MATTEO RENZI ESORTA A VARARE LE RIFORME

Redazione

Un omaggio a Giorgio Napolitano, una esortazione a varare al piu' presto le riforme e infine i primi passi per l'elezione del nuovo Capo dello Stato. Sara' questa, spiegano diversi esponenti Pd, il leit motiv della riunione della direzione Pd, convocata da Matteo Renzi per venerdi' alle 15. Una data che fa partire il countdown per il big game del Quirinale, data decisa subito dopo il colloquio del premier con il presidente della Repubblica. Una circostanza, questa, che ha fatto sospettare piu' d'uno circa il tentativo, estremo, da parte di Renzi di convincere Napolitano ad attendere qualche giorno in piu' rispetto alla data del 14 gennaio, quanto tutti sono ormai convinti che giungera' la decisione di dimettersi.
  Un tentativo che pero' viene seccamente smentito da palazzo Chigi. E' chiaro, spiega un parlamentare renziano, che per cortesia istituzionale la direzione non poteva essere convocata prima del colloquio. Ma da venerdi' Renzi chiedera' innanzitutto che si arrivi alla fine di gennaio, quando saranno convocati i grandi elettori, con le riforme gia' varate. Un modo per stringere i tempi ma sorattutto per stringere i bulloni dei rapporti nel Pd. Per ora, anche se nei Palazzi non si parla d'altro, le bocche sono cucite e molta e' la pretattica. Di certo c'e' solo che tutti gli esponenti Pd interpellati, si trincerano ufficialmente dietro la richiesta di non mettere il carro davanti ai buoi: "fino a che non arrivano le dimissioni di Napolitano e' inutile e prematuro parlare del suo successore". Ma a taccuini chiusi qualche indizio comincia a trapelare. Innanzitutto su tempi e metodi.
  Renzi ha parlato di elezione al quatro scrutinio, ma una parte della minoranza chiede che si provi ad eleggere il successore di Napolitano prima, quando il quorum e' ancora dei due terzi, come segno della volonta' di allargare l'intesa a tutto il Parlamento e non solo al perimetro del patto del Nazareno. "Nel metodo stara' la chiave del successo di Renzi" spiega un dem di lungo corso. Il clima che si respira nel partito, infatti, e' cosi' riassunto dalla stessa fonte: "se Renzi fa un errore, i 101 del 2013 diventeranno 202, ma se azzecca le mosse giuste, quasi nessuno nel Pd ha voglia di rompere, prevale la volonta' di eleggere un Capo dello Stato che rappresenti tutto il partito". E Renzi lo sa bene, sa che, per dirla come un ex popolare, "tutti vogliamo che si elegga al quarto turno, ma basta poco per far si' che ognuna delle nostre aree diventi cruciale per impedire l'elezione del nome 'sbagliato'".
  Intanto, in Transatlantico, il gioco che spopola e' quello del profilo. Tutti stanno cercando di capire se Renzi si orientera' su un profilo che abbia uno standing internazionale, su un politico esperto o su un esponente istituzionale. La minoranza Pd parla senza mezzi termini dei primi due, mentre i deputati renziani indicano come loro preferito il terzo. "Il Presidente della Repubblica e' l'arbitro, dovrebbe essere eletto con il consenso di tutti" ha detto Renzi venerdi' scorso. E in quella parola arbitro alcuni renziani indicano la chiave di volta per capire le preferenzedella loro area. In quest'ottica cominciano a circolare alcuni nomi su cui si starebbero concentrando le prime riflessioni: "alcuni stanno lavorando a questo dossier – spiega un deputato di maggioranza ma non renziano – e hanno gia' individuato alcuni profili". Si tratterebbe soprattutto di profili istituzionali: anche se in modo del tutto vago e informale, alcuni sondaggi sarebbero stati fatti sui nomi di Sabino Cassese, Sergio Mattarella, Giovanni Legnini, Franco Bassanini e Linda Lanzillotta. Tutti esponenti, a parte Cassese, con una estrazione politica che ha pero' lasciato spazio a esperienze istituzionali di alto livello. "Qualunque nome e' prematuro" assicura pero' la maggior parte dei parlamentari. "Sentiamo quel che ci dice Renzi venerdi', per ora un presidente ce lo abbiamo, solo dopo le sue dimissioni e sentite le proposte del segretario del Pd potremo esprimere le nostre valutazioni" taglia corto Matteo Orfini.




MATTEO RENZI SENATO: "O RIFORME O ME NE VADO, BISOGNA AGIRE PER LA GENTE E NON PER LA CASTA"

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Più chiari di così si muore. Che cosa ci si poteva aspettare dal premier Matteo Renzi se non una puntata di piedi rispetto le proposte – accuse del presidente Pietro Grasso?  A Rtl 102.5, il presidente del Consiglio torna a parlare della questione Senato e avverte: "Se la classe politica dice che non bisogna cambiare, faranno a meno di me e magari saranno anche più contenti". E ancora: "Su questa cosa non mollo di mezzo centimetro, andiamo diritto. Voglio che anche chi non ci crede ed è sfiduciato possa vedere che stavolta il risultato lo otteniamo". "Nessun bluff, i parlamentari vanno ridotti" – "Per ridurre i parlamentari – riprende -, evitare il ping pong delle leggi, semplificare il quadro, facciamo del Senato, come in tanti Paesi, il luogo dove siedono, senza indennità, sindaci e presidenti di Regione. Si tratta di vedere se questa volta si bluffa o si fa sul serio, perché si chiede ai senatori di superare il Senato. Non è mica facile, lo so. Ma è una questione di dignità verso i cittadini. "Basta con i professoroni. Sono trent'anni che ci sono commissioni e superprofessoroni che discutono di riforma del bicameralismo". E Pietro Grasso non crede si possa riuscire? "No, non è proprio d'accordo" con la riforma, replica Renzi.
Il premier lancia anche un avvertimento chiaro e forte ai suoi: "Provo curiosità: voglio vedere se davvero non votano. I parlamentari del mio partito che non vogliono votare" il ddl costituzionale sul Senato "dovrebbero ricordare che" quella proposta "l'ho portato alle primarie" ed è stata "votata dai nostri elettori". E che è stata vagliata "due volte dalla direzione" del Pd. "Paradossalmente per creare lavoro bisogna rimettere innanzitutto a posto le regole istituzionali: superare il Senato, eliminare i politici dalle province e l'autentica vergogna delle rimborsopoli delle Regioni cui metteremo un freno per sempre", continua, sottolineando che le riforme istituzionali non servono "solo agli addetti ai lavori ma sono anche il presupposto per poter chiedere agli imprenditori internazionali di tornare a investire in Italia, con un sistema Paese che è più capace di creare lavoro".