’accordo raggiunto a Vienna sul nucleare iraniano e ha riferito che sono molto preoccupati e stanno facendo di tutto per convincere gli altri che l'Iran rappresenta ancora una minaccia. Netanyahu ha inoltre riferito a Renzi che l’accordo con l'Iran rappresenta una grande minaccia per Israele, l'Europa e tutto il mondo e metterà Teheran in condizione di avere a disposizione decine di armi atomiche entro 10 anni. Ha poi continuato dicendo che è un cattivo accordo ed è un errore storico aggiungendo “Ho detto oggi al ministro della difesa Usa, Asthon Carter, che l'accordo con l'Iran produce minacce gravi ad Israele, al Medio Oriente, all'Europa e al mondo intero” aggiungendo che in 10 anni l'Iran sarà in grado di dotarsi di un'arsenale nucleare. In questo lasso di tempo l'intesa permette al regime di Teheran di costruire quante centrifughe vuole, per arricchire in modo illimitata le scorte di uranio. L'Iran potrà allora balzare verso decine di ordigni nucleari in un tempo zero, "nell'immediato l'accordo garantirà all'Iran centinaia di migliaia di dollari che saranno diretti verso la sua aggressività nella regione e al terrorismo che dissemina in tutto il mondo quindi altri fondi per i Guardiani della Rivoluzione, per le Forze Quds, per gli Hetzbollah, per Hamas, per la Jihad islamica, per il terrorismo che l'Iran appoggia in Libia, per le milizie sciite in Iraq e gli Huti in Yemen.

Renzi ha rivolto un invito a Rivlin, a Roma per il mese di settembre, invito rivolto anche a nome del presidente della repubblica Sergio Mattarella,  l’invito è stato accolto positivamente. Rivlin ha rivolto un complimento lusinghiero al premier dicendo “Lei è uno dei leader della nuova generazione, del futuro” ma anche il premier non si è risparmiato i complimenti e soprattutto i ricordi, soprattutto quelli che riguardano il loro primo incontro a Firenze.

Benyamin Netanyahu accoglie Renzi nella sua residenza a Gerusalemme con le parole “Buonasera Matteo”, il premier israeliano dice poi che Italia e Israele condividono un rapporto speciale, abbiamo radici forti. La nostra amicizia è forte e possiamo renderla ancora più forte, c'è una cooperazione di successo. “Un’amicizia che  spero diventi sempre più solida in molti campi, dalla difesa all'economia, dalla ciber-security al commercio: le nostre relazioni possono crescere ancora di livello. L'Italia è nostro partner e nostro amico” dice il premier israeliano.