Pil, l'Istat rivede la crescita del 2015: è più bassa del previsto

Pao. Canz.

L'Istat ha reso noto a marzo che il PIL italiano ha subito nel 2015 un lieve rialzo dello 0,7%. Nel 2014 era cresciuto dello 0,1% con una revisione al rialzo di 0,4 punti percentuali rispetto alla lieve diminuizione di 0,3 stimata a marzo. Un risultato poco meno inferiore della stima prevista dell'0,8%. Ci si attendevano risultati al rialzo più incoraggianti e il tanto agoniato raggiungimento dell'1% richiese una accellerazione e una volontà non da poco conto. I dati pubblicati sono incoraggianti ma sembra che il Pil arranchi e subisca in modo pesante la morsa  delle banche. Scendendo nei dettagli, nel comparto industriale l'Istat calcola che gli investimenti fissi lordi sono cresicuti nel 2015 dell'1,3% grazie ad incrementi del 18,2% delle attrezzature e delle macchine e all'0,8% dei prodotti di proprietà intellettuale e una lieve scesa degli investimenti in costruzioni dello 0,4%. Il settore terziario registra invece una revisione al rialzo pari a 0,5 punti percentuali riguardanti sopratutto attività scentifiche, professionali, amministrative e tecniche che hanno raggiunto + 1,3% punti percentuale contro + 1,2 punti percentuale relativi ai servizi di comunicazione e informazione. Le attività assicurative e finanziarie + 1,2 punti mentre solo le attività immobiliari tendono al basso con un -0,7 punti percentuale. Riguardo le società non finanziarie, la quota di profitto è pari al 41% mentre il tasso di investimento al 19,3%. Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha segnato un aumento di crescita dello 0,9% sia in termini di potere d'acquisto che in valore nominale. I consumi nazionali aumentano dell'1,0% e le esportazioni di beni e servizi del 4,3%. In agricoltura, silvicoltura e pesca umenta il valore aggiunto del 3,7%. Palazzo Chigi tira un sospiro di sollievo nel constatare che da i conti economici nazionali pubblicati dall'Istat la pressione fiscale del 2015 sia rimasta invariata assestandosi al 43,4% cioè non ha subito variazioni dal 2014 rettificando e correggendo le stime di aprile scorso pari a 43,5% per il 2015 e a 43,6% per il 2014.




ISTAT, 1 MLN E 582 MILA FAMIGLIE ITALIANE VIVONO IN POVERTÀ ASSOLUTA

Redazione
 
 I dati Istat relativi al 2015 rivelano che vi sono 1 mln e 582 mila famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta e 4 mln e 598 persone singole che vivono nella medesima situazione. Un numero che si mantiene stabile da circa tre anni. I singoli soggetti che vivono in condizioni di povertà assoluta sono in crescita: Se nel 2013 erano 7,3; con una leggera diminuzione nel 2014 del 6,8%, nel 2015 il numero di soggetti che vive in condizioni di povertà assoluta è del 7,6%. Un forte aumento nel Nord Italia, in particolar modo per gli stranieri. I soggetti maggiormente colpiti sono coloro che vivono in città e hanno un reddito basso. Nell’ultimo anno c’è stato un aumento di condizioni di povertà assoluta nelle famiglie costituite da quattro componenti e si è passati da 6,7 del 2014 all’attuale 9,5%. Le coppie con due figli vivono tale situazione con un aumento di percentuale che va dal 5,9% all’8,6%, la percentuale delle famiglie straniere va dal 23,4 al 28,3%. L’aumento al Nord è oggettivamente riscontrabile dai dati Istat poiché emerge che nel 2014 erano 4,2 le famiglie colpite, oggi sono 5,0% e i singoli soggetti invece sono aumentati da 5,7% a 6,7%. Drastico aumento anche per le famiglie che vivono nei comuni centro di area metropolitana, dove si è stato del 7,2%, rispetto al 5,3% del 2014. Il Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, parlando a Confcommercio anche in riferimento a tali dati ha riferito che “Il governo è impegnato a migliorare le condizioni di vita dei cittadini e a creare occupazione. L'occupazione è il primo strumento di contrasto delle diseguaglianze”.



ISTAT, SCENDE LA PRESSIONE DEL FISCO E IL DEFICIT-PIL

Redazione

Il potere d'acquisto delle famiglie è aumentato dell'1,1% nel primo trimestre del 2016 rispetto al precedente trimestre. Lo rileva l'Istat, spiegando che sull'aumento si riflette anche la dinamica dei prezzi: il "deflatore implicito dei consumi delle famiglie è sceso in termini congiunturali dello 0,3%", ricorda l'Istituto. Su base annua la capacità di spesa sale del 2,3%, il rialzo maggiore dal secondo trimestre del 2007, ovvero prima del deflagrare della crisi.

La spesa per consumi finali delle famiglie nel primo trimestre del 2016 è rimasta ferma a livello congiunturale mentre è cresciuta dell'1,6% su base annua.

Nel primo trimestre del 2016 la pressione fiscale è stata pari al 38,9%, segnando una riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Il deficit-Pil dell'Italia nel primo trimestre del 2016 scende al 4,7%, "in miglioramento" di 0,5 punti percentuali su base annua. Lo rileva l'Istat. Dalle tabelle dell'Istituto risulta essere il valore più basso, in base a confronti tendenziali (gli unici possibili), dal 2000, quando si attestò al -3,0%.

La propensione al risparmio delle famiglie, ovvero il rapporto tra quanto messo da parte e il reddito disponibile (al lordo), nel primo trimestre 2016 risulta all'8,8%, con rialzi di 0,8 punti percentuali sul trimestre precedente e di 0,7 punti su base annua. Lo rileva l'Istat. "L'aumento congiunturale della propensione al risparmio deriva da una crescita del reddito disponibile delle famiglie consumatrici (0,8%) a cui ha corrisposto una stabilità della spesa per consumi finali", spiega l'Istituto di statistica.




ISTAT: NEL 2016 CRESCE IL FENOMENO DEI "JOBLESS"

Redazione
 
Roma – Si parla tanto di crescita del mercato del lavoro e di un paese pronto a fare il grande salto, ma dai dati Istat emerge che l’andamento dei prezzi è ancora molto debole e il mercato del lavoro è incerto. Nell’ultimo rapporto Istat 2016 si parla di periodi di debole crescita dei prezzi. Risulta inoltre insufficiente la ripresa dei consumi per bilanciare il calo dei prezzi energetici. Nei primi mesi dell’anno il mercato del lavoro ha mostrato una stabilità degli occupati. In merito al sistema pensionistico, l’Istat rivela che “la spesa pensionistica comprime il resto dei trasferimenti sociali”, aumentando così il rischio povertà. I dati rivelano che soltanto il Grecia vi è un sistema di aiuti meno efficiente rispetto all’Italia. Facendo un passo indietro e analizzando i dati possiamo riscontrare come l’anno 2015 ha visto la diffusione dei contratti a tempo indeterminato, dove ha visto un ricorso da parte delle aziende manifatturiere e del terziario. Malgrado questi dati, l’incidenza del lavoro standard è scesa al 73,4%, rispetto al 77% del 2008. Un fenomeno molto diffuso è quello delle famiglie “Jobless”, ovvero quelle famiglie che vivono senza reddito da lavoro. Dai dati relativi all’anno 2015 emerge che dal 9,4% del 2004 si è passati al 14,2% dello scorso anno. Nel mezzogiorno d’Italia la situazione è ben più grave poiché si raggiunge il 24,5%. Nel Nord Italia invece le percentuali sono decisamente più basse e raggiungono l’8,2% e al Centro invece l’11,5%. Tale incremento compisce le giovani famiglie rispetto alle adulte. Vi è stato un notevole aumento del numero di pensionati con oltre 40 anni di contributi nel periodo che va dal 2003 al 2014, dal 7,6% al 28,8%. Il numero di soggetti che hanno versato contributi per un periodo inferiore ai 35 anni passa da 54,9% a 37,5%, quelli che hanno versato contributi per 36-40 anni passano dal 37,6% al 33,7%. I dati dimostrano che i pensionati del 2014 ricevono prestazioni migliori rispetto ai pensionati del 2003, anche perché “il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo è ancora al di là dal dispiegare effetti diffusi”. Gli anziani di oggi non sono come gli anziani di una volta, poiché è cambiato lo stile di vita, maggiore è la prevenzione e il benessere economico insieme al livello di istruzione. Lo rivela l’Istat, che riporta inoltre come sia ben attivo il ruolo dei nonni con i nipoti. I dati rivelano come la popolazione italiana tende a diminuire e ad invecchiare. Il nostro paese è tra i più invecchiati al mondo poiché vi è una diminuzione della fecondità femminile e il periodo del baby boom, avvenuto tra il 1946 e il 1965 è un lontano ricordo. 



ISTAT 2016: L'ITALIA CRESCE DELL'1,1%

Redazione
 
Roma – Il Prodotto Interno Lordo (PIL) crescerà dell’1,1%, quindi un’importante virata rispetto al 2015, in cui era soltanto del +0,8%. Nel rapporto Istat 2016 “ha confermato, seppure con intensità moderata, il proseguimento della fase espansiva dell'economia italiana avviatasi agli inizi dell'anno precedente. Alcuni dei fattori a supporto della crescita quali il basso livello dei prezzi dell'energia, la riduzione dei tassi di interesse e il graduale miglioramento della fiducia tra gli operatori sono attesi produrre i loro effetti anche nell'anno corrente”. Secondo i dati Istat è previsto anche un aumento dei consumi dell’1,4%. Tale aumento sarà determinato dalle migliori condizioni del mercato del lavoro e del reddito. Vi sono novità in merito agli investimenti, settore che recentemente sto progredendo grazie ai mezzi di trasporto, ma vi è anche un recupero nei macchinari e nelle attrezzature. Si prevede un’accelerazione della crescita degli investimenti pari al +2,7%, grazie alle componenti citate poc’anzi. Vi è invece un rallentamento nel commercio estero, malgrado nel 2015 vi fosse stata una crescita, per l’anno in corso è prevista un’attenuazione e vi sarà un aumento dell’1,7%. Si parla inoltre di un aumento dell’occupazione del +0,8% rispetto all’anno 2015. L’Istat riporta inoltre anche i dati relativi alla disoccupazione e si parla di una diminuzione dell’11,3%. Nel rapporto si spiega inoltre che “la dinamica dei prezzi non dovrebbe discostarsi da quella attuale fino ai mesi estivi; dall'autunno si concretizzerebbe una inversione di tendenza, che riporterebbe il tasso tendenziale su valori più sostenuti verso la fine dell'anno, anche se ancora inferiori all'1%” e che “Il maggiore contributo al contenimento dell'inflazione si prevede ancora dipendente dalla componente estera dei costi, con i prezzi dei prodotti energetici che registrerebbero una variazione negativa della media annua anche nel 2016. L'evoluzione moderata della dinamica salariale e dei costi di produzione nel loro complesso fornirebbero un apporto inflazionistico limitato per i prezzi delle principali componenti di fondo”.



PIL, SECONDO L'ISTAT L'ITALIA TORNA A CRESCERE MA LA DISOCCUPAZIONE RESTA

Redazione
 
Roma – Da una parte il Pil che cresce e dall'altra dati davvero scoraggianti per quanto riguarda la disoccupazione. Ma ogni occasione è buona per esultare. E il premier lo fa con un post su Fb
 
 
 

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Avviso: post urticante per gufi e talk.La verità, vi prego, sui numeri.Dopo mesi di editoriali, chiacchiere,…

Pubblicato da Matteo Renzi su Martedì 1 marzo 2016

 

L’Istat ha reso noto che il PIL (Prodotto Interno Lordo) italiano, è aumentato dello 0,8% nell’anno 2015. Una prima stima resa nota a metà febbraio, riportava il Pil a +0,7%. Invece la previsione nella nota al Def, risalente al mese di settembre, indicava il rapporto deficit/Pil a +0,9%. Nel 2015 è stato del 2,6%, dopo che nel 2014 ha raggiunto il 3%. Nel 2015 il debito italiano ha raggiunto il 132,6%, il massimo raggiunto dal 1995. Nella nota di Previsione del Governo –DEF- era superiore rispetto a quello definitivo, ovvero 132,8%. Nel 2015 il debito ha raggiunto circa 2.170 miliardi di euro. Scende anche la pressione fiscale e arriva a toccare il 43%, il livello più basso dal 2011, quando aveva raggiunto il 41,6%. Vi è anche un aumento degli investimenti lordi in Italia, che aumentano dello 0,8%, un rialzo che arriva dopo 8 anni, precisamente dal 2007. Ma l’Istat ha rivelato anche dati importanti che riguardano la disoccupazione, che nel mese di gennaio si aggirava attorno all’11,5%, invariato da agosto. Secondo l’Istat vi è una diminuzione dello 0,4% degli inattivi che vanno dai 15 ai 64 anni. Il calo sarebbe determinato dalla componente femminile che si aggira attorno ad una fascia d’età compresa tra i 50 e i 64 anni. Quindi il tasso degli inattivi scende al 35,7%, contemporaneamente vi è una crescita degli occupanti, che raggiungono lo 0,3%. Crescita determinata dai dipendenti permanenti. L’occupazione raggiunge il 56,8% e vi è una crescita, rispetto al mese precedente, dello 0,1 punti percentuali, su base annua invece gli occupati crescono dell’1,3%, i disoccupati raggiungono il -5,4% e gli inattivi invece -1,7%. Vi è inoltre un calo degli inattivi che riguarda il periodo novembre-gennaio ed è pari a -0,3% e vi è un incremento di disoccupati di +0,3% ma una un aumento degli occupati. Sta realmente cambiando qualcosa?




ISTAT: FAMIGLIE FUORI DAL TUNNEL

La fase di moderata crescita dell’economia italiana dovrebbe proseguire. E’ quanto si legge nella nota mensile Istat nella quale si sottolinea che c’è una differenza nelle prospettive economiche di famiglie e imprese. Per le prime, gli attuali livelli del clima di fiducia si associano alla crescita del reddito disponibile, cui concorre la bassa inflazione. Per le imprese non c’è ancora un generalizzato aumento dei ritmi produttivi in presenza di un peggioramento del clima di fiducia e una riduzione delle prospettive di crescita.

“A sintesi di questi andamenti – si legge nella nota mensile – l’indicatore anticipatore dell’economia rimane positivo a novembre, sebbene con una intensità più contenuta rispetto ai mesi precedenti, suggerendo il proseguimento della fase di moderata crescita dell’economia italiana”. Per quanto riguarda le famiglie, scrive l’Istat, “nel terzo trimestre del 2015 il potere di acquisto, misurato al netto dell’andamento dell’inflazione, è aumentato dell’1,4% rispetto al trimestre precedente. L’aumento della propensione al risparmio (+0,9%) deriva da una crescita del reddito disponibile delle famiglie consumatrici più sostenuta rispetto a quella dei consumi (1,3% e 0,4% rispettivamente)”. E “le informazioni disponibili per il quarto trimestre suggeriscono il proseguimento dell’attuale fase di miglioramento dei consumi delle famiglie: a novembre il volume delle vendite al dettaglio ha registrato un rialzo (+0,3%) trainato dalla crescita degli alimentari (+0,8%). Ulteriori indicazioni positive giungono dal mode-rato aumento del clima di fiducia dei consumatori di gennaio (in controtendenza rispetto alla diminuzione registrata nell’area euro)”.

A gennaio le aspettative degli imprenditori sull’evoluzione dell’occupazione nei successivi tre mesi sono tornate a peggiorare lievemente nel settore manifatturiero e nel commercio mentre continuano a migliorare nei servizi. Nel terzo trimestre del 2015 il potere di acquisto delle famiglie, misurato al netto dell’andamento dell’inflazione, è aumentato dell’1,4% rispetto al trimestre precedente. L’aumento della propensione al risparmio (+0,9%) deriva da una crescita del reddito disponibile delle famiglie consumatrici più sostenuta rispetto a quella dei consumi (1,3% e 0,4% rispettivamente). Le informazioni disponibili per il quarto trimestre – sottolinea l’Istat – suggeriscono il proseguimento dell’attuale fase di miglioramento dei consumi delle famiglie.

“L’incertezza sull’intensità della ripresa dell’attività manifatturiera è attesa estendersi ai prossimi mesi” mentre “nel settore delle costruzioni si delineano i primi risultati positivi”. Lo sottolinea l’Istat nella nota mensile sull’andamento dell’economia. “I dati disponibili per il quarto trimestre del 2015 – si legge – evidenziano un’evoluzione altalenante del comparto manifatturiero” con il rallentamento di novembre di produzione industriale e fatturato (-0,5% e -1,1%) che ha “bilanciato l’aumento di ottobre (+0,5% e +1,9%)”. A gennaio “il clima di fiducia delle imprese manifatturiere” è “in lieve diminuzione” con il “peggioramento dei giudizi sugli ordinativi e sulle attese di produzione”. Anche la fiducia dei servizi di mercato “ha subìto una discesa condizionato dal peggioramento dei giudizi sulle attese dell’economia in tutti i principali settori. Nella grande distribuzione c’è “un significativo deterioramento dei giudizi delle vendite che determina un calo del clima di fiducia.




PENSIONI: 4 SU 10 SONO INFERIORI A MILLE EURO

Redazione

Sono sei milioni e mezzo i pensionati, con un assegno sotto i mille euro al mese e 240mila a poter contare con una pensione “dorata”, sopra i 5mila euro: ecco le due facce di una stessa medaglia rivelate dai dati Istat del 2014. Le pensioni italiane pesano per il 17,7% del Pil. I pensionati che in Italia possono contare su oltre 5.000 euro al mese sono quasi 240.000, appena l'1,4% del totale. Altri 767.000 pensionati (il 4,7% dei 16,25 milioni di pensionati) può contare su redditi da pensione tra 3.000 e 5.000 euro al mese.


Aumenta invece il numero dei pensionati poveri: il reddito medio di chi ha iniziato a ricevere la pensione nel 2014 (13.965 euro) è inferiore a quello dei cessati (15.356) e a quello dei sopravviventi (17.146), coloro che anche nel 2013 percepivano almeno una pensione. Quindi tra le ”new entry” e i già presenti la differenza è di oltre 3 mila euro annui.


Tra il 2011 e il 2014 i pensionati in Italia sono diminuiti di oltre 400.000 unità, tra 16.668.000 del 2011 a 16.259.000 del 2014. Il dato con tutta probabilità risente della stretta sui pensionamenti decisa con la riforma Fornero della previdenza.


Quasi la metà delle pensionate non arriva a mille euro mensili. Nel 2014 il reddito da pensione si ferma prima per il 49,2% delle donne. Le donne con meno di mille euro al mese sono oltre 4,2 milioni. Tra queste possono contare su meno di 500 euro 1.169.000 persone.


Nel 2014 la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche ha superato i 277 miliardi di euro con un aumento dell'1,6% sul 2013. L'incidenza sul Pil è cresciuta di 0,2 punti dal 16,97% al 17,7%. Lo rileva l'Istat spiegando che sono state erogate 23,2 milioni di prestazioni.




ISTAT: DISOCCUPAZIONE MINIMO DA TRE ANNI

di Angelo Barraco
 
Roma – Nel mese di ottobre si registra il secondo calo consecutivo degli occupati con una diminuzione di 39 mila unità rispetto al -0,2% del mese di settembre. A rivelare questi dati è l’Istat e spiega che il calo è determinato dagli indipendenti e vi rientrano i lavoratori autonomi. L’occupazione invece cresce su base annua +75 mila persone (+0,3%). Nel mese di ottobre ha toccato i minimi da quasi tre anni, arrivando a toccare l’11,5%. I dati Istat dimostrano come negli ultimi tre anni vi sia stata una crescita degli occupati di un’età che va dai 50 a salire e la percentuale è +13,9% pari a +900 mila tra il mese di gennaio del 2013 e il mese di ottobre del 2015. Un dato che dimostra quanto pesa l’invecchiamento della popolazione e gli interventi che hanno portato all’allungamento dell’età pensionabile. 
 
I dati portano alla mente una frase scritta su Twitter dal premier Renzi il 30/09/2015: “Istat. In un anno più 325mila posti di lavoro. Effetto #Jobsact #italiariparte #lavoltabuona”. I i dati dimostrano un calo della disoccupazione, nel mese di agosto ha raggiunto l’11,9%. In un anno il tasso di disoccupazione diminuisce del 5,0% a cui ne corrispondono 162 mila soggetti in meno in cerca di occupazione. Nel mese di agosto ci sono 69 mila occupati in più rispetto al mese di luglio e 325 mila rispetto al mese precedente. Dopo questa notevole crescita, c’è un ulteriore aumento dello 0,3% e dell’1,5% e il tasso di occupazione raggiunge il 56,5%. Per quanto riguarda invece la disoccupazione giovanile, tasto dolente per il nostro paese, nel mese di agosto arriva al 40,7%, ovvero aumenta dello 0,3% rispetto al mese precedente ma sull’anno ha il -2,3 punti.
 
Il premier ha detto infatti che entro il 2016 Tasi e Imu verranno abolite e ci saranno dei tagli all’Ires nel 2017 fino al 24%. “Il prossimo anno togliamo Tasi e Imu per tutti. Non è possibile continuare questo giochino” sono state le sue parole e ha precisato inoltre che la tassazione in Italia è esagerata e abbassarle porta ad un’equità sociale e ciò non è fatto per guadagnare voti “Nel 2017 ci possiamo concentrare sull'Ires, cioè sulle tasse sulle imprese, portandola al 24% sotto la Spagna; e poi per il 2018 possiamo intervenire sull'Irpef”. Parla poi del Pil e della sua crescita, seppur dello 0,5, e tende a puntualizzare che i numeri stanno cambiando e tale numero non basta. Ma questi tagli incidono anche su altri settori? Il direttore esecutivo del Fmi Carlo Cottarelli ha parlato al medesimo Meeting e ha precisato che Il sistema sanitario nazionale funziona, ma “ci sono risparmi da fare soprattutto perchè l'efficienza è molto diversa tra le varie regioni ed anche all'interno di ciascuna di esse –ha precisato inoltre- Una cifra possibile di risparmi senza stravolgere il sistema è tra i tre ed i cinquemiliardi di ulteriori risparmi rispetto a quanto è stato fatto. Ci sono margini importanti. L'importate è procedere con un intervento mirato”. Cosa dobbiamo aspettarci quindi? Tasche degli italiani più leggere ma la sanità?
 
Ma non si ferma, parla di pensioni e tasse sulla casa. Sulla questione delle pensioni riferisce che ha chiesto a Padoan e Poletti di individuare un meccanismo per consentire più flessibilità in uscita e aggiunge “Spero che riusciremo a trovare un primo rimedio gia' con la Stabilita. Non posso rispondere ovviamente delle scelte del passato, alcune delle quali peraltro hanno provocato piu' costi che risparmi”. Poi ha parlato di un argomento caro, anzi carissimo agli italiani, la tassa sulla prima casa: “La tassa sulla prima casa viene abolita per tutti per sempre” dice Renzi, aggiungendo inoltre “Sarebbe un gigantesco autogol passare i prossimi sei mesi a decidere chi paga e chi no, senza avere un criterio uniforme, sono certo che questa mossa avra' un effetto psicologico sul mercato immobiliare e sull'edilizia”. Vuole precisare inoltre che il Pd è più vivo che mai e ciò è dimostrato dai risultati elettorali  e gli oltre cinque milioni raccolti dal Pd con il due per mille. Aggiunge inoltre “Quanto ai sondaggi noi alle politiche supereremo il 40%, ne sono certo – aggiunge – ma se anche oggi fossimo al 34% saremmo piu' o meno il doppio della percentuale in cui erano i Ds durante la segreteria e il Governo D'Alema. Il doppio. E le nostre regionali, per intenderci, le abbiamo vinte noi, non e' un caso se governiamo 17 Regioni su venti”. Ma gli argomenti trattati da Renzi sono tanti: si parla anche dell’assemblea dei sindacati che ha bloccato l’accesso ai Fori e al Colosseo ieri e precisa che è stato approvato un decreto legge che inserisce i musei nei servizi pubblici essenziali. “Certo, ci sono alcuni sindacalisti che pensano ancora di poter prendere in ostaggio la cultura e la bellezza dell'Italia. Non hanno capito che la musica e' cambiata. Non gliela daremo vinta, mai. E il decreto legge lo dimostra in modo inequivocabile”.



ISTAT, L'ITALIA RALLENTA LA CRESCITA RISPETTO GLI ALTRI PAESI D'EUROPA. IL PIL SOTTO LE ATTESE

Redazione

Frena dunque la crescita del Pil italiano nel terzo trimestre. Il prodotto interno lordo, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente (+0,3% nel secondo trimestre e +0,4 % nel primo) e dello 0,9% nei confronti del terzo trimestre del 2014. Lo rileva l'Istat nella stima preliminare. Il dato tendenziale è il più alto dal secondo trimestre del 2011, oltre 4 anni.

Il terzo trimestre del 2015 ha avuto quattro giornate lavorative in più del trimestre precedente e una giornata lavorativa in piu' rispetto al terzo trimestre del 2014.
La variazione congiunturale e' la sintesi di un incremento del valore aggiunto in tutti i principali comparti (agricoltura, industria e servizi).

Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e uno negativo della componente estera netta. Nello stesso periodo il Pil e' aumentato in termini congiunturali dello 0,4% negli Stati Uniti e dello 0,5% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si e' registrato un aumento del 2% negli Stati Uniti e dello 2,3% nel Regno Unito.

La variazione acquisita del Pil per il 2015, invece, è pari a +0,6%. Non solo: il risultato del terzo trimestre e la crescita acquisita per il 2015 inoltre sono sotto le attese: nella nota mensile sull'andamento dell'economia italiana di settembre l'Istituto di Statistica dava infatti una crescita acquisita dello 0,7% per il 2015 e un Pil a +0,3% per il terzo trimestre




L'ISTAT PENSA POSITIVO E RIALZA LE STIME DEL PIL DEL 2015

Redazione

Secondo il rapporto dell'Istat nelle prospettive per l'economia italiana 2015-2017, già nel 2015 si prevede una crescita del prodotto interno lordo italiano pari allo 0,9% in termini reali, cui seguirà un aumento dell'1,4% nel 2016 e nel 2017. Lo indica l'Istat. Nel 2015 la domanda interna al netto delle scorte contribuirà positivamente alla variazione del Pil per 0,7 punti percentuali mentre la domanda estera netta sottrarrà un decimo di punto percentuale all'espansione del prodotto. Nell'anno in corso è previsto un contributo significativo delle scorte (+0,3 punti percentuali). Il rafforzamento dell'economia determinerà, nel 2016 e nel 2017, un apporto crescente della domanda interna (+1,2 punti percentuali) cui si accompagnerà un contributo lievemente positivo da parte della domanda estera netta (+0,1 punti percentuali), aggiunge l'Istat.

Le previsioni autunnali "Il quadro previsivo delineato è soggetto a rischi al ribasso, connessi a un eventuale più pronunciato rallentamento del commercio internazionale e all'impatto delle clausole di salvaguardia nel 2017". Così l'Istat nelle sue previsioni autunnali sull'economia italiana.

In rialzo spesa famiglie L'Istat rivede al rialzo le stime sui consumi: nel 2015 la spesa delle famiglie aumenterà dello 0,8% (era lo 0,5% in primavera). In aumento anche le previsioni sui prossimi due anni, quando si potranno registrare rialzi dell'1,2% (nel 2016) e dell'1,1% (nel 2017). Tutto ciò, spiega, "a seguito del miglioramento" su occupazione e reddito.

Gli investimenti salgono Inversione di rotta per gli investimenti, che quest'anno torneranno a salire (+1,1%) per decollare nel 2016 al 2,6% e al 3,0% nel 2017, "anche per effetto delle misure di politica fiscale a favore delle imprese" con gli incentivi del maxi-ammortamento per macchinari e attrezzature. Così l'Istat, aggiornando le sue previsioni.

Pil Eurozona in crescita "Pur a fronte di un contesto esterno meno favorevole, procede la ripresa economica dell'area dell'euro, sempre più sorretta da fattori interni, in particolare dai consumi privati. Nel secondo trimestre del 2015 il
PIL in termini reali è salito dello 0,4 per cento sul periodo precedente, dopo un incremento dello 0,5 per cento nel primo. Gli indicatori più recenti segnalano un ritmo di crescita pressoché simile nel terzo trimestre. In prospettiva, la ripresa economica dovrebbe continuare, benché attenuata da una domanda esterna più debole delle attese". Lo indica il Bollettino economico della Bce. "La domanda interna dovrebbe essere ulteriormente sostenuta dalle misure di politica monetaria della Bce e dal loro impatto favorevole sulle condizioni finanziarie, nonché dai progressi compiuti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali -continua la Bce. Inoltre, il calo dei prezzi del petrolio dovrebbe corroborare il reddito disponibile reale delle famiglie e la redditività delle imprese, fornendo sostegno ai consumi privati e agli investimenti. Nondimeno, i rischi per le prospettive di crescita dell'area dell'euro restano orientati verso il basso, riflettendo in particolare una maggiore incertezza riguardo all'evoluzione delle economie emergenti, potenzialmente in grado di esercitare ulteriori effetti sulla crescita mondiale e sulla domanda esterna di esportazioni dell'area dell'euro. La maggiore incertezza che si è manifestata di recente negli andamenti dei mercati finanziari potrebbe avere ricadute negative anche sulla domanda interna dell'area".