Israele: imminente l’attacco sull’Iran

Netanyahu: “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”

A poco meno di 48 ore dalla pioggia di droni e missili arrivati sul territorio dello Stato ebraico, il governo di Benyamin Netanyahu sembra aver fatto la sua scelta, mentre Teheran – che ha già messo in stato di massima allerta le sue difese aeree – ha ammonito che l’eventuale azione armata di Israele stavolta “avrà una risposta molto dura”.

Quattro funzionari statunitensi hanno dichiarato però alla Nbc News che un’eventuale risposta israeliana all’attacco iraniano sarà di portata limitata e riguarderà probabilmente attacchi contro armamenti militari iraniani e agli alleati al di fuori dell’Iran. Poiché l’attacco iraniano non ha provocato morti o distruzioni diffuse, secondo i funzionari americani, Israele potrebbe rispondere con una delle sue opzioni meno aggressive: una di queste potrebbe includere attacchi all’interno della Siria.

I funzionari non si aspettano che la risposta prenda di mira alti funzionari iraniani, ma che colpisca le spedizioni o le strutture di stoccaggio con parti di missili avanzati, armi o componenti che vengono inviati dall’Iran a Hezbollah. L’emittente specifica che la valutazione degli Stati Uniti si basa su conversazioni tra funzionari statunitensi e israeliani avvenute prima che l’Iran lanciasse più di 300 droni e missili contro Israele: mentre Israele si stava preparando per l’attacco iraniano la scorsa settimana, i funzionari israeliani hanno informato gli omologhi Usa sulle possibili opzioni di risposta.

L’operazione verso cui si sta dirigendo Israele si scontra inoltre con la forte opposizione Usa e di quella degli alleati che l’hanno affiancato nell’abbattere il 99% dei proiettili lanciati da Teheran. Joe Biden, che aveva frenato la reazione israeliana nelle prime ore, ha ribadito chiaramente che “occorre evitare un’escalation in Medio Oriente” ricevendo il primo ministro iracheno alla Casa Bianca. Mentre il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, dopo che erano filtrate indiscrezioni su un possibile coordinamento tra Gerusalemme e Washington, ha chiarito che “il governo israeliano deciderà da solo se ci sarà e quale sarà la risposta” all’affronto iraniano.

“Gli Stati Uniti non sono coinvolti”, ha sottolineato Kirby, definendo poi “uno spettacolare fallimento” l’offensiva di sabato di Teheran, quasi a blandire l’alleato israeliano, smentendo peraltro che Teheran “avesse fornito agli Usa tempi e target” dei raid. “Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al capo del Pentagono Austin. E anche il comandante dell’Idf, Herzi Halevi, ha confermato che “la risposta ci sarà”. “Il lancio di così tanti droni e missili sul nostro territorio avrà la sua risposta”, ha avvertito.

Se la reazione armata appare a questo punto scontata, cruciale sarà capire come reagirà Teheran. Il gabinetto di guerra – che al dossier Iran ha già dedicato due riunioni e un’altra è in programma martedì – sta studiando “diverse opzioni”. Ognuna delle quali, è stato spiegato, rappresenta “una risposta dolorosa” per gli iraniani, senza tuttavia rischiare di scatenare “una guerra regionale”. Nel ristretto gruppo di ministri – da Netanyahu a Gallant a Benny Gantz – che deve prendere la decisione, l’obiettivo è quello di scegliere un’opzione che “non sia bloccata dagli Usa” e che rientri in una strada praticabile. Israele, fanno notare molti analisti anche in patria, non può ignorare del tutto le preoccupazioni degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali su un’escalation che avrebbe conseguenze devastanti per la regione e non solo.

Così i vari scenari vanno da un contrattacco diretto sul territorio iraniano a operazioni che colpiscano gli alleati del regime degli ayatollah nella regione fino ad azioni mirate sui capi delle Guardie rivoluzionarie. Nella prima ipotesi, la più pericolosa, nel mirino potrebbero finire addirittura i siti legati al nucleare iraniano il cui programma, secondo il premier britannico Rishi Sunak, “non è mai stato a uno stadio così avanzato”.

L’Iran da parte sua ha messo in guardia Israele. “L’attacco limitato di sabato sera – ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov – mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte”. 

Netanyahu, Iran dovrà aspettare nervosamente nostra risposta

L’Iran dovrà aspettare “nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele”. Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu ad una riunione dei ministri del Likud. Poi ha aggiunto – secondo la stesse fonti – “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”.




ISRAELE, ELEZIONI: STRAVINCE NETANYAHU

Redazione

Tel Aviv – Con il 99,5% delle schede scrutinate in Israele si conferma l'inatteso trionfo del premier uscente Benjamin Netanyahu. Il Likud ha conquistato 29 seggi sui 120 della Knesset (nel 2013 ne aveva ottenuti solo 18), 5 in più dei favoriti (nei sondaggi) del Fronte Sionista di centro sinistra di Isaac Herzog, fermi a quota 24. Terzi con 14 seggi i partiti arabi, uniti per la prima volta in un'unica lista. A seguire i centristi di Yar Lapid con 11 deputati (in forte calo contro i 19 di due anni fa) membri del governo uscente.

Al quarto posto si registra l'exploit di Kuluna,
il movimento sempre centrista, fondato solo lo scorso novembre da Moshe Khalon, con 10 seggi, che diventano l'ago della bilancia. Khalon, prima di conoscere i risultati, aveva annunciato di essere pronto a governare sia con Netanyahu che con Herzog e che si sarebbe regolato in base ai risultati. A seguire con 8 deputati la destra nazionalista dei coloni di 'Focolare Ebraico' di Naftali Bennet (ne aveva 12), alleato di Netanyahu.
Con 7 deputati a testa i due partiti religiosi: la destra ultraortodossa dello Shas (ne aveva 11) e lo United Torah Judaism, che conferma quelli che aveva. Batosta per la destra di Yisrael Beitenu, del 'falco' per eccellenza, il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, che ha ottenuto solo 6 seggi contro i 13 della precedente Knesset. La sinistra del Meretz arretra a 4 seggi (2 in meno). Con questi numeri la soluzione di un governo di unità nazionale, per cui si era espresso il presidente Reuven Rivlin, sembra ormai tramonatata.

Subito dopo la fine delle operazioni di voto, ieri sera Netanyahu ha rivendicato la vittoria e ha annunciato di aver "chiesto a tutti i leader dei partiti di destra di formare senza indugio un governo forte e stabile capace di occuparsi di sicurezza e benessere per tutti i tutti cittadini di Israele". Netanyahu a questo punto potrebbe riuscire nell'impresa di entrare nella storia come il premier piu' longevo in 67 anni di storia di Israele: è stato primo ministro la prima volta dal 1996 al 1999 e poi dal 2009 ad oggi.Da quando Rivlin gli assegnera' l'incairco, al termine di un rapido giro di consultazioni, avrà 42 giorni di tempo per trovare i voti necessari per ottenere la fiducia.

La vittoria di Netanyahu è un duro colpo per Barack Obama, con cui i rapporti sono sempre stati pessimi, e che ora dovrà rassegnarsi a terminare il suo secondo mandato con un premier israeliano su cui non si è mai trovato d'accordo né sul processo di pace con i palestinesi, né sul programma nucleare iraniano.

Ma se questa rappresenterebbe una rivalsa personale di Netanyahu sul presidente americano, Israele rischia di ritrovarsi più isolata. Non solo l'attuale amministrazione Usa ma anche l'Ue insistono da sempre sulla soluzione "due popoli, due stati", osteggiata da Netanyahu che da ultimo ha promesso che uno Stato palestinese non vedra' mai la luce con lui al governo. Anp che ha espresso, a scrutinio ancora in corso, la sua delusione.

Il capo negoziatore Saeeb Efrekat ha anticipato che i plaestinesi risponderanno alla vittoria di Netanyahu seguendo la linea tracciata da quando lo scorso aprile sono naufragati i negoziati di pace: ottenere il riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese all'Onu e dal maggior numero possibile di Paesi.

"E' chiaro – ha detto Erekat – che il primo ministro Benjamin Netanyahu formerà il prossimo governo e per questo, diciamo chiaramente che andremo avanti con la denuncia (di Israele) al tribunale dell'Aja (per i crimini di guerra) e che accelereremo e intensificheremo" gli sforzi diplomatici per ottenere il riconoscimento dello Stato palestinese.

Netanyahu ha vinto puntando tutto sulla destra e senza corteggiare il centro:
oltre a bocciare ogni ipotesi di Stato palestinese ha martellato gli elettori con la minaccia alla sicurezza dello Stato ebraico rappresentata dal programma nucleare iraniano e dall'avanzata dello jihadismo di Isis e delle altre sigle del terrorismo islamico. Scelte rivelatesi vincenti.

Herzog telefona a Netanyahu.
Il leader del Fronte Sionista di centro sinistra Isaac Herzog ha chiamato Benjamin Netanyahu e si è congratulato per la vittoria con il premier uscente israeliano. E' stato lo stesso Herzog a dare notizia della telefonata. "Qualche minuto fa ho parlato con il primo ministro Benjamin Netanyahu per congratularmi con lui per il suo successo e per augurargli buona fortuna", ha detto il leader dell'opposizione ai giornalisti, aggiungendo che il Fronte Sionista continuerà ad essere un'alternativa al Likud.