I FICHI SECCHI DELLE NOZZE PD

Emanuel Galea

Persona affezionata alle metafore. Ultimamente ne ha sfornata una che quota in ogni suo discorso di circostanza: “Non si ferma l’acqua con le mani”, ripete. Di questo ci siamo accorti tutti quanti, se non per altro, dal diluvio di proteste che gli si sono rovesciate addosso da tutte le parti.

Ha richiamato gli altri alla loro responsabilità, mentre da parte sua ha chiuso le porte ad ogni dialogo, insensibile ed ostinato nelle sue idee. Con tutto rispetto, ci piacerebbe suggerire a Bersani una metafora utile ed importante: “Non si fanno le nozze con i fichi secchi”.

E’ stato lui ad insistere a voler formare un governo di minoranza, con un “cestino povero di otto fichi secchi” da offrire alle controparti. Finalmente, però, gli è sorto il dubbio che questo matrimonio non s’ha da fare. Ieri è salito al Colle, stanco, deluso, ma non del tutto preparato a gettare la spugna. Ha preso posto davanti al Presidente, intenzionato a proseguire il braccio di ferro fino in fondo. A quel tavolo sedevano due interessi. Pierluigi Bersani rappresentava gli interessi esclusivi del suo partito, il proprio orgoglio, il suo buon nome, la sua carriera politica come leader. Giorgio Napoletano rappresentava gli interessi del paese, del popolo italiano, una buona governabilità.

Re Giorgio, dando un’occhiata al cestino di fichi secchi e un'altra diritta negli occhi al “presidente incaricato” decide di conferire al “perlustratore battuto” gli onori in campo, mitigando la sconfitta e dichiarando “congelato l’incarico a questo assegnato il 22 marzo scorso. “Le consultazioni hanno avuto un esito non risolutivo” ha dovuto ammettere Bersani  ed il Colle, prenderà, “senza indugio iniziative che gli consentano di accertare personalmente gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale", ha spiegato Donato Marra, segretario generale della Presidenza della Repubblica italiana.

A questo punto, Pierluigi, entrato con le pretese ed ambizioni di fare il Presidente del Consiglio, incarico  papabile, è uscito semplicemente come un “segretario emerito”. E dopo un lungo giorno di consultazioni flash per Giorgio, ieri di venerdì Santo, c’è la classica pausa di riflessione che si concede anche alle unioni più salde, figuriamoci ai famosi fichi secchi.  Intanto in cuor suo, Bersani, si prepara a consegnare le armi e come tutti gli “emeriti”, non gli auguriamo di finire in solitudine meditando sul tempo prezioso che ha fatto perdere all’Italia, ostinandosi a mostrare i propri muscoli al suo Cavaliere avversario.

La parola a Giorgio che con quel misero paniere dovrà tirare fuori una proposta convincente. L’Italia tutta confida nella saggezza del suo Presidente e spera che, per il bene del paese, sappia imporre  un governo condiviso tra le parti, democraticamente elette, per vegliare su questa Italia agonizzante. Lo sdegno e la vergogna vanno a tutti i partiti, tutti senza alcun discrimine, politici che, in questo momento tragico si sono mostrati parimenti irresponsabili. Gli interessi delle loro botteghe possono aspettare,
quelli dell’Italia No.
 




VACATIO BERSANIS

Alberto De Marchis

Parliamoci chiaro, Bersani non sa proprio con quale pesci fare scouting. Lo si vede vagare nei meandri di  Montecitorio a pensare a quale soluzione sfornare entro la settimana prossima. Non vorrei essergli camicia. E’ una brutta situazione perché in questo momento mentre il Paese cola a picco con la credibilità sotto le scarpe c’è anche un abbondante 25 per cento rappresentato da Beppe Grillo che non intende appoggiare il leader designato il quale, al contrario, deve dimostrare di poter costituire un Governo stabile, con proposte condivisibili sia dal Pdl che dai Cinque Stelle, per avviare quanto prima le riforme necessarie all’Italia. Bersani non ha vinto queste elezioni ma è arrivato primo, su questo c’è poco da discutere. Dovrebbe avere la possibilità di Governare riconoscendo però alle altre due forze politiche di far parte della stessa barca. Ma c’è chi la vuole cotta e chi la vuole cruda. Il Pdl chiede un Presidente della Repubblica di centrodestra e lo ha urlato persino da piazza del Popolo e il M5s il potere solo nelle sue mani. Non ha vinto nessuno ma stride la stanchezza di chi aveva riposto la fiducia in Grillo. C’è una parte dell’elettorato a cinque Stelle che se dovesse tornare alle urne non riporrebbe di nuovo le sue speranze nel Movimento. Grillo doveva fungere da disturbo, da megafono del popolo, da moralizzatore che con il proprio esempio avrebbe cambiato parrucconi e magna magna della politica. Grillo a parole aveva promesso questo, ma ora ripetendo “no agli inciuci” pensa ancora di essere nel giusto e pretende di fare l’unico e assoluto diktat della situazione. Tutti a casa. Dopo aver pilotato l’aborto del Governo chissà cosa si pretenderà ancora da un’Italia in ginocchio. Bersani ha una brutta gatta da pelare, deve sfangarla per il bene di tutti ma purtroppo siamo sotto scacco di un pericoloso tsunami. Il problema è che Pier Luigi fa appello a tutti gli uomini di buona volontà ma adesso la buona volontà pare essersi esaurita dopo la prova generale col professore che non ha risolto nulla e i numeri delle politiche gli hanno dato il benservito. Ma adesso ancora una volta la politica vuole portarci un conto che non siamo più in grado di pagare. Bersani ha troppe caldarroste da togliere dal bracere e ormai è arrivata la primavera. Vaga e vaga e mercoledì dovrà portare i compiti a Napolitano, svolti arditamente in questi giorni di vacatio. La Pasqua è la porte e la passione del Governo è appena iniziata.