LIGRESTI JR. RIENTRA IN ITALIA E CONCORDA I DOMICILIARI

Redazione

Si è costituito nel pomeriggio di lunedì 29 Giugno 2015 al valico di frontiera di Chiasso Paolo Ligresti, figlio di Salvatore, dopo due anni circa di latitanza in Svizzera. A carico del 'rampollo' della famiglia Ligresti pendeva dal luglio del 2013 un'ordinanza di custodia in carcere per aggiotaggio e falso in bilancio in uno dei filoni dell'inchiesta su Fonsai. Il gup Andrea Ghinetti, però, nei giorni scorsi ha disposto gli arresti domiciliari e oggi, come anticipato dal sito de 'l'Espresso', Paolo Ligresti si è costituito ed è andato ai domiciliari.

"Do il mio consenso all' estradizione verso l'Italia, ma chiedo che la misura cautelare venga convertita da carcere a domiciliari". Così, in sostanza, Paolo Ligresti, che oggi si è costituito dopo circa 2 anni di latitanza, ha fatto sapere, nei giorni scorsi, attraverso il suo legale alla Procura di Milano e al gup Andrea Ghinetti che si sarebbe consegnato a patto di non finire in carcere. Istanza accolta dal giudice. Il giudice ha dato l'ok all'istanza della difesa (avvocato Davide Sangiorgio), modificando la misura del carcere in domiciliari, perché, da quanto si è saputo, la volontà espressa da parte del figlio di Salvatore Ligresti di consegnarsi alle autorità italiane ha fatto decadere di fatto il pericolo di fuga. Inoltre, l'altra esigenza cautelare contestata nell'ordinanza d'arresto del luglio 2013, ossia il pericolo di reiterazione del reato, si è di molto attenuata, secondo il gup, dato il tempo trascorso dalla presunta commissione dei reati a lui imputati (aggiotaggio e falso in bilancio) e visto che Paolo Ligresti non ha più cariche societarie. Il giudice, nei giorni scorsi, ha trasmesso l'ordinanza di modifica della misura cautelare alle autorità svizzere, che avevano sempre negato l'ok all'estradizione, anche perché il figlio dell'ex patron di Fonsai è cittadino elvetico. Con la modifica della misura e con il consenso espresso di Paolo Ligresti, la Svizzera ha dato formalmente via libera all'estradizione e oggi l'ex componente del cda di Fonsai si è consegnato alla frontiera di Chiasso. Verrà interrogato dal gup Ghinetti probabilmente all'interno dell'udienza preliminare che si è aperta nei mesi scorsi e che proseguirà mercoledì prossimo, primo luglio.

SALVATORE LIGRESTI


Origini e carriera imprenditoriale. È nato a Paternò, in provincia di Catania, da una famiglia di agiati commercianti, ha un fratello minore Paolo, medico cardiologo e imprenditore. Ha studiato Ingegneria prima a Palermo poi a Padova[1]. Giunse a Milano per prestare servizio militare nell'Aeronautica. Congedato decise di stabilirsi nel capoluogo lombardo e aprì uno studio di progettazione. Nel 1966 sposò Antonietta Susini, detta Bambi, figlia del provveditore alle Opere pubbliche della Lombardia, Alfio Susini. Dal matrimonio nacquero tre figli: Giulia Maria, Gioacchino Paolo e Jonella.

Negli anni intrecciò importanti e proficue relazioni con l'avvocato Antonino La Russa, il finanziere Michelangelo Virgillito, entrambi originari di Paternò, l'imprenditore Raffaele Ursini ed Enrico Cuccia patron di Mediobanca. L'ascesa nel campo degli affari fu rapida, specialmente a cavallo dei primi anni Ottanta: nel 1978 dichiarò al fisco 30 milioni di Lire di imponibile, e nell'arco di pochi anni divenne uno degli uomini più ricchi d'Italia. Fu infatti in questi anni che la fortuna economica di Ligresti, soprannominato Don Salvatore, fece il salto di qualità, complice il boom edilizio della cosiddetta "Milano da bere", degli importanti appalti edilizi che riuscì ad ottenere e delle amicizie influenti.

Ligresti reinvestì i proventi ricavati dalle attività di costruzioni in una serie di partecipazioni societarie di importanti aziende italiane dell'epoca, tra le quali Pirelli, Gemina, Mediobanca e SAI. Queste partecipazioni societarie gli valsero il soprannome di Mister cinque per cento[3]. Grazie al sistema di scatole cinesi[4], ai patti di sindacato e alle azioni di risparmio, Ligresti fu in grado di controllare diverse s.p.a malgrado detenesse soltanto una piccola parte delle azioni.

Scandali giudiziari – Sequestro della moglie e sospetti legami con la Mafia. Il 5 febbraio 1981 Bambi Susini, moglie di Ligresti, venne rapita dai mafiosi Pietro Marchese, Antonio Spica e Giovannello Greco, fedelissimo di Stefano Bontate. Il sequestro si risolse un mese più tardi senza conseguenze per la Susini, che venne rilasciata a Origgio, grazie al pagamento di un riscatto di seicento milioni di lire. Due deI tre autori del sequestro, dopo essere stati individuati, furono ritrovati morti assassinati: Antonio Spica, in una discarica di Bollate alle porte di Milano, Pietro Marchese, nel carcere dell'Ucciardone, mentre Giovanni Greco scomparve nel nulla. Nel 1984 Ligresti è stato oggetto di un'inchiesta della procura di Roma e poi nel 1985 di quella di Milano per questi fatti, ma entrambe le inchieste non portarono a nulla.

Scandalo delle Aree d'oro. Nel 1986 Ligresti fu protagonista dello scandalo delle cosiddette "Aree d'oro". Il 18 marzo 1986 l'assessore all'Urbanistica, Carlo Radice Fossati[11], fece approvare una delibera con cui il Comune di Milano acquistava dei terreni agricoli di Ligresti a 5000 lire al metro quadro. In ottobre una giornalista informò Radice Fossati che la precedente giunta di sinistra aveva già concordato l'acquisto di quei terreni a prezzi molto più bassi: 500, 800 e 1000 lire al metro quadro. L'assessore allora, condotta una ricerca negli archivi comunali, trovò le lettere d'impegno, firmate dal suo predecessore Mottini e da Ligresti. Come conseguenza di questo scandalo si dimise la giunta socialista, presieduta dal sindaco Carlo Tognoli, e la magistratura aprì un'inchiesta che terminò con un'archiviazione.

Tangentopoli. Nel 1992 venne arrestato nell'ambito dello scandalo di Tangentopoli, accusato di corruzione per aggiudicarsi gli appalti per la costruzione della metropolitana di Milano e delle Ferrovie Nord. Trascorse 112 giorni presso il carcere di San Vittore e fu condannato a due anni e quattro mesi, ma con l'affidamento ai servizi sociali e lavoro per la Caritas ambrosiana al posto del carcere. La condanna definitiva del 1997 comportò la perdita dei requisiti di onorabilità richiesti per ricoprire incarichi in Premafin e Fondiaria-Sai. Per questo motivo i figli gli subentrarono negli incarichi operativi.

Il caso Unipol-Fonsai. Dopo anni di cattiva gestione Fonsai, Milano Assicurazioni e Premafin, le principali società della famiglia Ligresti, sono profondamente indebitate e sull'orlo del fallimento. Nel 2011 i Ligresti sono costretti a cederne il controllo, su pressione di Mediobanca, storico partner di famiglia, alla Unipol. Per evitare il fallimento delle tre società il management di Mediobanca, che da un simile evento rischierebbe di perdere oltre un miliardo di euro, propone a Unipol la fusione con esse. A partire da questa vicenda sono state avviate due inchieste dalle Procure di Milano e Torino.

Inchiesta della procura di Milano. Viene aperta nel 2012 allo scopo di indagare Ligresti per il reato di aggiotaggio in relazione a due trust esteri titolari del 20% di Premafin, riconducibili a Don Salvatore; un secondo filone d'inchiesta riguarda la bancarotta delle holding immobiliari di famiglia. Nel maggio dello stesso anno Ligresti e l'a.d. di Mediobanca, Alberto Nagel, vengono indagati in merito ad un patto occulto in cui il primo s'impegnava a non ostacolare la fusione Unipol-Fonsai in cambio della concessione, da parte di Nagel, di una lunga lista di privilegi.

Inchiesta della procura di Torino. L'inchiesta viene aperta nell'estate del 2012, sulla scorta dell'indagine milanese, per falso in bilancio e ostacolo all'attività di vigilanza. Il 17 luglio 2013 Ligresti viene arrestato dalla Guardia di Finanza su ordine della Procura di Torino per il reato di falso in bilancio e manipolazione di mercato. La magistratura ritiene che Ligresti, agli arresti domiciliari per via dell'età avanzata, abbia celato l'ammanco di 600 milioni di euro manipolando la riserva sinistri e mancata comunicazione della cui esistenza avrebbe provocato un grave danno per le scelte degli investitori. Nell'ambito della medesima inchiesta vengono arrestate le figlie Giulia e Jonella mentre il figlio Paolo, diventato cittadino svizzero da soli 21 giorni, trovandosi nella sua abitazione sul lago di Lugano, evita l'arresto.

Partecipazioni imprenditoriali. Presidente onorario di Fondiaria-Sai. Presidente onorario di Premafin. Tra i soci di Banca Intermobiliare. Dopo la fusione Unicredit-Capitalia è passato dal consiglio di Capitalia a quello di Unicredit Group.

Premafin e Fondiaria Sai. La holding Premafin HP S.p.A. nasce nel 1986; negli anni seguenti, tramite una serie di acquisizioni di varie società, acquisisce una partecipazione di controllo della compagnia di assicurazione SAI. Nel 1986 viene quotata alla Borsa valori di Milano. Dopo l'acquisto di Montedison nel 2001, viene rilevato il 29% della Fondiaria Assicurazioni, la quale, nell'anno successivo, viene incorporata nella SAI, assumendo la nuova denominazione di Fondiaria-SAI. Nel 2012 il gruppo assicurativo Unipol conquista il controllo di Premafin, grazie all'acquisto del pacchetto di maggioranza. Fino alla fine del 2012 Premafin è stata controllata da un patto di sindacato stipulato tra società riconducibili a Salvatore Ligresti e ai suoi tre figli. ..

RCS Mediagroup. Nel 2004 entra nel consiglio di amministratore della Rcs MediaGroup, società editrice di quotidiani quali il Corriere della Sera e la free press City. Sempre attraverso Premafin, la famiglia Ligresti possedeva il 5.291% di Rcs MediaGroup e partecipava al patto di sindacato che controllava la società editrice.

Unicredit. Salvatore Ligresti è stato membro del Consiglio di Amministrazione del Gruppo Unicredit fino al 22 marzo 2011, data in cui ha rassegnato le dimissioni «…in relazione all'evolversi delle relazioni di affari del gruppo facente capo alla famiglia Ligresti con UniCredit».

Attività immobiliari. Salvatore Ligresti è stato coinvolto nei più rilevanti interventi urbanistici di Milano (Expo, Fieramilanocity e Garibaldi-Repubblica), di Firenze (Castello[22] e Manifattura Tabacchi), di Torino. A seguito della crisi immobiliare e finanziaria della famiglia, Ligresti è stato costretto ad abbandonare questi progetti.