Rocca Priora, ufficializzata la giunta a guida Claudio Fatelli

Nasce la giunta di Claudio Fatelli ma nello stesso tempo divampano dalla piazza e dai social numerosi polemiche.
L’ anomalia, a leggere i commenti, risiederebbe nel vicesindaco che, seppure non eletto in Consiglio Comunale, riceve una carica di prestigio negli stessi giorni in cui il Senato approva, in prima lettura, la cosiddetta legge sul Premierato commentata dalla stessa premier, Giorgia Meloni, con le seguenti parole: “… un primo passo per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati …”.

Nel dettaglio le deleghe attribuite con decreto del Sindaco n. 2 del 19 giugno 2024;
Giuseppe Mariani vicesindaco con deleghe ai lavori pubblici e infrastrutture, mobilità e viabilità; politiche Sanitarie e casa della salute;
Federica Lavalle assessore alle politiche sociosanitarie, welfare, politiche culturali e scolastiche, marketing territoriale e turismo, politiche per la terza età, politiche giovanili , politiche di partecipazione cittadina, sport;
Flavia Testa assessore al bilancio e programmazione, personale e formazione interna, sviluppo economico, attività produttive, commerciali e mercati, informatizzazione e digitalizzazione dell’ente, rapporti internazionali scambi e gemellaggi;
Flavio Pucci assessore all’urbanistica e territorio, manutenzione del patrimonio comunale, manutenzione stradale e decoro, valorizzazione centro storico, sicurezza e protezione civile;
Daniele Pacini assessore alle politiche ambientali e ciclo dei rifiuti, patrimonio mobiliare e immobiliare comunale, valorizzazione dei beni confiscati, politiche di decentramento dei servizi, parchi e giardini.

Lo stesso sindaco, in un comunicato diffuso dalle pagine dell’ufficio stampa, dichiara inoltre che “… giovedì celebreremo il primo Consiglio Comunale nel quale eleggeremo anche il presidente del Consiglio Comunale che, per investitura unanime, sarà il consigliere Franco Spoto …”.

Alla nuova giunta di Rocca Priora giunga l’augurio di un buon lavoro




L’appetito vien mangiando, ma attenzione a non strozzarsi… in politica

Il cammino politico attento a non commettere gli stessi errori di Renzi e dei Cinque Stelle di Giorgia Meloni

“L’appetito vien mangiando, ma attenti a non strozzarvi”. Questo antico adagio popolare trova una sorprendente applicazione anche nel mondo della politica, dove l’ambizione e il desiderio di potere possono facilmente trasformarsi in arroganza e sconsideratezza. La politica italiana, ricca di personaggi ambiziosi e di colpi di scena, offre numerosi esempi di come il troppo desiderio di avanzare rapidamente può portare a rovinosi fallimenti.

L’ambizione politica: un’arma a doppio taglio

L’ambizione è una qualità essenziale per chiunque voglia intraprendere una carriera politica di successo. Essa motiva i leader a lottare per il potere, a prendere decisioni coraggiose e a perseguire il cambiamento. Tuttavia, quando l’ambizione diventa smodata, può portare a comportamenti rischiosi e ad azioni avventate che possono compromettere la carriera di un politico e la fiducia degli elettori.

I casi emblematici della politica italiana

La storia politica italiana è costellata di figure che hanno cercato di avanzare troppo rapidamente, solo per trovarsi a dover affrontare conseguenze disastrose. Uno degli esempi più noti è quello di Bettino Craxi, leader del Partito Socialista Italiano negli anni ’80. Craxi riuscì a raggiungere il culmine del potere, ma la sua caduta fu altrettanto spettacolare a causa degli scandali di Tangentopoli, che svelarono un vasto sistema di corruzione.

Un altro esempio recente è quello di Matteo Renzi. Dopo aver scalato rapidamente i ranghi del Partito Democratico e aver assunto la carica di Presidente del Consiglio nel 2014, Renzi tentò una riforma costituzionale ambiziosa. Tuttavia, il suo approccio deciso e a volte arrogante contribuì al fallimento del referendum del 2016, portando alle sue dimissioni e a una drastica riduzione della sua influenza politica.

L’equilibrio tra ambizione e prudenza

La lezione da trarre è che in politica, come nella vita, l’equilibrio è fondamentale. L’ambizione deve essere temperata dalla prudenza e dalla consapevolezza dei propri limiti. La politica è un campo minato di sfide complesse e di equilibri delicati, dove ogni mossa deve essere calcolata con attenzione.

Per i politici emergenti, è cruciale imparare a gestire le proprie aspirazioni in modo realistico, costruendo alleanze solide e mantenendo sempre un occhio vigile sulle conseguenze a lungo termine delle proprie azioni. La capacità di ascoltare e di negoziare è altrettanto importante quanto la determinazione e la visione strategica.

Il ruolo della fiducia pubblica

Un altro aspetto fondamentale è la fiducia pubblica. I cittadini sono sempre più attenti e critici nei confronti dei loro leader politici. La trasparenza, l’integrità e la coerenza sono qualità indispensabili per mantenere il sostegno degli elettori. Quando i politici si lasciano trasportare dalla propria ambizione senza considerare l’opinione pubblica, rischiano di perdere il contatto con la realtà e di alienarsi il proprio elettorato.

“L’appetito vien mangiando, ma attenti a non strozzarvi”. Questo detto ci ricorda che la strada verso il successo politico è disseminata di insidie e che l’ambizione sfrenata può facilmente trasformarsi in rovina. I leader politici devono trovare un equilibrio tra il desiderio di potere e la necessità di agire con prudenza e responsabilità.

La politica italiana, con la sua ricca storia di ascese e cadute, ci offre lezioni preziose su come navigare le complesse dinamiche del potere. In un’epoca in cui la fiducia pubblica è fondamentale, i politici devono ricordare che il vero successo non si misura solo con la conquista del potere, ma con la capacità di mantenerlo attraverso la saggezza, l’integrità e il rispetto per gli elettori.

Giorgia Meloni: un cammino politico attento a non commettere gli stessi errori di Renzi e dei Cinque Stelle

La politica italiana è un terreno insidioso, pieno di trappole e di sfide complesse. Tra i suoi attori principali, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e attuale Presidente del Consiglio, ha saputo navigare con abilità e prudenza, imparando dalle esperienze passate di altri leader, come Matteo Renzi e il Movimento Cinque Stelle, per evitare gli stessi errori.

Un’ascesa ponderata

Giorgia Meloni ha iniziato la sua carriera politica nei ranghi della destra italiana, passando per il Fronte della Gioventù e Alleanza Nazionale, fino a fondare Fratelli d’Italia nel 2012. La sua ascesa non è stata frenetica, ma ben ponderata. A differenza di Matteo Renzi, che è passato rapidamente dal ruolo di sindaco di Firenze alla presidenza del Consiglio nel 2014, Meloni ha costruito con pazienza una solida base di sostegno all’interno del suo partito e tra gli elettori di destra.

Evitare l’arroganza del potere

Uno degli errori più grandi di Renzi è stato l’eccesso di sicurezza e l’arroganza con cui ha tentato di riformare la costituzione italiana, portando al fallimento del referendum del 2016 e alla sua conseguente caduta. Meloni, al contrario, ha mostrato una maggiore prudenza. Sebbene abbia una visione chiara e ambiziosa per l’Italia, ha evitato di forzare cambiamenti drastici senza prima assicurarsi un ampio consenso. Questo approccio le ha permesso di mantenere la stabilità del suo governo e di evitare le trappole dell’eccesso di ambizione.

Una comunicazione più efficace

Il Movimento Cinque Stelle ha inizialmente guadagnato consensi grazie a una retorica populista e a promesse di cambiamento radicale. Tuttavia, la loro inesperienza politica e la mancanza di coerenza hanno portato a una perdita di credibilità. Meloni ha imparato da questi errori, adottando una strategia di comunicazione più efficace e coerente. Ha saputo bilanciare promesse ambiziose con un linguaggio realistico, mantenendo una linea politica chiara e comprensibile per gli elettori.

Costruire alleanze solide

Uno dei punti di forza di Meloni è stata la capacità di costruire e mantenere alleanze politiche solide. A differenza dei Cinque Stelle, che hanno avuto difficoltà a navigare nelle coalizioni e nelle alleanze, Meloni ha lavorato per consolidare rapporti duraturi sia a livello nazionale che internazionale. La sua alleanza con la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi ha permesso al centrodestra di presentarsi come un blocco compatto e forte, capace di affrontare le sfide governative con maggiore stabilità.

Meloni ha posto un’attenzione particolare alla fiducia pubblica, consapevole che la trasparenza e la coerenza sono essenziali per mantenere il sostegno degli elettori. Ha evitato scandali e controversie che hanno segnato altre forze politiche, mantenendo una gestione rigorosa e responsabile del suo partito e del governo.

Giorgia Meloni rappresenta un esempio di come l’esperienza e la prudenza possano fare la differenza in politica. Imparando dagli errori di Matteo Renzi e del Movimento Cinque Stelle, ha saputo costruire un percorso politico solido e coerente. Il suo approccio attento e misurato le ha permesso di evitare le insidie dell’eccessiva ambizione e della mancanza di coerenza, mantenendo la fiducia degli elettori e la stabilità del governo.

In un panorama politico complesso e mutevole, la strategia di Meloni potrebbe rappresentare un modello per i futuri leader, dimostrando che il vero successo in politica non si misura solo con la rapidità dell’ascesa al potere, ma con la capacità di mantenerlo attraverso saggezza, integrità e rispetto per gli elettori.




Pescara, convention FdI: Meloni annuncia candidatura alle europee

Il colpo di teatro arriva solo alla fine: perché la candidatura in tutte le circoscrizioni era oramai più che scontata ma lei chiede anche di scrivere sulla scheda “solo Giorgia, il mio nome di battesimo” perché “io sarò sempre e solo una di voi, una del popolo”.

Lo dice Giorgia Meloni dopo quasi un’ora di comizio, tra una battuta e l’altra pure sulle sue condizioni, “sull’ottovolante” per gli otoliti.

Lanciando non solo la campagna elettorale di Fratelli d’Italia per le europee ma anche la sfida a pesare il suo consenso personale, dopo un anno e mezzo alla guida del governo.
La premier dal palco vista mare di Pescara chiama il suo popolo al plebiscito su di sé (‘Giorgia Meloni detta Giorgia” sarà la dicitura sulla lista che consentirà di indicare come preferenza solo il nome) mentre in platea la ascoltano “l’alleato fedele” Antonio Tajani, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi.

Matteo Salvini, come annunciato all’ultimo, non c’è e fa solo una comparsata, collegato per strada, da Milano. “Ci ha preferito il ponte”, dice lei a metà tra lo scherzo e la punzecchiatura. Per poi infilarsi in 73 minuti di discorso in cui ripercorre la storia di Fratelli d’Italia, ricordando che alle scorse europee “mancammo di pochissimo il quorum del 4%” mentre ora il partito punta almeno a confermare quel 26% conquistato il 22 settembre scorso, che ha portato la destra al governo. Ora, è l’Europa a essere “a un bivio” e tutti “devono essere pronti a fare la loro parte” sprona parlamentari e militanti la premier, che è anche presidente di Fdi e di Ecr, quei conservatori europei che, è convinta, saranno “strategici e fondamentali” nella prossima legislatura Ue. L’impresa, “difficile ma non impossibile”, per Meloni, è quella di replicare a Bruxelles “il modello italiano” di una “maggioranza che metta insieme le forze del centrodestra” per “mandare all’opposizione la sinistra anche in Ue”.

“Mai con la sinistra” è il mantra, che serve a spazzare via, almeno per ora, le ipotesi di cedimenti dopo il voto, quando ci sarà da sedersi al tavolo delle trattative per i nuovi vertici europei. Anche perché – è il concetto che ripete da inizio anno la Meloni – un conto sono gli accordi per la Commissione, altro è una maggioranza stabile al Parlamento europeo.

Intanto, archiviata la conferenza programmatica (quello che ironicamente anche nel ‘fantacongresso’ che circola tra i Fratelli d’Italia viene definito il ‘Giorgia beach party”, che dava parecchi punti in classifica a chi lo pronunciava) ora “c’è la campagna elettorale”. E i dirigenti del partito già hanno iniziato a organizzare i prossimi appuntamenti. Non essendo “la leader del Pd so che il partito mi aiuterà”, ha detto Meloni lanciando una delle tante stilettate a Elly Schlein, cui tuttavia dà il ruolo di avversaria. E se “Giorgia”, come ha detto lei stessa dal palco, in giro andrà poco perché vuole restare concentrata sull’attività di governo, toccherà alla sorella, Arianna Meloni, uscire di più dalle retrovie di qui al voto dell’8 e 9 giugno (un appuntamento per la responsabile della segreteria e delle tessere sarà quasi sicuramente al Sud, in Salento).

Per il resto la premier sfodera il classico armamentario da comizio, attacca Schlein chiamandola direttamente per nome ma anche il Movimento 5 Stelle quando parla del Superbonus come della “più grande patrimoniale al contrario” fatta in Italia. E poi la natalità che deve diventare centrale, la difesa delle origini “guidaico-cristiane” dell’Europa, il cambio di passo già impresso a Bruxelles sulle politiche green, sull’auto, sui migranti. E l’ennesima difesa di Edi Rama (e un attacco a Report) “linciato da quella che poi chiamano Telemeloni, solo perché ha aiutato l’Italia”.

Alla fine il saluto con Ignazio La Russa (che si è perso l’Inter per sentire la premier ma ha la partita “registrata” e poi corre a vedersi il secondo tempo) e niente pranzo sul lungomare, dove pure la aspettavano. Non sta bene, sempre gli otoliti, dicono i suoi. “Se mi vedete sbandare – scherza lei dal palco – non vi preoccupate, cerco di stare ferma e ce la faccio”. Prima della frase più attesa: “Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di Fdi in tutte le circoscrizioni elettorali, se sopravvivo….”. 




Giorgia Meloni sui dossieraggi: “Fatto gravissimo, chi sono i mandanti?”

Il fatto è “gravissimo”. I metodi “da regime” e “i mandanti” sono quelli che ora vanno individuati per fare “molta chiarezza”. Finora non ne aveva parlato ma quando lo fa, Giorgia Meloni va giù dura. Senza mezzi termini. Perché questi “dossieraggi ad personam per passare le notizie ai giornali di De Benedetti” preoccupano e non poco il centrodestra.

Non tanto per l’esito delle elezioni in Abruzzo su cui tutti si dicono “ottimisti” a partire dalla premier. Quanto su quello che può esserci ancora dietro l’inchiesta di Perugia che ha scoperchiato almeno 800 accessi abusivi a banche dati pubbliche per raccogliere informazioni su personaggi politici ma anche su “normali cittadini”. Una questione “antidemocratica”, dice anche Antonio Tajani.

Una “vergogna che non si deve ripetere”, affonda Matteo Salvini, preannunciando denunce “in tutte le procure d’Italia”

Usano quasi le stesse parole i leader del centrodestra, che si ritrovano sul palco di Pescara per lanciare la volata a Marco Marsilio, in cerca di riconferma, dopo una giornata tra impegni (separati) di campagna elettorale. Perché il futuro dell’Abruzzo passa inevitabilmente in secondo piano di fronte alle carte dell’inchiesta per cui Meloni ringrazia “Cantone e Melillo”, che saranno sentiti dalla commissione Antimafia, come da loro stessa richiesta. Mentre Italia Viva vuole chiamare anche Federico Cafiero de Raho, ex procuratore nazionale antimafia fino a febbraio del 2022, che oggi però è anche deputato M5s e vicepresidente della commissione (già nel mirino anche di Forza Italia). L’audizione di un membro della stessa commissione “non ha precedenti”, spiega la stessa Raffaella Paita che ha annunciato l’iniziativa, su cui ora dovrà esprimersi la presidente Chiara Colosimo”.

Proprio il fatto che il procuratore di Perugia e il procuratore nazionale Antimafia abbiano chiesto di essere ascoltati – soprattutto dal Copasir, dove saranno auditi giovedì – ha fatto scattare l’allerta tra i parlamentari, soprattutto di maggioranza. Sul fatto che ci possa essere molto altro, e molto più “pericoloso”, di quanto emerso finora. Già così l’inchiesta sta sollevando più di un interrogativo. “C’è un regista?”, si chiede Tajani. “Qualcuno pagava, qualcuno sapeva, qualcuno ne approfittava”, incalza Salvini, sottolineando che gli accessi abusivi si sono concentrati soprattutto sul centrodestra. Mentre “il diritto alla privacy, garantito dall’articolo 15 della nostra Costituzione, è diventato ormai una sorta di aspirazione metafisica”, osserva il ministro della Giustizia Carlo Nordio, augurandosi un intervento “del legislatore” pure sulle intercettazioni.

Ma il centrodestra, come fa il presidente dei senatori di Fi Maurizio Gasparri, si spinge a chiedere su una vicenda “inquietante” un intervento “del presidente del Csm”, ovvero Sergio Mattarella che pure non cita mai, che dovrebbe “fare sentire la sua voce in questo scandalo enorme” come ha fatto “nei giorni scorsi sui temi dell’ordine pubblico”. Mentre Guido Crosetto sottolinea di non parlare “per rispetto dell’inchiesta” (“non parla la parte lesa – sottolinea però – ma parlano gli indagati”), nemmeno la premier era intervenuta sull’azione operata dal finanziere Pasquale Striano, al centro dell’inchiesta.

Ma arrivando a Teramo per la prima tappa elettorale (in solitaria prima del comizio a tre) a fianco di Marsilio, puntualizza che non si può certo parlare di “libertà di stampa” di fronte a un uso del genere delle “banche dati pubbliche”. E “gravissimo” dice in favore di microfoni che “in Italia ci siano dei funzionari dello Stato che hanno passato il loro tempo a violare la legge facendo verifiche su cittadini, comuni e non, a loro piacimento per poi passare queste informazioni alla stampa, ed in particolare ad alcuni esponenti della stampa”.

Dal palco – e sotto la pioggia – punterà il dito direttamente contro “il giornale di De Benedetti” (ci sono tre cronisti del Domani tra gli indagati) proprio nel giorno in cui Sergio Mattarella sottolinea il ruolo “indispensabile” della stampa richiamando però ciascuno alle “proprie responsabilità”. L’inchiesta, ancor più della sveglia arrivata due domeniche fa dal voto sardo, ricompatta il centrodestra, convinto che non si replicherà lo scivolone dell’isola. Nessun “effetto Sardegna” si dicono sicuri i leader sul palco (Salvini mancherà, sul finale, quando tutti risalgono per cantare l’inno d’Italia). “Intanto pensiamo all’Abruzzo” ma “ho già messo l’elmetto” dice con voce roca la premier guardando al vero appuntamento che farà da spartiacque, le prossime elezioni europee. “Succederà di tutto”, chiude la premier augurandosi intanto che Marsilio, che ha già centrato “l’impresa” di essere stato “il primo governatore di Fratelli d’Italia”, diventi anche “il primo nella storia dell’Abruzzo ad essere confermato per un secondo mandato”.




Velletri, comunali: piazza stracolma per Giorgia Meloni e Giorgio Greci

VELLETRI (RM) – Tanta passione ed entusiasmo, mercoledì pomeriggio, in una piazza Cairoli stracolma, per l’arrivo di Giorgia Meloni, leader nazionale di Fratelli d’Italia, giunta a Velletri in sostegno della candidatura a sindaco del dottor Giorgio Greci, impegnato ad assicurare al Comune di Velletri il sospirato ricambio dopo 10 anni di centrosinistra. In tantissimi coloro che non hanno mancato all’appuntamento, colorando la piazza del tricolore, oltre che delle bandiere delle tante liste in supporto del candidato sindaco. Giorgia Meloni non ha tradito le attese, infiammando i cuori dei presenti, che l’hanno lungamente applaudita quando ha toccato i temi più cari al suo partito e ai tanti cittadini accorsi.

L’appuntamento, in una piazza popolata di velletrani, si è aperto con l’intervento del generale Sergio Ferrazzano, portavoce veliterno di Fdi, che ha ceduto la parola ad un Giorgio Greci sempre più in palla, che non ha mancato di ringraziare i cittadini per l’affetto dimostrato in queste settimane di campagna elettorale.

“La nostra è una brezza che diventerà il vento del cambiamento. Avanti tutta, insieme” ha evidenziato Greci, che in precedente aveva ripreso l’acronimo a lui tanto caro, quello della parola STORIA, per andare a toccare i temi più cari a tutta la coalizione, partendo dalla sicurezza, per arrivare al decoro, passando per l’inclusività, la ricchezza e l’orgoglio di una Velletri il cui centro storico “deve tornare ad essere pulsante, in modo da rappresentare uno straordinario volano economico diretto e indotto per le aziende che vi ruotano attorno. Bisogna valorizzare la nostra città, con eventi ad hoc, riportando agli antichi fasti le risorse del nostro territorio, dalle opere architettoniche al patrimonio iconografico, passando per quello folcloristico e delle tradizioni popolari e dialettali” ha dichiarato Greci, prima di spostare il tiro sul decoro urbano: “Abbiamo sotto gli occhi, ogni giorno, le bellezze di Velletri e siamo costretti a guardare gli schiaffi che queste bellezze e risorse hanno ricevuto e stanno ancora ricevendo. Noi non dobbiamo e non vogliamo rassegnarci al degrado in cui versa la città e alla mancanza di prospettive per noi e per i nostri ragazzi. Se ci darete la vostra fiducia – ha dichiarato il noto medico veliterno -, raccoglieremo un’eredità pesante, fatta di decennio d’immobilismo, pressappochismo, clientelismo e d’insuccessi che sono sotto gli occhi di tutti. Noi siamo pronti comunque ad abbracciare questa causa, siamo pronti a metterci a lavorare e lo faremo con passione, perché abbiamo un sogno per cui lottare: lottare a testa bassa, gettando il cuore oltre gli ostacoli e lavorando per il bene di Velletri con passione. Abbiamo assistito ad anni di governo della città senza alcuna logica e alcun senso – ha evidenziato ancora Greci – se non quello della rassegnazione dei governanti trasferita sui cittadini. E’ arrivato il momento della speranza, della ripresa economica e dei valori. E’ arrivato il momento di passare dalla disperazione e dalla rassegnazione all’ottimismo”.

Mezz’ora di intervento strappa-applausi per Giorgia Meloni, che è tornata a Velletri, dove a settembre del 2017 partecipò attivamente al venticinquennale dalla scomparsa di Franco Ercoli. “Un’immigrazione che non può non essere regolata”, “una lotta evasione più incisiva e ragionata”, “la difesa del Made in Italy”, sono stati solo alcuni dei temi toccati dal leader nazionale di Fratelli d’Italia, che in tema di immigrazione e di subalternità dell’Italia nell’Ue, ha ribadito l’esigenza di “non essere più il campo profughi d’Europa. In Italia va tutto al contrario – ha aggiunto -, con un Pd che in questi anni ha fatto danni inenarrabili, con governi fantoccio, che invece di fare gli interessi degli italiani facevano quelli di chi ce li piazzava”.

“Siamo in presenza di una legge elettorale schifosa – ha ribadito Giorgia Meloni, prima di aggiungere -: siamo dei patrioti, e lotteremo ogni giorno per cambiare le cose, col buon senso e per amore della nostra terra. E’ per questo che il 10 giugno dovete votare per Giorgio! Se ognuno di voi convincerà 5 persone – ha concluso, alimentando ulteriore entusiasmo – arriveremo ad un’amministrazione monocolore”.

“Metteteci il cuore, l’entusiasmo, l’ardore” ha concluso Greci nel suo intervento, tra l’applauso fragoroso di una piazza straboccante di cittadini veliterni.

IL CONFRONTO DEI CANDIDATI A SINDACO A OFFICINA STAMPA

 




Governo, Meloni ci ripensa: Fdi pronta a sostenere i gialloverdi

Cambio di programma per il partito della Meloni che ha deciso di sostenere un eventuale governo M5s-Lega. “Una maggioranza in Parlamento c’è. Era pronta a fare un governo e aveva stipulato un contratto di governo. Noi siamo stati critici però arrivati a questo punto siamo anche disponibili a rafforzare quella maggioranza con FdI, perché crediamo che bisogna fare tutto quello che c’è da fare in questo momento per tirare fuori l’Italia dalla situazione di caos nella quale rischia di gettarsi. Presidente, ci rifletta perché non avremo molto altro tempo”, scrive Giorgia Meloni, leader di Fdi, su Facebook. “Presidente Mattarella noi non abbiamo condiviso alcuna delle scelte che ha fatto nelle ultime settimane. Però l’Italia è sotto attacco e non può permettersi in questo momento né un governo che vada in Aula prendendo forse 20 voti per farci ridere dietro dal mondo; né di tornare a votare il 29 luglio o il 5 agosto con l’attacco finanziario della speculazione in atto. Allora un gesto di responsabilità deve arrivare da tutti, soprattutto da chi si considera un patriota. Noi abbiamo da chiederle: provi a fare l’unica cosa che non ha fatto sinora, dare un incarico a chi era arrivato primo alle elezioni, al centrodestra, per formare un governo e verificare se in Aula – anche grazie magari all’astensione di altri partiti con la stessa responsabilità – c’è la possibilità di formare un governo, di calmare la situazione internazionale e di occuparci dei problemi degli italiani”.




Trattato di Caen, mare italiano alla Francia?: E’ scontro tra Farnesina e Meloni

Entrerà in vigore il 25 marzo l’accordo bilaterale tra Francia e Italia sottoscritto nel 2015 dall’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, oggi Presidente del Consiglio dimissionario, ed il suo omologo francese, secondo il quale diverse miglia marine passeranno dalle acque territoriali italiane a quelle francesi. In dettaglio saranno porzioni del Mare di Sardegna e del Mar Ligure che passeranno sotto la competenza di Parigi che già può contare sulle acque della Corsica da 12 a 40 miglia. Per quanto riguarda la Zona Economica Speciale (Zes) in prossimità delle acque sarde si estenderà l’influenza francese per 200 miglia. I risvolti economici per la Penisola posso essere gravosi dato che la zona marittima in analisi contribuisce alla crescita dell’industria ittica italiana ma soprattutto perché l’Italia rinuncerà allo sfruttamento di un giacimento di idrocarburi nei pressi della Sardegna che conta dimensioni di un decimo rispetto allo Zohr egiziano (il più grande del mondo). L’Italia è un importatore di risorse minerarie energetiche e con questa mossa si perderebbero 1.400 miliardi di metri cubi di gas e 420 milioni di barili di petrolio.

Fin qui sembra la solita storia all’italiana ma le cose peggiorano considerando che non sono previste royalties da corrispondere al governo italiano che si sorbirà solo i danni ambientali

Ci si aspetterebbe perciò una ratifica formale (come smentita) dal nostro inerme governo attraverso una legge, ma niente. Al contrario Macron inizia a Bruxelles una procedura unilaterale di ratifica che conferirà il 25 marzo suddetti tratti alla Francia, de iure. Anche se l’ambasciatore francese in Italia smentisce una modificazione delle delimitazioni marittime.

Mentre Gentiloni muove la danza del “Io non so nulla e non faccio nulla”, gli esponenti del centrodestra tra cui Meloni, Santanché e Calderoli sollevano le loro preoccupazioni

Il senatore della Lega poi chiarisce che qualora non si prenderanno i giusti provvedimenti sarà considerata l’ipotesi di far rispondere lo stesso Gentiloni di danno erariale all’Italia. Ieri la risposta della Farnesina che spiega come “l’accordo bilaterale del marzo 2015 non è stato ratificato dall’Italia e non può pertanto produrre effetti giuridici. A breve si terranno consultazioni bilaterali previste dalla normativa UE al solo fine di migliorare e armonizzare la gestione delle risorse marine tra i Paesi confinanti”.

Giorgia Meloni ha fatto sapere che la mobilitazione del Governo si è dovuta attendere fino alla protesta del centrodestra “Fratelli d’Italia continuerà a vigilare sull’integrità dei nostri confini marittimi. Raccoglieremo in un’interrogazione parlamentare le tante domande invase su questa vicenda e chiederemo che il nuovo Parlamento si esprima sui contenuti di questo trattato.”

La notizia di possibili cessioni di acque territoriali alla Francia è priva di ogni fondamento. Lo precisa la Farnesina, “relativamente alle dichiarazioni di alcuni esponenti politici”.

Nella nota non è fatto alcun nome, ma appare evidente il riferimento al Presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni che sul suo profilo Facebook aveva postato: “In assenza di un intervento del governo italiano, il 25 marzo entrerà in vigore il Trattato di Caen con il quale verranno scandalosamente sottratti al Mare di Sardegna e al Mar Ligure alcune zone molto pescose e il diritto di sfruttamento di un importante giacimento di idrocarburi recentemente individuato”, ha scritto Meloni. “Per questo Fratelli d’Italia intima il governo in carica ad agire immediatamente per interrompere la procedura unilaterale di ratifica attivata dalla Francia presso Bruxelles, che in caso di silenzio-assenso da parte italiana, conferirà de iure i tratti di mare in questione alla Francia arrecando un gravissimo danno ai nostri interessi nazionali”. “Chiediamo, inoltre, l’intervento del presidente della Repubblica Mattarella affinché questo trattato, che comporta variazioni del territorio italiano”, ha aggiunto la leader di FdI, “sia sottoposto al voto di ratifica del Parlamento come previsto dall’articolo 80 della nostra Costituzione”. Meloni annuncia anche di aver presentato con Guido Crosetto “un esposto alla Procura di Roma contro Paolo Gentiloni per fare piena luce su questa storia dai contorni torbidi”. La Farnesina spiega che “l’accordo bilaterale del marzo 2015 non è stato ratificato dall’Italia e non può pertanto produrre effetti giuridici”. L’ambasciata – dice ancora la Farnesina – riconosce che ‘le cartine circolate nel quadro della consultazione pubblica contengono degli errori (in particolare le delimitazioni dell’accordo di Caen, non ratificato dall’Italia)‘ e aggiunge che ‘esse saranno corrette al più presto possibile’”. Infine, dal ministero degli Esteri italiano sottolineano che “a breve si terranno consultazioni bilaterali previste a scadenze regolari dalla normativa UE al solo fine di migliorare e armonizzare la gestione delle risorse marine tra i Paesi confinanti, nel quadro del diritto esistente”.

La Meloni, nonostante le rassicurazioni della Farnesina – sempre dal suo profilo Facebook – attacca:

“Dopo le denunce e l’esposto presentato da Fratelli d’Italia in Procura, il Governo Gentiloni è stato costretto a smentire ufficialmente che il trattato di Caen preveda la cessione di acque territoriali italiane alla Francia. La mobilitazione va avanti e Fratelli d’Italia continuerà a vigilare sull’integrità dei nostri confini marittimi: raccoglieremo in un’interrogazione parlamentare le tante domande inevase su questa vicenda e chiederemo che il nuovo Parlamento si esprima sui contenuti di questo trattato. Per noi questo accordo è carta straccia e non deve essere ratificato”.

Ambasciata di Francia a Roma: il 25 solo una consultazione pubblica

I confini marittimi con la Francia sono immutati e nessuno, a Parigi o a Roma, intende modificarli. E quanto alla data del 25 marzo, “essa, come informa l’ambasciata di Francia a Roma, riguarda semplicemente ‘una consultazione pubblica nel quadro della concertazione preparatoria di un documento strategico’ sul Mediterraneo che si riferisce al diritto ed alle direttive europee esistenti e che non è volta in alcun modo a ‘modificare le delimitazioni marittime nel Mediterraneo’».

Il Trattato di Caen

L’ accordo – si legge dal sito del Ministero degli esteri – è stato firmato il 21 marzo 2015, dopo un lungo negoziato avviato nel 2006 e terminato nel 2012, per far fronte a un’obiettiva esigenza di regolamentazione anche alla luce delle sopravvenute norme della convezione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (UNCLOS). Al negoziato sulla base delle rispettive competenze hanno partecipato anche tutti i Ministeri tecnici – inclusi quelli che hanno responsabilità in materia di pesca, trasporti ed energia – che hanno avuto modo di formulare le proprie autonome valutazioni. Considerata la sua natura, l’Accordo di Caen è sottoposto a ratifica parlamentare e, pertanto, non è ancora in vigore. Per quanto riguarda, in particolare, i contenuti dell’Accordo, il tracciato di delimitazione delle acque territoriali e delle restanti zone marittime riflette i criteri stabiliti dall’UNCLOS, primo fra tutti il principio della linea mediana di equidistanza. Nel corso dei negoziati che hanno portato alla firma dell’Accordo, la parte italiana ha ottenuto di mantenere immutata la definizione di linea retta di base per l’arcipelago toscano, già fissata dall’Italia per la delimitazione del mare territoriale nel 1977. Inoltre, per il mare territoriale tra Corsica e Sardegna, è stato completamente salvaguardato l’accordo del 1986, inclusa la zona di pesca congiunta. Anche per quanto riguarda il confine del mare territoriale tra Italia e Francia nel Mar Ligure, in assenza di un precedente accordo di delimitazione, l’Accordo di Caen segue il principio dell’equidistanza come previsto dall’UNCLOS.

Il caso del peschereccio Mina

L’ ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ex Capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 2013 1l 2016 – rileva sul suo blog – che l’accordo era passato piuttosto inosservato fino a quando nel gennaio 2016 il peschereccio italiano Mina era stato fermato dalla gendarmeria marittima francese e scortato fino al porto di Nizza, con l’accusa di praticare la pesca del gambero in acque francesi. Solo dopo il pagamento di una cauzione di 8300 euro era stato rilasciato. Dunque, quelle che sembravano essere acque italiane erano diventate francesi. L’episodio fece deflagrare la questione dei confini e di porzioni di mare cedute alla Francia. E prosegue: mentre in Italia l’accordo non è stato mai ratificato, in Francia sembrava essere di dominio pubblico, tanto che la gendarmeria marittima era subito intervenuta pochi mesi dopo l’accordo fermando proprio il peschereccio Mina. Ad oggi, spiega l’ammiraglio De Giorgi, i confini tra acque italiane e francesi rimangono incerti.

Gianpaolo Plini




ROMA E CASTELLI ROMANI: DAL FLOP DI FORZA ITALIA ALLA TENUTA DEL PD, ECCO I NUOVI EQUILIBRI

di Chiara Rai

Castelli Romani (RM) – Un bilancio amaro per la vecchia politica a Roma e Castelli Romani dove i dati parlano chiaro: Forza Italia è defunta la nuova leadership è in mano a Fratelli d’Italia e Lega e i grillini hanno abbattuto la ormai superata divisione tra destra e sinistra. Intanto a Roma il M5s risulta essere il primo partito, con una percentuale che si attesta al 35,44%.

Alle comunali del 2013 era al 12,82%, quindi ha quasi triplicato le preferenze. Alle Elezioni Europee del 2014 la percentuale era del 24,95%. La sfida al ballottaggio sarà tra Raggi e Giachetti che incassa un 24,77. Non è detto che la sfida finale possa riservare la sorpresa di Giachetti eletto sindaco, sarà un’ulteriore sfida per i grillini riuscire a tenere testa al Pd che comunque, almeno per questa prima tornata, esce sconfitto e indebolito.

Ottimo il risultato di Giorgia Meloni rispetto al superato Marchini: 20,69 rispetto al 10,91. Dati che non lasciano spazio a malintesi sulla fine del partito di Berlusconi.

E così è successo anche ai Castelli Romani dove il dato di Marino è pressoché significativo: il regno di Adriano Palozzi è finito e tutti i mal di pancia dei marinesi si sono riversati sul voto ai grillini che sono in testa con Carlo Colizza al 32,20 seguito da eleonora Di Giulio con il 31,58: solo un “nazareno bis” potrebbe permettere la conquista della città del vino da parte del Pd e sottobanco gli accordi potrebbero esserci eccome del resto parla la storia. Cecchi, candidato di Palozzi, ha preso un 24,57% mentre Sabrina Minucci è riuscita a strappargli quasi il 10 per cento una vittoria per Fdi che guadagna terreno. Giulio Santarelli ha preso circa il 3% in coda ai candidati marinesi.

Ad Ariccia ha vinto il civico Roberto Di Felice che ha raggiunto quasi il 60% di consensi, un vero e proprio plebiscito rispetto al 34% incassato dall’”erede” di Emilio Cianfanelli Mauro Serra Bellini. Il candidato Fdi Roberto Cuccioletta ha incassato quasi il 5 per cento di consensi. Ultima Luisa Sallustio con un 3,28 per cento ma i dati definitivi devono ancora arrivare.

A Genzano dove era quasi certa la vittoria di Flavio Gabbarini al primo turno sarà ballottaggio tra il sindaco uscente che si attesta intorno al 43% e i Cinque Stelle di Daniele Lorenzon che hanno incassato quasi il 22%. Certo è che se non ci fosse stata la corsa solitaria di Patrizia Mancini, che da sola ha incassato quasi il 9% di consensi, Gabbarini sarebbe passato subito. Il candidato di centrodestra Papalia che si è presentato con tre liste civiche ha incassato il 13,04 per cento, probabilmente lo ha penalizzato il fatto di aver deciso di correre senza simboli di partito nonostante la sua chiara provenienza politica. Ago della bilancia saranno anche i voti di Michele Savini (11,20 %) altra espressione di centrosinistra che ha deciso di concorrere in solitario al primo turno.




ROMA ELEZIONI: GIORGIA MELONI PRESENTA I SETTE OBIETTIVI CAPITALI

Red. Politica

Roma – “Abbiamo scelto sette obiettivi, i sette peccati della capitale. Su questi sette obiettivi ci mettiamo la faccia e chiediamo ai romani di giudicarci nei cinque anni e su questi obiettivi prendiamo impegni precisi e misurabili per i primi cinque anni di amministrazione della capitale, impegni sui quali mettono la faccia tutti i candidati”: questi obiettivi li ha presentati ieri mattina la candidata sindaco di Roma per Fratelli d'Italia-AN Giorgia Meloni all’Auditorium della Conciliazione, evidenziando i punti principali del suo programma elettorale.

“Ci abbiamo lavorato molto – ha esordito la Meloni – perché la differenza tra noi e gli altri è che noi prendiamo sul serio la possibilità di governare questa città”. I sette obiettivi riguardano: Buche e piano strade, Trasporti, Raccolta differenziata, Aree e stabili occupati, Asili nido e famiglia, Turismo, Periferie e bellezza. Per quanto riguarda le strade la Meloni ha ironizzato: “Una volta si diceva tutte le strade portano a Roma, il problema è quando ci arrivi a Roma”.

L’impegno è quello di “mobilitare da qui al 2021 cinquecento milioni di euro, per tutte le strade ad alta percorrenza, e di rifare la segnaletica orizzontale in un anno e quella verticale in cinque”. Per quanto concerne i trasporti, l’obiettivo è “completare la metro C e aprire una vertenza per farla arrivare fino a piazzale Clodio”. Sui rifiuti la sfida è quella di arrivare al “75% di raccolta differenziata”, mentre sui campi Rom la Meloni vorrebbe rimpiazzarli con delle “foreste urbane”. Sugli stabili occupati la Meloni ha invece parlato della necessità di avere un “Sindaco inflessibile nel chiedere al prefetto lo sgombero di questi stabili”.

La candidata sindaco vuole poi investire sugli asili in modo da far tornare al centro la famiglia, perché “non è vero – secondo la Meloni – che le famiglie italiane non vogliono più fare figli, è vero che i figli sono diventati un bene di lusso”. Su turismo e periferia le proposte della Meloni si intrecciano: l’idea è quella di spostare i ministeri di via XX settembre in periferia, “dove portano ricchezza e movimento”, per “rendere via XX settembre una strada con due chilometri di musei come accade a New York davanti a Central Park”. “Stamattina – ieri Ndr. – presentiamo il nostro programma in una versione inedita. Presentiamo 7 vizi della Capitale, numero simbolo per la città, per darci 7 obiettivi concreti nei cinque anni che possano essere misurabili dai cittadini della Capitale, su alcuni grandi questioni: rifiuti, manto stradale, la difesa della famiglia abbandonata, la valorizzazione delle periferie, il turismo in calo. Su tutte queste questioni ci presentiamo con obiettivi numerici che vogliamo centrare nei prossimi anni”. Così la candidata sindaco Giorgia Meloni, arrivando alla sua iniziativa elettorale all’Auditorium Conciliazione, dove sta presentando i sette obiettivi principali negli eventuali cinque anni di governo della Capitale.

 




GIORGIA MELONI SI CANDIDA A SINDACO. BERLUSCONI: "BERTOLASO VINCE AL PRIMO TURNO"

di Angelo Barraco
 
Roma“Ho trovato una città di mattoni, ve la restituisco di marmo” disse il primo imperatore romano Ottaviano Augusto. Il futuro  Sindaco di Roma darà il giusto vigore ad una città che è stata rasa al suono da scandali e che ha voglia di rialzarsi? La corsa al “trono” è ambita da molti, romani e non. Il nuovo “Re” di Roma, farà diventare la città di mattoni  in marmo? Al di là delle citazioni storiche, Roma ha un nuovo candidato a Sindaco, Giorgia Meloni. “Sono venuta ad annunciare dopo attenta e accurata riflessione che ho deciso di correre per la carica di sindaco di Roma. Bisogna tornare all'orgoglio di essere romani: prima c'era l'orgoglio di essere cittadino romano, ora si pensa ai topi, a mafia capitale: sono spaventata che i cittadini non ci credano più. Bisogna tornare all'orgoglio di dire 'civis romanus sum', bisogna alzare la testa. Credo che una donna debba scegliere liberamente, nessun uomo può dire ad una donna cosa deve fare o non fare. Per questo ho scelto di scendere in campo anche se incinta. E Roma ha come simbolo una lupa che allatta due gemelli. Avrei preferito godermi i mesi più belli per una donna in un altro modo, ma ho sempre considerato che se non ci fosse stata un'opzione migliore la mia candidatura sarebbe stata in campo” ha aggiunto inoltre “Non ci sarà l'ombra di Alemanno, i romani sanno che non c'è nessun rapporto con Alemanno che sta fondando un nuovo movimento alternativo a FdI. Ci sarà discontinuità rispetto agli errori del passato”. Giorgia Meloni si è poi rivolta a Guido Bertolaso: “Il tuo curriculum è valore aggiunto, dacci una mano, vieni qui, lavoriamo ancora insieme. Bertolaso non è riuscito a tener compatta la coalizione e a scaldare il cuore dei romani. Dico a Bertolaso: non farti strumentalizzare, si può fare ancora insieme. Non mi interessa la leadership del centrodestra, mi interessano i romani. Voglio fare un appello a Salvini, a Berlusconi e a tutto il campo del centrodestra: aiutatemi a non lasciare Roma ai 5 stelle, vinciamo insieme, si può fare”. La Meloni precisa che tra i suoi primi possibili provvedimenti c’è quello di “Distribuire servizi sociali secondo anzianità di residenza, prima ai romani”. Anche Matteo Salvini ha espresso, su Twitter, un commento a favore della candidatura della Meloni: “Se a Roma non ci fosse stata la SCIAGURA Marino oggi non si voterebbe, la #Meloni è la candidata migliore per la città”. Berlusconi invece si dice sicuro della vittoria di Bertolaso: “"Ho quasi la certezza che Guido Bertolaso vincerà al primo turno con la sua lista civica che sarà affiancata da quella di Forza Italia. Abbiamo messo mesi per convincere il dottor Bertolaso a mettere da parte i programmi che aveva, tra l’altro insieme a me, di costruzione di ospedali nei Paesi poveri e di dedicarsi alla sua città, che è la Capitale, che è in una situazione di degrado dopo anni di mal governo. Con tutti gli altri leader del centrodestra lo abbiamo convinto, lo abbiamo confermato con dichiarazioni pubbliche comuni, improvvisamente ci sono questi cambiamenti. Purtroppo devo prendere atto che c’è gente che cambia idea al cambiar della temperatura e dell’umidità”. Si è espresso anche in merito a Salvini: “Penso che si sia fatto mal consigliare dai suoi, e si sia fatto trascinare in una logica di scontro locale. I leghisti di Roma sono tutti ex fascisti quindi hanno vecchie liti tra loro che sfociano tutti i giorni. Credo invece che avere un buon sindaco sia quello che interessa i romani. Quindi avendo trovato un fuoriclasse come Bertolaso, mi sembra assurdo cambiare ipotesi. Se qualcuno ha cambiato idea saranno i romani a trarre le conclusioni”, l’ex Cavaliere inoltre si è detto sicuro che la candidatura di più soggetti del centrodestra non porti alla sconfitta “abbiamo una lunga campagna davanti. Bertolaso pian piano verrà conosciuto da tutti i romani per tutte le grandi cose che ha fatto. I romani, che come tutti gli italiani in questo momento sono disgustati dalla politica, non guarderanno alle loro simpatie politiche ma al proprio bene, e cioè avere qualcuno che possa togliere la loro città dal degrado”. 
 
Silvio Berlusconi aveva fatto un’osservazione su Giorgia Meloni che aveva suscitato polemiche: “Una mamma non può dedicarsi a un lavoro terribile e Roma ora è un lavoro terribile. Fare il sindaco di Roma vuol dire stare in giro e in ufficio 14 ore al giorno. Non credo possa essere scelta giusta per Giorgia Meloni”. L’ex Cavaliere fa queste esternazioni a Radio Anch’io, facendo emergere una tangibile preferenza nei riguardi di Bertolaso: ““Andiamo avanti con i candidati scelti. Bertolaso ha chiarito che era una battuta per difendere la Meloni, io stimo molto Giorgia Meloni, non a caso ne ho fatto una delle ministre più giovani”. E’ chiaro che l’ex Cavaliere nutra rilevante interesse per la candidatura di Bertolaso “Ci sono delle persone che per egoismo la spingono ad accettare. Sono tranquillo che tutto tornerà per come deve essere, con Bertolaso" ha precisato inoltre “Il 12 febbraio, io Salvini e Meloni abbiamo ringraziato Bertolaso per aver accettato la candidatura a Roma. Ora non so se qualcuno ha cambiato idea ma in politica, così come nella vita, la parola va rispettata”. Berlusconi ha aperto una parentesi su Bertolaso “Appena tutti i romani avranno avuto modo di conoscere bene quello che Bertolaso ha fatto, la sua capacità e efficienza, saranno entusiasti. Quelli a carico di Bertolaso sono due processi politici, sono una stupidaggine. io di processi così ne ho avuti 67. Noi andremo avanti con i candidati migliori, scelti in ogni città dalle commissioni che abbiamo istituito. Nella città abbiamo bisogno non di politici ma di 'uomini del farè. Se la casa è allagata serve un idraulico, non uno che sa fare i comizi”. Ma non è tutti, l’ex Cavaliere si rivolge parla di Campi Rom e si rivolge a Salvini dicendo “Non c'è la possibilità di entrare nei campi rom con una ruspa e buttarli per aria, bisogna risolvere il problema del loro collocamento e penso a dei quartieri in giro per l'Italia come abbiamo fatto a L'Aquila, e poi vanno offerti loro dei lavori pubblici”. E’ intervenuto Bertolaso che ha puntualizzato “Berlusconi e Salvini nei campi rom di Roma non ci sono mai stati, io sì. I rom di cittadinanza italiana hanno diritto di essere ospitati in maniera più decente, ma il problema sono i campi rom abusivi”



ELEZIONI: GIORGIA MELONI PRONTA CANDIDARSI A SINDACO DI ROMA

Redazione

Roma – La leader di Fratelli d’Italia avrebbe già deciso di scendere in campo. Una nota del suo partito annuncia l'ok unanime alla candidatura e l'ufficializzazione per domani anche se lei tiene a precisare che ci penserà ancora 24 ore prima di sciogliere la riserva. Si gioca sul filo del politicamente corretto la battaglia odierna per la lunga corsa alla conquista di Roma. Silvio Berlusconi si è schierato a sostegno delle parole di Guido Bertolaso sull'impegno di Giorgia Meloni in una campagna elettorale mentre è in attesa di un figlio, gelando le ipotesi di una sua discesa in campo. Ma altrettanto freddo e' Salvini verso Bertolaso e l'interessata si e' presa ancora qualche ora per sciogliere la riserva e comunicherà domani la sua decisione.

"E' una cosa chiara a tutti che una mamma non puo' dedicarsi a un lavoro che, in questo caso, sarebbe terribile perché Roma è in una situazione disastrosa e Giorgia Meloni stessa lo aveva detto, poi per egoismo i suoi stessi del partito la spingono" afferma il leader di Forza Italia di prima mattina. "Non credo possa essere una scelta giusta" ribadisce, chiarendo che si tratta di una valutazione "nell'interesse stesso" della leader di Fdi e che Bertolaso aveva espresso la sua perplessità sulla candidatura "per difendere Meloni da chi, nel suo partito, la tira per i capelli". "Certo che una mamma puo' fare il sindaco. Assolutamente si'" ribatte pochi minuti dopo Matteo Renzi. "Ma io spero che lo faccia Giachetti. Basta con le polemiche" sulle amministrative, dice ancora il premier, "si faccia la campagna elettorale e vinca il migliore".

Ma se il presidente del Consiglio pone l'accento sulla correttezza o meno delle affermazioni di Bertolaso, nel centrodestra il dibattito si amplia alla scelta politica sulle candidature. Berlusconi conferma che per lui il candidato resta l'ex capo della Protezione civile. Ma Matteo Salvini conferma il suo veto: "Per noi a Roma c'e' solo Giorgia e Berlusconi si ricordi che ho piu' voti di lui". Sulle obiezioni di Bertolaso alla mamma sindaco, il leader leghista taglia corto: "lui e' fermo a 50 anni fa, e' pieno di mamme che lavorano e donne che lavorano, incinte e dopo il parto". Ma sul piano politico analizza: "Non credo Berlusconi, ma tanti dentro Forza Italia sono nostalgici degli inciuci con Renzi e stanno lavorando per perdere e fare un favore a Renzi. Se vogliono andare con Verdini e Alfano vadano pure, io non sono nato per inciuciare". Intanto l'interessata riflette e si prende ancora un po' di tempo per decidere se scendere nell'agone o no. L'Ufficio di presidenza di Fratelli d'Italia "si e' detto favorevole alla candidatura di Giorgia Meloni a sindaco di Roma", si legge in una nota del partito. "Il presidente di FdI comunicherà domani la sua decisione definitiva dopo aver sentito gli alleati del centrodestra"