MAFIA CAPITALE: SALVATORE BUZZI SCATENATO SU DANIELE LEODORI


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di Cinzia Marchegiani

Daniele Leodori, mr. preferenze alle regionali del Lazio 2013 e Presidente del Consiglio Regionale del Lazio aveva detto ai giornali, al tempo della bufera appena esplosa di Mafia Capitale, di non conoscere né Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative, né Massimo Carminati, tanto che aveva annunciato querela nei loro confronti che invece  facevano il suo nome durante gli interrogatori in seguito al loro arresto.
Daniele Leodori messo davanti alle evidenze delle intercettazioni, tanto che in queste dava addirittura del “tu” allo stesso Salvatore Buzzi e dopo l’inchiesta del nostro giornale dove veniva messo in evidenza il fatto che nel 1996 l'allora vice sindaco del Comune di Zagarolo Daniele Leodori non poteva non conoscere il titolare della cooperativa “29 giugno” dedita alla raccolta rifiuti del territorio gabino, aveva rilasciato un’intervista a "Il Messaggero" per spiegare la sua verità.

Salvatore Buzzi dalla prigione in Sardegna sta facendo tutti i nomi e sembra avere una buona memoria, tanto che ironicamente ai magistrati che lo stanno interrogando, fa comprendere che il suo compagno di cella ha paura di venire avvelenato assieme a lui. E’ un pozzo di informazioni che ovviamente andranno verificate passo passo.
Salvatore Buzzi scatenato anche contro Daniele Leodori. Stavolta , Buzzi, spiega il giro delle assunzioni, richieste dai politici per persone di loro conoscenza, imposte come se fosse un fatto di normale amministrazione. Tra queste mette nel calderone anche Daniele Leodori: “Mi chiamò Daniele Leodori per assumere una persona. E questo tizio arrivò con aria strafottente dicendo che doveva piglià seimila euro al mese, se nò non veniva a lavorare”.

Questa è un’altra intercettazione inedita, il 27 ottobre 2014, alle 11:59 Salvatore Buzzi chiamava il Presidente del Consiglio del Lazio, Daniele Leodori che si trova nell’informativa dei ROS (Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri) – Servizio Centrale II Reparto investigativo I sezione.

Legenda:
S: Salvatore Buzzi
DL: Daniele Leodori

DL: Salvatore (evidentemente ha il numero registrato sottom il suo nome NdR)
S: Presidente buongiorno, come stai?
DL: buongiorno, bene, tu?
S: beni, senti UN’INFORMAZIONE, MI HA CERCATO UN PAIO DI VOLTE Sabelli, ma è della tua segreteria?
DL: eh….dipende, qualc…qualcuno c’è, per cosa?
S: no pe…perché fa incontrà una persona (inc) però siccome dice: volevo sapè se era della tua segretera o chi era
DL: si, sta qua, un…se è de …del Consiglio regionale sta qua Sabelli
S: ok
DL: si, si
S: ok
DL: senti l’latra cosa me la verifichi?
S: si, si, te l’ho detto è già verificata, visite mediche, dopo l’doneità, parte
DL: ok, va bene
S: sto seguendo la procedura, ok
DL: ok
S tranquillo
DL: grazie tanto, grazie, ciao ciao
S: ciao

Interessante comprendere come alcuni politici hanno repentini vuoti di memoria, addirittura si scordano di aver conosciuto una persona di un certo “spessore” come Salvatore Buzzi, ma che dopo le evidenti intercettazioni pubblicate su tutti i giornali, hanno segnali di rimembranze seppur evanescenti. Di certo Buzzi sta svuotando il sacco, lui che dava dal 3 al 5 % delle commissioni sulle gare vinte ai soliti politici, non ci sta ad espiare la colpa su fatti di corruzione, dove in questo gioco di scambi di favori a molti zeri, c’è il corruttore e il corrotto… semmai i magistrati, una volta accertato il reato, dovranno capire a chi assegnare precisamente questi ruoli.
 




MAFIA CAPITALE, BUZZI VUOTA IL SACCO: DALLA REGIONE AL CAMPIDOGLIO, DA MARINO A ZINGARETTI.

di Matteo La Stella
Roma
– Non si ferma l'inchiesta che dallo scorso dicembre sta mietendo vittime all'interno dei palazzi del potere capitolino.

La prima stoccata al “Mondo di mezzo” era stata affondata sulle note cantate da Roberto Grilli, lo skipper della coca che aveva iniziato a collaborare con la procura di Roma. Le indicazioni fornite da quest'ultimo avevano instradato il lavoro dei Ros e dei magistrati, capace di accendere i riflettori sull'esercito in forza al business della politica. Uno stop ad alta tensione, poi, aveva preceduto la stoccata al così detto “Mondo disopra”, quello dei politici corrotti, degli appalti mai appaltati e dei favori dietro compenso. Uno spaccato sorto nel mare della politica, solcato poi dal peschereccio della giustizia che aveva iniziato ad issare a bordo i pesci grossi, politici ben informati sull'ingranaggio del malaffare; fonti da cui attingere informazioni per continuare ad alimentare le indagini. Tanta carne al fuoco che, però, brucia solo in parte poichè le parole di alcuni "signori" chiamati in causa nell'inchiesta, lasciano il tempo che trovano.

Negli ultimi mesi, ad ogni modo, i procuratori romani sono stati impegnati fuori sede, a Cagliari per l'esattezza, nel carcere di Badu'e Carros dove da dicembre scorso è rinchiuso l'ex ras delle coperative, Salvatore Buzzi, desideroso di offrire collaborazione alla giustizia. Tanto impaziente da sollecitare più volte l'interrogatorio per cambiare le sue sorti difronte all'Autorità Giudiziaria, da mattatore ad agnello del sistema. L'interrogatorio arriva nelle giornate del 23 e 24 giugno, quando Buzzi, issato sul ponte dell'imbarcazione fregiata sullo scafo dal nome “Giustizia”, si gonfia come un pesce palla, pronto a puntellare chiunque con i suoi spilli dolorosi. Durante l'interrogatorio, tenuto dal Procuratore aggiunto Michele Prestipino insieme al sostituto Paolo Ielo, l'imprenditore ammette tutto ciò che lo incastra nelle intercettazioni. In seconda battuta, poi, racconta episodi vissuti in prima persona, conditi spesso e volentieri da deduzioni e voci di terzi raccolte qua e là, scrivendo, da grande conoscitore, l'ultimo capitolo emerso fin'ora, di un libro a cui mancano ancora quintali di pagine. Buzzi, quindi, imbraccia una mitraglietta carica di verità potenziali, ed apre il fuco in direzione del Campidoglio e della Regione Lazio, ricostruendo gran parte del mondo in cui ha vissuto, convinto che il fine giustifica i mezzi, e che quindi :” Per un fine nobile- fosse giusto utilizzare- mezzi, diciamo, ignobili”.

Appalti senza bando in Campidoglio. Durante il colloquio con i procuratori, il ras delle cooperative punta l'arma sul Campidoglio. Apre il fuoco a più riprese, centrando anche quella che definisce l'”invadenza della politica”. Cita il sindaco Ignazio Marino, da lui definito “marziano”, per un appalto da 78 milioni gestito senza bando di gara. Qui, secondo l'indagato, entrerebbe in scena l'”invadenza della politica”, subentrata insieme al sindaco-chirurgo, poiché, spiega:”Con il cambio di giunta che c'è tra Alemanno e Marino, c'abbiamo che la politica… gli assessori contano di meno, si interessano di meno dei processi amministrativi, e quindi prevalgono i dirigenti”. Il primo cittadino, dunque, secondo Buzzi:”Ha fatto gestire un appalto da 78 milioni di euro. Una cosa scandalosa” commenta. La bozza di progetto, stando sempre alle parole di Buzzi, riguarderebbe uno Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati). In mancanza di posti per i rifugiati, ne sarebbero stati messi al bando 18mila con offerta al ribbasso.

Zingaretti e il palazzo della Provincia.
Il signore della coop “29 giugno” ricarica la mitraglietta, gira il tronco e cattura nel mirino gli affari di Via della Pisana. Buzzi, in questo caso, filtra le parole di un altra testa mozzata nell'ambito dell'inchiesta su Mafia Capitale: Luca Odevaine, ex capo di gabinetto di Veltroni, già in carcere da tempo,  “Dopo che è andato via Veltroni, Odevaine è rimasto disoccupato, e Zingaretti lo ha nominato capo della Polizia provinciale”, spiega Buzzi. “ È lui-continua- che mi ha detto dell'operazione Parnasi, del palazzo della Provincia. Insomma Odevaine mi ha detto di Zingaretti. E mi ha raccontato 'sta cosa, che praticamente li le operazioni sporche le facevano Cionci, Cavicchia e Venafro. E a questo proposito mi ha detto dell'acquisto della sede della provincia”. Ielo allora ribatte:” Quindi sapeva che erano operazioni sporche”. “Si- risponde Buzzi- operazioni poco trasparenti”. Successivamente Buzzi spiega quelle che secondo lui sarebbero state le modalità per l'acquisizione del palazzo della Provincia, dettate dall'amico Odevaine, con cui dice di avere rapporti stretti dal 2011-2012. Odevaine:”mi racconta che la sede della provincia è stata comprata dal costruttore Parnasi, con contratto di acquisto, pre- contratto di acquisto… praticamente prima ancora di costruì l'immobile io già l'avevo venduto a lei -specifica Salvatore Buzzi, prima di commentare- pure io sarei capace a costruì così”. Il sostituto procuratore Paolo Ielo, allora, incalza chiedendo al re delle cooperative di farsi capire meglio. L'indagato, quindi, inizia ad entrare ancor più nel merito:” Ha visto i grattacieli che stanno all'Eur, Euroma…? Uno di quei due là è diventato la sede della Provincia, quando già si sapeva che la Provincia sarebbe stata soppressa. Quindi viene bandita la gara, Parnasi la vince.” Senza quell'operazione, aggiunge, il costruttore sarebbe andato fallito. In seguito, Buzzi, lascia trasparire altre indiscrezioni confidategli da Odevaine, riguardanti i guadagni della “cricca”. “Mi disse Odevaine” Che pensi che 'sta operazione l'hanno fatta gratis lì? I soldi che ci hanno fatto Cavicchia e compagnia ci possono andare avanti per generazioni.” Mi dice anche chi ha preso i soldi: Cavicchia, Cionci, Venafro e Zingaretti, Cionci per Zingaretti ovviamente”. Il sostituto procuratore, allora chiede se i personaggi tirati in ballo avessero preso tangenti, e soprattutto in che modo. Per tutta risposta, Buzzi conclude: “Lui racconta questi episodi, che poi alcune volte so' veri, alcune volte non so' veri”.

Assunzioni di favore.
Dai racconti di Salvatore Buzzi, però, emerge altro. La testa di serie di Via della Pisana, oltre ad aver percepito il denaro per la vendita del Palazzo della Provincia tramite l'imprenditore Cionci, avrebbe anche favorito l'assunzione,sempre secondo l'indagato, dell'ex cognato al Cns. Passaggio per cui, Zingaretti, avrebbe fatto affidamento su Pino Cinquanta, ex dirigente della cooperativa coinvolta nell'inchiesta di Napoli per i ponti aperti tra la società Cpl Concordia ed il clan dei Casalesi. Insomma, per Salvatore Buzzi:”Praticamente loro c'avevano questo rapporto storico con il presidente della Regione- si riferisce ad Odevaine e Cinquanta- che era il presidente della Provincia, insomma con Zingaretti. E questo rapporto storico…nell'assunzione dell’ex cognato, perché gli avevano assunto anche il cognato che lavorava nel Cns, che aveva avuto un'esperienza… gli avevano messo addirittura una piccola impresa, l'impresa era fallita, loro avevano preso ed avevano assunto 'sto ragazzo, non mi riesco a ricordare…cognato di Zingaretti…perché gli aveva chiesto Zingaretti questa cortesia, quindi era un rapporto che io sapevo molto forte. Cioè praticamente dottore, se no non ci capiamo, noi nasciamo come componente del Partito democratico, la componente di Marroni, D'Alema…qui stiamo in un'altra componente, stiamo nella componente Bettini-Zingaretti, sono come se fossero due partiti diversi”. Il Portavoce di Nicola Zingaretti, Andrea Cappelli, smentisce categoricamente la tesi sostenuta da Buzzi: ”Zingaretti non ha un cognato, con Cinquanta non parla da 10-15 anni e non ha mai chiesto assunzioni per nessuno”. Intanto, il numero uno della regione Lazio risponde con violenza alle accuse, e lo fa dal consiglio regionale:” Mai presi soldi per la vicenda del nuovo palazzo della Provincia… Ora chi è accusato dal carcere accusa. Io credo che l'accusato abbia il diritto di mentire sulle proprie responsabilità, ma non di calunniare terzi. Il signor Buzzi- rincara la dose Zingaretti- vuole passare è per una persona vessata dalla politica, vuole sottrarsi dall'accusa di associazione mafiosa. Ora risponderà di tutto ciò difronte alla giustizia- tuona Zingaretti- ho conferito mandato ai miei legali di querelarlo”. 




MAFIA CAPITALE: ECCO IL "PROCESSO" IN REGIONE LAZIO A NICOLA ZINGARETTI

di Cinzia Marchegiani

Dopo lo tsunami che Salvatore Buzzi ha scatenato con le sue confessioni ai magistrati in Sardegna con cui ha messo sotto l’occhio del ciclone lo stesso Nicola Zingaretti e anche il presidente del Consiglio Regionale del Lazio Daniele Leodori, nella giornata di Lunedì 3 Agosto è arrivato in Regione Lazio il dibattito tesissimo, un vero processo al governatore Nicola Zingaretti. D’altronde il presidente della Regione Lazio con la nota di smentita ha messo tutto a tacere, riservandosi querele per tutelare sua onorabilità. Nicola Zingaretti nello stesso comunicato annunciava: “Avverto impraticabilità per chi con onestà vuole cambiare la Regione. Da indiscrezioni di stampa contenute nel servizio di un tg emerge che il signor Salvatore Buzzi, in carcere dal 2 dicembre, avrebbe rilasciato dichiarazioni sui suoi atti corruttori diretti verso molte personalità politiche, nessuna della Regione Lazio”. Ebbene, nella nota di Nicola Zingaretti non si cita il presidente del Consiglio Regionale Daniele Leodori, mentre Salvatore Buzzi lo trascina nel vortice di Mafia Capitale come persona informata di fatti precisi e dettagliati. Infatti, secondo il servizio di un Tg, Buzzi tira in ballo anche Daniele Leodori: “sapeva che l’assessore Patanè ci chiedeva soldi per la gara del multi materiale”.

Nell’aria già si parla di Mafia Capitale 3 e pare che dovrebbero scattare altre manette per il prossimo mese di settembre. Inevitabile, quindi, il dibattito in Regione Lazio.

L'intervento di Francesco Storace (La Destra). Il primo capogruppo a intervenire nella discussione, a seguito delle comunicazioni del presidente Zingaretti sulle indiscrezioni relative le dichiarazioni ai Pm di Salvatore Buzzi è stato Francesco Storace (La Destra). Storace ha chiesto di fare chiarezza fino in fondo e di indicare come superare "l'impraticabilità di campo". Ha chiesto rassicurazioni sul futuro, per non avere più dubbi sugli appalti in Regione. "Voglio essere certo che non ci sono spartizioni". Storace ha chiesto che Zingaretti nella replica desse certezze che quanto si è letto non debba più accadere.

L'intervento di Pietro Sbardella (Misto). Pure Pietro Sbardella (Misto) ha chiesto di chiarire "cosa rende impraticabile il campo". Ha sollecitato il presidente a raccontare quello che è accaduto, qualora fosse nella condizione di farlo. Bisogna iniziare da questo, secondo Sbardella, altrimenti il rischio è che la legislatura possa cominciare ad avere poco senso.

L'intervento di Antonello Aurigemma (Forza Italia). Quella di comprendere il riferimento all'impraticabilità di campo è una necessità espressa anche da Antonello Aurigemma. Il capogruppo Pdl – Forza Italia ha chiesto a Nicola Zingaretti di sapere se c'è voglia di continuare ad andare avanti e di conoscere a settembre o anche in questi giorni la sua idea e la sua linea politica sulle problematiche della Regione.

L'intervento di Valentina Corrado (M5s). Per Valentina Corrado (M5s) il problema è rappresentato dalla gestione degli appalti. In ogni fase di avanzamento dell'inchiesta, secondo la capogruppo M5s, escono dettagli sempre più agghiaccianti. "Non si può più andare avanti. È il momento di sciogliere la legislatura". Non ci sono più le condizioni per continuare ad amministrare e legiferare se non con il timore che quel sistema continui a operare.

L'intervento di Riccardo Valentini (Pd). Riccardo Valentini, capogruppo del Pd, nel sottolineare che è la seconda volta che si discute di questo genere di vicende in Consiglio, ha apprezzato la prontezza di Zingaretti a voler fare chiarezza in aula. Valentini ha evidenziato che quella di Buzzi è una strategia difensiva. È stato quindi ricordato dal consigliere Pd come la centrale unica degli acquisti abbia rappresentato un grande aspetto riformatore dell'attività amministrativa e che si è rinforzata anche la parte del protocollo dell'Anac. Per Valentini occorre riconquistare la capacità di cambiare questa impraticabilità di campo, cioè di ritornare a mettere l'attenzione ai problemi dei cittadini e alla buona politica.

L'intervento di Giuseppe Cangemi (Ncd). Il consigliere del Nuovo Centrodestra Giuseppe Cangemi ha detto che il presidente si dovrebbe dimettere per un fatto politico: il governo della Regione Lazio è praticamente fermo. In mancanza di una dichiarazione politica che tenti di rilanciare una regione gravemente compromessa, secondo Cangemi, è meglio che Nicola Zingaretti nei prossimi giorni annunci le sue dimissioni e che si torni a votare.

L'intervento di Silvana Denicolò (M5s). Silvana Denicolò (M5S) ha ribadito la richiesta di dimissioni avanzata da Corrado. La consigliera ha fatto riferimento a Zingaretti ed a Ignazio Marino, sottolineando che è grave, che ambedue, non si siano accorti di quello che gli accadeva intorno.

L'intervento di Davide Barillari (M5s). Molto critico anche l'intervento di Davide Barillari (M5s), che ha invitato il governatore Nicola Zingaretti a dimettersi: "Le dimissioni noi ce le aspettavamo – ha detto – perché in questo contesto di malaffare, di malapolitica, di promesse non mantenute, di questa buona politica che nessuno vede, era il modo per riportare questa Regione a quel minimo di trasparenza che noi ci aspettiamo".

L'intervento di Gianluca Perilli (M5s). Sulla stessa lunghezza d'onda l'intervento di Gianluca Perilli (M5s): "Contesto la sua forza nel dirigere e nel governare questa Regione – ha dichiarato rivolgendosi direttamente a Nicola Zingaretti – quindi è per questo che l'atto più sensato, e se lo vuole mettere dal punto di vista anche suo personale, più vantaggioso, politicamente naturalmente, è di dimettersi, di non lasciarsi in balìa di continue fughe di notizie che, da qui in poi, le assicuro, ci saranno e saranno sempre di più".

L'intervento di Giancarlo Righini (Fdi). Critico anche il capogruppo di Fratelli d'Italia, Giancarlo Righini: "Ci sono due strade ormai tracciate, presidente. O lei si affranca da alcune logiche che fino ad oggi sono rimaste in auge, nella possibilità di nomina diretta e fiduciaria di persone senza il coinvolgimento dell'opposizione, a garanzia della trasparenza, non dell'inciucio, oppure ci sono le dimissioni".

L'intervento di Giuseppe Simeone (Forza Italia). Giuseppe Simeone (Pdl-FI), nel corso del suo intervento ha parlato di "vicenda che sta facendo emergere un certo marciume nella pubblica amministrazione romana, che prima era solo nel Comune e adesso piano piano sta entrando anche nella Regione Lazio", accusando poi i consiglieri di maggioranza di stare in silenzio e non prendere parte al dibattito: "Non liquidiamo facilmente questa cosa dicendo che è un gossip e non ci deve interessare", ha detto.

La replica del presidente Nicola Zingaretti. Al termine del dibattito, Nicola Zingaretti, nella sua replica ha ribadito alcuni concetti espressi nella relazione iniziale: "Se siamo spinti dalla ricerca di una serena valutazione su quanto emerge, ed è emerso, non possiamo esimerci da un dato oggettivo di quello che è successo, e cioè che finalmente la Procura della Repubblica di Roma ha fatto emergere un quadro di commistioni e infiltrazione, all'inizio di processi, probabile o comprovabile o credibile livello di corruzione nelle Pubbliche amministrazioni del territorio, locali e nazionali, che ha portato ad un processo e all'emergere di un numero impressionante di gare e provvedimenti, discussi e discutibili, un numero impressionante di gare che riguardano la sfera non solo locale del governo, ma anche quella di dimensione nazionale, tanto da promuovere un'ispezione del Ministero degli Interni, poi una successiva relazione del Prefetto, e siamo addirittura in attesa di una relazione finale del Ministero degli Interni. per capire il livello della profondità di questa capacità di infiltrazione". A proposito della richiesta dell'aula su una maggiore trasparenza nella attività della Giunta e su risposte immediate ai componenti dell'assemblea legislativa, Zingaretti ha risposto: "Raccolgo la domanda di maggiore trasparenza, efficacia e celerità, nei confronti delle tante richieste di chiarezza o provvedimenti che viene dal Consiglio. Quindi, mi impegno ad istituire, presso l'ufficio di gabinetto, un ufficio dedicato al Consiglio regionale che, per quanto riguarda le Direzioni regionali, si preoccupi di una gestione politica, nel senso di un'attenzione politica, affinché a una richiesta di un consigliere venga data in tempi giusti una risposta di chiarimento rispetto a notizie o ad atti che sono utili a svolgere il proprio lavoro".
"Io non sottovaluto in alcun modo la gravità né la particolarità della situazione che stiamo vivendo – ha concluso Nicola Zingaretti – ma al tempo stesso non posso non rivendicare un lavoro che ci ha visto in alcuni aspetti coprotagonisti in una situazione difficile lavorare per arginare i tentativi di infiltrazione del malaffare dentro questa Istituzione".

La Regione Lazio che dovrebbe essere una casa di cristallo affinché i suoi stessi cittadini possano guardare con assoluta trasparenza ogni atto e azione, si scopre dopo una tempesta giudiziaria senza precedenti storici e con Mafia Capitale che è arrivata alla terza stagione, risulta indecorosamente essere ancora una scatola piena di segreti, rapporti politici e amministrativi alquanto dubbi. D’altronde la nomina da parte di Nicola Zingaretti del dr. Egisto Bianconi direttore amministrativo prima, e attualmente direttore generale dell’azienda ospedaliera Sant’Andrea da pochi giorni agli arresti domiciliari, poiché sarebbe venuto a patti con il clan dei Primavera (attivo nella zona di San Basilio con un posto di riguardo nel panorama criminale del traffico di droga e di usura) e con i Taffo, gli imprenditori del ramo mortuario che, in cambio di mazzette e posti di lavoro, si erano aggiudicati il bando per i servizi inerenti i decessi in ambito ospedaliero con annessa gestione della camera mortuaria, era stata contestata dal M5S già due anni fa. Nicola Zingaretti avrebbe potuto rispondere già molto tempo fa, ricorda Barillari che accusa: “Abbiamo capito chi è parte del sistema. Chieste le dimissioni di Zingaretti. Ora attendiamo solo l'intervento della magistratura e i prossimi arresti.”

Con Mafia Capitale i cittadini romani e del Lazio hanno scoperto che molti politici hanno seri problemi di memoria, vuoti spesso poi ritratti, ma solo dopo le inoppugnabili inchieste che mettono nero su bianco comportamenti non consoni a ciò che si professa.
 




MAFIA CAPITALE: ECCO COME BUZZI ACCUSA ZINGARETTI E LEODORI

di Cinzia Marchegiani

Roma
– Salvatore Buzzi ritorna in scena raccontando Mafia Capitale e i suoi segreti che i magistrati stanno verificando tramite gli interrogatori e una fitta ricostruzione di documenti, testimonianze, seguendo quel filo rosso tra gare di appalti e finanziamenti ai partiti.
Buzzi avrebbe già sostenuto cinque interrogatori in carcere, due a giugno e tre a fine luglio, per respingere l’accusa di mafiosità, difendersi dall’accusa di associazione di stampo mafioso, e raccontare ai magistrati una serie di particolari sulla corruzione ai politici della Capitale. Il principale inquisito nell'inchiesta "Mafia Capitale" rivela il diffuso sistema di corruzione della politica romana in cambio degli appalti: dalla Regione Lazio al Campidoglio, da destra a sinistra. Ma respinge l'accusa di associazione mafiosa.
Secondo la ricostruzione di un Tg, Buzzi fa tanti nomi, parla dei politici romani da lui definiti famelici, mentre per quanto riguarda il PD avrebbe dichiarato: “Mai pagato così tanto prima d’ora”.

 

E Buzzi ne ha anche per Zingaretti. “Il palazzo della provincia all’Eur, comprato da Zingaretti prima della costruzione…  secondo Odevaine presero soldi il capo di gabinetto Maurizio Venafro, il segretario generale Cavicchia e Peppe Cionci per Zingaretti”. Cionci è l’imprenditore che aveva raccolto soldi per le campagne elettorali di Zingaretti e di Ignazio Marino”. Sarebbe inoltre intervenuto anche nella gara per il calore (l’energia negli ospedali del Lazio), un appalto da un miliardo e duecento milioni oggetto di una spartizione millimetrica, 6 lotti alla maggioranza e uno all’opposizione col capo gruppo Pdl Gramazio, in Consiglio regionale che coordina. Idem per la gara del Cup da 100 milioni di euro . Buzzi parla del comune di Roma, gli assessori ed i funzionari, sono a suo dire famelici. Poi peosegue parlando di soldi, racconta di avere dato 22 mila euro all’ex capogruppo del Pd in consiglio comunale Francesco D’Ausilio, tramite il suo capo segreteria Nucera e per l’ex presidente comunale Coratti che esplicò: “Il Cda AMA è roba nostra, ci devi pagare!”.

 

Il Partito Democratico. Salvatore Buzzi: “Non ci crederà dottore, non l’avevamo mai pagato in quella maniera, finanziavamo le campagne elettorali, alle europee di Bettini, Gasbarra e per non sbagliare abbiamo finanziato entrambe”. Per ogni appalto verde, assistenza, gestione immigrati e pulizia delle strade dopo gli incidenti, Buzzi conferma di aver pagato commissioni dal 3 al 5 %.

 

Il presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori. Secondo il servizio di un Tg, Buzzi tira in ballo anche il Presidente del Consiglio della Regione Lazio, Daniele Leodori: “sapeva che l’assessore Patanè ci chiedeva soldi per la gara del multi materiale”. Lo stesso Daniele Leodori, che allo scoppio della bufera di Mafia Capitale, prima dice di non conoscere né Buzzi né Carminati, annunciando tramite il Corriere della Sera querela nei confronti degli stessi che fanno il suo nome, poi ritratta dopo l’inchiesta de l’Osservatore d’Italia che aveva messo in luce come lo stesso Presidente del Consiglio Leodori oltre ad emergere nelle intercettazioni con Buzzi, dove da del tu al ras, lo stesso non poteva non conoscere il boss dellea cooperativa che proprio nel comune di Zagarolo effettuava la gestione dei rifiuti con la “29 giugno” quando lo stesso Leodori era vice sindaco. Sempre secondo un Tg Buzzi ne ha per tutti: “L’ex amministratore delegato di Ama Franco Panzironi? Vorace, quasi un milione in tre anni, e vendicativo, ci fece togliere l’appalto sui cimiteri che avevamo già vinto: lui raccoglieva anche per la fondazione Nuova Italia di Alemanno”. Buzzi ne avrebbe anche per l’ex presidente del municipio di Ostia, Andrea Tassone: “Ci ha chiesto 26 mila euro per l’appalto delle potature e 6 mila per la spiaggia”.
Insomma, il ras delle cooperative ai magistrati racconta ogni particolare, ma Buzzi non ci sta all’accusa di associazione di stampo mafioso, lui afferma di non conoscere cosa sia la mafia, ma conosce molto bene cos’è “la corruzione”.

 

La smentita di Nicola Zingaretti. Intanto dalla Regione Lazio arriva la nota di smentita di Nicola Zingaretti. “Mi riservo querele per tutelare mia onorabilità. – Dichiara il governatore della Regione Lazio in una nota –  Ma avverto impraticabilità – prosegue la nota – per chi con onestà vuole cambiare la Regione. Da indiscrezioni di stampa contenute nel servizio di un tg emerge che il signor Salvatore Buzzi, in carcere dal 2 dicembre, avrebbe rilasciato dichiarazioni sui suoi atti corruttori diretti verso molte personalità politiche, nessuna della Regione Lazio. Sempre dallo stesso servizio e da alcuni tabella di stampa risulta che il signor Buzzi avrebbe dichiarato che il signor Luca Odevaine gli avrebbe riferito su atti corruttivi dietro l'acquisto del palazzo della Provincia di Roma e di notizie su accordi spartitori relativi alla gara multiservizi per gli ospedali del Lazio, tema questo già emerso nelle intercettazioni dell'inchiesta. Reputo queste affermazioni, se fatte, totalmente prive di ogni fondamento, a cominciare dalla notizia che “Zingaretti ha acquistato il palazzo prima che venisse costruito”. Affermazione, quest’ultima, palesemente falsa. Come tutti sanno, l’amministrazione da me guidata, che ha avuto inizio nel 2008, ha portato a conclusione un iter amministrativo iniziato nel 2005, quindi molti anni prima, condividendo la scelta di riunificare dentro un unico stabile le molte sedi distaccate della Provincia di Roma. Una scelta di risparmio per molti milioni di euro, sulla quale nel dicembre 2013 anche la Corte dei Conti decise di archiviare un’indagine sul tema. Veniamo alla gara multiservizi, che è ancora in corso: credo sia necessario precisare che si tratta di una gara molto importante per gli ospedali del Lazio che si pone come obiettivo quello di far risparmiare alla Regione centinaia di milioni di euro. La gara, voglio ribadirlo di nuovo, è ancora in corso.
Non esiste e non può esistere nessuno, come pure sembrerebbe essere stato dichiarato, che "chiede soldi per Zingaretti". Per questo mi riservo di querelare, a tutela della mia dignità e onorabilità personale, chiunque affermi o abbia affermato il contrario." La nota di Nicola Zingaretti conclude: "L'unica riflessione che già da ora mi sento di fare è l'affacciarsi concreto del rischio di impraticabilità di campo per chi sta provando con dedizione e onestà a cambiare le cose in questa Regione".
 




MAFIA CAPITALE, ROSY BINDI: NO SCIOGLIMENTO COMUNE, SERVE TERZA VIA

di M.L.S.

Roma – Sulla scorta di Mafia Capitale, arriva dal presidente della commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi un "vademecum" utile a risollevare le sorti del Comune capitolino, già fortemente compromesso . L'ex vicepresidente della Camera dei deputati ha dispensato soluzioni nel corso delle comunicazioni con la Comissione sul caso di Mafia Capitale che, negli ultimi mesi, ha fatto tremare anche il cortile all'interno del Campidoglio provocando la mutilazione della giunta in carica. 

Le comunicazioni. Quella che appare davanti agli occhi di Rosy Bindi è :”Una situazione gravissima se un Comune grande come quello di Roma si mostra fragile e indifeso di fronte a una piccola mafia, un sodalizio criminale che ha occupato spazi rilevanti, condizionando pesantemente l'azione politica e amministrativa”. A tal proposito, secondo la testa di serie della commissione Antimafia:”Servono strumenti straordinari che il governo dovrebbe adottare, come un decreto legge che traendo spunto dalla situazione romana, introduca strumenti ad hoc per affrontare le difficoltà di Comuni molto grandi non da sciogliere o infiltrati solo in parte”. Nello specifico:” Una terza via tra scioglimento e non scioglimento, una sorta di tutoraggio e di assistenza dello Stato all'ente locale senza che questo debba essere sciolto e commissariato. Serve una fase di accompagnamento temporaneo – ha sottolineato Rosy Bindi- per il ripristino dell'amministrazione e della legalità che non privi un Comune della guida politica ma lo rafforzi”. 




MAFIA CAPITALE, LA RELAZIONE DI GABRIELLI CHE FARA' RIFLETTERE ALFANO

 
di Angelo Barraco
 
L’estate di Angelino Alfano sarà piena di impegni, sotto il suo ombrellone vi saranno infatti 940 pagine presentatigli dal prefetto Gabrielli e che racchiudono il destino di Roma. Gabrielli, dopo aver sentito il procuratore Pignatone e i vertici delle polizie, propone tre importanti cose che potrebbero cambiare radicalmente il destino di Roma. La prima proposta è lo scioglimento del comune di Ostia. Alfano dovrebbe sottoporre tale decisione al premier Matteo Renzi e al Consiglio dei Ministri, cui spetta l’ultima parola. L’altra proposta, la seconda, è la rimozione di 18 dirigenti, in questo caso non c’è bisogno di passare da Renzi. Gabrielli punta il dito su tre dipartimenti che sono: politiche sociali, verde pubblico ed emergenza abitativa e probabilmente anche il segretario generale Liborio Iudicello. La proposta numero tre far annullare gli appalti sui rifiuti ed i contratti dei palazzi in affitto a canoni esorbitanti e tantissime gare d’appalto vinte dalle coop di Mafia Capitale. Primo tra tutti nell’elenco è il contratto Ama, che dal 2003 viene rinnovato senza gara d’appalto e che nel gennaio del 2014 era stato colpito dalla relazione del ministro dell’Economia. 
 
Lo scottante dossier DI Gabrielli dove scrive che La Commissione non ricomprende il dottor Iudicello nella platea di figure che compongono il cosiddetto 'capitale amministrativo di mafia Capitale, ma la scelta di escludere dagli atti sottoposti a controllo le procedure negoziate, in un'amministrazione che di esse faceva ampio uso e abuso, si è rivelata a dir poco esiziale per la sopravvivenza del principio di legalità ed ha costituito un fattore di oggettiva facilitazione delle pratiche illegali messe in atto dal sodalizio criminale capeggiato da Carminati”. Continua dicendo che “La Giunta Alemanno usava come strumento principe l'intimidazione mafiosa mentre durante l'amministrazione Marino la disponibilità di amministratori e dipendenti pubblici viene acquisita attraverso la corruzione”. Nella relazione continua dicendo che “Pare di poter cogliere una differenza tra il 'modus operandi' dell'organizzazione nel periodo della Giunta Alemanno, durante il quale lo strumento principe era l'intimidazione mafiosa, e quello utilizzato successivamente all'insediamento della giunta Marino” – si legge nel documento –“ In tale ultimo periodo, la disponibilità di amministratori e dipendenti pubblici viene acquisita attraverso la corruzione” – continua – “agevolata in alcuni specifici casi dalla vicinanza di alcuni ambienti politici a Buzzi, in virtù del suo ruolo di rilievo nel mondo della cooperazione sociale”. E poi prosegue con “La scelta di escludere dagli atti sottoposti a controllo le procedure negoziate, in un'amministrazione che di esse faceva ampio uso e abuso, si è rivelata a dir poco esiziale per la sopravvivenza del principio di legalità ed ha costituito un fattore di oggettiva facilitazione delle pratiche illegali messe in atto dal sodalizio criminale capeggiato da Carminati” e che “La questione assume toni di ancora maggiore gravità ove si consideri che la scelta di sostanziale inattività” – ha scritto ancora – “è stata mantenuta anche dopo la relazione del Mef che aveva certificato le numerose criticità esistenti negli affidamenti con procedura negoziata”.
 
Il dossier continua con “una generale assenza di iniziative di organi esterni capaci di fornire la dimensione del pericolo dell'infiltrazione mafiosa o più in generale delle anomalie esistenti nel sistema degli appalti capitolini, nonostante che alcune rilevanti iniziative di indagine avevano portato alla luce significativi casi di malaffare riguardanti le partecipate di Roma Capitale”. 
 
La questione Ama: ecco cosa dice nel dossier: “la conduzione di Ama era subappaltata a Mafia Capitale. Con la giunta Alemanno l'impresa è oggetto di una gestione per così dire proprietaria da parte del suo amministratore delegato Franco Panzironi, anch'egli incolpato di essere intraneo a Mafia capitale oltre che di corruzione, tanto che quando nel 2011 sarà costretto a lasciare l'incarico continuerà a gestire l'azienda come un vero e proprio funzionario di fatto”. Parla del rapporto tra Ama e Mafia Capitala e di come fosse subappaltata scrivendo che “pressioni esercitate da Carminati per far nominare ai vertici di Ama soggetti del suo demi monde (Berti e Fiscon) capaci di garantire la prosecuzione dei suoi lucrosi affari”. 
 
Mafia Capitale e Tassone: Scrive Gabrielli che “Gli accertamenti svolti dal Ros danno atto di una rilevante contiguità tra il presidente del X Municipio Andrea Tassone e i sodali di Mafia Capitale, testimoniata da diverse intercettazioni telefoniche ed ambientali, raccolte soprattutto in relazione all'affidamento del servizio di verde pubblico. In più occasioni Tassone ha intrattenuto rapporti e connivenze con il branch economico di Mafia Capitale, funzionali a far conseguire a quest'ultimo una serie di appalti pubblici” aggiunge che “Il tenore delle conversazioni evidenzia, oltre ad una indebita conoscenza da parte delle cooperative aspiranti all'aggiudicazione, di notizie sulla gestione del servizio, il pesante condizionamento svolto da Buzzi ed i suoi accoliti sulla stazione appaltante per ottenere condizioni a loro favorevoli. Il presidente Tassone, su pressione di Buzzi, rivendica la competenza del Municipio alla gestione degli arenili ed ottiene che l'assessorato capitolino gli destini la somma di euro 474.000, a fronte dei 680.000 da lui richiesti, poiché i restanti 206.000 dovevano servire per liquidare Roma Multiservizi Spa, cui comunque erano stati affidati a aprile 2014 i primi interventi di pulizia delle spiagge”. 



MAFIA CAPITALE: ALFANO RICEVE LA RELAZIONE DI GABRIELLI. ADESSO A LUI L'ULTIMA PAROLA

Redazione

La decisione adesso passa al ministro Angelino Alfano che ha appena ricevuto la relazione su Mafia Capitale stilata dal prefetto Gabrielli che comunque non dovrebbe essere orientata verso un commissariamento quanto piuttosto verso una soluzione a metà: il sindaco Marino potrebbe avere qualche "tutor" di mezzo. E Alfano intanto annuncia di aver ricevuto l'incartamento: "La relazione del prefetto Gabrielli mi è appena arrivata". Ha annunciato riferendosi all'indagine prefettizia su mafia capitale. "Non ci sono decisioni preconfezionate o precostituite e occorrerà che formi il mio convincimento in base al lavoro svolto dal prefetto di Roma", ha aggiunto. Sui tempi per lo studio dell'incartamento e della decisione in merito, il titolare dell'interno ha poi precisato: "La legge da tre mesi di tempo, ma io non credo che li userò tuttì".




MAFIA CAPITALE: ORE DECISIVE PER IL FUTURO DI MARINO

Redazione

Roma – Sono ore importanti e decisive per la giunta di Ignazio Marino. È il giorno infatti della riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica nel corso del quale il prefetto Franco Gabrielli discuterà della relazione sull'eventuale scioglimento della giunta capitolina dopo quanto emerso dall'inchiesta denominata Mafia Capitale. L'incontro, al quale partecipa anche il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, è uno degli ultimi atti della procedura che, entro fine mese, porterà il prefetto a consegnare il documento, completato dalle sue conclusioni, sul tavolo del ministro Angelino Alfano. L'iter, nel caso in cui la relazione del prefetto contenga l'indicazione di sciogliere il comune, prevede che a lo scioglimento sia disposto dal consiglio dei ministri. "Il comitato si esprimerà come organo consultivo perché non è decisionale. Il prefetto ne terrà conto nei termini in cui vorrà. Dall'esito di questo confronto farò una relazione. Tutti saranno messi nelle condizioni di conoscere l'esito della commissione", precisa l'ex capo della Protezione civile. A chi gli chiedeva, a margine di un incontro istituzionale con il Municipio I, se subito dopo incontrerà, nella giornata di oggi, il ministro Alfano, Gabrielli ha risposto: "Negativo, eventuali mie richieste saranno successive". Entro questo fine settimana? "Sì". "Siamo nelle mani di due dei migliori servitori dello stato nel nostro Paese, il prefetto Gabrielli e il procuratore Pignatone – ha commentato in merito il sindaco di Roma Ignazio Marino – Non credo che ci sia dubbio che svolgeranno al meglio il proprio lavoro e il loro giudizio sarà sicuramente molto meditato e basato sui fatti".




MAFIA CAPITALE: I DISSENSI AFFONDANO IGNAZIO MARINO

di Matteo La Stella

Roma – Al termine della prossima settimana, giungerà al cospetto del ministro dell'Interno Angelino Alfano la relazione del prefetto Franco Gabrielli sul lavoro compiuto dalla commissione di inchiesta che si insediò sulla scia della prima parte dell'indagine su “Mafia Capitale”. Dopo la consegna dei documenti effettuata lo scorso 16 giugno, Gabrielli avrebbe avuto il compito di decidere, entro e non oltre 45 giorni, se avanzare o meno una proposta al ministro per lo scioglimento del Campidoglio per infiltrazioni mafiose. Il prefetto, però, sembra aver lavorato a pieno regime per accorciare i tempi, e, secondo quanto appreso, sarà in grado di estrapolare una conclusione già alla fine della settimana prossima, scalzando, oppure no, la giunta guidata dal sindaco Ignazio Marino, che ormai fa incetta di pollici versi. Infatti, se la spider fiammante del prefetto anticipa i tempi, il sindaco dell'urbe, in sella alla sua bici, sembra aver perso lo smalto da “Giro d'Italia”, perlomeno in quanto a sostenitori: il 73% dei romani, infatti, non voterebbe più il sindaco-medico alla luce dei risultati raggiunti. Niente più mani che applaudono dunque, né sicuramente il conferimento di una “Maglia Rosa” al merito per il sindaco capitolino che potrebbe essere a 7 giorni dal traguardo di un percorso dal sapore inconsistente.

Risultati sondaggio Marino. Le prime immagini del sondaggio Demos, approntato nei giorni scorsi per conto de “La Repubblica” su un campione di elettori romani, lasciano trasparire un alto livello di delusione e di scontentezza. Una città in bilico tra il malaffare e la mala-gestione, che reclama invece trasparenza, concretezza ed una amministrazione direttamente proporzionale all'eterno splendore di Roma. Alla luce di questo, il 73% della fetta di romani interpellata da Demos, non voterebbe più Marino difronte ad una nuova elezione amministrativa. Basti pensare che più di ¼ degli elettori reputa il primo cittadino colpevole di essere colluso con la cupola di Mafia Capitale, mentre un numero analogo di abitanti, invece, pensa che il capo del Campidoglio sia estraneo ai fatti di Mafia, ma che comunque debba dimettersi. In fine, 4 su 10 lo considerano “irresponsabile” della collusione che imperversa nella capitale. Sta di fatto che nel corso del suo mandato tutto il “circo” sia andato in scena proprio dentro casa sua, aspetto, tra gli altri, utile a comprendere come 7 romani su 10 non siano contenti del lavoro da lui svolto. Pollice verso per quanto riguarda la totalità delle “politiche” adottate da Marino, che sembra peccare maggiormente quando si parla di: disoccupazione, manutenzione delle strade, viabilità, immigrazione, gestione campi Rom, criminalità. Mentre appare più positiva la valutazione sulla qualità dei servizi sociali e, soprattutto, culturali.




MAFIA CAPITALE: SIA CON ALEMANNO CHE CON MARINO C'E' STATO IL BOOM DELLA COOP DI BUZZI

Alberto De Marchis

Roma – Più con Alemanno che con Marino? Pare di sì. Il rapporto del gruppo di Mafia Capitale, guidato da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi "è stato diverso con le due giunte capitoline precedenti", quella guidata da Gianni Alemanno e la seconda guidata dall'attuale primo cittadino Ignazio Marino. Lo ha detto il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, nel corso dell'audizione in commissione parlamentare Antimafia. Con la prima giunta, ha proseguito, "si registra una esplosione del fatturato delle cooperative che facevano capo a Salvatore Buzzi e c'era una influenza sulle nomine di vertice delle società partecipate dal Comune". Mentre con l'amministrazione Marino, "i contatti a livelli apicali non ci sono più però non c'è dubbio che rimane la presenza pesante di Buzzi e del mondo delle cooperative. Buzzi agisce sempre di intesa con Carminati". I dati di Pignatone parlano dunque chiaro.

"Sotto la giunta Alemanno – ha proseguito il magistrato – e' avvenuta anche la nomina di soggetti graditi al vertice di societa' partecipate dal Comune. Ma anche con l'amministrazione successiva (giunta Marino, ndr) il gruppo che fa riferimento a Buzzi ed a Massimo Carminati poteva contare su amici e propri candidati. Le indagini hanno portato alla luce il metodo raffinato con cui il sodalizio criminoso si inseriva negli apparati comunali con una attivita' di lobbyng illecita finalizzata ad imporre nomi o ad ostacolare e rimuovere quei soggetti con i quali non era possibile intavolare accordi".




MAFIA CAPITALE: BUZZI SCRIVE AL PAPA: "ACCOLGO L'INVITO ALLA CONVERSIONE E DENUNCIA"

A.D. M. 

Roma – Con l'auspicio che dietro a queste parole ci sia sincera volontà di conversione, scevri da azioni poste in essere per pura utilità. «Il coraggio della conversione e della denuncia. Così il settimanale della diocesi di Nuoro, 'L'Ortobenè, riassume nel numero che uscirà domani mattina in edicola il senso della lettera che Salvatore Buzzi ha inviato al Papa dal carcere di Badu 'e Carros». Lo riferisce l'Agenzia Sir. «L'ex presidente della cooperativa '29 giugnò, aiutato nel suo percorso dal cappellano don Giampaolo Muresu e dal vescovo Mosè Marcia, afferma di aver accolto l'invito del Pontefice ai fautori o complici di corruzione contenuto nella bolla di indizione del Giubileo della Misericordia – si legge – 'Seguendo la via tracciata dalla Misericordiae Vultus – scrive Buzzi – dichiaro la mia totale adesione al Suo invito alla conversione, unita al coraggio della denuncia perché la corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza ed è un accanimento nel peccato. Mi auguro e spero di non essere il solò.

Nella lunga missiva Buzzi racconta la sua storia personale, intrecciata a quella delle cooperativa, cresciuta a tal punto da diventare una eccellenza sociale e lavorativa. 'Dal 2010 – denuncia Buzzi in un passo della lettera – iniziammo ad avere richieste varie di utilità da parte di funzionari ed amministratori: facemmo un esposto alla Procura di Roma ma non ci fu seguito, tentammo anche la via della denuncia politica, ma anche questa via non portò risultati. Ed allora io in prima persona cedetti a queste richieste: moralmente giustificavo il mio agire con il classico fine che giustifica i mezzi. Tali richieste si sono poi accentuate con gli anni e con il crescere della cooperativa; io continuavo a giustificare il mio operato con il fatto di creare occupazione per tante persone che altrimenti non avrebbero mai trovato lavoro. Da vittima divenni pian piano complice di un sistema corruttivo cresciuto sempre di più, sia a livello politico che amministrativò. Dal carcere di Nuoro, Buzzi condanna la violenza mediatica di cui si è sentito vittima, in particolare per l'uso di una intercettazione scovata nelle 60mila pagine dell'inchiesta. Quanto all'accusa di essere braccio operativo di un'associazione di stampo mafioso, scrive: 'Sono consapevole di dover affrontare la giustizia terrena e mi adopererò per chiarire le mie colpe e contrastare per quanto è nelle mie possibilità i fenomeni corruttivi; mi difenderò dalla accusa ingiusta di mafià».