Palermo, Zen: torna al suo posto il busto di Giovanni Falcone

PALERMO – Torna al suo posto, dopo un restauro curato da alcuni giovani restauratori laureatisi presso il Corso in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università di Palermo, il busto marmoreo del giudice Giovanni Falcone che era stato danneggiato lo scorso 10 luglio all’interno della omonima scuola nel quartiere di San Filippo Neri.

A promuovere il restauro è stata l’Associazione Nazionale dei Funzionari di Polizia, in collaborazione con il Comune e la Questura di Palermo. La cerimonia di scopertura del busto e la presentazione del lavoro di restauro si svolgeranno lunedì prossimo, 20 novembre alle ore 11.15, presso l’Istituto Comprensivo “Giovanni Falcone” di via Marchese Pensabene. Saranno presenti le autorità cittadine e i familiari del giudice Falcone.

A luglio scorso l’atto di vandalismo Alla statua è stata staccata la testa e un pezzo del busto è stato usato poi come ariete contro il muro dell’istituto scolastico. Sulla vicenda è stata aperta una indagine. Gia nel 2012  il busto di Giovanni Falcone, all’ingresso principale dell’istituto, era stato stato danneggiato: era stato rotto il naso e scarabocchiata tutta la superficie. Cinque anni fa i vandali, dopo aver danneggiato la statua, erano entrati da una finestra, grazie anche all’assenza del sistema di allarme, scarico da alcuni mesi, e avevano scaraventato a terra armadi, cattedre, banchi e sedie.




Caso Bruno Contrada, Giuseppe Crimi: “Se avesse giudicato Falcone l’esito sarebbe stato diverso”

“Se il Giudice Giovanni Falcone fosse stato coinvolto come Magistrato nel processo a Bruno Contrada, non solo il processo contro Contrada non ci sarebbe stato ma non avrebbe mai potuto avere quell’andamento che ha avuto e soprattutto l’esito che ha avuto, perché senza riscontro alle dichiarazioni dei pentiti e al “sentito dire” non si sarebbe mai mosso processualmente.

“Giovanni Falcone era un uomo serio e un magistrato competente”. Parole lapidarie e pronunciate con cognizione di causa dal Dottor Giuseppe Crimi, già dirigente della Squadra Antimafia della Mobile di Palermo che per dieci anni ha lavorato al fianco di Bruno Contrada, Boris Giuliano e ha conosciuto da vicino quelli che ormai rappresentano le icone dell’antimafia per eccellenza: i giudici Falcone e Borsellino.

Con questa dichiarazione, Crimi, capovolge il fiume di informazione “spazzatura” che ha gettato discredito sul poliziotto Contrada, sull’uomo Contrada. Notizie di terza mano che raccontano di pseudo “cattivi” rapporti che intercorrevano tra Falcone e Contrada e di pseudo mancanza di stima del Giudice rispetto all’allora capo della Squadra Mobile di Palermo e poi e capo della sezione siciliana della Criminalpol.

Oltre alle dichiarazioni di Crimi c’è anche una lettera firmata dal giudice istruttore Giovanni Falcone che elogia le doti di Bruno Contrada e lo segnala al questore di Palermo.

Crimi sottolinea, durante il suo intervento alla trasmissione giornalistica Web TV Officina Stampa, che se Giovanni Falcone fosse stato investito di un tipo di caso del genere che ha visto accusato un funzionario di polizia di concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe fatto onestamente le indagini, pur conoscendo la persona che aveva davanti, ma avrebbe fatto i giusti e dovuti approfondimenti per capire se le dichiarazioni dei criminali cosiddetti pentiti avessero un barlume di riscontro con prove reali e non si fermassero soltanto a fumosi “sentito dire”: “Falcone avrebbe agito con professionalità – ribadisce Giuseppe Crimi –  mentre i signori che hanno polemizzato sulla sentenza della Corte Europea e parlano hanno preso per oro colato quello che hanno detto dei pentiti, questo perché probabilmente conveniva portare avanti queste accuse. Non c’è giustizia, non è giustizia questa e non sono giudici coloro che non cercano di trovare elementi probatori rispetto a delle accuse riportate da mafiosi pentiti”.

Il dottor Giuseppe Crimi ha tenuto a fare presente che la stessa sorte è toccata a un altro funzionario dello Stato accusato anch’esso di concorso esterno in associazione mafiosa senza che si siano operati gli opportuni riscontri. Anche questo funzionario ha subito un processo che ricorda i tempi della Santa Inquisizione: “Parlo di Ignazio D’Antone – dice Crimi – un collega che dirigeva la Catturandi per poi diventare dirigente della Criminalpol.

D’Antone, che aveva anche ricoperto l’incarico di capo della squadra mobile di Palermo, secondo l’accusa avrebbe favorito con il suo comportamento le cosche e avrebbe protetto alcuni boss mafiosi. Quest’uomo è stato condannato con quella protervia che contraddistingue un certo tipo di giustizia. Si tratta di un male che ha investito la Magistratura anche se tengo a sottolineare che non tutti i Magistrati sono ingiusti o deviati. Per fortuna che la maggior parte di essi rispettano il mandato che gli è stato assegnato ma purtroppo dobbiamo assistere a fenomeni devastanti che hanno cercato di demolire, ma non ci sono riusciti, uomini che non si sono mai piegati a certe infamanti accuse e che hanno sempre lavorato con onestà e impegno. Ora anche il collega D’Antone dovrà tirare fuori dei soldi e impegnarsi nelle dovute sedi per avere un minimo di giustizia”.

Emozionante dunque la prima puntata di Officina Stampa dedicata al caso Contrada che ha inteso focalizzare l’attenzione su un uomo dello Stato, per l’appunto Bruno Contrada. Ora che l’ex numero 3 del Sisde ha avuto giustizia l’impegno dei media dovrebbe essere quello di cercare la verità sostanziale dei fatti, spulciare tra le carte e cercare davvero di trovare  i riscontri ad accuse così infamanti.

La Corte di Cassazione ha finalmente revocato la condanna a 10 anni inflitta all’ex capo della Mobile di Palermo Bruno Contrada, accusato di concorso in associazione mafiosa. I giudici romani hanno accolto il ricorso del legale di Contrada, Stefano Giordano, che aveva impugnato il provvedimento con cui la Corte d’appello di Palermo aveva dichiarato inammissibile la sua richiesta di incidente di esecuzione. La Cassazione ha così dichiarato “ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna”.

Commoventi alcuni passaggi del primo tratto d’intervista a Bruno Contrada: “La giustizia italiana voleva che il processo si svolgesse con l’imputato in stato di carcerazione – racconta Contrada – e non a piede libero. Io dovevo essere presentato come una persona che addirittura era un pericolo per le istituzioni dello Stato secondo i principi dei vecchi processi stalinisti in epoca storica remota a carico di quelli che erano stati gli eroi della rivoluzione bolscevica. Ma quegli eroi dovevano essere presentati all’opinione pubblica come dei grossi malfattori pericolosissimi per l’ordine costituito, affinché l’opinione pubblica digerisse le condanne a morte o lunghi anni di esilio nella Siberia. Io, Bruno Contrada, dovevo essere demolito nella mia considerazione di poliziotto che ha ben operato a Palermo e con maggiori successi. La gente doveva pensare di me: “Se lo tengono carcerato e riaprono un carcere militare dismesso vuol dire che qualcosa di pericoloso ha fatto”. Eppure testimonianze e carte dimostrano tutto il contrario. E siamo soltanto all’inizio.

Chiara Rai




Palermo, ricorrenza strage di Capaci: la gente grida ancora "La mafia è una montagna di merda"

 

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di Paolino Canzoneri – Angelo Barraco

 

PALERMO – Il primo quarto di secolo è trascorso da quel terribile 23 maggio del 1992 quando la mafia per eliminare il giudice Giovanni Falcone mise in atto un piano diabolico facendo saltare in aria un breve tratto dell'autostrada a pochi chilometri dall'aeroporto che conduceva fino a Palermo. Nella terribile deflagrazione le vetture dove viaggiavano Falcone, la moglie e la scorta furono divelte e spazzate via uccidendo tutti tranne l'autista della vettura di Falcone. 25 anni possono sembrare tanti ma in realtà, nel corso lungo del tempo, sono davvero pochi. Lo Stato italiano ha voluto organizzare una commemorazione particolare, sentita profondamente e fuori forse da retorica e dagli schemi precedenti. La figura del giudice Falcone questa volta è stata ricordata e celebrata insime a quella del suo amico e collega Paolo Borsellino il cui destino crudele e spietato avrebbe atteso poco meno di due mesi dopo a via D'amelio con una auto bomba che anche in questo caso costò la vita al giudice e alla scorta intera. Il cancro della mafia aveva mostrato il lato più becero eliminando due servitori dello Stato fra i piu importanti che rappresentavano la forza più efficace contro lo strapotere mafioso. Un sacrificio che comunque ha confermato e rafforzato la forza e lo sdegno dei cittadini palermitani che all'unisono oggi, a distanza di soli 25 anni, a gran voce urlano "la mafia è una montagna di merda".
 
I preparativi per l'evento hanno visto coinvolgere un gran numero di forze dell'ordine e la commemorazione di Falcone e Borsellino è stata trasmessa dalla TV di Stato con collegamentI da tutti i punti cruciali divenuti storici per questo paese. Dal Palazzo di Giustizia di Palermo si è mosso un imponente corteo costituito da gente comune e da tante associazioni, delegazioni provenienti dalla capitale e ragazzi di tanti Istituti scolastici che hanno raggiunto l'albero Falcone accanto l'entrata del portone dove abitava il giudice. In un palchetto adibito per l'evento gruppi di delegazioni di bambini hanno intrattenuto il flusso di gente che man mano si addensava con canti e giochi. Una mezzora prima del minuto di raccoglimento delle 17:58, orario preciso della deflagrazione del tratto autostradale. Artisti come Ermal Meta e Giuliano Sangiorgi hanno cantato un paio di brani. La presenza forte dello Stato è stata confermata dalla importante e illustre presenza del Presidente del Senato Piero Grasso che prima di assumere la carica istituzionale è stato fra i principali protagonisti in trincea contro la mafia accanto ai giudici Falcone e Borsellino e a tutto il pool antimafia ed essere uno dei principali giudici protagonsti del Maxi Processo che il 30 gennaio decretò 19 ergastoli e 2265 di anni di reclusione per poco meno di 500 imputati tra capimafia e affiliati. Il Presidente Grasso nel minuto di silenzio ha letto i nomi delle vittime con gli occhi umidi di commozione. Palermo è scesa in strada per gridare a gran voce "NO" alla Mafia e oggi, quel silenzio omertoso che vent'anni fa disseminava  morti in ogni angolo di strada, sembra lontano poichè la città ha alzato la testa, trovando  nuova luce che si riflette negli occhi di una generazione che ha raccolto i semi piantati da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutti quegli Uomini che attraverso il sacrificio concreto per la lotta alla mafia hanno cercato di estirpare da questa terra delle radici che avrebbero potuto violare l'integrità di un popolo che ha sempre portato in auge i propri valori etici e morali. In serata è continuata la manifestazione con un collegamento in diretta di Fabio Fazio e Pif in Via D'Amelio, con un palco allestito per l'occasione. Un messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarela, inoltre vi era il Presidente del Senato Piero Grasso. Altre presenze illustri che hanno voluto rendere omaggio a Giovanni Falcone e ai caduti di Capaci: Roberto Saviano, Don Luigi Ciotti, Beppe Fiorello, Nicola Piovani, Carmen Consoli, Pierfrancesco Favino, Michele Placido, Fiorella Mannoia, Luca Zingaretti, Isabella Ragonese.  
 
"La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine" disse Giovanni Falcone. Una frase che risuona continuamente nella mente degli italiani, un eco senza interruzione che all'indomani di quelle stragi che hanno spaccato in due l'ormai tristemente famosa autostrada situata all'altezza di Capaci o all'indomani della strage di Via D'Amelio. Un pensiero di speranza e di crescita culturale innestato nella mente di un popolo che ha sempre rifiutato ogni forma di principio attacco alla costituzione. Oggi più che mai vi è la necessità di concretezza dinanzi al sacrificio e ad eventuali barlumi che lascerebbero presagire eventuali nuove guerre di mafia. Palermo è cambiata, certamente, i cittadini hanno preso coscienza del sacrificio dei suoi eroi, morti per difendere una terra martoriata da usurpatori senza scrupoli, ma quanto accaduto alla vigilia dell'anniversario dei 25 anni della strage di Capaci ha fatto catapultare indietro di venti o trent'anni la memoria storica di chi ha vissuto la terribile guerra di mafia. Stiamo parlando dell'omicidio di Giuseppe Dainotti, un uomo di 67 anni ucciso alla vigilia dei festeggiamenti per il 25esimo anno dell'anniversario della Strage di Capaci. L'uomo ha trascorso 25 anni in carcere per omicidio, traffico di droga e rapina  e sarebbe stato ucciso nel quartiere Zisa da due killer in moto che gli avrebbero sparato in testa.



PALERMO: IL PRIMO BENE CONFISCATO ALLA MAFIA DA GIOVANNI FALCONE ASSEGNATO AGLI SCOUT

di Angelo Barraco

Palermo – Ieri è stato inaugurato a Fondo Micciulla, presso il quartiere Altarello di Baida, il primo bene che Giovanni Falcone ha confiscato alla mafia e che è stato sequestrato alla famiglia Inzerillo nel 1980. Alla fine degli anni 70 il fondo apparteneva al boss Filippo Piraino. L’immobile è stato assegnato agli scout, dopo gli interventi di riqualificazione ospiterà la sede della base internazionale dell’Agesci e vi è stato dato il nome di “Volpe Astuta”, nome totem di una scout morta nel 1997. All’inaugurazione dell’immobile c’era il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, c’era il direttore dell’Azienda nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati Umberto Postiglione e vi erano i rappresentanti di Agesci; Matteo Spanò, Marilina Laforgia, Rosanna Birollo, Ferri Cormio. Agesci Sicilia scrive “Dopo anni trascorsi tra progetti, documenti e cantieri, il bene è adesso fruibile dagli scout e dagli abitanti del quartiere. L’inaugurazione non sarà solo un momento ufficiale e formale, ma un giorno di festa perché un bene sottratto alla mafia verrà restituito definitivamente alla collettività“ . Francesco Caminita, responsabile Agesci Palermo spiega che “Oggi a 35 anni di distanza dal primo sequestro che Falcone fece di questo bene che era della famiglia Inzerillo  si inaugura una base scout internazionale e un luogo che accoglierà tutte quelle realtà del territorio che vogliono seguire percorsi di legalità e che vogliono fare promozione del territorio“. 



PALERMO: TROVATA UNA LETTERA DI GIOVANNI FALCONE

di Ang. Bar.

Palermo – E’ stata trovata una lettera scritta da Giovanni Falcone durante la sua permanenza a Roma. Giovanni Falcone inviò la lettera ad un Professore di diritto. Ecco la lettera: “Anche io come lei sono convinto che il mio posto sia a Palermo, ma ci sono momenti in cui occorre fare delle scelte e impiegare tutte le energie possibili per la lotta alla mafia. Mi creda il mio non è un abbandono. Continui a credere nelle giustizia, c'è tanto bisogno di giovani con nobili ideali”. In questa lettera si evince che il Giudice Falcone è dispiaciuto di aver lasciato la sua Palermo, ma allo stesso tempo è stata una scelta dovuta per via del clima ostile che si respirava nel “Palazzo dei veleni”.




GIOVANNI FALCONE: IL 23 MAGGIO LA SALMA SARA' SPOSTATA ALLA CHIESA DI SAN DOMENICO

di Angelo Barraco

Palermo – Maria Falcone è la sorella di Giovanni Falcone, Giudice che negli anni 80 e 90 ha lottato contro la mafia e poi, 23 anni fa, è stato ucciso nella strage di Capaci. Durante un incontro con una scolaresca, la sorella del Giudice ha detto che la salma di Giovanni Falcone verrà trasferita il 23 maggio, a 23 anni esatti di distanza dalla strage di Capaci, dalla tomba monumentale del cimitero di Sant’Orsola alla chiesa di San Domenico. La sorella del Giudice ha detto anche ciò che segue: “Vogliamo dare la possibilità a chiunque voglia salutare Giovanni e lasciare un ricordo di farlo nel luogo più consono. Dobbiamo organizzare ancora tutto per bene, ma partiamo da un punto fisso. Come tutti gli anni, attenderemo l'attracco della nave della legalità. Poi, come prima tappa, porteremo i ragazzi delle scolaresche in arrivo da tutta Italia in chiesa. La celebrazione sarà aperta a tutti. Vorremmo sistemare dei maxi-schermi anche fuori San Domenico, in modo che – ha detto – la cerimonia possa essere seguita da chiunque voglia partecipare. Palermitani e no. Mio fratello non era solo il Giudice antimafia. Lui era il magistrato che credeva nella giustizia e nelle istituzioni. Vorrei che a restare nella memoria fossero soprattutto i suoi valori. Il prossimo 23 maggio sarà una giornata molto speciale. Questa è una data importante per noi familiari, ma anche per tutta Palermo".




ARICCIA, CRISI MANIFATTURA ROMANA CONFEZIONI: MARTEDI' 2 LUGLIO SIT IN DAVANTI AL TRIBUNALE DI VELLETRI

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Redazione

Ariccia (RM) – C'è disperazione da parte dei lavoratori dell'Azienda manifatturiera ariccina. Gli stessi in una nota invitano la cittadinanza ad unirsi ad un sit – in davanti al tribunale di Velletri. Ecco la nota: "Domani, martedì 2 luglio, dalle ore 09,00 alle ore 12,00, tutti i 24 dipendenti della Manifattura Romana Confezioni s.a.s. di Righetto Nerina e C., terranno un nuovo SIT-IN sotto la sede del Tribunale di Velletri (sezione fallimentare), in Piazza Giovanni Falcone, in concomitanza dell’udienza in cui si discuterà, tra l’altro, del pre-fallimento dell’azienda e la nomina giudiziale del curatore fallimentare.”

Nonostante gli inviti reiterati più volte attraverso il nostro studio legale, la Manifattura Romana Confezioni s.a.s. non solo non ha, ancora oggi, depositato presso il Tribunale di Velletri i libri contabili aziendali, ma si è resa ancora irreperibile ed indisponibile a qualsiasi forma di dialogo.

Nonostante la manifestazione dello scorso mese davanti ai cancelli d’ingresso della nostra “ex” azienda – che ha raccolto l’aiuto ed il sostegno della stampa e della società civile – i rappresentanti legali della Manifattura Romana Confezioni sas – con sede in Ariccia, Via Quarto Negroni n. 28/30 (zona Cancelliera) – non hanno ancora provveduto a saldare i debiti contratti, nel corso degli ultimi 12 mesi, nei nostri confronti: il pagamento di tutte le retribuzioni mensili arretrate, dei contributi previdenziali, dei trattamenti di fine rapporto-lavoro di tutti noi dipendenti.

Da ottobre 2012, difatti, come ricorderete, l’azienda ha di fatto cessato ogni attività di produzione in seguito al distacco coatto della corrente elettrica da parte dell’Enel. Da allora, inoltre, i rappresentanti legali dell’azienda si sono resi irreperibili".

Nonostante gli inviti reiterati più volte attraverso il nostro studio legale, la Manifattura Romana Confezioni s.a.s. non solo non ha, ancora oggi, depositato presso il Tribunale di Velletri i libri contabili aziendali, ma si è resa ancora irreperibile ed indisponibile a qualsiasi forma di dialogo.

Tutti noi 24 dipendenti della Manifattura Romana Confezioni risultiamo quindi, ad oggi, ancora in carico all’azienda, ovvero ancora dipendenti dell’azienda stessa, poiché la Manifattura Romana Confezioni s.a.s. non ha ancora inteso adottare, nei nostri confronti, i prescritti provvedimenti di legge né, tantomeno, intrapreso alcuna procedura volte a garantire la possibilità, per tutti noi, di accedere agli ammortizzatori sociali previsti dalla legge.

Il protrarsi di questa situazione, non più sostenibile sia economicamente sia umanamente, ci ha costretti a dover presentare un’istanza giudiziale di fallimento nei confronti della proprietà dell’azienda presso il Tribunale Civile di Velletri, Sezione Fallimentare, la cui udienza pre-fallimentare è in calendario per domani, martedì 2 luglio, alle ore 9:30, anche se l'azienda ha già rappresentato che non presenzierà, ponendo così un ulteriore ostacolo alla concreta attuazione dei nostri diritti.

Per questo motivo domani, martedì 2 luglio, terremo un nuovo SIT-IN pacifico sotto la sede del Tribunale Civile di Velletri, Sezione Fallimentare, proprio in concomitanza con l’udienza fissata per le ore 09:30, al fine manifestare pacificamente e pubblicamente, la nostra situazione ormai all'orlo della disperazione, invitando gli organi di stampa e la società civile a partecipare e la Giustizia a risolvere questa incresciosa  situazione.

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