Leopolda, Renzi: “Al voto né con il centrodestra, né con Pd-M5s. Il centro sarà uno spazio politico decisivo”

Giornata conclusiva della Leopolda a Firenze. Intervento finale di Matteo Renzi 

“Ho l’impressione che i principali leader delle forze politiche italiane, i leader di M5s, Pd, Lega e FdI, abbiano l’interesse ad andare a votare: interesse che è politico, e in alcuni casi personale, perché qualcuno vuole portare in parlamento prima possibile il suo gruppo di riferimento, è un dato di fatto oggettivo”.

Lo ha detto Matteo Renzi, leader di Italia Viva, nell’intervento finale di Leopolda 11. “La democrazia italiana è più forte, di tutto anche del mojito di Salvini o della pochette di Conte”. Lo ha detto Matteo Renzi, leader di Italia Viva, nell’intervento finale di Leopolda 11. “Noi abbiamo fatto – ha aggiunto – contro l’opinione dell’allora gruppo dirigente del Pd l’operazione contro il Papeete nell’agosto del 2019, prendendo una scatola di Maalox e accettando di stare al governo con i 5 Stelle in quella stagione, perché sapevamo che se avessimo detto il contrario, cioè se avessimo portato il paese a votare, il paese sarebbe finito nelle mani di Salvini e meloni per 5 anni, e tra due mesi avrebbero eletto un presidente sovranista. Non le prendo lezioni da chi in quella stagione politica ci spiegava che bisognava affrontare a viso aperto il populismo e sovranismo: non è così, ci vuole flessibilità in politica”. Renzi ha citato un discorso del 1978 di Aldo Moro: “La nostra flessibilità ha salvato fino a qui più che il nostro potere la democrazia italiana, diceva, e la nostra flessibilità nel 2019 prima e nel 2021 poi forse non ha salvato la democrazia italiana, ma salvato la stabilità economica europea mandando a casa prima Salvini e poi Conte”.

Se Salvinie la Meloni faranno l’asse di destra e il Pd rinnegando le battaglie che abbiamo fatto insieme sceglie di allearsi con Il M5s è naturale che alle elezioni di giugno dovremmo occupare quello spazio politico della Leopolda, noi siamo quelli che sono sempre rimasti là“. Lo ha detto il leader di Iv, Matteo Renzi, chiudendo la Leopolda, a Firenze. Il centro è “uno spazio politico di vittoria o di sconfitta che in questo momento segna i governi in Germania, Francia, Usa, che può essere e probabilmente sarà decisivo alle elezioni, specie se ci saranno nel 2022” dice leader di Italia Viva. “A Palermo non stiamo con Miccichè, stiamo con Davide Faraone che è una cosa diversa; poi Micciché faccia lui, Provenzano faccia lui, ma noi a Palermo ci candidiamo per guidare una città che negli ultimi anni non è riuscita neanche a seppellire i propri morti”. Lo ha detto Matteo Renzi, leader di Italia Viva, nell’intervento finale di Leopolda 11. “Caro Davide, Palermo ha bisogno di te, e noi siamo convinti che la tua candidatura a sindaco di Palermo non sarà figlia di un accordicchio con qualche forza politica, ma sarà una candidatura che parla alla città di Palermo”, ha aggiunto Renzi.




Dalla Leopolda all’Ubalda, torna la campagna elettorale

Guardando ciò che succede in questi giorni in politica, potremmo ben mutuare da Pirandello il titolo della sua commedia composta in pieno dopo grande guerra “Ma non è una cosa seria”. Assistiamo, da parecchi mesi, o anni – l’Italia è costantemente in campagna elettorale, un po’ come quegli automobilisti che ti tampinano da vicino, aspettando l’attimo per il sorpasso – alle varie sceneggiate trasmesse dalla tv, riportate sui media, e anche sostenute dai social, novità alla quale si sono rivolti i politici con grande prontezza.

 

Renzi – parliamo un po’ di lui – dopo avere organizzato una rete di ‘trolls’ volontari a costo zero, – sono quelli che su FB intervengono nelle discussioni denigrando gli avversari politici – ha gestito un profilo dal nome ‘Matteo risponde’, dal quale pare che cancellasse ogni commento negativo, cioè, praticamente, una cifra. Non abbiamo notizia del fatto che sia ancora attivo o meno, certo il treno gli avrà tolto parecchio tempo che avrebbe dedicato a Facebook. Oggi siamo tutti abituati al palcoscenico mediatico, da ‘Carta bianca’ a ‘Che tempo che fa’, da ‘In mezz’ora’, a ‘Uno mattina’. Eccetera. Giletti fucilato dalla Rai promette battaglia da La 7, Porro si sfoga sui giornali, la Gabbanelli è pronta a continuare le sue campagne, senza, questa volta, il controllo Rai. Bruno Vespa, con il suo ‘Porta a Porta’, dal canto suo, è quello buono per tutte le stagioni, quello che rimane sempre a galla perchè è sempre disponibile per i vincitori. D’altronde, come farebbe a presentare i suoi – a parere di chi scrive ndr. – inutili e noiosi libri, se non alla Rai, dove sabato scorso, di mattina, Tiberio Timperi gli ha dedicato dieci abbondanti minuti per la sua ultima creazione?

Pare che i libri di Vespa, che è arrivato a presentarli a Montecitorio, con Berlusconi a fianco, siano autoreferenziali, nel senso che interessano solo lui. Nei corridoi di via Teulada, e nei giardini di Saxa Rubra, i meglio informati sussurrano all’orecchio dei meno informati, che pare che sia più potente di Mario Orfeo, e anche di Costanzo e di Pippo Baudo. Ma queste sono chiacchiere di corridoio. Insomma, tutti questi mezzi di comunicazione ci trasmettono un unico messaggio: la campagna elettorale è quasi all’orgasmo.

Quanto più ci avviciniamo alla fatidica data, tanto più i protagonisti sono presi da crescente frenesia. Berlusconi che, perseguitato da una Magistratura ad orologeria per un ormai putrescente Ruby Ter – mentre la pulzella ormai più che maggiorenne si appresta probabilmente a diventare nonna – nega qualsiasi accordo con Renzi e il ‘suo’ PD; Renzi che fa altrettanto, negando ogni combine presente o futura con il Cav, – anzi, ex -; il M5S che nega ogni coinvolgimento con chicchessia, specialmente con la Lega – non più lombarda per motivi di opportunità: dove andranno a finire le sorgenti del patrio fiume, e i riti costà celebrati? Forse ne faranno tre, uno per il nord, uno per il centro, e il terzo sul Sele, per il sud.

Sullo sfondo vagano come anime in pena personaggi in cerca, non d’autore, ma di seggi, tipo Casini, Orfini, Alfano e frange di cespugli vari; mentre pare che Verdini abbia trovato rifugio sotto l’Ala protettrice del Berlusca, anche lui Quattrostagioni. Una cosa è certa: le preferenze degli Italiani – secondo i sondaggisti, impegnatissimi: quasi quasi sarebbe anche inutile andare alle urne – si divideranno in tre: ancora l’ormai decotto PD di Renzi – dove Emiliano che spera nei miracoli ha voluto rimanere – , la rediviva Forza Italia, con l’immarcescibile Berlusconi, e il M5S di Di Maio, new entry e per questo inviso a tutti. Senonchè, sia per il primo che per il secondo, il nemico da battere, il bersaglio comune è proprio Di Maio e il suo Movimento, sia da parte di B., che di R. A buon diritto si può immaginare che se nessuno dovesse ottenere il famigerato 40%, sia B. che R. potrebbero far fronte comune contro il M5S, in nome della governabilità, nel cui nome abbiamo assistito a molte e più gravi nefandezze.

 

Dalla Leopolda – che ricorda tanto un famoso film con la Fenech, solo che quella era l’Ubalda, ma non c’è tanta differenza – Matteo Renzi ha promesso – udite udite – ancora i famosi ottanta euro, da estendere alle famiglie con figli. Non s’è ben capito a chi fossero riservati prima. E qui, ci tocca proprio dirlo: ma che, vossignoria niente niente vuole ancora prendere l’esimio pubblico per quella parte del corpo poco nobile sdoganata come Lato B – con buona pace di Berlusconi, che in questo caso non c’entra – ma magari vorrebbe che di lui si parlasse anche nel contesto, secondo il motto americano ‘Parlatene anche male, purchè ne parliate’? Ed è offensivo pensare che gli Italiani possano ancora cadere in questa trappola elettorale. “Ragazzi, siamo in modalità campagna elettorale” ebbe a dire mesi fa don Matteo da uno dei tanti palchi da cui ci propina il Verbo. Volendo significare: basta litigare ora, prima andiamo al governo, e poi ricominciamo. Senonchè qualcuno meno paziente ha ricominciato subito, e qualcun altro è volato su altri nidi, non di cuculo. Mentre Bersani guarda ancora in corridoio per vedere se finalmente è arrivata la mucca. Un’altra indecenza è quella che M.R. continua a ripetere, a proposito del milione di posti di lavoro ‘censiti dall’ISTAT’: come a dire che se domani si dovesse scoprire che questa è una clamorosa bufala, la colpa sarebbe dell’Istituto di Statistica, e non del più noto don Matteo, bufale-maker peggio di Pinocchio.

Mentre nessuno guarda, qualcuno le bufale, le fake-news, se le fa in casa, per essere pronto a smentirle e dimostrare la slealtà degli avversari. Tornando all’ISTAT, la verità è che il 93% dei nuovi assunti lo sono a tempo determinato, mentre il restante 7% è la trasformazione di un contratto precario. Impazza ancora la clamorosa bufala renziana – quella sì – che magnifica la Buona Scuola, quando ormai è stata squalificata da tutti.

 

E questo è l’ennesino insulto alla nostra intelligenza. Pare poi che ci sia una carta segreta per la coesione dei sinistrocentrici, cioè lo Ius Soli, che, se approvato di notte e con l’ennesima fiducia, porterebbe – vai a capire per quali alchimie – all’unità delle frange del PD, fuoruscite, con il ceppo centrale del partito. Insomma, la campagna elettorale da noi non è una cosa seria – ma certamente non lo è in nessuna parte del mondo – finchè i candidati – mai termine fu meno appropriato – continueranno a prenderci per micchi. Il risultato è che B. un giorno sì e l’altro pure tuona contro Di Maio & Co; i quali, giustamente, non entrano in polemica, glissando su certe affermazioni. Renzi continua a stringere mani, creare gruppi di lavoro, scuole di politica – se te l’insegna lui, sta certo che duri poco – apparire in televisione, – è finito lo Zecchino d’Oro, e se l’e fatto scappare – indire congressi, per così dire, leggermente di parte: la sua; mentre tutte le contestazioni che don Matteo si è dovuto sorbire, i vari insulti e parolacce, seguiti da espliciti inviti ad andare non si sa bene dove a fare non si sa bene cosa, li abbiamo dovuti scoprire nei social, perché la Rai, bontà sua e di Mario Orfeo, li ha cestinati. Meglio poi non ascoltare i programmi, che dovrebbero rappresentare il motivo principe di una scelta. Fra elemosine di ottanta euro, promesse di mille euro alle pensioni minime, matrimoni gender, yoga insegnato a scuola, – Gentiloni dall’India – ci perdiamo in un mare di teorie ideologiche, o presunte tali, condite di demagogie in confezione spray.

 

Oggi la campagna elettorale si fa sui social, su Internet, meno nelle piazze – quasi per niente – e in televisione. La costante è il fiorire di bufale nelle bocche degli eleggendi, bufale elettorali (modalità campagna elettorale), i quali manca poco che si esibiscano in giochi per bambini deficienti, quali considerano che sia l’elettorato. Tornare ancora con gli 80 euro, è davvero una cosa inqualificabile, da Cottolengo – con tutto il rispetto per i ‘diversamente intelligenti’. Parlare ancora di un milione di posti di lavoro, altrettanto: ma li leggete o no, i giornali? Oppure l’ISTAT è anch’esso il Verbo rivelato? E un Berlusconi che dichiara di non voler fare pappa e ciccia con Renzi e il PD, che invece sogna ancora la ‘Grossekoalition’?

La grande sceneggiata è davanti a noi, sul palcoscenico virtuale dei mezzi di comunicazione, ma non tutti abboccano. Secondo l’ISTAT – appunto – meno della metà degli aventi diritto al voto: se il partito assenteista fosse costituito, andrebbe al governo in un batter d’occhio con più del 60%. Non è finita: Laura Boldrini ‘scende in campo’, come ebbe a dire Berlusconi nel 94, e questo era temuto, e come tutte le cose temute, si è avverata. Ha già cominciato con un noioso – a sentir chi c’era – comizio in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, tema che , scusate il bisticcio, temiamo sarebbe uno dei suoi leit-motiv politici. Grasso, da par suo, sta alla finestra, ma non si espone. Da buon siciliano e ‘omo de panza’, aspetta il momento propizio. Certo, l’aver lasciato il PD con un pretesto banale – poteva accorgersi prima che non corrispondeva più a nulla, se non a Renzi – in un momento politico particolare, denotava un segreto proposito, staremo a vedere. Probabilmente, anzi certamente, avremo in Parlamento anche un nuovo partito, quello islamico. Ci proporranno leggi coraniche? La Sharia? La Jihad? Non è dato ancora di sapere, vedremo. Allora, tra residui di magazzino rispolverati ad hoc, gente ‘di sinistra’ messa in freezer e scongelata, o ritirata dalla politica, un Prodi un po’ più grigio, mai stanco d’esser trombato dai suoi, un Berlusconi che, nonostante tutto, mostra i segni del chirurgo plastico, e un M5S sul quale molti hanno grossi dubbi, la campagna elettorale va avanti, novella Arca di Noè, senza sapere dove approderà. Ma non è una cosa seria. A voi sembra una cosa seria? L’unica cosa seria è il destino degli Italiani, che hanno da risolvere ben altri problemi, che quelli che affliggono i nostri politici. Secondo i quali, ahimè, questa non è una cosa seria.

 

Roberto Ragone




Leopolda, Renzi all'attacco della minoranza Pd: "Chi dice NO ha distrutto l'Ulivo"

Redazione

Contro i Dem, contro il NO, contro chi gli è contro. Matteo Renzi, dal palco della Leopolda, attacca la minoranza del Pd ed "i teorici della ditta quando ci sono loro e dell'anarchia quando ci sono gli altri". Un attacco che la platea della Leopolda accoglie con un 'fuori,fuori' riferito alla sinistra interna. "C'è un po' di amarezza – dice Renzi – perché in parte del nostro partito è prevalsa la tradizionale volontà non tafazziana, sarebbe troppo semplice dire che è farsi del male da soli, ma è prevalso il messaggio che gli stessi che 18 anni fa decretarono la fine dell'Ulivo perché non erano loro a comandare la sinistra stanno decretando la fine del Pd perché hanno perso un congresso e usano il referendum come lo strumento per la rivincita. Con rispetto, umiltà ma decisione non ve lo consentiremo. Ieri abbiamo razionalmente smontato tutte le bufale del No ma a loro non basta perché per loro il referendum serve a bloccare tutto ciò che, partendo da qui, abbiamo fatto, dicono di difendere la Costituzione ma stanno cercando di difendere solo i loro privilegi e la possibilità di tornare al potere. Sanno che il 4 dicembre è l'ultima occasione per tornare in pista". "Il nostro 2017 – ha proseguito Renzi – potrebbe essere un anno meravigliosamente difficile ma meravigliosamente bello: l'anno della svolta per l'Italia e l'Europa, a partire dall'appuntamento del 25 marzo 2017" sui trattati Ue. A quel governo volete arrivarci con un'Italia delle idee o con un 'governicchio tecnicicchio'? Con un'Italia che guarda all'Europa o a classe dirigente politica che non può che continuare a fallire?. "Con il referendum costituzionale – ha detto Renzi – siamo ad un bivio, è il derby tra passato e futuro, tra cinismo e speranza, tra rabbia e proposta, tra nostalgia e domani". "Sono molto felice di questa Leopolda. E' stata sorprendente – ha detto Renzi – non solo perché abbiamo avuto modo di vedere Matteo Richetti in versione show come cerimoniere, ma anche e soprattutto perché in tanti hanno sempre sostenuto che nel momento in cui una iniziativa la organizzano quelli che sono al governo è difficile riuscire a emozionare, incuriosire, appassionare. E invece i grazie mi sono arrivati soprattutto dai ministri che hanno gestito i tavoli di lavoro: mi hanno detto che gli è stato più utile di un focus group. Qui c'è – sottolinea – il sentimento entusiasta di persone che pensano che fare politica non sia una parolaccia, sia una cosa che possono fare tutti, non un gruppo di addetti ai lavori illuminati". "A tutti gli sfollati vorrei andasse il primo pensiero non solo della Leopolda ma di tutti gli italiani che credono che risolveremo anche questa, che saremo capaci di ricostruire, che andremo oltre il sentimento di orgoglio che abbiamo avuto nell'estrarre vive 238 persone, una cosa mai accaduta in Ue. Non basta rispondere all'emergenza e se vogliamo essere coerenti e non utilizzare il terremoto come set di grande show, dobbiamo mettere in atto una politica di prevenzione".  "Questa mattina parliamo di futuro", ha detto Matteo Richetti, che dirige i lavori dal palco. Ad aprire la giornata è stato Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e 'leopoldino' dalla prima edizione. Gori ha ricordato come la riforma costituzionale fosse fin dalla prima edizione tra le proposte chiave della kermesse renziana. E ha invitato all'impegno per il referendum costituzionale: "Il 4 dicembre date una mano anche voi, facciamo fare al Paese un salto nel futuro, facciamo vincere il Sì".

Subito dopo è intervenuto Andrea Occhipinti, fondatore della società di produzione e distribuzione cinematografica Lucky Red. Occhipinti ha elogiato la riforma del cinema, approvata questa settimana: "Siamo veramente contenti che dopo 50 anni sia arrivata questa legge per rendere competitiva l'industria del cinema italiano: una legge di sistema completa e moderna. Uniti possiamo fare il cinema italiano di nuovo grande".

"Credo che questa modifica di legge elettorale possa essere anche una buona occasione per tanti che dicevano di votare No al referendum solo a causa della legge elettorale per riorientare il proprio voto verso il Sì'". Così il ministro dell'Interno Angelino Alfano, oggi a Torino a margine di un convegno dei Moderati per il Sì, sull'accordo all'interno del Pd sulla legge elettorale. "È stato tutto organizzato come castigo divino per i nostri discorsi di 3 giorni ed ecco il fulmine". Così Matteo Renzi salendo sul palco per chiudere la Leopolda scherza sul black out prima del suo intervento di chiusura della kermesse. Per colpa di un violento nubifragio abbattutosi su Firenze, infatti, la luce si è interrotta e la sala è romasta al buio per alcuni minuti. "Con il referendum costituzionale – ha detto Renzi – siamo ad un bivio, è il derby tra passato e futuro, tra cinismo e speranza, tra rabbia e proposta, tra nostalgia e domani".




NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE

di Roberto Ragone
'Niente di nuovo sotto il sole' recita Salomone nell'Antico Testamento, nel il suo libro poetico intitolato ‘Ecclesiaste,’ o Qoelet’, se vogliamo dirlo con gli Ebrei; parole di saggezza di uno che aveva già capito tutto, e che conclude il suo primo capitolo con una frase che recita pressappoco così: “Molta sapienza molto affanno, chi accresce il sapere aumenta il dolore”. Il dolore di vivere, certamente, il dolore di una consapevolezza che non trova alcun sollievo nei fatti di oggi. Viviamo, in Italia, un’epoca che fa venir voglia a molti di scappare, di cambiare nazione e continente, a costo di regredire andando ad abitare in quei Paesi che fino a ieri erano considerati figli di un dio minore, al di là della Cortina di Ferro. Soprattutto i pensionati sull’orlo della povertà, che rinunziano ad una qualità di vita già consolidata, stante la loro età, con figli, nipoti, amici, abitudini.

Oggi vivere in Italia è diventato difficile, roba da ricchi, ma senza avere i vantaggi che possano avere questi ultimi. Diciamola tutta: noi sudditi viviamo una condizione di precarietà mai provata, uno stato d’ansia latente e costante, un’insicurezza che non è solo fantasia, o solo economica; la microcriminalità imperversa, come dimostrato stamattina, giovedì 17 gennaio, con il servizio sui tassinari di Roma, durante l'intervista a Chiara Rai e Antonello Fassari. Sembra che coloro che vogliono armarsi appartengano ad una categoria politica di cattivi a prescindere, perché già nell’animo progettano di togliere la vita ad un essere umano. Buoni, invece, sono coloro che predicano la non violenza, non sapendo bene a chi si debbano rifare, se a Gandhi o a Marx. Il mondo, quindi, è diviso fra buoni e cattivi? Magari fosse, ma non è così. Se i sudditi di questo paese sentono la necessità di un oggetto che li faccia sentire – extrema ratio – più sicuri, o in grado comunque di resistere ad eventuali aggressioni, la colpa è del clima di insicurezza instillato nell'animo della nazione tutta dalla cronaca quotidiana, con una Magistratura che interpreta le leggi, il più delle volte, a pro del reo, dove la certezza della pena è una chimera, dove le Forze dell’Ordine – e siamo stanchi di ripeterlo – sono ridotte ai minimi termini, dove l’esiguità delle pensioni e la scarsezza di lavoro spingono i giovani ad emigrare, e gli anziani a trasferirsi; un governo che non fa nulla di concreto per fare in modo che queste situazioni trovino finalmente una soluzione, nutrendoci di statistiche e di dati che non dicono nulla, che non impediscono che domani possano ripetersi le aggressioni notturne, a cui, piuttosto che una difesa armata, come deterrente possiamo opporre una lavagna con i dati che dicono che la criminalità è in calo, e che loro, gli aggressori con passamontagna, non dovrebbero essere qui, ma in galera per precedenti reati, o espulsi e all'estero, al loro paese. Iperprotetti, di contro, sono gli uomini politici, o coloro che hanno il denaro per pagarsi una scorta, mentre il cittadino, pardon, il suddito comune rischia ogni volta che esce per strada.

Siamo in pieno lavaggio del cervello, e il referente maggiore è la televisione di stato, quella che ci insegna quel buonismo ipocrita dei programmi mielosi dei momenti di maggiore ascolto, quelli che fanno una audience più alta. Quella sapienza che Salomone stigmatizza è molto lontana, e il suo contrario serve evidentemente ad addormentare le coscienze, a tutto pro di chi fa e disfa a suon di proclami, il più delle volte disattesi. In una nazione in cui chi legge un libro al mese è merce rara – e poi bisogna anche vedere cosa legge – assistiamo al proliferare di giornali di gossip, di sottocultura, di pettegolezzo, che vengono pubblicati, venduti e letti, e poco importa se nelle sale d’aspetto dei parrucchieri o dei medici di base. Dobbiamo allora arguire che la maggior parte dei telespettatori aventi diritto al voto è anch’essa becera, tenuta ad arte nell’ignoranza. E’ quindi facile instaurare e propagandare, come legittimi, sentimenti ‘buonisti’, a cui è orientata tutta la falsa politica televisiva, con le sue raccolte umanitarie, i suoi numeri per donare con un sms due, cinque o dieci euro, il che ci fa sentire tutti più buoni, senza conoscere esattamente quanto di quello che doniamo andrà realmente a chi ne ha bisogno, oppure negli stipendi di chi le società umanitarie gestisce e ha creato; senza sapere a chi fanno capo certe organizzazioni, patrocinate, per le offerte, dalla tv di stato; senza pensare che tante di quelle collette dovrebbero essere a carico della pubblica amministrazione, con denari che noi abbiamo già versato per quegli scopi. I ‘buonisti’: è un termine che raccoglie quanto di più becero e ipocrita ci possa essere, come i ‘perbenisti’ dell’800, quelli che avevano la moglie e l’amante, e andavano al casino; tutti sapevano, ma non si doveva dire, e poi la domenica a battersi il petto e a fare la comunione, salvo poi a ricominciare da capo il lunedì.

Quando Renzi dice che non accetta lezioni di trasparenza, ha ragione; non le accetta da chi, come lui, trasparente non è mai stato, ma sarebbe costretto ad accettarle da noi sudditi, se solo avessimo la possibilità di farci sentire, o di essere considerati. Ma sembra che questo governo, non dichiaratamente di sinistra – infatti anche Matteo tende al centro, dove sa che c’è la maggioranza dei voti – sia quello che vuole risolvere i problemi della nazione. ‘Cambiamo l’Italia’, si predica alla Leopolda e fuori: ma forse l’Italia non vuole essere cambiata, oppure non nel senso che dice lui, o peggio. Le riforme tanto sbandierate ad ogni piè sospinto sono sicuro che le ha capite il dieci per cento degli Italiani, cioè quelli che sono in politica. Per il resto, il 'jobs act' – attento, quando l’avvocato parla latino ti sta fregando, dice Manzoni  – la 'spending review' fatta pro domo sua, la ‘buona scuola’ che di buono sembra non abbia granchè, e così via. Senonchè arriva di botto una Le Pen che si affaccia al governo della Francia. Conosco i Francesi per averli molto frequentati anni fa, e a loro ho sempre invidiato una coerenza intellettuale. Sono nazionalisti ma non fascisti, amano la patria e la servono, ma non sono estremisti, comprano quasi soltanto auto francesi, ricordano De Gaulle come un uomo decisivo, ma non ne fanno un mito, molto simili, per alcuni aspetti, agli Americani. Se hanno deciso di votare a destra, avranno avuto le loro ragioni, e vanno rispettate. Quelli che il nostro ineffabile Presidente del Consiglio chiama ‘populismi’, con termine dispregiativo, è l’espressione di una intera nazione, tanto che ci si sono dovuti mettere in parecchi per sconfiggerla. Ironia della sorte, i populismi sono propri di questo governo, e di questo Presidente: come chiamate la regalia elettorale degli 80 euro, che poi 80 non sono mai stati, perché nessuno ha spiegato agli interessati che essi sarebbero stati elargiti con gradualità, secondo il reddito? Se Renzi viene in TV a dire che ’80 euro sono pochi per chi ha tanti soldi, ma sono tanti per chi ne ha pochi’, allora, amico mio, questo è un autogol macroscopico, perché gli 80 euro – che sembra verranno dati ai poliziotti, dopo averli insultati con 9 euro lordi che i più hanno rifiutato – diventano una elemosina. Con 80 euro ci fai la spesa per una settimana, oggi, al discount, per una famiglia normale di quattro persone. Quindi, chi più buonista e populista di un Renzi che con le sue iniziative cerca di accattivarsi le simpatie della pancia della gente – sudditi comuni? Oppure dovremmo usare un altro termine, demagogia? Certamente nelle sue iniziative c’è molto di demagogico, in quello che proclama.

Quello che fa, disse una volta un Cinquestelle, è un’altra cosa, perché non lo dice. A vederlo agitarsi ieri, ad alzare la voce in Parlamento, m’è venuta in mente l’opera dei pupi, Orlando e Rinaldo, e chiedo scusa, ma la mia sensazione è stata quella: purtroppo per lui chi alza la voce vuol dire che non riesce a farsi sentire parlando piano. Come un’altra sensazione mi grava nella mente, memore di Prodi, Monti e Letta: stia attento Matteo ai suoi stessi compagni, quelli sempre pronti a saltare sul carro del vincitore: può darsi che anche lui sia vicino alla scadenza, come dimostrato dai suoi predecessori. E allora l’Italia non la potrà più cambiare, lo farà qualcun altro: sempre che gli Italiani ci abitino ancora.