Dj Fabo, Cappato: “Processo subito”

MILANO – Marco Cappato, esponente dei Radicali e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, imputato a Milano per aiuto al suicidio e per aver accompagnato, lo scorso febbraio, Dj Fabo in una clinica svizzera per il suicidio assistito, ha chiesto a Milano di “andare immediatamente a processo”, saltando la fase dell’udienza preliminare fissata per il 5 novembre. “Ho chiesto il giudizio immediato perché voglio che in Italia finalmente si possa discutere di come aiutare i malati a essere liberi di decidere fino alla fine”. Il processo “sarà un’occasione per discuterne ed è bene che sia il prima possibile. Certo, dovrebbe occuparsene la politica, però la proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni, per l’eutanasia legale, è ferma da 4 anni in Parlamento – ha proseguito -. E c’è il rischio che non riescano a decidere nemmeno sul testamento biologico”.
Dj Fabo «ha morso un pulsante per attivare l’immissione del farmaco letale: era molto in ansia perchè temeva, non vedendo il pulsante essendo cieco, di non riuscirci. Poi però ha anche scherzato», ha raccontato all’Ansa Cappato che ha accompagnato Fabo nel suo ultimo viaggio in Svizzera, nella clinica dove gli è stata praticata l’eutanasia. Il giovane, cieco e tetraplegico dal 2014 a causa di un incidente stradale, ha scherzato così sul pulsante dal premere: «E se non ci riesco? Vorrà dire che tornerò a casa portando un po’ di yogurt, visto che qui in Svizzera è molto più buono». Appena terminate le procedure preliminari però, ha proseguito Cappato, «Dj Fabo ha voluto procedere subito, ha voluto farlo subito senza esitare».

Dj Fabo aveva chiesto più volte di morire, anzi di «tornare libero», chiedendo aiuto a tanti, fino all’ultimo appello rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «fatemi uscire da questa gabbia». Una decisione presa quando, dopo il grave incidente che nell’estate del 2014 lo aveva reso cieco e tetraplegico, aveva avuto la certezza di una condizione irreversibile, e che la sua vita poteva essere solo quella di un uomo con la mente lucida ma «prigioniero del suo corpo». Da allora la battaglia personale di Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, si è intrecciata con quella politica per regolamentare l’eutanasia e permettere a ciascun individuo di essere libero di scegliere. Il disegno di legge sul biotestamento, dopo oltre un anno di dibattito e decine di audizioni, ha infatti subito, nei giorni scorsi, il terzo rinvio. Il testo doveva approdare in aula proprio oggi, 27 febbraio, ma l’avvio dell’esame alla Camera è stato rimandato. Dopo quest’ennesima dilazione, la scelta di dj Fabo di andare in Svizzera a cercare la «dolce morte».




CASO STAMINA: SOFIA, CI DISPIACE!

Redazione

Caso Stamina – La Luca Coscioni (Filomena Gallo Segretario nazionale dell'Associazione Luca Coscioni per la "libertà di ricerca scientifica") è contro stamina.
Si ipotizza un grave conflitto di interesse tra Giulio Cossu copresidente dell'ass. Luca Coscioni, che lavora al progetto Eurostemcell ed Elena Cattaneo (senatore a vita "perpetua" nomi nata da Napolitano).

Queste le parole si rincorrono su Facebook tra le bacheche di chi lotta per vedere autorizzate le cure compassionevoli con le staminali. Il metodo Vannoni. Cossu é uno dei firmatari della lettera contro Stamina inviata all'UE.
«Siamo legittimati per legge solo a completare i trattamenti già avviati, ovvero cinque infusioni». Così gli Spedali Civili di Brescia hanno motivato il reclamo contro il provvedimento del giudice di Livorno Francesca Sbrana che autorizzava il proseguimento della somministrazione relativa al metodo Stamina per la piccola Sofia, la bambina di 3 anni e mezzo affetta da una grave malattia degenerativa, anche oltre le cinque infusioni previste. L'ospedale, spiegano i rappresentati legali, «è legittimato solo a completare i
trattamenti già avviati.

Detti trattamenti prevedono 5 infusioni. Di conseguenza, l'Azienda ritiene di evidenziare ai Giudici l'esigenza di rispettare tale limite, nonché i problemi che si pongono procedendo a ulteriori infusioni».

Il reclamo sarà presentato ad un collegio di tre giudici che dovranno decidere se confermare o modificare il provvedimento del giudice livornese. Davide Vannoni, presidente di Stamina Foundation, protesta contro la decisione degli Spedali. «Mi sembra veramente una cosa folle, mi chiedo chi glielo fa fare.

L'ospedale ha accettato di somministrare queste cure due anni fa, poi dopo la tempesta le cose si sono spaccate, con alcuni medici che si comportano correttamente e altri che subiscono ordini dall'alto. Un ospedale che dice di non poter curare 150 pazienti in lista d'attesa e poi dà 500mila euro a un avvocato per fare ricorsi mi sembra assurdo». Oggi, ricorda Vannoni, sono 40 i pazienti in cura a Brescia, tra cui la piccola Sofia, a cui si aggiungono quasi 160 in lista d'attesa e 107 ai quali è stato rigettato il ricorso. «Di quelli in attesa purtroppo ne sono già morti quattro, e il papà di una di loro, un'altra bambina di nome Sofia, ha denunciato l'ospedale per omicidio colposo».

Intanto sarà depositato il 7 ottobre il ricorso di Stamina al Tar «contro il blocco alle cure per i nuovi pazienti stabilito, secondo noi illegittimamente, dal decreto Balduzzi. Porteremo le cartelle cliniche di tutti i 40 pazienti di Brescia – spiega Vannoni – e spero che se i giudici del Tar ci daranno ragione questo darà un po' di coraggio anche al Parlamento».

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