Frascati, Libri in Osteria: Angelo Polimeno Bottai presenta il libro “Mussolini io ti fermo”

“O lo battezzate o ve lo riprendete. Io una bestia non l’allatto!”
Sono queste le parole che la balia frascatana Teresa rivolge ai genitori del piccolo Giuseppe Bottai contenute nel libro “Mussolini io ti fermo” che il nipote, Angelo Polimeno Bottai, presenta oggi nel salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria.
Sono l’incipit a questa serata che racconta, attraverso le pagine del libro, la storia e la vita di una delle figure che hanno rappresentato il ventennio fascista.

Emanuela Bruni ed Angelo Polimeno Bottai

C’è un profondo legame tra Frascati e l’autore del libro in quanto la città tuscolana, dice, “è parte stessa della nostra vita, infatti mio nonno venne battezzato nella Cattedrale di San Pietro ed io, molti anni dopo, ricevetti nella stessa Chiesa la Prima Comunione”.
Figura molto controversa, Giuseppe Bottai, viene “raccontato” attraverso una attenta analisi storica proprio per evitare, come dice lo stesso Angelo Polimeno Bottai, che “gli affetti prendessero il sopravvento sulla verità storica … è stata davvero una grossa responsabilità”.
Il quadro che emerge dalle pagine del libro narra un giovane Bottai lontano, nei primi anni della giovinezza, dalla politica ma che poi, vivendo, con la sua famiglia, nello storico quartiere romano Macao, resta colpito dalla presenza e dalla prestanza dei militari.
Siamo a ridosso della Grande Guerra alla quale Giuseppe Bottai prende parte come volontario negli Arditi riuscendo a mettersi in luce per il suo ardimento che lo porterà a ricevere una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare.
Alla fine della guerra conosce e frequenta Benito Mussolini “rimandone folgorato” – dice l’autore – legandosi a quello che diverrà il “duce” attraverso un “rapporto travagliato con quest’uomo non altissimo di statura ma imponente nel carattere e nel modo di essere”
Un legame che può essere racchiuso nel titolo della rivista che Giuseppe Bottai fonda nel 1922, Critica Fascista, (da ricordare che tra gli abbonati di tale rivista figura Antonio Gramsci) proprio a sancire un atteggiamento molte volte contrario dello stesso Bottai ad alcune scelte che condurranno quella che originariamente vuole essere una rivoluzione che vuole riportare ordine e legalità in un paese, l’Italia, attraversato da molteplici attività anarchico socialiste che portano a terre occupate e centinaia di scioperi, ad una vera e propria dittatura.
“Ci sono due anime nel fascismo: quella che incarna mio nonno, i revisionisti, e quella che fa capo a Roberto Farinacci, gli irriducibili” spiega con estrema chiarezza Angelo Polimeno Bottai precisando che l’intento della “fazione” a cui fa capo il nonno cerca di convincere il Duce a mettere le mani nelle riforme necessarie allo sviluppo del paese per farlo risorgere da quella vittoria dimezzata che è stata la fine del Primo Conflitto Mondiale.
Ed una profonda frattura, spiega ancora, avviene immediatamente dopo la notizia del rapimento del deputato socialista, Giacomo Matteotti, definito da Giuseppe Bottai il “più efferato, inumano e stupido delitto che si potesse commettere verso un uomo di parte avversa e contro l’idea che anima la nostra parte”; una vera e propria condanna che culmina nella frase “bisogna trovare i responsabile anche se fossero nelle alte sfere”.
Questo, ovviamente, come riportano le pagine del libro, pone lo stesso Giuseppe Bottai ai margini del regime che sta nascendo che non è “inviso alle grandi potenze”, spiega Angelo Polimeno Bottai, ma che non pensa minimamente ad una alleanza con la Germania che sta divenendo hitleriana.
Addirittura, spiega, “ci sono liti profonde tra la stampa italiana e quella tedesca” fino al punto che alla cacciata degli ebrei dalla Germania molti di questi addirittura arrivano nel nostro Paese ed è la guerra d’Etiopia, nella quale Giuseppe Bottai si arruola, diventa il “punto di non ritorno” che segna in modo inesorabile l’alleanza italo/tedesca.
Le sanzioni permettono ad Hitler di legare con un patto economico e sodale l’Italia di Mussolini determinando il fatto che, spiega l’autore, “l’innamoramento di Giuseppe Bottai verso il duce si incrina ma rimane una lealtà critica che non determina affatto la rottura del rapporto”.
Ed è in questo momento che la frattura con l’area degli irriducibili di Farinacci raggiunge punti davvero enormi arrivando all’approvazione delle Leggi Razziali.
Lo stesso Roberto Farinacci fa girare la voce che Bottai sia d’origine ebraica per estrometterlo ed il risalto che questa notizia ha a livello internazionale diventa sempre più grande (addirittura si trova in molti giornali francesi e tedeschi).
La scelta di Giuseppe Bottai, divenuto Ministro dell’Educazione, di applicarla in maniera dura diventa, al tempo stesso, “un’angoscia” ed una “responsabilità” necessaria.
La prova di questo suo momento difficile si ritrova nella corrispondenza riportata tra le pagine del libro ove un carteggio con l’allora vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia, l’avvocato Aldo R. Ascoli mostra l’apertura di Bottai verso gli ebrei italiani valuta la possibilità concreta di “concedere particolari benemerenze a famiglie di ebrei in cui qualcuno abbia acquisito meriti particolari, militari o civili”.
“Due parti in commedia” spiega Angelo Polimeno Bottai dimostrando, ancora una volta, il forte attaccamento di Giuseppe Bottai all’origine rivoluzionaria del fascismo di cui resta innamorato.
Le contrapposizioni con Farinacci aumentano esponenzialmente: Bottai redige, durante il mandato che lo vedo governatore della Capitale, i piani per la creazione di EUR 42, l’Esposizione Universale di Roma che si sarebbe tenuta nel 1942 (a ragione si crede che nessuno nei primi anni del ’30 pensasse ad una Guerra Mondiale), ed in antitesi al premio Cremona, Bottai da vita dapprima al premio Bergamo e successivamente manda in stampa la rivista Primato che diviene uno dei capisaldi della cultura italiana del momento.
Sulle pagine del “Primato. Lettere e arti d’Italia” scrivono le firme italiane più eccellenti, da Nicola Abbagnano a Galvano della Volpe, da Walter Binni a Mario Praz, da Dino Buzzati a Vasco Pratolini, passando per Quasimodo, Montale, Ungaretti, Guttuso ed un giovanissimo Eugenio Scalfari ebbe a dire “su il Primato potevo scrivere liberamente mettendo alle corde Farinacci”.
Un’oasi culturale che dimostra la libertà di pensiero di Giuseppe Bottai ed il suo vano tentativo di riportare il fascismo a quegli albori che erano rimasti nel suo animo rivoluzionario.
Oasi che, attraverso poi l’emanazione di quella che divenne la legislazione per la difesa delle opere d’arte italiane fino alla creazione dell’Istituto Centrale del Restauro, porta alla salvezza di un enorme patrimonio artistico del nostro paese grazie anche alla collaborazione di personalità del calibro di Giulio Caio Argan, in chiave e funzione antinazista concretizzandosi anche sul piano prettamente pratico.

Il libro si conclude con i tragici momenti che portarono al famoso 25 luglio 1943 dove una “dittatura” decreta una successione, una piena antitesi al concetto stesso di dittatura.
Giuseppe Bottai è uno di quelli che votarono a favore dell’Ordine del giorno Grandi e per questo, condannato in contumacia, dai tribunali della Repubblica Sociale, dapprima si rifugia in Vaticano fino a giungere poi sotto il falso nome di Andrea Battaglia a combattere vestendo la divisa della Legione Straniera per la liberazione della Provenza dalle truppe naziste.

Due momenti importanti da sottolineare orchestrati da due ex sindaci della città di Frascati: Roberto Eroli e Stefano Di Tommaso.
Quest’ultimo, attento ricercatore, legge una lettera scritta dal Ministro della Cultura Popolare, Alessandro Paolini, ed indirizzato al ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai.

Stefano Di Tommaso con in mano la lettera indirizzata da Alessandro Paolini a Giuseppe Bottai

Roberto Eroli invece esorta Angelo Polimeno Bottai a ricercare, tra i diari del nonno Giuseppe, informazioni che possano fare ulteriore luce sul tragico bombardamento effettuato dagli alleati l’8 settembre 1943 della città di Frascati.

nella foto, da sx, Angelo Polimeno Bottai, Roberto Eroli ed Emanuela Bruni

Una serata che ha riportato i tantissimi presenti nei giorni ancora vivi di quel Ventennio Fascista.

Colpisce, e non poco, la frase dell’ultima di copertina del libro nella quale, Angelo Polimeno Bottai, scrive “Nato pochi mesi dopo la sua morte, Giuseppe Bottai purtroppo non l’ho mai incontrato. Un doppio dispetto del destino: come nipote e come giornalista. In questa seconda veste, tuttavia, posso raccontare chi è stato l’uomo che più di tutti ha rappresentato ragione e coscienza del 25 luglio 1943”.

il direttore de “Il Tuscolo” ed amico Fabio Polli con Angelo Polimeno Bottai



Frascati, Libri in Osteria: Luigi Contu presenta “I libri si sentono soli”

“… i libri vivono una vita propria che si incrocia con la nostra … vanno vissuti, curati, consumati … devi continuare a viverli anche dopo che hai finito di leggerli … i libri si sentono soli …”
È racchiuso in queste poche righe il senso dell’avventura vissuta dal direttore dell’ANSA, Luigi Contu, durante il trasloco della monumentale libreria di famiglia che diventa lo spunto del suo libro: I libri si sentono soli.
Un viaggio che, come dice la professoressa Cristina Lardo, intervenuta ieri alla presentazione del libro nel salotto letterario di Libri in Osteria a Frascati dalla sempre elegantissima e raffinatissima, Emanuela Bruni, “apre molte dimensioni, corsi e squarci” riuscendo ad avere un carattere multimediale che poi diventa “storia di famiglia” e storia di un mondo, quello dei libri, che vive le stesse dimensioni umane e conclude, citando Umberto Eco “chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni” istigando alla lettura.
Come mai questa copertina? Chiede Emanuela Bruni a Luigi Contu

il quadro ispiratore della copertina del libro

“Tutto nasce per caso, per destino – dice Luigi Contu – Cercai sul web varie immagini con vari chiavi di ricerca e poi mi imbatto, per caso, in un quadro venduto all’asta. Un quadro di Giacomo Balla che mio nonno Rafaele conobbe e sapete come si intitola? Gli stati d’animo dei libri, il completamento in immagini di quello che ho scritto”.
Un applauso ed un sorriso dei tantissimi intervenuti ringrazia di questo ulteriore mirabile racconto.
Ma stasera spetta al giornalista frascatano, Achille Nobiloni, interloquire direttamente con il direttore Contu e lo fa da lettore attento: “… non mi ero mai soffermato sui sentimenti dei libri”, dice commosso Nobiloni ed aggiunge che il libro di Luigi Contu “… no è né un saggio né un romanzo ma un giornale di bordo, una autobiografia di famiglia che è, nello stesso tempo, un compendio di storia … che eleva il livello di emozioni nei lettori attraverso una continua scoperta alla quale si aggiunge un ritrovamento di storie, di situazioni, di paesaggi”.
Ma come nasce il libro? – chiede ancora Emanuela Bruni.
“Tutto accade, spiega Luigi Contu, da un appunto di mio padre in cui mi fornisce le indicazioni su come muovermi nella sconfinata biblioteca che mio nonno, suo padre Rafaele, gli aveva lasciato in eredità. E questo appunto diventa determinante nel momento in cui debbo, per una serie di ragioni, cambiare casa e trasferire tutta questa quantità di libri”
La chiama “una grande avventura” perché “nel mettere a posto e lasciando appunti di questo mio lavoro mi imbatto nel mio collega, Mario Calabresi, il quale si rende conto che quei fogli sparsi sono essi stessi un libro” ed allora … “… quei fogli prendono vita partendo dai primi libri sulla Storia della Sardegna e mi accorgo – aggiunge commosso – che quei libri che avevo lasciato inaridire sugli scaffali riprendono vita
“Sapete cosa mi ha più colpito dei commenti ricevuti? In molti sono stati colpiti dal sentimento che esce fuori”.

nella foto, da sinistra, la professoressa Cristina Lardo, l’autore del libro, Luigi Contu, il giornalista frascatano Achille Nobiloni, ed Emanuela Bruni

L’emozione stasera esce fuori con tutta l’enfasi che merita lasciando noi pubblico in uno stato di attenzione massima accentuata dalla estrema attenzione per le parole che escono dalla voce emozionata da Luigi Contu.
Quello che stasera esce fuori da questo mirabile incontro nel salotto di Libri in Osteria non è solo uno spaccato di vita personale ma la Storia di una regione, di un paese, e di una famiglia attraverso queste pagine di vita.
Ma l’emozione più grande si ritrova quando Achille Nobiloni chiede: Luigi, come è cambiato il rapporto con i figli che sono stati i tuoi “aiutanti” in questa impresa?
“Mi vedono in un modo diverso. Sono partiti come manovali e poi si è creata un’atmosfera magica, un avvicinarsi attraverso un grande gioco di squadra con i libri, con le emozioni che questi trasmettono e poi il capolavoro avviene con una poesia inedita di Ungaretti che mia figlia ritrova tra le polverose pagine di mio nonno”.
Stasera questa magia e queste emozioni percorrono la piazzetta dell’Olmo a Frascati ed in questo clima di serenità Luigi Contu racconta un aneddoto che lo ha profondamente sorpreso:
“Qualche mese fa mi viene consegnato il premio Cambosu. Con i miei figli approfittiamo di fare questo viaggio insieme in una Sardegna invernale che mostra ancora di più il suo fascino nascosto. Alla fine della premiazione mi si avvicina una ragazza e mi chiede se fossi io Luigi Contu. Al mio si prende di corsa il telefono, chiama la mamma ed urla “è identico a suo nonno”. Gli chiedo come mai lo conoscesse e mi dice di avere letto una sua lettera e me la mostra, poi chiedo se ne avesse un’altra. Sapete alla fine cosa scopro? Che questa ragazza oggi possiede più di 4000 lettere originali di mio nonno: una vera e propria sorpresa che nasce insperata come insperato era questo libro”.
L’applauso corale è il giusto tributo a questo momento di emozione e commozione.

la professoressa Novella Belucci ed al suo fianco l’ex sindaco di Frascati, Stefano di Tommaso

A conclusione il pensiero più delicato arriva dalle parole della professoressa Novella Belucci che ricorda un suo caro amico, recentemente scomparso, che viveva con la stesso pensieri di non voler, dice commossa “lasciare soli i libri”.
“I libri hanno corpo, hanno vita, hanno un loro posto, una loro corrispondenza tra noi e loro” dice la professoressa Bellucci ed il nostro dovere è “trovare per loro un erede capace di capire la loro vita”.
Questo è il grazie che stasera Libri in Osteria lascia nelle mani di Luigi Contu; un grazie sincero premiato alla fine da un graditissimo dono di Achille Nobiloni nelle mani del direttore dell’Ansa: una copia originale della “Lettera su Eupalino” di nonno Rafaele Contu.

Luigi Contu, direttore dell’ Ansa ed autore del libro

Stasera i libri hanno trasmesso emozioni ad una platea di donne e uomini che sanno ancora emozionarsi nello sfogliare pagine che il tempo ha scandito e tornano, ancora una volta, a prendere vita.




Frascati, Libri in Osteria: Michele Bovi presenta “Anche Mozart copiava”

Nel raccontare i pomeriggi di Libri in Osteria c’è sempre un carico forte di emozioni.
Piazza dell’Olmo e l’Osteria, già da soli, ti portano in una dimensione onirica davvero speciale.
Poi appaiono dietro i tavoli “spartani”, li chiama cosi la sempre elegante e sorridente padrona di casa, Emanuela Bruni, due giganti della musica e della televisione, Paolo Dossena e Michele Bovi: stasera (ieri per chi legge nds) l’incantesimo è completo.
Si parte dal titolo del libro che, lo stesso Michele Bovi, presenta a Frascati: Anche Mozart copiava e plagiava i Beatles.
“Infatti, spiega Bovi, è sempre difficile capire chi copia chi” e la conclusione della tesi che emerge dal libro, grazie al fattivo contributo di due avvocati, Giorgio Assumma e Gianpietro Quiriconi, del criminologo, Vincenzo Mastronardi, del musicologo, Girolamo De Simone e del cosiddetto “melomanipolatore” Nicola “DjBatman” Battista è semplice: “fascinazione, spiega un sorridente Michele Bovi, in fondo se guardiamo il mondo della musica, anche nelle stesse posture di molti esecutori, si nota con estrema chiarezza l’essere affascinati da chi li ha preceduti”.
Cita a proposito la somiglianza nella gestualità tra Victoria de Angelis dei Måneskin e la bassista del gruppo punk inglese The Killjoys, Ghislaine “Gil” Weston ed aggiunge “tra queste due bravissime bassiste c’è una gestualità simile segno sicuro di una fascinazione avvenuta su Victoria da parte di Gil”.
La simpatica chiacchierata prosegue raccontando un Mozart copione “in fondo ai suoi tempi sui pezzi c’era scritto alla maniera di, e prosegue, anche i Beatles e Paul Mc Cartney vennero fascinati da Mozart”.
Il racconto diventa sempre più interessante: “George Martin, racconta Bovi, in un video pubblicato sulla pagina facebook dei mitici Abbey Road Studios racconta di un divertito Paul Mc Cartney che sullo spartito originale di Yesterday, dapprima mise il suo nome poi quello di John Lennon, di seguito quello di George Martin stesso e, ridendo, aggiunge il nome di Mozart”.
Un applauso deciso accompagnato dalle risate saluta questa perla raccontata dal “papà” di Techetechetè e di altri fantastici spettacoli di Mamma Rai.

Michele Bovi mostra una pagina del Corriere della Sera

Ma nel clamore generale tira fuori una pagina del Corriere della Sera dove legge un simpatico avvenimento: “sapete qualche giorno fa uno studente della Bocconi è stato scoperto a copiare. È stato bloccato per 6 mesi durante i quali non potrà sostenere alcun esame ma nel caso in cui dedicasse il suo tempo ad opere di bene pentendosi del fatto la pena sarebbe ridotto a tre mesi. Ma volete sapere il perché di tutto cio? La Bocconi riconosce come grave illecito il plagio. Ovvio, aggiunge, sembra più la solita storia del colpisci uno per educarne cento ma sfido chiunque oggi a non copiare o non farsi fascinare da chi lo ha preceduto.”
La serata prosegue con le “ispirazioni sanremesi”, le chiama così, passando ad un Tony Renis che nel 1963 venne denunciato per plagio. “Sapete cosa disse, aggiunge Bovi, dopo tanti anni è difficile scrivere qualcosa di originale. Potete immaginare ora con altri 60 anni di musica leggera.”
Emanuela Bruni, che stasera torna a vivere, per sua stessa ammissione, i ricordi della musica della sua giovinezza chiede: Ma pure Claudio Baglioni è stato accusato di plagio?
Qui l’istrionico Michele Bovi dona il meglio di se: “Certo Emanuela e sai chi lo salvò? Il sindaco di Ariccia che nella causa scaturita dalla denuncia di Ricky Gianco affermo che l’anno prima della pubblicazione lo stesso Baglioni, al festival della Porchetta di Ariccia aveva presentato il brano e che quindi le accuse di Gianco dovevano ritenersi completamente non veritiere”.
Poi Paolo Dossena, uno dei più grandi produttori italiani, oggi patron dell’etichetta Compagnie Nuove Indye (Almanegretta, Agricantus, Radiocanto, etc) apre il cassetto dei ricordi e racconta: “… ero un giovane dirigente in RCA. Gli americani hanno sempre preteso un successo immediato dei pezzi che producevano. Un giorno mi chiamano e mi chiedono perché stavamo continuando a produrre due artisti che con i primi due album non avevano avuto ancora successo. Mi chiesero di “tagliarli” ma sapete chi erano? Lucio Dalla, che aveva iniziato la carriera come sassofonista di Gino Paoli, e Renato Zero. Per fortuna che non gli ho dato ascolto”.
L’atmosfera che si respira in piazza dell’Olmo è di certo un continuo ricordare geni e personaggi che hanno lasciato una traccia indelebile nel panorama musicale nazionale ed internazionale.

nella foto da sinistra Michele Bovi e Paolo Dossena

Paolo Dossena ha collaborato con artisti del calibro di Dalida, Charles Aznavour, “l’armeno” ricorda lo stesso Dossena.
E poi ancora Alain Barriere, Sylvie Vartan “donna straordinaria e soprattutto di una delicatezza e raffinatezza unica, ci ha legato un’amicizia profondissima” racconta commosso Paolo Dossena.
La parola poi torna a Michele Bovi che racconta il Far West dei diritti d’autore italiani negli anni sessanta: “gli artisti ci hanno rimesso e la responsabilità forte, dice, ricade nelle case di produzione che grazie a ciò hanno fatto miliardi” e cita i casi di Gino Paoli “i suoi pezzi venivano firmati da Mogol” e di Guccini “ci ha messo più di trent’anni per tornare ad essere proprietario dei diritti d’autore di Auschwitz”.
“Ma, aggiunge, ciò deriva da una cattivissima abitudine nata già nei primi del ‘900 negli Stati Uniti: la musica italiana, i classici italiani sono stati prodotti, negli Stati Uniti, da Cosa Nostra facendole firmare da americani. Pezzi come Santa Lucia che facevano parte della tradizione melodica italiana diventano brani americani che poi tornano in Italia e noi ne facciamo una cover con Celentano, roba davvero incredibile”.

l’elegantissima Emanuela Bruni con la copia del libro “Anche Mozart copiava” e Michele Bovi

Ed in fondo, spiega poi Paolo Dossena, autore tra l’altro di molti brani di Patty Pravo, tra tutti Pazza Idea e I giardini di Kensigton, spiega che ormai la comunicazione invasiva sta creando una situazione di cui origine stessa è proprio questa totale contaminazione che è figlia di una globalizzazione mondiale: “scoprire oggi chi è l’autore della scintilla che genera un brano è diventato davvero quasi impossibile proprio sono migliaia le contaminazione a cui tutti siamo soggetti.”
E poi ci racconta come nacque l’album Pazza Idea: “10 tracce ma non me ne piaceva nessuna. Mi chiudo con Patty Pravo in un piccolo studio ed in una notte buttiamo giù Pazza Idea. Arriva Ulli (Giovanni Ulli paroliere italiano nds) al quale il testo non piace minimamente. Fui gentile: lo invitai ad andarsene!”
Un grande applauso sommerse un sorridentissimo Paolo Dossena che si emoziona a questo ricordo.
In conclusione della serata si ricordano i 100 anni dalla morte di Giacomo Puccini e Michele Bovi chiude raccontando due aneddoti: “Sapete Sir Andrew Lloy Webber, autore di musical come Fantasma dell’Opera, Jesus Christ Superstar, Evita, Cats, è uno degli autori che ha attinto a mani basse dalle opere pucciniane ma non è mai stato oggetto di una causa di plagio, sapete perché? Agli eredi di Puccini non importa” e chiude ricordando il finale di Turandot scritto da Franco Alfano ma aggiunge: sapete qualche tempo una azienda che si occupa di intelligenza artificiale disse di avere realizzato grazie ad essa il finale dell’opera. Sapete quale fu la risposta a tale azienda … ve la lascio solo immaginare”.
Si conclude davvero con estrema simpatia questo pomeriggio con queste due colonne della storia della musica e della televisione italiana, Paolo Dossena e Michele Bovi.
Ma nel salutare Paolo Dossena ripercorriamo con lui i momenti splendidi della sua collaborazione con Iolanda Gigliotti, Dalida.

un emozionatissimo Paolo Dossena

C’è emozione nei suoi occhi ed è palpabile ed il ricordo va ad un altro grande amico di Dossena, Luigi Tenco, “scomparso troppo in fretta”, ci dice e poi insieme chiudiamo gli occhi rivedendo Dalida che ogni volta che canto dopo la morte di Tenco Ciao amore, ciao “lo faceva ad occhi chiusi perché, ci racconta Dossena, Iolanda così cantava abbracciando ancora un volta il suo Luigi”.

nella foto, tra gli altri, Mario Gori, CEO di Miss Italia Lazio, e l’ex sindaco di Frascati, Stefano Di Tommaso

Grazie a Libri in Osteria, grazie all’ospitalità di Remigio Sognatesori e della sua Osteria dell’Olmo, un grazie alla Libreria Cavour Ubik, ma soprattutto un grazie amichevole e fraterno a Michele Bovi e Paolo Dossena, veri giganti della nostra storia.




Frascati: Paolo Dossena racconta “Portai io a Luigi Tenco la macchina a Sanremo”

“In quei giorni di fine gennaio del 1967 sono stato io a portare la macchina a Luigi a Sanremo”
Luigi è Luigi Tenco il cantante che si suicidò, stando alle indagini svolte, il 27 gennaio 1967, nella città dei fiori dopo l’eliminazione dal Festival.
A parlare di lui dinnanzi a noi ed alla grande amica Emanuela Bruni è Paolo Dossena, produttore discografico, compositore, editore musicale ed arraggiatore.
Fu Dossena stesso a produrre il brano in concorso a quel Festival di Sanremo di Luigi Tenco cantanto in coppia con la grandissima cantante italo francese, DalidaCiao amore, ciao.
I tre erano legati da una profonda e sincera amicizia.
Ed aggiunge: “… io e lui avevamo macchine uguali. Mi telefona dall’albergo e mi chiede di salire su a Sanremo in auto. Io tranquillo prendo l’auto, imbocco l’Aurelia ed ad un posto di blocco mi ferma la polizia.
Io sereno del fatto prendo i documenti e nel cassettino li trovo assieme ad una pistola. Puoi solo immaginare le storie che mi fecero. La pistola, scoprì dopo, era la stessa ritrovata nella stanza di Luigi”.

Poi prosegue: “… arrivo su e lo incontro di fronte all’hotel; puoi solo immaginare quanto fossi arrabbiato con lui”.

nella foto Dalida con Luigi Tenco

C’è un grosso carico di emozioni nelle parole di Paolo Dossena nel ricordare un momento triste come questo.
“Vedi, aggiunge, gli chiesi il perché di quell’arma e soprattutto perché non mi avesse detto mulla. Luigi si intristisce un po’ e poi mi dice: sai Paolo hanno già provato più di qualche volta a farmi fuori, non te lo nascondo: ho paura!”.
Paolo Dossena non ha mai creduto al suicidio di Luigi Tenco e non perde occasione per manifestare il suo disappunto su questa storia che ha gettato sulla figura di Luigi Tenco un brutto ricordo.
La chiacchierata è passata poi a ricordare la grandezza di Dalida: Iolanda – come la chiama lui – è stata una delle più grandi interpreti della canzone mondiale; vedi lei aveva qualcosa di magico, riusciva a farti entrare nella sua anima con i suoi brani. Era una donna straordinaria e non te lo nascondo: manca“.
Il ricordo tenero di un Luigi spaventato fa comprendere ancora di più la necessità di fare luce in quei giorni davvero funesti di quel Festival di Sanremo del 1967.
Lo merita Luigi, lo merita Iolanda, Dalida, lo merita la musica italiana ferita, in quei giorni, da una storia di cronaca “immeritata”.
Un grazie immenso a Paolo Dossena per questo ricordo e per questo “regalo” che ieri sera ha fatto a Frascati durante una splendida serata di Libri in Osteria.

con Paolo Dossena



Frascati, Libri in Osteria: giovedì 13 giugno con Paolo Dossena e Michele Bovi

Torna, come ogni settimana, l’appuntamento con il salotto letterario di Libri in Osteria.
C’è una “Pazza Idea” dietro a questo incontro di giovedì 13 giugno sempre alle ore 18,00 nella splendida cornice di Piazza dell’Olmo a Frascati davanti ad un bicchiere di vino della storica Osteria dell’Olmo di Remigio Sognatori: raccontare i plagi musicali.
E già! Alzi la mano chi di noi non abbia mai detto, ascoltando un brano, “mi ricorda quel pezzo di …”.
Paolo Dossena, storico paroliere di brani come Pazza Idea ed I giardini di Kensington, autore tra l’altro di Techetechetè, e Michele Bovi, giornalista e scrittore, indosseranno i panni degli investigatori musicali alla ricerca del plagio.
Da Mozart fino ad arrivare ai Beatles, dai canti sacri alle canzoni politiche, Faccetta Nera e Bella Ciao in testa, dalle filastrocche ai brani di Sanremo.
Ampio spazio alla ormai celebre querelle tra Albano e Michael Jackson.
Quindi se anche tu sei uno di quelli che è capace di affermare: questo brano assomiglia a … non perdere tempo e ricordati l’appuntamento giovedì 13 giugno ore 18 piazza dell’Olmo a Frascati.
Emanuela Bruni, la straordinaria padrona di casa, Remigio Sognatesori, l’oste, Libreria Ubik Cavour Frascati ma soprattutto Paolo Dossena e Michele Bovi, autore di Anche Mozart copiava e plagiava i Beatles, ti aspettano per questa indagine sulla musica “al di sopra di ogni sospetto”.




Frascati, Libri in Osteria: Riccardo Cucchi presenta i suoi libri

Ieri sera in una piazza dell’Olmo piena all’inverosimile la “padrona di casa” l’elegantissima, come sempre, Emanuela Bruni ha dato il via alla serata, accompagnato dalla superba professionalità e simpatia di Giampiero Cacciato, facendoci ascoltare la sigla di “Tutto il calcio minuto per minuto” la trasmissione radiofonica per eccellenza che ha accompagnato le storie e le domeniche di tutti noi, donne e uomini, amanti di quello che è definito “il gioco più bello del mondo”: il calcio.
L’ospite è un sorridentissimo Riccardo Cucchi, voce storica di Radio Rai.
Anche stavolta, quasi una combinazione, “sono le 18 e 4 minuti” riprendendo la frase incipit del prologo di Radiogol, uno dei due libri presentato assieme a Un altro calcio – è possibile.
Emanuela, giornalista di razza, lo stimola immediatamente con un quesito: Oggi lo sport ed il calcio, nello specifico, sono importanti dal punto di vista sociale?
La risposta di Riccardo Cucchi diventa il filo che collega tutta la serata.

Giancarlo Ceccarelli, capitano della Lazio campione d’Italia Primavera stagione 1975/76

Ci spiega, con estrema dovizia, che già con le Prime Olimpiadi del 1896 lo sport abbia cercato di “sterilizzare”, usa proprio questo concetto, ogni forma di conflitto simulando un combattimento ma restando legato a valori alti ed etici che, purtroppo, le guerre ovviamente non prendono in considerazione.
“Il calcio è immerso nella vita, ne è parte stessa, è una delle tante attività umane. Immaginarlo isolato dal contesto sociale, politico ed economico è pura illusione” questo è il filo conduttore che lega i due libri.
Il calcio e lo sport nei due libri che ci presenta, spiega con serenità “sono il pretesto per parlare di altro”; calcio e sport, aggiunge, “sono storia dell’umanità, sono storia di rapporti umani, è cultura, è molto altro” racchiudendo poi questo concetto che lascia spazio ne “Un altro calcio – è ancora possibile” dove scrive: “il calcio è una sorta di carta assorbente che si impregna di tutto ciò di cui è impregnata a sua volta la società. Ma ha un obbligo etico, imprescindibile: deve promuovere valori”
Lo smarrimento della sua identità ma soprattutto l’avere perso il principio primo che lo sport eleva, la passione, lo sta riducendo in un qualcosa che ormai è più paragonabile ad un “bancomat” usato per fare business e fino a quando i tifosi non si renderanno conto che queste holding gestiscono “sentimenti”, tramutandole in denaro, resterà un qualcosa di assai lontano da quelle emozioni di un tempo.

Non c’è nostalgia, però nelle sue parole: il suo è un messaggio che vuole portare un cambiamento etico nei valori che il calcio può e deve mostrare perché il rischio è che “non può rinunciarvi senza pagare il prezzo di smarrire la sua stessa identità”.
Focalizza la sua attenzione sugli ultimi mondiali in Qatar dove il calcio è stato usato “per nascondere” le palesi ed evidenti violazioni dei più elementari diritti per un essere umano: “il calcio, dice, non può farsi strumentalizzare”.
8 stadi costruiti di cui oggi solo 2 restano in piedi: cita il quotidiano britannico The Guardian che raccontava in quei giorni di milioni di uomini usati come “schiavi moderni” gli venivano sequestrati i passaporti, dice con sdegno tra lo sguardo allibito dei partecipanti alla serata.
Oltre 6500 morti, la maggior parte di loro caduti da impalcature “i mondiali sono stati giocati in novembre/dicembre con un temperatura mite negli stadi ma loro – si riferisce agli schiavi moderni – hanno lavorato sotto temperature ben superiori ai 30/40 gradi”.
Quello che stasera compare in piazzetta dell’Olmo è un grido di dolore di chi, come lui, nato nella curva della Lazio dove, passati gli anni da radiocronista, è tornato per vivere la passione del calcio, vuole difenderlo dalle commistioni politiche e dai petrodollari ed invita qualunque dirigente sportivo ad assistere ad una partita di calcio direttamente in curva dove potrà riscoprire “il senso vero della passione sportiva” che non può e non deve essere confusa, dice, “né con lo spettacolo, né con l’intrattenimento”.

l’abbraccio fraterno di Riccardo Cucchi all’amico Giampiero Cacciato sotto lo sguardo attento di Emanuela Bruni

Poi Giampiero Cacciato “da Cogoleto” – ci tiene a specificare alla platea – che per anni ha collaborato con Riccardo Cucchi, “ero io a preparargli il microfono”, dice, dopo l’aneddoto dei tamburi camerunensi seguiti durante i mondiali di Francia 98 invece di recarsi allo stadio, affronta un tema assai delicato nello sport: il razzismo.
“Una cosa stupida”, dice tra gli applausi Riccardo Cucchi ed aggiunge che “se c’è qualcosa che mi ha insegnato la mia carriera giornalistica è che non c’è niente di più contraddittorio dello sport con il razzismo” e ricorda il primo caso passato alla cronaca di razzismo in Italia: cita l’acquisto, nel 1989, del giocatore di origine ebraica, Ronny Rosenthal, da parte dell’Udinese. Gli ultrà di questa squadra si sollevarono dimostrando un rigurgito antisemita generando una ingloriosa marcia indietro della socieà che non perfezionò l’acquisto adducendo come scusa banale un problema vertebrale.
Cucchi sottolinea l’atteggiamento costante di molte società che minimizzano tale problema giustificando che lo stadio rispecchia l’atteggiamento razzistico del mondo. Ma questo, dice, non può diventare una scusa e consiglia un’utopia: rovesciare il tema facendo divenire lo stadio il luogo virtuoso senza alcun atteggiamento razzistico isolando tutti coloro che lo manifestassero, sia sugli spalti che, ahimè, anche sui campi stessi.
Una idea rivoluzionaria perché il tifoso razzista è colui che contraddice ed infrange il concetto stesso di sport.
Una lezione morale, la sua, che viene accolta dagli applausi dei tantissimi presenti stasera in piazza dell’Olmo a Frascati.

E poi inizia il momento degli aneddoti: da Mario Giobbe che gli sintetizzò così il lavoro di radiocronista “Più breve sei, più bravo sei”.
All’esame in Rai con un Sergio Zavoli, presidente di commissione, che gli chiese: “Se noi decidessimo di avvalerci della sua collaborazione cosa vorrebbe fare” e la sua risposta “sfacciata”, aggiunge, fu: “il radiocronista!” Sapete come andò a finire? Fu costretto da Zavoli ad inventarsi una partita ed a commentarla: ma Zavoli non sapeva che quello era per Riccardo Cucchi il sogno che coltivava da bambino e fu davvero un’apoteosi, uno Juventus – Milan che fu il lasciapassare per l’ingresso in Rai, Mamma Rai.
All’essere stato, durante la finale dei 100 metri di Seul, il radiocronista che disse il maggior numero di parole: praticamente un record nel record.
Poi la “gavetta” in periferia, Campobasso, laddove ci si preparava alla presenza al microfono ed a presentarsi al microfono (dizione, parlare bene, lessico forbito) con un maestro d’eccezione: il grande attore Arnoldo Foà.
Ma il momento più entusiasmante le trasferte al fianco di Enrico Ameri che gli aveva stilato un regolamento e, una volta allo stadio, aveva come compito quello di segnare i calci d’angolo “ho avuto sempre il terrore di sbagliare i conti”.
E poi il racconto dello scudetto alla Lazio l’emozione incontenibile ed il dovere di essere, fino alla fine della carriera, dentro quella neutralità che contraddistingue il bravo giornalista.

Di certo, per un laziale purosangue come lui il momento più bello, ma che fa il paio con Inter – Empoli del 12 febbraio 2017 dove uno striscione della curva nord interista gli tributa un grazie immenso:
A TE IL NOSTRO APPLAUSO PER AVERCI EMOZIONATO PER DAVVERO IN UN MONDO FINTO – RICCARDO CUCCHI SIMBOLO DEL NOSTRO CALCIO

Lo striscione dedicato a Riccardo Cucchi dai tifosi neroazzurri il 12 febbraio 2017

Riccardo Cucchi ieri sera ci ha fatto scoprire quanto ancora la bellezza di questo gioco amato da milioni di italiani, ai tempi d’oro Tutto il calcio minuto per minuto raggiunge picchi di 25 milioni di ascoltatori, sia collegata alla quella passione che si vuole scippare via a noi che lo amiamo.

Una serata splendida chiusa dalla sua voce che ripete: qui da Frascati e da Riccardo Cucchi è tutto a te la linea studio centrale.




Frascati, Libri in Osteria: Andrej Longo ci racconta il suo “La forma dei sogni”

Ma cosa lega un romanzo giallo al terzo storico scudetto del Napoli?
A primo acchito, apparentemente, nulla.
Poi, ieri sera, ci sediamo ad uno dei tavoli “spartani”, così li chiama la “padrona di casa”, Emanuela Bruni, del salotto letterario frascatano, Libri in Osteria, all’Osteria dell’Olmo di Frascati, e scopriamo qualcosa di meraviglioso.

Andrej Longo, Fabio Mendolicchio ed Emanuela Bruni

Qualche anno fa – racconta Andrej Longo – avevo in mente di girare un documentario sulla mia città, Napoli. Beh l’organizzazione, i tempi, il lavoro lungo mi “sconsigliarono” di farlo. Giurai che l’avrei realizzato solo nel caso in cui la squadra del mio cuore, il Napoli, avesse vinto lo scudetto.
Al terzo tricolore, ovviamente, ho dovuto mantenere la parola data ed allora … è nato il mio libro, La forma dei Sogni. Uno spaccato della mia città raccontata con il “sottofondo” di questo storico ed incredibile scudetto.

Ce lo presenta Fabio Mendolicchio, arrivato a Frascati a bordo della Vespa Ubik, direttamente da Torino, per il suo “Giro d’Italia” in 11 tappe – ben 4000 chilometri – per farci riscoprire la bellezza nel leggere un libro.
11 tappe per presentare 12 scrittori con questo Tour nato da una “follia”, così la definisce lo stesso Mendolicchio.

Porto personalmente a Torino ed in Piemonte – racconta Fabio – i libri con la mia Vespa. Poi qualche anno fa un corso di grafica e … mi viene la voglia ed il desiderio di dare vita alla mia casa editrice, la Miraggi Edizioni. Nel 2021, dopo il Covid, l’obiettivo di riabbracciare le persone unito alla Vespa, mio sogno fin da bambino, mi accompagna per l’Italia in questo tour.
Poi Andrej Longo ci racconta il suo libro.
Due i personaggi principali; l’agente di Polizia, Acampora e il suo amico infanzia, Ciro.
Dopo una violenta discussione tra i due, Ciro, si convince a farsi ospitare in una comunità di recupero per tossicodipendenti ad un patto: Acampora dovrà inviarli, ad partita giocata del Napoli, una lettera che gli descriva il match.
C’è un problema di fondo: “Cirù, ma io di pallone non è che ne capisco molto” – dice nel libro Acampora.
Antò – risponde Ciro – se non lo puoi fare non fa niente, per carità. Tu hai già fatto troppo assai per me, lascia stare”.
Ma uno scatto di orgoglio fa pronunciare all’agente questo giuramento solenne: “Cirù, stammi a sentire bene. Io questa cosa delle lettere che mi hai chiesto, la voglio fare …”
E da qui si spalanca un mondo dove il calcio diventa lo spunto per raccontare Napoli “una umanità spaventosa” dice Andrej Longo e “ci si innamora dei personaggi … scoprirete che per noi napoletani la partita si vive insieme, un momento collettivo di convivialità”.

Andrej Longo con Fabio Mendolicchio

E poi la brava Emanuela Bruni, con la professionalità ed il suo piglio giornalistico, gli porge una bellissima domanda:
Oltre ed essere un bravo scrittore sei un bravo sceneggiatore. Se ti dico Lina Wertmuller … te la sei cavata bene?
Sorride Andrej Longo ricordando a tutti la sua esperienza nel gruppo di sceneggiatori del celebre film “Io speriamo che me la cavo”.
Sorride divertito e ci racconta due aneddoti: mi pagarono poco e lo fecero perché, su pressione di Lina, interpretai, spaventato, l’infermiere dell’ospedale. Pensavo di sbagliare ogni parola del copione. Lo volete sapere come andò a finire? Beh molte riprese: io non sbagliai quasi mai, Paolo Villaggio si.
Gli applausi ed i sorrisi inebriano la piazzetta dell’Olmo a Frascati ricordano questo momento.
E poi – aggiunge sorridente – mi ricordo i giri sul mio motorino, assieme a Lei, per Napoli ; resteranno indelebili nella mia memoria.
Sapete – confessa Andrej Longo – se non avessi avuto la fortuna di fare lo scrittore avrei fatto, di sicuro, il pizzaiolo; un lavoro che mi ha consentito di potermi poi dedicare alla mia passione: scrivere.
Le sue parole scivolano leggere durante questa ora di serenità nel cuore storico della città tuscolana.

photo di Corrado Spagnoli

Tra un bicchiere di vino Frascati e le parole di Andrej Longo è un connubio di bello, di raffinato e di stile.
La bellezza dell’ultimo scudetto della mia squadra è l’etica Spallettiana – dice sereno l’autore.
Spalletti – aggiunge – ci ha insegnato a prenderci le responsabilità del nostro vivere. A Napoli se si perdeva una partita era sempre colpa di qualcun altro. Voi ve lo ricordate il giocatore Kim dopo Udinese – Napoli? Scrisse sui social “Vorrei esprimere le mie più profonde scuse ai miei compagni di squadra e ai tifosi. Potevamo vincere solo grazie ai miei compagni di squadra. Gli errori mi renderanno solo più forte. La prossima volta aiuterò meglio la squadra”: a Napoli questo non era mai successo. Ci ha cambiato il modo di vedere e leggere il mondo; fu davvero una lezione di etica sportiva, una vera rivalsa sociale.
E poi arriva la nostra domanda: Andrej tre aggettivi per la tua città?
sorride, mi guarda e risponde sorridente: Solo tre? Ce ne vorrebbero una enormità. Non si può racchiudere una città che è sempre in movimento dentro un semplice aggettivo. Ecco ti ho risposto: Napoli non è statica …
Il mio sorriso come quello del pubblico di Frascati si unisce in un applauso verso l’autore.
Chiude poi la serata raccontando un’altra perla dell’etica spallettiana:
Portò i suoi ragazzi in ritiro – racconta – una sera li fece sedere per ammirare il Cielo e le stelle. Gli chiese se fosse splendido. Ovviamente loro annuirono. Poi gli chiese ancora “Se una di loro si spegnesse, qualcuno se ne accorgerebbe?” In coro dissero di no. E poi spiegò loro che dovevano essere proprio come quelle stelle nel Cielo. “Tutte le stelle fanno il Cielo anche se una si spegne. Noi dobbiamo essere le stelle ed il Cielo”

lo scrittore Roberto di Sante, vincitore del Premio Alda Merini, con Andrej Longo

L’applauso finale è una standing ovation a questo libro, La forma dei sogni, un giallo che nasce da una telefonata e porta tutti noi a scoprire, parola dopo parola, le bellezze di una Napoli che vive il Sogno del suo terzo scudetto e, soprattutto, al suo autore, Andrej Longo, che in questa serata, con la sua semplicità, con la sua ironia, il suo sorriso, ci ha regalato le bellezze della sua città.

Vi ricordiamo il prossimo appuntamento giovedì 30 maggio ore 18, Osteria dell’Olmo, con François Morlupi ed il suo “Il gioco degli opposti”.




Frascati: Torna il salotto letterario di “Libri in Osteria”

Mancano davvero pochi giorni al ritorno di Libri in Osteria giunta alla Quinta Edizione
Si tratta di una intuizione geniale di Emanuela Bruni, noto giornalista, già assessore alla Cultura del Comune di Frascati ed attualmente nel cda del MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo
Nella splendida cornice di piazza dell’Olmo, sede di una delle più antiche osterie di Frascati – l’Osteria dell’Olmo, appunto – questa iniziativa nel corso degli anni è divenuta uno dei salotti letterali più importanti dei Castelli Romani e della stessa Capitale.
Decine e decine di scrittori e di scrittrici che hanno raccontano i loro libri, le loro storie, i loro pensieri.
Abbiamo incontrato l’ideatrice di questa importante rassegna che è svolta, da sempre, in collaborazione con la libreria Ubik Cavour di Frascati e con il patrocinio del Comune.

nella foto Emanuela Bruni, lo scrittore Girolamo Grammanico e Francesco Collacchi

Emanuela ma come ti è venuta l’idea di coniugare un bel libro con il tipico prodotto della città tuscolana, cioè il celeberrimo vino Frascati?
In un giorno di fine lockdown con la voglia di incontrarci nuovamente in presenza e riflettendo su come farlo rispettando le distanze di sicurezza, tornando a casa dopo aver comprato un libro nella libreria Cavour, attraversando piazzetta dell’Olmo è scattata l’idea. Semplice e facile: recuperiamo la tradizione! Del resto da Goethe a Neruda, sui tavoli delle osterie frascatane accanto a un buon bicchiere di vino si sono intessuti trame e versi, racconti e cronache di tanti importanti scrittori e artisti, per secoli. Francesco Collacchi della Libreria Ubik di Frascati e Remigio Sognatesori titolare dell’Osteria dell’Olmo hanno sposato subito la proposta ed eccoci qui, ancora dopo 4 anni! Tanti sono stati gli autori che sono venuti a chiacchiere con noi sui tavoli di legno del nostro “spartano salotto” e anche quest’anno il programma e ricco e vario. Passeremo dai noir allo Sport, dalla storia del Novecento all’Antica Roma, dalle saghe familiari ai romanzi ambientati ai giorni nostri. Con noi ci saranno autorevoli penne del giornalismo nazionale e della narrativa insieme a giovani esordienti come ormai nostra tradizione.

ph di Corrado Spagnoli – l’Osteria dell’Olmo

“Quanta vita e quante storie ancora da raccontare. Luogo dell’anima e del cuore”
Questa è una frase, accompagnata da una splendida foto dell’Osteria dell’Olmo, di uno dei più accaniti fan della tua splendida iniziativa: il presidente del Consiglio Comunale di Frascati, Corrado Spagnoli.
Questa piazza è uno dei cuori pulsanti della città tuscolana e grazie alla tua iniziativa è tornato ad essere uno dei centri culturali più importanti della città.
Ti sei “assunta” una grossa responsabilità … cosa ti ha spinto a farlo?

Il centro storico sta perdendo la sua caratteristica di cuore pulsante della città durante le ore del giorno e del pomeriggio per lasciare spazio solo alla movida notturna. Cercare di far vivere la città tutto il giorno è anche un modo per sostenere le attività diurne e far vedere il centro storico in una luce diversa. Per questo vorremmo anche realizzare dei momenti speciali di narrazione delle tradizioni popolari per raccontare come a Frascati la vita è anche frutto di un passato vicino che ancora può insegnarci ad esempio la socialità, la bellezza, la capacità di percepire gli odori dei nostri forni o dei tigli che a giugno inondano l’aria di dolci profumi fioriti. Insomma in una parola riscoprire la bellezza del vivere Slow, almeno per qualche ora!
Libri in Osteria si dice che porti bene agli autori: finalisti al premio Strega, vincitori del premio Alda Merini e così via discorrendo… una sorta di talismano magico per scrittori e scrittrici.
Ti fa sorridere o è frutto di una scelta saggia da parte tua e degli altri organizzatori?

Mi fa sorridere ma allo stesso tempo piace a me e anche Francesco Collacchi e Remigio Sognatesori pensare di portare fortuna. A parte le facili battute dietro ogni edizione di Libri in Osteria però c’è una precisa scelta. Quella di far conoscere libri ed autori che hanno tanto da dire e raccontare senza necessariamente essere pubblicati dai giganti dell’editoria. Tentiamo di scegliere libri di contenuto che non siano frutto di marketing televisivo e commerciale. Guardiamo insomma alla qualità del testo nei contenuti e nella scrittura più che alla notorietà!

Mi raccomando non mancate … il primo appuntamento è mercoledì 22 maggio alle ore 18,00 quando arriverà la Vespa Ubik in tour con a bordo Andrej Longo autore del libro “La forma dei sogni” … non poteva iniziare meglio.

Un grazie davvero immenso ad Emanuela Bruni, alla libreria Cavour- Ubik di Frascati e all’Osteria dell’Olmo.




Frascati: eletti i presidenti delle Commissioni Affari Istituzionali e Bilancio

Eletti ieri i presidenti della Commissione Affari Istituzionali e della Commissione Bilancio, Patrimonio e Partecipate del Comune di Frascati, rispettivamente Maria, detta Emanuela, Bruni e Roberto Mastrosanti.

Una nuova elezione che segue le dimissioni, sembrerebbe senza alcuna motivazione, di Anna delle Chiaie e Marco Lonzi.

La Commissione Affari Istituzionali, da Statuto del Consiglio Comunale, spetta di diritto alle opposizioni che siedono a Palazzo Marconi che oggi erano rappresentate dalla stessa Emanuela Bruni, Roberto Mastrosanti, Anna delle Chiaie e Matteo Angelantoni con la sola assenza di Marco Lonzi.

Maria, detta Emanuela, Bruni

All’unanimità dei presenti viene eletta la dottoressa Bruni, già candidata sindaco nel 2021 del centro destra Frascatano: un curriculum vitae che spazia dalla carriera giornalista, a ruoli istituzionali – la prima donna a presiedere il cerimoniale di Palazzo Chigi – ed, attualmente, consigliere del CdA del MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo.

Roberto Mastrosanti

Per la Commissione Bilancio, Patrimonio e Partecipate viene eletto, sempre all’unanimità dei presenti compresi i capogruppo dei partiti di maggioranza di Palazzo Marconi, l’avvocato Roberto Mastrosanti, già sindaco della città: una regola non scritta, ma sempre rispettata dall’assise tuscolana, attribuisce sempre alle opposizioni tale presidenza in virtù del fatto che trattasi, pur sempre, di una commissione di controllo.
Si ricuce così il rischio di un blocco dell’attività politica del Consiglio Comunale.
A caldo il commento del commissario cittadino di Forza Italia, nonché membro della segreteria provinciale, il dottor Mario Gori: “Eletti due consiglieri comunali con grande esperienza Amministrativa ed Istituzionale, oltre che stimati professionisti, che, sicuramente, eserciteranno le loro funzioni nell’interesse della collettività”. Si aggiunge poi, nella serata, dalle pagine Facebook, il commento della Lega Frascati che oltre ad augurare un “buon lavoro” ai neoeletti scrive: “su queste commissioni parta un percorso di costruzione di una alternativa politico-amministrativa all’attuale giunta a guida PD”.

Ai neo presidenti auguriamo un buon lavoro.




Frascati: palla al centro con “Le Donne del Vino”

FRASCATI (RM) – “Le donne del Vino” un evento che ha messo in evidenza la grande sensibilità che ha il Comune di Frascati e l’assessorato alla Cultura rispetto ai temi dell’enogastronomia, del turismo e anche all’imprenditoria femminile. Ottimi padroni di casa sia il sindaco Roberto Mastrosanti che lo stesso assessore Emanuela Bruni.