IRLANDA, SI' ALLE NOZZE GAY: IL VATICANO SI INDIGNA

di Matteo La Stella

Città del Vaticano– Dopo il referendum irlandese in merito alle nozze tra persone dello stesso sesso, passato lo scorso venerdì 22 maggio con il 62,1% dei voti favorevoli, dal Vaticano non hanno tardato ad arrivare parole di disapprovazione. L'Irlanda, che aveva depenalizzato l'omosessualità solo nel 1993, ha messo in campo il referendum poiché, solo tramite votazione popolare, è prevista la possibilità di apportare modifiche alla locale costituzione, nata circa 78 anni. In particolare i cittadini irlandesi, per la prima volta nella storia, si sono espressi in merito al respingimento o all'approvazione di una nuova clausola che riporta:“Il matrimonio può essere contratto, in accordo con la legge, da due persone senza distinzione di sesso”, portando di fatto, i matrimonio omosessuali allo stesso livello delle nozze tra eterosessuali con 1.201.607 si. Intanto in Italia il dibattito è ancora aperto…

VATICANO, NOZZE GAY: ”UNA SCONFITTA PER L'UMANITÀ” 

Secondo il Vaticano, quanto stabilito dal referendum irlandese rappresenta una :“sconfitta per l'umanità” e, colpire la famiglia tradizionale “ sarebbe come togliere la base dell'edificio del futuro”. Ad affermarlo è stato il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin che si è detto molto triste rispetto a questo risultato, di cui la chiesa deve prendere atto, nel senso di:” rafforzare il suo impegno per l'evangelizzazione”. Secondo il segretario di Stato si tratta di un ko a tutto tondo, che riassume così:”Credo che non si può parlare solo di una sconfitta dei principi cristiani ma di una sconfitta dell'umanità”. Il cardinale poi continua, spiegando come la famiglia deve essere tutelata per rimanere al centro di tutto, in quanto, a prescindere dagli avvenimenti di questi giorni, resta comunque il futuro dell'umanità e della chiesa. 

Rispetto all'esito della votazione plebiscitaria irlandese, esempio lampante di come la base cattolica si muova in maniera completamente diversa rispetto ai proclama dei vertici, arriva la sollecitazione da parte della chiesa italiana che esorta a “non arroccarsi”, mantenendo comunque l'occhio vigile così da evitare “un'accettazione acritica” del fenomeno.

La sollecitazione arriva dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galatino, che in merito al referendum afferma:”la percentuale con cui è passato il referendum ci obbliga un po' tutti a prendere atto che l'Europa, e non solo l'Europa, sta vivendo un'accelerazione del processo di secolarizzazione che coinvolge tutti gli aspetti e quindi anche quello delle relazioni”- aggiungendo poi che quanto si è verificato in Irlanda non è-” un sonoro schiaffo alla Chiesa”, come qualcuno si è affrettato a dire.
Un gradino più su, invece, il numero uno della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, sostiene che sulla scorta delle parole spese dall'Arcivescovo di Dublino, monsignor Martin, convinto che l'evento non è solamente il semplice esito di una campagna referendaria, ma bensì rappresenta una rivoluzione culturale, la chiesa non può sottrarsi ad alcuni interrogativi. “ Cosa dobbiamo correggere e migliorare nel dialogo con la cultura occidentale?- si domanda la testa di serie della Cei- "Ogni dialogo dev'essere sereno, senza ideologie, innervato di sentimenti ma anche di ragioni. In questo quadro, noi crediamo nella famiglia che nasce dall'unione stabile tra un uomo e una donna, potenzialmente aperta alla vita; un'unione che costituisce un bene essenziale per la stessa società e che come tale non e' equiparabile ad altre forme di convivenza”.

Quanto alla posizione della chiesa nei confronti degli omosessuali, il cardinale dice ”Nel Magistero viene costantemente riaffermato il pieno rispetto per la dignità di ciascuno, quale che sia il suo orientamento: c'e' come principio quell'accoglienza che favorisce la partecipazione alla vita della comunità ecclesiale. Questa posizione non ci esime dalla fatica di distinguere, evitando semplificazioni che non giovano".

In chiusura, in merito alla legge sulle unioni civili, ddl Cirinnà, Bagnasco dice che di fatto equipara il matrimonio gay a quello tradizionale e che, dal canto suo:”Chiedere che si evitino indebite omologazioni non intacca il riconoscimento dei diritti individuali di ciascuno”.




IRLANDA,REFERENDUM: SI’ ALLE NOZZE GAY

di Giuseppa Guglielmino

Irlanda- Ora che anche la cattolica Irlanda ha detto sì alle nozze gay, per l’Italia la situazione si complica maggiormente. Ancora considerati come outsider, gli italiani proprio non vogliono esprimersi a riguardo ma intanto, altrove si fanno passi da gigante. Addirittura un leader del fronte del no, David Quinn, ha ammesso l’esagerata sconfitta al referendum che ha visto i cittadini accettare oppure rifiutare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Il sì è stato quasi il doppio dei “no”. Lo stesso Quinn, esponente della lobby cattolica Iola Institute ha espresso una grande delusione per la vittoria ma allo stesso momento si è congratulato con i votanti.

I risultati ufficiali del referendum arriveranno nel pomeriggio. Lo spoglio delle schede nelle 43 circoscrizioni è cominciato questa mattina alle ore 9 locali. ). La vittoria del si' rappresenta una svolta per l'isola a maggioranza cattolica, dove l'omosessualita' era illegale fino al 1993.Mentre in Italia si festeggia per i piccoli passi verso i registri delle unioni civili fortemente contestati, in altri luoghi del mondo, anche i cattolici fanno spazio all’uguaglianza dei diritti garantiti ad ogni essere umano.




IRLANDA: AL VIA IL REFERENDUM SULLE NOZZE GAY

di Ch. Mo.
 
Irlanda- Giornata storicamente importante oggi quella che vede l’Irlanda impegnata in un già contestato referendum. Fino alle 23 ora locale, gli abitanti dell’Irlanda saranno impegnati nella votazione per il referendum sui matrimoni gay. Considerato fino al 1993 un crimine, quello dell’omosessualità si appresta ad essere normalità anche laddove per anni è stato bandito.

La disputa sui voti si combatte tra il premier Enda Kenny che invita a votare per il sì coma anche il leader degli U2 Bono mentre l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, “obbliga” a votare per il no.

Analoghi referendum si sono svolti precedentemente anche in Croazia e Slovenia ma la maggioranza preferì negare un diritto da garantire ad ogni cittadino. La parte Nord dell’Irlanda invece ha già vietato senza alcuna proroga i matrimoni gay seppure nel resto della Gran Bretagna fossero legalmente riconosciuti.

Bisognerà attendere domani pomeriggio per sapere se anche sull’ Irlanda trionferà il buon senso umano. Al momento, i sondaggi parlano di ottime possibilità per un esito storico di questo referendum.




IRLANDA: CLINICAMENTE MORTA E INCINTA. TENUTA IN VITA DA MACCHINE. L’ALTA CORTE DEVE DECIDERE SE STACCARLE

Redazione

Irlanda – L’Alta Corte composta da tre giudici in Irlanda, ha l’arduo compito di decidere in questi giorni circa il caso di una donna clinicamente morta ma incinta ed ancora collegata a delle macchine, per capire se sia il caso di continuare a tenerla in vita e dare al feto sopravvissuto e di solo 17 settimane, una possibilità di nascere.Sono ben cinque i gruppi di avvocati che rappresentano la donna, il suo feto, i suoi genitori, il suo compagno e l'ospedale che hanno espresso le proprie motivazioni innanzi all'Alta corte di Dublino, tanto che la vicenda ha riacceso le polemiche nel Paese sull'aborto. La decisione dei tre giudici potrebbe arrivare a breve e contro il verdetto si potrà presentare ricorso in Corte suprema.

Il problema giuridico, ma anche morale, sta nel fatto che per la Costituzione irlandese la vita della donna e quella del suo feto dovrebbero per legge godere della stessa protezione. E’ già accaduto che in passato gli ospedali irlandesi hanno già cercato di tenere in vita donne incinte collegate ai macchinari per la sopravvivenza, anche se cerebralmente morte, nella speranza di salvare il feto. Negli ultimi due casi, avvenuti nel 2001 e 2003, i feti morirono dopo una settimana o due.Nel caso di questo Natale, i genitori e il compagno della donna hanno chiesto espressamente che l'ospedale stacchi le macchine. Al contrario i difensori del centro medico se da una parte hanno stabilito che la donna è già clinicamente morta, dall’altra hanno chiesto di non staccare la spina perché temono che venga intentata una causa perché i macchinari sono essenziali per la sopravvivenza immediata del feto.La legge irlandese sembrerebbe orientata al fatto che, se verrà ordinato di porre fine alle funzioni vitali della paziente, i medici cercheranno di tenere il feto in vita per altre 17 settimane per poi farlo nascere.I medici irlandesi hanno chiesto per decenni leggi più chiare sulle occasioni in cui possono porre fine a una gravidanza. Al momento le leggi consentono le interruzioni solo quando ritenute necessarie per salvare la vita della donna. Ogni anno, in media 4mila donne irlandesi si recano in Inghilterra per abortire.In Europa, quindi, si pongono ancora problemi per la difformità legislativa circa l’aborto, anche se, rileva Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti” questi sono casi limite in cui, molto spesso l’aspetto etico e l’opinione pubblica possono influenzare le difficili decisioni che i giudici sono chiamati ad affrontare.




PERUGIA DROGA: LA ROTTA AFRICANA

Redazione

Perugia – Gli investigatori della Squadra mobile di Perugia hanno arrestato 37 persone appartenenti ad un'organizzazione di trafficanti di droga.

Con il coordinamento del Servizio centrale operativo e della Direzione centrale per i servizi antidroga, gli uomini della questura umbra hanno ricostruito organizzazione, basi logistiche e rotte utilizzate dagli spacciatori.

Le basi di partenza per l'Europa erano il Camerun l'Uganda, il Burundi ed il Togo; qui i vertici dell'organizzazione, con base in Nigeria, facevano confluire eroina e cocaina dal Sud America e dall'Asia per poi trasportarla in Italia, Inghilterra, Irlanda e Olanda.

L' importazione avveniva attraverso i corrieri con il sistema degli ovuli: nello stomaco e nell'intestino le staffette trasportavano sacchetti a tenuta stagna

con la droga all'interno.

Gli arresti e le perquisizioni hanno interessato molte città italiane oltre Perugia quali Roma, Milano, Torino, Padova, Vicenza, Modena, Reggio Emilia, Ascoli Piceno, Firenze, Frosinone, Napoli, Caserta.