George Michael: una sottile linea bianca che conduce alla morte

 
di Angelo Barraco
 
Londra – Il giorno di Natale è morto all’età di 53 anni l’icona del pop mondiale George Michael, personaggio che negli anni, attraverso la sua musica, ha fatto sognare milioni di giovani, dai Wham! Fino alla carriera solista, vendendo oltre 100 milioni di dischi. Una carriera che costantemente è stata oggetti di attenzioni mediatiche per via delle sue scelte sessuali e le sue provocazioni sessuali che, nell’epoca del bigottismo e restrizione mentale, hanno rappresentato l’espressione incontrastabile di libertà e volontà di far reagire un popolo alla repressione di un paese ancorato a vecchi dogmi.
 
La morte di George Michael, secondo quanto dichiarato ufficialmente dal manager, sarebbe avvenuta per insufficienza cardiaca e la Polizia ha precisato che “non ci sono circostanze sospette” e il suo staff ha affermato che è “morto serenamente in casa sua”. Tutto sembrava apparentemente chiarito e risolto ma ecco che improvvisamente spunta su Daily Telegraph  un’agghiacciante tesi alternativa che ipotizza come causa dell’arresto cardiaco un’overdose di eroina. Sarebbe stato proprio il compagno a chiamare i soccorsi nel momento si sarebbe trovato di fronte il compagno privo di vita sul letto ad ora di pranzo.
 
Il quotidiano riporta inoltre che “nell'ultimo anno Michael ha lottato contro una crescente dipendenza dall'eroina”. Rivelazioni sconvolgenti emerse a seguito di alcune rivelazioni del compagno che fanno emergere ancora una volta l’entità del problema-droga all’interno del mondo del rock. In un periodo in cui tale problema sembrava apparentemente superato con lo sviluppo tecnologico e l’avvento di nuove forme di informazione e di prevenzione, sembra invece che la droga sia ancora un piaga sociale che si estende a macchia d’olio in modo inarrestabile, una sottile linea di sangue sta mietendo vittime nel mondo del rock e non solo, facendo calare il sipario ad uno spettacolo triste e dal sapore amaro.
 
La droga come appagamento personale per estraniarsi dalla realtà e raggiungere stati mentali alterati che consentono di poter nascondere velatamente un disagio o un’insoddisfazione, seppur momentanea,  è questa la costante psicofisica che vivono molti artisti che attraversano la sottile linea bianca che li separa da morte certa e si avviano verso un’assunzione periodica che  li rende dipendenti e alza notevolmente il margine di tolleranza, spingendoli pian piano ad assumere sempre maggiori quantità di droga, fino alla morte. Soldi, successo e creatività si tramutano in polvere e diventano il veicolo attraverso il quale si innesta nella mente dell’artista la convinzione di migliorare le proprie qualità creative con l’alterazione e la distorsione della mente, senza considerare minimamente le conseguenze. Come mosche in un piatto gli artisti si spengono lentamente e improvvisamente.
 
E’ il caso di Prince, artista eclettico 57enne che ha saputo trasformare l’arte in musica e viceversa venuto a mancare il 21 aprile scorso in circostanze che in un primo momento risultavano poco chiare. Le indagini hanno però appurato che Prince è morto per un’overdose di oppiacei e le indagini avevano puntato l’attenzione su alcuni medici che avevano prescritto dosi eccessive di antidolorifici. Quando la vita di un’artista brilla di luce è un privilegio nonché un prestigio per coloro che si attorniano ad essa, ma quando la luce si trasforma in fumosa nebbia senza margini di visibilità allora non esistono vie di contrasto alla rassegnazione.
 
E’ il caso di Whitney Houston, 48 anni rinvenuta cadavere nei primi di febbraio di quest’anno in un hotel di Beverly Hills. Una vita di successi contrastata agli innumerevoli eccessi e una tossicodipendenza divenuta persino oggetto di un reality show, ma sono stati tanti i percorsi di riabilitazione non portati a termine, le ricadute, la voglia di ricominciare da zero e scrollarsi un fantasma troppo grande per un’anima così pura dentro ma distrutta in viso dalla sottile dama bianca. Alla tragedia si è aggiunta un’ulteriore tragedia, Bobbi Kristina Brown, figlia di Withney Houston e Bobby Brown p stata rinvenuta cadavere il 28 luglio. La 22enne è stata rinvenuta priva di sensi nel bagno di casa alla periferia di Atlanta. La giovane era rimasta in coma per sei mesi per gravissimi danni cerebrali dopo aver assunto droga e alcool. Vite che si spezzano e si annientano all’improvviso di personaggi dello spettacolo che hanno avuto tutto dalla vita: fama, successo, gratificazione personale, soldi e soprattutto un riscatto sociale che in passato era stato negato a molti di loro. Una vita artistica e musicale che ogni fan ha trasformato in propria attraverso quella musica e quelle parole di una singola canzone che sono divenute la storia di tante vite, un senso di responsabilità che ogni musicista porta con se e che dovrebbe indurlo a comportarsi in modo coscienzioso onde evitare cattive imitazioni da parte di ammiratori. Ma ciò di cui abbiamo parlato non è altro che una sottile linea bianca che parla di morte, autodistruzione e decadimento, in cui l’arte viene platealmente messa in un angolo per far spazio alla necessità egoistica di soddisfare un piacere fine a se stesso che induce alla lenta e precipitosa autodistruzione che induce alla morte. “Le fumerie d’oppio, dove si può comperare l’oblio, sono covi di orrore dove il ricordo di vecchi peccati può essere distrutto dalla follia di quelli nuovi” Oscar Wild.