Roma, amministrative 2021. Ignazio Marino “Serve un sindaco totalmente autonomo dai partiti”

“A Roma serve un sindaco totalmente autonomo dai partiti, Abbiamo visto come è finita con un sindaco che non voleva essere controllato dal Pd, figurarsi cosa potrebbe accadere con un sindaco che fosse controllato da due partiti, dal Pd e dai Cinque stelle. Prima dovrebbero trovare un accordo dentro le loro stanze e poi trasmetterlo al sindaco che a sua volta si dovrebbe attenere a quegli accordi. Tutto il contrario di quello che servirebbe: trasparenza e creatività, innovazione”. Così il prof. Ignazio Marino, ex sindaco di Roma e oggi Professore di Chirurgia e Executive Vice President presso la Thomas Jefferson University di Philadelphia. 

In un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa l’ex sindaco di Roma sconsiglia le primarie a Carlo Calenda, “credo che sia stato dimostrato che le Primarie del Pd ad un politico di professione convenga perderle. Tutti ricorderanno che io staccai Sassoli e Gentiloni di oltre 30 punti e mi sembra che abbiano avuto grandi occasioni di avanzamento nella loro carriera politica”. 

Quanto alla situazione attuale della Capitale, per il prof. Marino “tutto sembra si sia drammaticamente fermato. Dalla corsa per le Olimpiadi, che hanno un valore finanziario di diversi miliardi di euro, ci si è ritirati nonostante le buone chances di poterle ottenere. Dello Stadio della Roma non è stata posta ancora la prima pietra. In Acea, che ha un fatturato superiore ai 4 miliardi di euro l’anno, dove avevamo scelto un team guidato da Catia Tomasetti che aveva triplicato il valore delle azioni in 28 mesi, il nuovo “dream-team” sta affrontando problemi giudiziari non indifferenti. Sui rifiuti non si è adottato il piano approvato dal Consiglio comunale nel 2015 né lo si è sostituito con uno alternativo e la raccolta differenziata che in 28 mesi portammo dal 20% a circa il 45% oggi, dopo 5 anni, è ferma a circa il 45%”. 




ROMA CAPITALE: IGNAZIO MARINO RILANCIA SUI PREPENSIONAMENTI PER RISANARE IL DEBITO

di Maurizio Costa

Roma – Ignazio Marino, entro aprile, dovrà compilare un piano di rientro che esporrà i modi con i quali il Comune arriverà al pareggio di bilancio entro tre anni, per accedere così ai soldi che stanzierà il decreto "Salva Roma".

Oltre a rivedere il ruolo e il numero delle municipalizzate, il primo cittadino della Capitale ha pensato ad un'altra possibilità: mandare in pensione 4mila dipendenti comunali. Purtroppo per lui, la Legge Fornero, che durante il Governo Monti modificò i requisiti per andare in pensione, vieta questo prepensionamento anticipato. L'obiettivo di Ignazio Marino è quello di far approvare un amendamento alla legge che porterebbe, così, ad un risparmio per le casse del Comune di oltre 180 milioni di euro. Ad usufruire di questa deroga sarebbero tutti quei dipendenti che, prima dell'entrata in vigore della Legge Fornero, avevano già i requisiti per accedere alla pensione. L'emendamento è stato già votato in Senato lo scorso ottobre e l'esito è stato negativo. Adesso il Sindaco ritenta la sorte riportando la questione in Parlamento.

Proprio domani, la cabina di regia che dovrà elaborare il piano di rientro, si ritroverà in Campidoglio per discutere della questione; per l'occasione, si parlerà anche della cosiddetta "mobilità interaziendale", che permetterebbe il passaggio di dipendenti dagli uffici del Comune a quelli delle società municipalizzate. Una mossa che aiuterebbe Marino a razionalizzare l'organico comunale e risparmiare molti più soldi pubblici. La strada è lunga ma tra tutte le proposte del Sindaco, questa sembra la migliore. Il prepensionamento farebbe comodo sia ai lavoratori che alle casse comunali. L'unico, ma non piccolo, ostacolo sono i fondi che lo Stato dovrebbe stanziare per pagare queste pensioni anticipate.

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DECRETO SALVA ROMA: LA CAPITALE SOTTO I FERRI E IGNAZIO MARINO PRONTO A RICUCIRE TUTTO… MA LE RISORSE?

di Maurizio Costa

Roma – Il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, è stato ascoltato dalla Commissione Bilancio e Finanza Locale della Camera che si sta occupando del decreto "Salva Roma". Il primo cittadino, per accedere ai fondi del decreto, dovrà presentare un piano di rientro che tenga conto del bilancio della Capitale e degli altissimi debiti capitolini. Se entro aprile l'Amministrazione non presenterà questo progetto che tenga conto dei problemi inerenti al risanamento del debito della città e alla riorganizzazione interna delle società partecipate, non potrà accedere a circa 485 milioni di euro del decreto "Salva Roma".

Mentre il MoVimento 5 Stelle chiede di creare una commissione d'inchiesta che indaghi sul debito capitolino, il Sindaco di Roma chiede di posticipare il termine ultimo di presentazione del piano di rientro di altri 30 giorni. La Commissione della Camera, composta da ex Assessori capitolini e presieduta da Daniele Capezzone, ha chiesto a Marino di "ripresentarsi tra dieci giorni, carte alla mano, per avere le linee guida dell'intervento comunale, prima di decidere se approvare il decreto o no."

Questo piano di rientro, per legge, dovrà stabilire gli interventi comunali, di qui a tre anni, per risolvere i problemi fondamentali della Capitale. A questo proposito Marino ha dichiarato, davanti alla Commissione, che: "Servono nuovi processi di governance e razionalizzazione dell'assetto delle municipalizzate. Possibili liberalizzazioni e dismissioni non devono essere un tabù."

Il primo cittadino dà un colpo alla botte ed uno al cerchio: "La razionalizzazione non va intesa come una liquidazione delle società ma come un processo che contempli fusioni, incorporazioni e aperture a nuovi soci pubblici interessati al business." Per accedere ai fondi, molte municipalizzate potrebbero essere comunque chiuse perché non hanno valore per il bene pubblico della città. Il Campidoglio non voleva arrivare a questo, ma è il decreto che impone queste liquidazioni. Marino si esprime anche sulla questione della dismissione del patrimonio immobiliare della Capitale. A breve in Campidoglio si discuterà una delibera che dovrebbe dismettere 600 immobili, con un ricavo di vendita di almeno 280 milioni di euro. Un passo importante che però arriva solo dopo le pressioni del Parlamento italiano.

Sembra che l'Amministrazione della Capitale non riesca a fare le cose da sola; serve sempre un ordine dall'alto per far attivare l'Amministrazione romana. Infine, Ignazio Marino vuole far approvare il ruolo di Capitale alla città, perché, secondo lui, "è ingiusto che gli oneri sui costi aggiuntivi connessi al ruolo di Capitale, quantificabili in centinaia di milioni di euro, gravino sul bilancio esclusivo del comune di Roma. Queste spese" – ha aggiunto il primo cittadino – "devono essere ripartite anche con lo Stato." Il decreto "Salva Roma" sta facendo smuovere le acque intorno all'Amministrazione comunale.

Marino si sta sbrigando per approvare il piano di rientro per risanare il debito della città, sebbene il compito sia arduo e sia improbabile che entro tre anni Roma diventi tutta rose e fiori. Il decreto, tra l'altro, manderà in fumo 30 milioni di euro stanziati per la raccolta differenziata; una mossa che fa capire come la coperta sia corta, e, sebbene si tiri da una parte, rimarrà comunque scoperta un'altra.