Stretta dell’Europa sui terroristi per colmare le lacune: ecco le misure che propone oggi la Commissione

L’Europa corregge il tiro in tema di sicurezza e mette in campo nuove proposte per limitare sempre di più la libertà di soggetti ritenuti potenziali terroristi. La Commissione presenterà una serie di nuove proposte di sicurezza volte a prevenire la frode documentale e l’uso di false identità e norme più severe su esplosivi e controlli sull’importazione e l’esportazione di armi da fuoco. Oltre a controlli ancora più severi sui soggetti ritenuti potenzialmente pericolosi e che hanno un curriculum stilato dai servizi segreti di uno o più stati membri. Le proposte saranno presentate oggi stesso. La serie di nuove proposte in materia di sicurezza vanno a colmare le lacune legislative rimanenti in materia di sicurezza oltre alla pubblicazione della 14a relazione sullo stato di avanzamento verso un’Unione di sicurezza efficace e autentica. I commissari Dimitris Avramopoulos, Věra Jourová e Julian King presenteranno le proposte oggi dopo la riunione del Collegio a Strasburgo.

Juncker impegnato sul fronte della sicurezza

Dall’inizio del mandato della Commissione Juncker, la sicurezza è stata una priorità politica – dagli orientamenti politici del presidente Juncker del luglio 2014 al più recente discorso sullo stato dell’Unione nel 2017. Creare un’Europa che protegga anche le caratteristiche della dichiarazione congiunta sulla legislazione dell’UE è la priorità per il 2018-2019.

L’agenda europea sulla sicurezza guida il lavoro della Commissione in questo settore, definendo le principali azioni per garantire un’efficace risposta dell’UE al terrorismo e alle minacce alla sicurezza nell’Unione europea. Dall’adozione dell’Agenda sono stati compiuti progressi significativi nella sua attuazione, spianando la strada a un’efficace e autentica Unione della sicurezza.

La creazione di un portafoglio specifico del Commissario per l’Unione di sicurezza dimostra l’importanza che la Commissione Juncker ha attribuito alla costruzione della sua capacità di recupero e alla sua risposta alla minaccia terroristica.




Immigrazione: dalla padella africana alla brace italiana

Sogni di paradisi lontani: quanti falsi miti, quanti venditori di sogni e quanti ingenui che rincorrono miraggi nella terra del bengodi, lasciandosi dietro “Cieli infiniti e volti come pietra, mani incallite ormai senza speranza.” Salutando frettolosamente la terra amata, abbandonano i loro paesi inconsapevoli di finire in una situazione peggiore di quella che lasciano.

 

Mancanza di fiducia nel loro domani: Mentre attraversano il mediterraneo con i loro zaini pieni di sogni, lasciano alle loro spalle un vasto continente ricco di risorse idriche, forestali, minerarie ed energetiche come petrolio e gas naturale. Solamente che tutta questa “ricchezza” è mal distribuita sull’intero territorio e il più delle volte non coinvolge la popolazione locale nel ricavo economico. Interi territori presentano le migliori condizioni per l’energia pulita come  quella solare, quella  idroelettrica e la eolica, energia che ben sfruttata potrebbe concorrere all’irrigazione delle coltivazioni, che in Africa abbondano.

 

Dategli la canna per pescare non il pescato: Uno dei tanti aiuti che si possono dare “a casa loro” potrebbero  essere dei finanziamenti e progetti per sfruttare questa energia  e renderla accessibile alle piccole iniziative, concedendo  maggiore partecipazione alla giovane imprenditoria  locale  per disincentivarli ad abbandonare la loro terra.

 

Terre da mille opportunità:  Scorrendo alcuni dati dell’Economia dell’Africa e Povertà in Africa,  si scopre che il Kenya è la  terza economia dell’Africa  subsahariana dopo Sudafrica e Nigeria. Nel quinquennio 2002-2007 il Kenya ha avuto uno balzo nella crescita dal 3,5%  al 6,5%  annuo. Un risultato di tutto rispetto. Chi ha beneficiato di queste risorse? E’ facile indovinare. Il 60% di queste risorse sono andate  in mano al 2% della  popolazione. Non considerando una piccola percentuale di classe media,  l’83% della popolazione non ha migliorato la sua posizione sociale perché è stata  esclusa dalla divisione della nuova ricchezza. Questo dato ci dice che i giovani non fuggono dalla povertà bensì dalla mala distribuzione delle risorse. I vantaggi economici che offre il Continente lo hanno ben capito la Russia, la Cina, l’India ed il Brasile, paesi che stanno investendo  miliardi di dollari in Africa per assicurare le risorse naturali necessarie alla loro economia e nel contempo affermare la loro influenza politica. Si calcola che entro il 2020, grazie anche al dinamismo del Sudafrica, il Pil del Continente raddoppierà. Quanto appena detto, rende difficile capire perché si preferisce di emigrare in Europa e non sfruttare le prospettive che offre loro il Continente.

 

Africa terra di conquista: I paesi della fascia subsahariana rappresentano una realtà straordinariamente dinamica e promettente. L’agricoltura costituisce il settore trainante  dello sviluppo economico africano. L’arrivo sul territorio di nuove tecnologie ed infrastrutture  è dovuto alla  crescita degli investimenti stranieri, maggiormente provenienti dai paesi emergenti dell’area asiatica e dell’America Latina.

 

L’immobilismo dell’Europa in ritardo con i tempi: E’ imbarazzante l’immobilismo dell’Europa in tutto questo scenario mentre  il proprio  interesse sarebbe  partecipare più attivamente allo sviluppo dei paesi della fascia subsahariana da dove partono principalmente i migranti che arrivano sulle coste italiane. Tante vite sono state salvate nel mediterraneo dalle Ong. Meglio farebbero ad aiutare i giovani africani a non lasciare i paesi d’origine, evitando loro“ l’inferno” nei centri di accoglienza in Libia. Le suddette organizzazioni umanitarie potrebbero offrire loro consulenze  ed attività sindacali , dandogli altresì istruzioni sul come utilizzare le nuove tecnologie senza dover spostarsi dal proprio paese. La Costa d’Avorio con la sua prospera economia e grandi potenzialità merita ogni cooperazione dell’Europa , delle istituzioni internazionali e non solo.

 

“Da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni” (Karl Marx): Le Ambasciate, i Consolati e anche i Nunzi Apostolici,cioè i rappresentanti diplomatici permanenti della Santa Sede presso gli Stati,  potrebbero, secondo  chi scrive, incoraggiare  quei giovani a non abbandonare il loro paese , al contrario convincerli di rimanere  per accompagnare  il processo produttivo, lottare  reclamando migliori condizioni sociale, contribuire  a fare  progredire la vita della loro comunità. Guardare al futuro con più fiducia anziché accontentarsi di raccogliere i pomodori in terra altrui a condizioni degradanti. Quello che si è detto della Costa d’Avorio si può tranquillamente dire della Repubblica Democratica del Congo. Il Congo è anche esso ricchissimo di risorse naturali, forestali e minerarie. Dopo il Sudafrica ha l’economia più industrializzata del Continente. Rimane sempre il terzo produttore mondiale di diamanti. L’agricoltura anche qui gioca una parte molto importante dell’economia ed eccelle in silvicoltura,l’allevamento del bestiame e la pesca. Nell’agricoltura trovano lavoro il 75% della popolazione e il settore contribuisce per il 40% al Pil.

 

Le previsioni per il suo sviluppo sono molto incoraggianti: Non si spiega, anche qui, la voglia di espatriare di questi giovani che arrivano sulle coste italiane. L’Africa ha altri paesi come questi e ciò dimostra che“ il diavolo non è così brutto come lo si dipinge”.  In fin dei conti la “padella africana” non si discosta molto da altre “padelle italiane”.

 

È ora che le parole lascino spazio ai fatti: L’Europa come istituzione dovrebbe fare TUTTO nel suo potere affinché il migrante non arrivi in Libia. Lo dovrebbe fare  l’Europa, e non capisco perché si pretende lo debba fare  l’Italia da sola.

 

L’inconsistenza della politica estera europea: Occorre investire nei paesi subsahariani  come lo stanno facendo i paesi emergenti,  evitando a coloro che sognano “paradisi oltre il  mediterraneo” di passare dalla padella africana allo sfruttamento della brace italiana.

Emanuel Galea




Europa, cronaca di un fallimento annunciato


di Roberto Ragone
 
Per usare una metafora abusata, ormai assurta a luogo comune, i ‘Padri Fondatori’ dell’idea europea, nel vedere ciò che i nostri contemporanei ne hanno fatto,  si staranno rivoltando nella tomba. Alludo a coloro che vengono ufficialmente ritenuti all’origine di un progetto europeo, che avrebbe visto, nella loro intenzione, una unica federazione, all’americana, di tanti stati geograficamente europei, ma in realtà eterogenei e con storie, tradizioni, abitudini, lingue, monete, economie e politiche interne profondamente diverse.  Un po’ come pretendere di unire l’acqua e l’olio.
 
Ma si sa, il mondo usciva da una guerra devastante con decine di milioni di morti, con racconti di atrocità compiute da chiunque contro chiunque, e l’America, intervenuta a ribaltare le sorti di un conflitto che senza il suo intervento avrebbe sancito il dominio nazifascista, era un miraggio a cui tendere; oltre al fatto che tutti avevano un gran bisogno di qualcosa che garantisse la pace. Possiamo solo rimarcare, a posteriori, l’ingenuità di tale disegno anche un po’ romantico,  perseguito tenacemente sul piano economico, oltre che politico. Storicamente abbiamo sette nomi: gli italiani Alcide De Gasperi, e Altiero Spinelli, i francesi Jean Monnet e Robert Schumann,  il lussemburghese Josef Bech, il tedesco Konrad Adenauer, il belga Paul-Henri Spaak.
 
A questi s’aggiungono altri, citati nel sito web storico dell’Unione Europea come un vasto ‘gruppo eterogeneo di persone mosse dagli stessi ideali: la pace, l’unità e la prosperità in Europa’, come se il solo fatto di unire popoli e nazioni fosse garanzia di pace, unità e prosperità.  Tra questi ultimi troviamo il britannico Winston Churchill, il tedesco Walter Hallstein, gli olandesi Sicco Leendert Mansholt e Jan Willem Beyen. Ma certamente in quel momento storico l’opinione pubblica vedeva nell’unione di tanti stati che avevano partecipato al conflitto, e che ne erano stati deturpati, distrutti, assassinati, una soluzione imperitura che avrebbe potuto evitare che una terza guerra mondiale distruggesse definitivamente l’Europa.
 
In realtà, tante buone intenzioni erano destinate a naufragare, di fronte all’espansionismo di grandi potenze come gli Stati Uniti, che all’Europa e agli europei presentavano il conto, e della Unione Sovietica, decisa a conquistare al comunismo sovietico l’area del Mediterraneo. Tutto questo a grandi linee. Oggi, l’UE è ben altra cosa di quella che gli ideologi avevano progettato senza tener conto della natura dell’uomo. S'è finito per creare un carrozzone lento e burocratico, che, invece di semplificare e velocizzare qualsivoglia operazione, stenta, nelle pieghe di leggi, leggine e regolamenti, convocazioni, assemblee, commissioni, interventi, ideologie varie, a prendere decisioni che giustifichino la sua esistenza, partorendo, il più delle volte, il classico topolino. Succube, per stessa ammissione di chi a questo parlamento partecipa, delle lobby multinazionali, che impongono a quei parlamentari le loro decisioni commerciali. Dopo aver cercato invano di distruggere i nostri prodotti tipici, perché non rispondenti alle loro capotiche norme di produzione e sicurezza alimentare – mi viene a mente, perché la cosa mi ha colpito all’epoca, la proibizione di produrre ancora il nostro ‘Lardo di Colonnata’, un prodotto che esiste in quella forma solo in Italia, attacco sventato da una decisa reazione dei produttori italiani; e mi sovviene anche la classica frase, pronunciata a giustificazione di qualsiasi castroneria, "Ce lo chiede l'Europa". Come se l'Europa, o l'UE, fosse, Domineddio sulla terra  – nel tempo sono passati ad altro tipo di attacchi, per esempio l’imposizione di importare arance e altra frutta da paesi terzi, e olio d’oliva dalla Tunisia a milioni di quintali. Minando alla base quella che è la nostra economia, basata ancora molto sull’agricoltura e la produzione esclusiva di alcune tipicità. Altro attacco al nostro olio extravergine d’oliva è l’imposizione, purtroppo supportata a livello politico da una pretesa esigenza ‘strategica’, dal TAP, il gasdotto che porterà metano in Italia, e che è stato fatto passare attraverso i nostri secolari uliveti del Salento, quando molto più razionale sarebbe stato allungare il tratto sottomarino fino a Brindisi, già pronta a ricevere la pipeline. Non crediamo al fatto che questo non procurerà inquinamento e guasti, né crederemo mai alla parola delle multinazionali, o dei nostro governanti. Infatti, dietro ogni iniziativa c’è il profitto, a qualsiasi costo e senza scrupoli: come nel caso delle trivellazioni in Adriatico entro le dodici miglia, una volta proibite  e poi rientrate dalla finestra, in sordina. È in atto una operazione di grande respiro per impadronirsi della nostra penisola senza sparare un colpo, riducendo la forza lavoro alla miseria e alla disoccupazione, importando manodopera dall’Africa sotto forma di ‘migranti’, neologismo assurdo inventato per giustificare l’invasione – non sono anche gli Italiani stati ‘emigranti’, dopo la prima guerra mondiale, per fame? Ma con ben altri presupposti, checchè se ne dica. E gli Italiani hanno fatto grande l’America, un paese che aveva bisogno di riempire grandi spazi. Quelli che in Italia non ci sono. Ma torniamo all’argomento della nostra chiacchierata. Più di recente abbiamo scoperto, dalle pagine dei giornali, che l'invasione africana è stata permessa e propiziata dal nostro ex premier Matteo Renzi, in sede europea, in cambio di uno sforamento dei conti pubblici che gli avrebbe consentito di erogare le famose 'mance elettorali', a cominciare dagli 80 euro.
 
Oggi tutte le nazioni facenti parte di questa brigata Brancaleone hanno chiuso le frontiere ai migranti, costringendo l'Italia a 'salvare' gli occupanti dei barconi – in realtà andandoli a prendere in Libia entro le dodici miglia – operazioni compiute sotto molteplici bandiere, ma comunque remunerative. E quando la nave ha a bordo il suo carico umano, e chiede alla Capitaneria di Porto in Italia dove debba portare le centinaia di uomini, donne incinte e bambini senza genitori, la risposta è sempre quella: in un porto italiano, nonostante la legge del mare, quella stessa che impone di salvare i naufraghi, dica che la meta dovrebbe essere il porto più vicino, cioè, il più delle volte, Malta. La quale Malta non ci pensa proprio a ricevere neanche una comitiva in gita domenicale. Qui si dispiega il grande fallimento di una struttura voluta contronatura, che è ormai preda delle lobby e del profitto, e che tende ad appiattire ogni diversità nazionale. Oltre a pretendere di comandare in casa nostra e ad esigere versamenti miliardari: a pro di che? L'uomo della strada non lo può capire, oltretutto confuso com'è dalle notizie di banche e bancarelle, che sembra siano l'unico interesse del nostro governo. Don Matteo ultimamente pare abbia scoperto l'acqua calda: infatti ha dichiarato che con il Fiscal Compact non ci può essere crescita. Ma è la stessa cosa che da anni vanno ripetendo tutti gli economisti che siano obiettivi nei confronti di una politica che ha avuto il solo scopo di rendere l'Italia un paese di poveri.
 
Le statistiche parlano di 4,7 mln di persone in povertà assoluta: probabilmente è una cifra approssimata per difetto. La statistiche sono anche quelle che parlano di 'ripresa' economica, mentre si calcola come nuovo assunto anche chi ha svolto un lavoretto temporaneo, e così aumentano gli occupati. Ma, si sa, le statistiche distribuiscono sempre i dati, li spalmano, come si dice. Per cui sono rimasto esterrefatto nell'apprendere tempo fa che le mie entrate mensili assommavano a qualcosa vicina ai cinquemila euro, in quanto cittadino adulto di questa nazione. La verità è un'altra, nonostante Padoan. Il disegno parte da lontano, e la prima mossa decisiva è stata di Ciampi, il tanto celebrato personaggio già presidente del Consiglio, quello citato per l'ammontare – allora – delle sue numerose pensioni e vitalizi. Quello che disconnesse la Banca d'Italia dal Ministero del Tesoro, eliminando di fatto la possibilità di svalutare la lira a fine anno e pagare i debiti della nazione, sempre comunque virtuali. Per cui essi sono divenuti reali e impagabili.
 
La seconda mossa vigliacca è stata l'adozione dell'euro, targata Prodi. Tutto il resto, Monti compreso, è arrivato in seguito. Letta oggi si dice disgustato del commento di Renzi a proposito del suo "Stai sereno", che, a sentir lui, non sarebbe stato un colpo di Stato. Solo un colpetto sulla spalla. In puro stile renziano. Che fa fatica a rincorrere le sue stesse fantasie. Ora ha anche scritto 'un libro': il titolo è 'Avanti'; che non si sa se riecheggi nostalgicamente il giornale del Partito Socialista di Nenni o il titolo di un romanzo di Alberto Moravia: ma quello diceva "Davanti le donne", in una chiara allusione. Ormai a lui e alle sue bugie ci siamo abituati, e speriamo che nessuno lo prenda più sul serio. Forse crede di essere in un videogioco.



Emergenza migranti, l'Italia scrive all'Europa: "Situazione grave, ipotesi blocco porti"

 

Passo formale dell'Italia con la Commissione Europea sul tema dell'immigrazione. A quanto apprende l'Ansa, il governo avrebbe dato mandato al Rappresentante presso la UE, l'ambasciatore Maurizio Massari di porre formalmente al commissario per le migrazioni Dimitris Avramopoulos il tema degli sbarchi in Italia. Messaggio consegnato dall'Italia alla Commissione: la situazione che stiamo affrontando è grave, l'Europa non puo' voltarsi dall'altra parte. È insostenibile, viene spiegato a motivare il passo italiano, che tutte le navi che fanno operazioni di salvataggio approdino in Italia. Altrimenti – sottolineano fonti diplomatiche del nostro Paese – si potrebbe arrivare a negare l'approdo nei porti per le navi che non battono bandiera italiana e non facciano parte di missioni europee.

Nelle ultime 48 in Italia si stanno facendo sbarcare 12 mila migranti, da 22 navi, molte di queste di organizzazioni non governative.

Il governo italiano sta valutando la possibilità di negare l'approdo nei porti italiani alle navi che effettuano salvataggi dei migranti davanti alla Libia ma battono bandiera diversa da quella del nostro Paese. Lo si apprende da fonti governative secondo le quali è ormai "insostenibile" che tutte le imbarcazioni che operano nel Mediterraneo centrale portino le persone soccorse in Italia.

L'Italia, sottolineano le fonti, continuerà a salvare vite in mare come sempre ha fatto in questi anni, ma non è più sostenibile che tutto il peso dell'accoglienza debba gravare sul nostro Paese. Salvataggi e accoglienza non possono essere disgiunti e dunque il contributo dell'Ue non dovrà limitarsi alle operazioni di soccorso in mare. L'eventuale blocco dei porti italiani riguarderebbe non solo le navi delle Organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo centrale ma anche le unità navali inserite in Frontex, l'Agenzia cui spetta il controllo delle frontiere esterne dell'Ue, e in Eunavformed, l'operazione che ha il compito di contrastare nel canale di Sicilia i trafficanti di esseri umani, alla quale partecipano 25 nazioni europee.

"Se il fenomeno dei flussi continuasse con questi numeri la situazione diventerebbe ingestibile anche per un Paese grande e aperto come il nostro", ha evidenziato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parlando con il primo ministro canadese Justin Trudeau ad Ottawa. Il capo dello Stato spiega che si tratta di "un fenomeno epocale che non si può cancellare alzando muri ma occorre governarlo con serietà".

Per Mattarella, il fenomeno migratorio "va governato assicurando contemporaneamente la sicurezza dei cittadini".




Stangata dell'Europa a Google: multa record da 2,42 miliardi euro

 

BRUXELLES – La Commissione Ue ha deciso di imporre a Google una multa record da 2,42 miliardi di euro, la più alta mai comminata dalla Ue, perché ha abusato della sua posizione dominante nel campo dei motori di ricerca, dando un vantaggio illegale al suo servizio di comparazione degli acquisti. L'azienda ha ora 90 giorni per mettere fine alla pratica, oppure dovrà affrontare una nuova ammenda: fino al 5% del fatturato giornaliero di Alphabet.

Secondo la Commissione, Google ha sistematicamente dato maggior risalto al suo servizio di comparazione degli acquisti: quando un utente cerca su Google un prodotto, il suo servizio di shopping gli propone le varie possibilità accanto ai risultati in alto, quindi molto visibili. I servizi di comparazione degli acquisti dei suoi rivali, sono invece lasciati nella colonna dei risultati generici, selezionati dagli algoritmi generici. "Le prove dimostrano che il competitor messo maggiormente in risalto compare soltanto a pagina 4 dei risultati", scrive la Commissione. Il problema è che i consumatori cliccano molto più spesso sui prodotti più visibili, e quindi su quelli sponsorizzati da Google. I numeri non lasciano dubbi, spiegano i regolatori europei: i risultati sulla prima pagina guadagnano il 95% di tutti i click, quelli sulla seconda solo l'1%.

"La strategia usata da Google per i suoi servizi shopping non era solo attrarre gli utenti rendendo i suoi prodotti migliori di quelli dei rivali. Google ha invece abusato della sua posizione dominante sul mercato della ricerca per promuovere il suo servizio di comparazione dello shopping nei suoi risultati, declassando quelli dei suoi concorrenti. Quello che ha fatto è illegale per le regole antitrust", ha detto la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager. Per la commissaria ha "negato alle altre aziende la possibilità di competere sui loro meriti e di innovare", e "più importante ancora ha negato ai consumatori Ue una scelta genuina di servizi". La multa della Commissione di 2,42 miliardi, "tiene in considerazione la durata e la gravità dell'infrazione", ed è calcolata sulla base del valore dei ricavi che Google ha fatto sul servizio shopping. Inoltre Bruxelles chiede di mettere fine all'infrazione entro 90 giorni, rispettando il principio dell' "equo trattamento dei rivali e dei loro servizi".

"Non siamo rispettosamente d'accordo con le conclusioni annunciate oggi" da Bruxelles che impongono una multa record da 2,42 miliardi a Google, "rivedremo la decisione della Commissione in dettaglio in quanto stiamo considerando di fare ricorso, e continueremo a perorare la nostra causa". Lo ha dichiarato il vicepresidente senior e consigliere generale di Google Kent Walker, sostenendo che "quando si fa shopping online, si vogliono trovare i prodotti che si stanno cercando in modo veloce e facile".




Tar, maglia nera all'Italia: sono i più lenti d'Europa

 

Paese che vai, giustizia amministrativa che trovi. Se non solo in Svezia, ma anche in Ungheria, Estonia, Bulgaria, Slovenia e Polonia servono circa 100 giorni in media per risolvere un procedimento amministrativo (cioè che veda opposti cittadini ad autorità locali, regionali o nazionali) in primo grado, in Italia ne occorrono dieci volte tanto, ben 1000 giorni, vale a dire quasi tre anni, contro i tre mesi dei Paesi citati. E' uno dei dati che emergono dalla V edizione del Justice Scoreboard della Commissione Europea, che misura l'efficienza della giustizia nei Paesi membri dell'Ue. Solo Cipro ha una giustizia amministrativa più lenta di quella del Bel Paese, con circa 1.400 giorni per chiudere un procedimento in primo grado; il Portogallo è allineato all'Italia (un migliaio di giorni); seguono Grecia (circa 900) e Malta (500). Tra 100 e 500 giorni Olanda, Romania, Lussemburgo, Lituania, Finlandia, Francia, Spagna, Germania, Slovacchia, Croazia, Repubblica Ceca e Belgio. Non ci sono dati per Danimarca, Irlanda, Austria (dove la giustizia amministrativa non è separata da quella civile) e Regno Unito. In Repubblica Ceca e Slovacchia i casi pendenti includono tutti i gradi di giudizio. 

CAUSE CIVILI – L'Italia resta la lumaca dell'Unione Europea, superata solo da Cipro, per la lunghezza delle cause civili e commerciali. In media, secondo il quinto 'Justice Scoreboard', nel nostro Paese occorrono ancora oltre 500 giorni, in media, per chiudere una causa in primo grado (dato 2015).




Europa, così parlò Juncker "l'Unione va molto male"

di Angelo Barraco
 
Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea, è intervenuto davanti alla platea del Cese (Comitato economico e sociale europeo)  mantenendo sempre il suo stile che lo contraddistingue nell’esporre i concetti, abbattendo quelli che sono i muri della formalità e dell’imbarazzo, dando spazio alla schietta e dolorosa realtà oggettiva. Come un pugno allo stomaco ha detto ai presenti “Non parlo del Discorso sullo Stato dell'Unione, perché l'Unione va molto male. Un anno fa dicevo che non c'era abbastanza Unione e dopo un anno non posso che ripeterlo. Le rotture e le fessure sono numerose e sono pericolose. c'è ancora troppa disoccupazione, anche se l'Europa ha creato 8 milioni di posti di lavoro, il tasso di occupazione è vicino a quello degli Usa” precisando che diversi anni fa era “più basso di 5 punti”. Jean Claude Juncker ha parlato di una disarmonia che prevale sui Paesi Membri a pochi giorni dalla chiusura del primo vertice dopo la Brexit. Ha sottolineato che l’Unione Europea “è alle prese con le crisi dei rifugiati, la Brexit e la mancanza di investimenti” e che “in Ucraina e Siria e si dimentica che la Siria è un vicino dell'Europa, perché è molto vicina a Cipro”. Pungente come non mai dice ai presenti che la Ue si trova “davanti ad una policrisi”. Il Premier Matteo Renzi, nel corso di un’assemblea generare delle Nazioni Unite a New York, si era espresso sul tema rifugiati “Se l'Europa continua così, noi dovremo organizzarci in modo autonomo sull'immigrazione. Questo è l'unico elemento di novità di Bratislava, dove si sono fatte tante parole ma non siamo stati in grado di dire parole chiare sul tema africano. Ecco perché, con un eufemismo, non l'abbiamo presa benissimo. Juncker dice tante cose belle, ma non vediamo i fatti. E' un problema dell'Europa. L'Italia farà da sola, è in grado. Ma questo è un problema per l'Ue. Da parte nostra, la priorità è la questione dei rapporti con l'Africa, come abbiamo detto a Bratislava, e poi la lotta al terrorismo globale”. Certo, le parole del premier possono sembrare coraggiose agli occhi di chi vede l’Italia come un paese ospitante nei riguardi degli stranieri, ma la situazione in cui versano numerosi migranti dimostra che il nostro paese non è in grado oggettivamente di gestire tale situazione poiché vi sono fattori collaterali che dimostrano quanto sia esteso il problema di gestione e quanto sia difficile  monitorare tutto ciò.  Vi sono numerose strutture di accoglienza sovraffollate o mal gestite dove emergono tangibilmente episodi di violenza e dove gli immigrati non ricevono le dovute assistenze psicologiche a seguito del loro arrivo, vi è lo sfruttamento lavorativo poiché molti di loro hanno la necessità di introdursi nel mondo del lavoro per acquisire indipendenza ma l’assenza di permesso di documenti porta loro a svolgere attività in nero, sfruttati e sottopagati. Un fenomeno diffuso che si propaga a macchia d’olio e che genera a sua volta episodi di violenza e contrasti poiché la manovalanza straniera viene remunerata a basso costo rispetto a quella italiana quindi il datore di lavoro, per esigenze oggettive predilige la manovalanza straniera che non richiede diritti. Vi è il fenomeno dei migranti che non vengono registrati al momento dello sbarco e diventano fantasmi senza identità, nascosti nei sottoborghi della società. Ovviamente non dimentichiamo gli eroi che ogni giorno si impegnano in mare per salvare un numero considerevole di vite umane e per fare in modo che la loro esistenza sia diversa rispetto all’inferno che hanno vissuto in quei terribili giorni in mare. Ma Jean Claude Juncker la pensa diversamente poiché “Sui migranti ammiro lo sforzo dell'Italia per l'accoglienza. La crisi dei rifugiati è importante perché è il motivo per cui la Ue si divide” e puntualizza inoltre che UE “non deve lasciare sole l'Italia, la Grecia o Malta, paesi in prima linea che la Ue deve assistere”. Sottolinea “ammiro l'Italia, fa meglio della Grecia perché ogni giorno salva migliaia di vite, le navi di tutta Europa portano tutti in Sicilia e lasciano all'Italia il compito di nutrirli e ospitarli”. Ci deve essere la solidarietà nella ripartizione dei rifugiati –ha detto- “Alcuni paesi lo fanno, altri dicono di no perché sono cattolici e non vogliono musulmani. Questo è inaccettabile. Non possono fare la ripartizione, allora devono partecipare di più al rafforzamento della protezione delle frontiere esterne che va fatta entro fine ottobre”. Ha parlato anche di disoccupazione, evidenziando che c’è troppa disoccupazione e pochi giorni fa, a tal proposito, aveva dichiarato che “dal 2013 a oggi sono stati creati 8 milioni di nuovi posti di lavoro in tutta Europa, ma il livello di disoccupazione resta ancora troppo alto”,  in merito al patto di stabilità ha detto che “Il patto si stabilità non è stupido, come diceva un mio predecessore perché le cifre lo dimostrano e perché abbiamo inserito gli elementi di flessibilità” sottolineando che “nel 2009 il deficit medio era del 6,3%, ora la media è dell'1,9%". "E' la prova che il consolidamento progredisce”.



VOLKSWAGEN: MANIPOLATI I VEICOLI ANCHE IN EUROPA

di A.B.
 
Lo scandalo della Volkswagen ha coinvolto definitivamente anche l’Europa, a riferirlo è stato il Ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt che a Fox News ha riferito “Siamo stati informati che anche in Europa i veicoli con motori diesel 1.6 e 2.0 sono stati manipolati” e ha precisato inoltre che il numero di veicoli coinvolti non è ancora chiaro. Invece Massimo Nordio, a.d. Volkswagen Italia, scrive al ministro Galletti che i veicoli dotati di motore Diesel EU6 che si trovano attualmente in Europa “inclusi quelli in vendita sul mercato italiano, sono tutti rispondenti alla normativa europea per i gas di scarico EU6” invece su altri motori ci sono controlli in corso. Alle dimissioni di Winterkorn i mercati hanno reagito immediatamente e il titolo è balzato al 9% e ha chiuso a +5% e ha recuperato 3,3 miliardi. 
 
La vicenda porta con se uno strascico di dimissioni. Si dimettono Wolfgang Hatz di Porsche e Ulrich Hackenberg di Audi che lasciano il consiglio di amministrazione Volkswagen. Intanto la Francia ha già avviato le procedure di controllo avviando test su un campione di cento auto. Ad annunciarlo è il ministro dell’Ambiente, Segolene Royale. Se i proprietari daranno il loro consenso si potrà controllare il livello di emissione. Ma lo scandalo non si ferma poiché sarebbe coinvolta la Bmw e secondo alcune indiscrezioni la concessionaria invio delle lettere ad aprile in cui invitava i clienti USA a portare “le auto ai concessionari per ottimizzare le emissioni”. 

Il coinvolgimento della Bmw ha avuto le sue conseguenze poiché ha portato le borse a picco, malgrado la casa auto ha smentito le voci. Berlino comunque concordera' nei prossimi mesi nuovi test sulle emissioni delle auto europee, da effettuare su strada Intanto spuntano voci di un coinvolgimento di altre case automobilistiche nello scandalo. Il quotidiano tedesco Bild, citando dati del Icct, (International Council on clean transportation), scrive che alcuni modelli di Bmw avrebbero violato le norme sui tetti di emissione dei gas di scarico. A seguito di questi rumors, Bmw ha perso in borsa fino al 10% e continua la seduta in ribasso. La casa auto ha pero' smentito. Oggi invece Volkswagen farà i nomi dei responsabili. Alcune fonti sostengono che la compagnia non sceglierà soltanto il sostituto di Martin Winterkoun che si è dimesso qualche giorno fa con una liquidazione, si presume, di 28,6 milioni di euro. 
 
Intanto Ue. Tutti i 28 stati facciano indagini – "Incoraggiamo tutti gli stati membri a compiere le necessarie indagini e a riferire alla Commissione Ue", che "discuterà con loro come coordinarle al meglio e faciliterà lo scambio di informazioni". Così la portavoce dell'esecutivo comunitario al mercato interno Lucia Caudet sullo scandalo Volkswagen. "Accogliamo con favore le indagini avviate in Germania, Francia e Italia". Il tutto è partito con un’inchiesta negli Usa per violazione delle norme antismog. Come finirà? Chi pagherà tutto ciò se ci sono delle responsabilità?  



IMMIGRAZIONE: ARRESTATO UN ITALIANO PER TRASPORTO ILLEGALE DI 33 SIRIANI

Redazione

E’ stato arrestato dalla polizia ungherese nei pressi del lago Balaton un 52enne italiano per il trasporto illegale di 33 siriani. Lo rende noto il portavoce della polizia della contea di Veszprem, secondo il quale tra i 33 siriani ci sono anche due donne. Il veicolo con i migranti, secondo quanto si apprende, era diretto in Germania.


Intanto, non si arresta l’ondata di migranti che cerca di raggiungere le frontiere. In Austria, circa 12.000 migranti sono arrivati nelle ultime 24 ore nella località di frontiera austriaca di Nickelsdorf, al confine con l'Ungheria, e la polizia ha chiuso una autostrada, la A4, "per ragioni di sicurezza". Tra la mezzanotte e le 6 sono arrivate 3.670 e circa 8.000 nella giornata di giovedi'. La A4, nella provincia orientale di Burgenland, e' rimasta chiusa in entrambe le direzioni per 90 minuti. Successivamente e' stata riaperta soltanto nella direzione verso l'Ungheria. Il direttore della polizia regionale del Burgenland, Hans Peter Doskozil, ha denunciato che i servizi di assistenza sono giunti "al limite delle loro possibilita'".


Ban Ki Moon chiede all'Europa di aprire i suoi confini. Il segretario generale dell’Onu, in un’intervista a La Stampa ha ribadito: "Elogio la leadership e la solidarietà mostrata dagli europei, ma, nello stesso tempo, vista la gravità e la scala della crisi, mi aspetto che facciano di più per proteggere chi fugge dalla guerra. Bisogna ricordare che nel passato anche i popoli europei sono stati beneficiati dalle migrazioni, alla ricerca di libertà e opportunità migliori. Ora che sono diventati l'economia più grande e ricca del mondo, speriamo che mostrino la loro solidarietà globale e una leadership compassionevole. Perciò sollecito i leader europei ad aprire i confini e dare la necessaria assistenza umanitaria per salvare queste vite, mostrando compassione".


Orgoglio italiano. Il premier Renzi, in merito all’accoglienza ha ribadito: "Siamo fieri e orgogliosi del modo con il quale in Austria, in Germania, e altrove, i nostri connazionali europei, i nostri fratelli europei, hanno accolto i fratelli rifugiati. Noi lo stiamo facendo da mesi ormai". Lo scrive su 'Repubblica' il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Occorre , per il premier, "superare Dublino. Giusto che gli hotspot siano gestiti a livello europeo, ma cio' sara' possibile solo se ogni paese accogliera' un certo numero di ospiti (quote) e i rimpatri per chi non ha diritto di asilo veranno organizzati dalle Ue e non dai singoli Stati".

Infine, Renzi prosegue: "L'Italia ha sottovalutato il peso delle proprie iniziative in Libia e Siria. Non basta cacciare un dittatore o bombardare un nemico se poi non si vince la sfida educativa, culturale, economica in quei Paesi e, dunque, la sfida politica. In Medio Oriente, certo. Ma anche in Libia, ad esempio. Occorre maggiore attenzione all'Africa. L'Europa si e' concentrata negli ultimi anni molto sull'allargamento a est, ottenendo risultati altalenanti. Personalmente credo che oggi sia un dovere morale proseguire nell'allargamento, cominciando da Serbia e Albania. Ma e' anche arrivato per l'Europa il momento di fare un focus sul Mediterraneo, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione (cooperazione internazionale, aiuti allo sviluppo, moral suasion) a cominciare dal prossimo summit di Malta dell'11 e 12 novembre tra i Paesi della Ue e africani”.




EUROPA, IMMIGRAZIONE E… LA PRESA DI COSCIENZA DOPO LA FOTO DEL BAMBINO MORTO

di Angelo Barraco
 
Aveva la faccia in acqua il piccolo Aylan, il bambino profugo trovato cadavere nella spiaggia di Bodrum. L’immagine ha fatto il giro del mondo e ha scosso le coscienze anche di chi nutriva sentimenti di ripudio nei riguardi degli immigrati. Ma davvero si deve arrivare al limite, alla morte in questo caso, per capire che il problema dell’immigrazione è serio e va affrontato con l’unione di tutti gli stati europei? Evidentemente la risposta è si poiché davanti a questa foto così triste e disarmante, l’Unione Europea adesso cerca risposte su questa crisi umanitaria. Adesso la Commissione Europea chiederà agli Stati di dividersi l’accoglienza. Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, illustrerà le nuove misure nel discorso sullo Stato dell’Unione e intanto sia Francia che Germania si preparano all’accoglienza dei migranti. Ma anche gli USA sono molto preoccupati per la situazione europea che riguarda gli immigrati che tentano invano di raggiungere le nostre coste, e dopo aver visto la foto del bimbo di 3 anni morto, si è risvegliato nelle coscienze dei poteri forti il problema da affrontare: “Si tratta di un grande problema”, inoltre il generale Martin Dempsey riferisce “dobbiamo affrontare sia unilateralmente che con i nostri partner questa questione come un problema generazionale, e organizzarci e preparare le risorse ad un livello sostenibile per gestire (questa crisi dei migranti) per (i prossimi) 20 anni”. Intanto l’irreprensibile Germania fa un passo avanti dicendo che è pronta ad accogliere 800.000 richiedenti asilo nel 2015, un numero quattro volte superiore rispetto a quello dell’anno scorso, intanto le città spagnole di  Barcellona, Saragozza, Pamplona, Valencia, Malaga, La Coruna e Madrid avviano una gara di solidarietà per accogliere gli immigrati. Anche nei confronti del Regno Unito si è mosso qualcosa, 130mila persone hanno firmato online affinchè il Regno Unito accolga un numero maggiore di immigrati. Intanto qualche giorno fa un’altra notizia aveva scosso gli animi, ovvero che la polizia ceca aveva segnalato gli immigrati con un numero scritto sulla pelle, notizia che ha portato alla mente vecchie stragi mondiali e ha riacceso un fuoco di polemica. Ciò che emerge è che la polizia ceca ha smesso di segnalare i profughi con un numero ma da ora in poi utilizzeranno braccialetti con dati di identificazione. Intanto interviene anche Putin in merito alla crisi europea riferendo che era prevedibile e che la Russia aveva “avvertito della vastità del problema”. Putin sostiene inoltre che l’Ue ha “ciecamente seguito la politica Usa verso la Siria. I Siriani che abbandonano il loro Paese non lo fanno per il governo di Assad ma per colpa di Isis”. 



EUROPA: CRESCE DEL 6% IL NUMERO DEI VACANZIERI ESTIVI

di Matteo La Stella

La crisi economica degli ultimi anni ha reso, per molti, la vacanza estiva un vero e proprio tabù. In procinto d'estate però, il 2015 rivendica un'inversione di tendenza quanto meno inaspettate: secondo il termometro delle vacanze varato da Ipsos per Europ Assistance, infatti, la percentuale dei vacanzieri europei è in crescita, con un'impennata di 6 punti percentuali rispetto al 2014, arrivando a toccare soglia 60%, il risultato migliore degli ultimi 3 anni. 

Lo studio, effettuato su un campione di 3510 europei provenienti da Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna, Belgio e Austra; evidenzia la crescita tra le fila di coloro che partiranno almeno una volta nel corso dell'estate, segno che le rinunce degli anni passati, sono per molti solo un ricordo lontano. Le intenzioni di partenza degli europei passati al microscopio sono sostanzialmente uniformi, con l'Italia che, a fronte di una situazione economica tutt'altro che rosea, ingrana la marcia e riparte con 8 punti percentuali in più dello scorso anno, raggiungendo la soglia del 60% delle partenze. A sorprendere è anche la Spagna che, forte di un incremento del 18%, equipara la situazione iberica al 60% italiano. Il Belgio, sfonda il traguardo del 57% con un incremento di 10 punti percentuali mentre, per Francia e Germania, dove i vacanzieri sono rispettivamente il 63% e il 62%, l'incremento oscilla tra i 5 e i 6 punti percentuali. La Gran Bretagna, intanto, mantiene lo standard del 55% mentre in Austria, dopo l'expluà del 2014, si registra un leggero calo di 4 punti percentuali: dal 66% al 62%. Il budget medio europeo, calcolato sui 2.390 euro, rispecchia principalmente l'aumento dei paesi continentali. Coloro che invece affacciano sul mediterraneo, Bel Paese compreso, devono pagare lo scotto di un budget più limitato e in diminuzione rispetto allo scorso anno.

L'Italia chiude in ultima posizione con una detrazione di 90 euro sul budget delle vacanze che diminuisce fino a quota 1.708 euro. Stessa storia per la Francia che perde 46 euro, mantenendo un budget molto vicino alla media a quota 2.181 euro e per la Spagna che arriva a toccare i 1.719 euro. Nel continente, invece, nazioni come la Germania e l'Austria, subiscono un incremento di 60 e 68 euro sul budget delle ferie, andando rispettivamente a toccare i 2.457 e i 2.610 euro. La meta marittima mantiene l'appeal di sempre per l'estate, con un 62% dei viaggiatori che la preferiscono, anche se la cavalcata della montagna non si arresta affatto, con un numero sempre maggiore di estimatori che scelgono di passare i giorni di stop in quota.

I viaggi in Europa acquistano 3 punti percentuali, raggiungendo vetta 79%, anche se 4 su 10 preferiscono muoversi sul territorio nazionale. Inoltre, Francia, Italia e Spagna si confermano le mete più gettonate con la Spagna che acquista 5 punti percentuali rispetto al 2014, ancorandosi al 18%, seguita dall'Italia con il 17% e dalla Francia con il 16%.
Secondo la ricerca, gli italiani sono i più aperti alle novità del “car sharing” e dell'”house swapping”: condividere l'automobile in vista di un viaggio si può secondo il 30% degli italiani, contro una media europea ferma al 15%. Equivalente la propensione per lo scambio di abitazione, presa in considerazione dal 30% dei connazionali, rispetto ad una media europea del 13%.
In crescita i timori degli europei in viaggio: più 5 punti percentuali rispetto al 2014, che portano la fobia di un attentato terroristico a raggiungere quota 51%, soprattutto per italiani e francesi. Contro una media europea del 21%, cresce tra i connazionali anche la paura del virus Ebola, arrivata a sfiorare quota 30%.