BERSANI E BERLUSCONI DOMANI ALLE "COLONNE D’ERCOLE"

Emanuel Galea

Bersani, deciso a sfidare mondi ignoti e densi di pericolo, sta spingendo lo Stivale a oltrepassare anche “Le Colonne d’Ercole”. Sembra poco, a lui interessa consegnare il destino della gente nel buio del Movimento Cinque Stelle.

L’incontro dei due acerrimi avversari fissato per martedì 9 aprile marca il limite invalicabile concesso dall’attuale crisi. L’Ulisse mitologico infranse la saggezza e andò oltre le “Colonne”:andar oltre era nella sua natura. Ne Bersani, e tanto meno Berlusconi, possono vantare qualsiasi accostamento al prode Ulisse.

Nel canto XXVI dell’Inferno, Dante dà una interessante versione della morte di Ulisse. Una versione su cui, tutti e due i leader faranno bene a meditare seriamente: “Cinque mesi dopo ilpassaggio attraverso lo stretto di Gibilterra una montagna altissima si mostrò all'orizzonte.Da questa ebbe origine un turbine; la nave girò tre volte nel vortice delle onde,poi si inabissò; il mare si chiuse sopra di essa”. “Tre volte il fé girar con tutte l'acque; a la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com' altrui piacque, infin che il mar fu sovra noi richiuso”.

Qualora i due leader vogliano fare gli gnorri sappiano che quella nave sembra tanto battere bandiera Italiana e quella montagna altissima all’orizzonte non può che  raffigurare ilbaratro verso il quale ci stanno trasbordando. Oracolo di tanti saggi, economisti e politologi, le profezie delle volte si avverano.  Il M5s si trova oltre lo “Stretto di Gibilterra”, e non riesce a captare alcun segnale positivo.

In casa Bersani si è finalmente alzata un poco di marea,si è diradata la nebbia e la zattera delle trattative,arenata sulla secca “Bersani chiama Cinque Stelle”, finalmente prenderà il largo.

E’ giunta l’ora che Pier Luigi si levi la tuta da mozzo e indossi la divisa da capitano per condurre con le altre forze politiche questa nave in un porto sicuro. Se poi non se la sentirà di farlo, qualora abbia deciso di fare il ”segretario emerito” come già avevamo pronosticato in un altro scritto, si faccia da parte e ceda il posto nella cabina di regia ad altri. Persino tra i suoi fedelissimi ci sono taluni che gli faciliterebbero una dolce uscita. Ci Si augura inoltre che il Pdl,da parte sua non si fossilizzi sugli 8 punti. Siamo al tempo limite. Si auspica che si arrivi ad una sintesi dei punti cardine per un vero cambiamento,scelti dai programmi delle forze in campo. Questa è l’ora della verità: Interessi di bottega oppure quelli della Nazione. Questa volta non lo dice Susanna Camusso, lo diciamo noi: se non ora, quando?
 




PERCHE’ DICIAMO NO A PRODI PRESIDENTE

Emanuel Galea

Senza mezzi termini diciamo subito che molti italiani pensano, e nessuno li biasima, che Prodi e la carica di Presidente della Repubblica sono incompatibili. Non lo fanno certamente per antipatia verso il personaggio, bensì perché il professor Prodi già è stato protagonista della scena politica nazionale ed il suo passaggio è irto di brutti ricordi ed effetti disastrosi sull’economia di questo paese.

Con il governo Andreotti esordisce come ministro dell’Industria. Lo stesso Giulio Andreotti nel 1981 teorizzò che l’impegno che Prodi ricoprì nel 1978 non fosse stato certamente un toccasana per il paese. Il guaio è che nessuno gli diede ascolto. Un anno dopo, Spadolini nominò Prodi alla presidenza dell’Iri, dove rimase per dodici anni, gestendo tra l’altro, con risultati non esattamente spettacolari, il maxi-pacchetto di privatizzazioni dei primi anni ’90.

Nel 1994, dimessosi dall’Iri discese in campo. In seguito, quale inventore dell’Ulivo, riuscì ad attuare un facsimile del “compromesso storico”, fallito ad Aldo Moro, durante gli “anni di piombo”. Le due grandi chiese della vita pubblica, comunisti , ormai ex, e cattolici anche loro ormai adulti, tutti e due insieme nel governo del paese. Ad inizio ’95 l’Ulivo divenne realtà, ed un anno dopo Prodi vinse le elezioni.

Il tanto agognato compromesso storico, però, non durò a lungo. Rifondazione Comunista, dopo averlo tenuto a bagnomaria per un paio di anni, gli staccherà la spina il 9 ottobre del ’98. Prodi fu richiamato nel 2006 dai partiti che non avevano un leader abbastanza agguerrito da contrapporre a Berlusconi.

Il professore vinse le elezioni di un soffio e si insediò a Palazzo Chigi per la seconda volta. Anche in questo caso, la durata è breve e i danni sono tanti. Infatti in un annetto e mezzo l’Unione finì a gambe per l’aria, per opera dell’alleato Clemente Mastella.

I danni all’economia del paese e quindi il reddito già magro di ogni italiano fu aggravato ulteriormente, sempre grazie al governo Prodi. Il 24 gennaio 2008 il Senato gli revoca la fiducia, decretandone l’uscita di scena . Fu la sua ennesima debacle.

Due governi Prodi lasciarono una scia di 100 nuove tasse. Eccone qualcuna: “Aumento contributo delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Le prestazioni erogate dal pronto soccorso non seguite da ricovero codificate da codice bianco.  Aumento di un punto dell'aliquota Irap. Imposta di registro del 2% annuo sulle locazioni immobiliari. – E ancora – Pieni poteri alla Riscossione Spa, che caricherà ‘l'aggio’, cioè la commissione, dell'incasso dei tributi al contribuente”. Volendogli perdonare tutte queste tasse e pasticci politici, e sorvolando sopra la questione più nota dell’Eurostar, nessun italiano sarebbe disposto a perdonargli le sue gravi responsabilità nell’aver negoziato disastrosamente un cambio lira/euro con l’Europa:  l’Italia entra nello Sme col cambio fissato a 990 lire per ogni marco tedesco, cifra che farà da base per il cambio lira/euro a 1936,27.

L’introduzione di questa moneta unica si può dire che è la radice della contrazione del potere d’acquisto degli italiani. Il record della pressione fiscale decennale è da attribuire a lui. Nel 2007 ha raggiunto quota 43,1%. Si può aggiungere a favore dell’incompatibilità con il Colle, l’altro pasticcio con la ristrutturazione di Telecom che è costata il posto al proprio braccio destro, Angelo Rovati. E’ opinione molto diffusa che il PD continuerà ad alzare la posta per far saltare l'accordo sulla legge elettorale con l’intento di salvare il Porcellum. Questa legge elettorale, che non piace a nessuno, piace al PD,  il cui obiettivo è portare Prodi al Colle. Contro una tale nomina pesa l’ombra di Goldman Sachs per l’Europa,  che ha visto Prodi tra i suoi dipendenti e consulenti. Prodi è troppo di parte e non sarà mai visto e considerato il presidente di tutti. Mentre al governo ha sempre avuto una “politica contro” e mai una “politica per”. Per questo, saggezza e trasparenza suggeriscono che Prodi sia tenuto il più lontano possibile dal Colle.
 




COTA E VENDOLA DECIDANO: QUALE POLTRONA?

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Emanuel Galea 

Il mantenimento delle due cariche, parallelamente ad un Consiglio o ad una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento contravviene all’art. 122 della Legge Costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 – Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria della Regione.

Recita l’articolo 122. – "Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.Nessuno può appartenere contemporaneamente ad un Consiglio o ad una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo”

Mentre l’addetto stampa del governatore della Regione Piemonte ha fatto sapere che l’onorevole Cota ha già rinunciato allo stipendio della Regione e che lascerà il Parlamento non appena eletto il nuovo Presidente della Repubblica e appena viene definita la questione delle firme false, il governatore della Regione Puglia, a parte qualche generica dichiarazione, non sembra aver preso alcuna seria decisione

All’uscita dallo studio del Presidente, dopo le consultazioni ultime, di fronte ai giornalisti Vendola ha tenuto un suo breve comizio, un discorso tirato tra pause, silenzi e luoghi comuni. Tanti aspettavano che annunciasse le sue dimissioni da una delle cariche, lasciare la Camera per tenere la Regione o vice versa. Non l’ha fatto. Ci avremmo giurato. Eppure tanto da lui che da Cota, da gentiluomini quali sono, correttezza  istituzionale vuole che lascino subito uno dei due incarichi.

Contro il doppio incarico del governatore piemontese porrà la questione ai giudici, l’associazione Radicale Adelaide Aglietta che ricorrerà al tribunale ordinario.

Chi porrà, davanti ad un tribunale, il doppio incarico del governatore Puglia? Speriamo che da gentleman qual’è, lasci autonomamente una delle due poltrone al più presto. Farebbe onore a lui e allo stesso tempo anche risparmiare uno stipendio ai contribuenti. "L'Italia Giusta – dove la politica dice la verità"  aspetta!




PROVINCIE: LA CORTE DEI CONTI CERTIFICA LA GESTIONE VIRTUOSA

Redazione

Viterbo –  Lo scorso 25 settembre 2012 pubblicavamo su queto quotidiano un editoriale di Emanuel Galea che titolavamo: PROVINCIA O REGIONE: UNA DELLE DUE E' DI TROPPO .Oggi la Corte dei Conti certifica che le Provincie sono enti con bilanci sani. Il presidente della Provincia di Viterbo Marcello Meroi a tal riguardo ha dichiarato: “Siamo lieti che anche la Corte dei Conti certifichi con dati concreti ciò che andiamo dicendo ormai da oltre un anno: le Province sono enti con bilanci sani, votati al risparmio e al taglio della spesa corrente. Abolirne la rappresentanza democratica e cancellarne l’efficienza, limitando il servizio sui territori, significa solo gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica: gli sprechi semmai vanno ricercati altrove”. Il presidente della Provincia di Viterbo, Marcello Meroi, commenta così il documento stilato dalla Corte dei Conti, Sezione delle autonomie, che giudica virtuosa la gestione dei bilanci delle Province.

“Arriva direttamente dalla magistratura contabile – continua il presidente – la certificazione di una situazione che da mesi l’UPI va palesando: le amministrazioni provinciali sono gli unici enti del Paese che stanno realmente tagliando la spesa corrente.

Un meno 6,12% che la dice lunga sull’ottimo operato degli organi provinciali, che nonostante le decurtazioni dei fondi operate dagli organi centrali, stanno portando avanti seppur tra mille difficoltà e autentici salti mortali una macchina amministrativa fondamentale per la sua prossimità al territorio e al cittadino. Tutto ciò, cercando di non aumentare di nemmeno un centesimo le tasse per i cittadini: in questa ottica stiamo, infatti, tentando di evitare di portare ai massimi livelli l’imposta provinciale per sulla Rc auto, rimanendo così una delle poche eccezioni sull’intero territorio italiano”.

Secondo la Corte dei Conti i risultati di finanza locale per il 2011 hanno risentito di una serie di interventi legislativi che, seppur necessari per contrastare gli effetti della crisi in atto, hanno tuttavia accresciuto le difficoltà degli enti locali. “Nonostante le assegnazioni di parte corrente siano in diminuzione del 2,38% – prosegue Meroi –, le Province sono riuscite ad abbassare la spesa corrente del 6,12%. Ciò a causa sicuramente del taglio netto dei trasferimenti da Stato centrale e Regione pari a meno 14,1%: una diminuzione di risorse che ha imposto a noi amministratori di operare con grande parsimonia e tra mille difficoltà”.

Tutta un’altra storia quella, invece, relativa ai bilanci comunali che, nonostante tutto, hanno confermato l’andamento crescente degli impegni, dovuto in primis all’aumento delle spese per prestazioni di servizi (+5,46%) e per interessi passivi (+2,8%).

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25/09/2012 PROVINCIA O REGIONE: UNA DELLE DUE E' DI TROPPO


 




MONTI E LA TELA DI PENELOPE

Emanuel Galea

Dimentichiamo per un attimo le ragioni e le motivazioni di Penelope nell’aver escogitato lo stratagemma del “lenzuolo funebre”  passato alle cronache come la famosa tela che Penelope tesseva durante il giorno per poi disfarla la notte. Focus sul fatto: fare per poi disfare. Quando il 16 novembre 2011 Silvio Berlusconi lasciò Palazzo Chigi,  al termine della cerimonia di consegna della campanella del Consiglio dei ministri al nuovo presidente Mario Monti,  l’Italia, si disse e percepì, fece un sospiro di sollievo poiché vide nel professore bocconiano il promesso “salvatore della Patria”.

In quei giorni lo spread Btp-Bund toccò livelli record, oltre 570 punti e intanto, si fece avanti lo spettro del default seguito dal  panico a piazza affari. Titoli come “Berlusconi credibilità Italia sotto zero”, “Nessuna credibilità internazionale” apparsero sulle testate dei giornali locali ed estere e molti riproposero il sorriso sarcastico di Sarkozy e l’ammiccamento ironico della Merkel, purtroppo molto eloquenti. Questo il quadro della situazione Italia in quel momento.

Poi venne Monti, il senatore a vita, così l’Italia e non solo, a suo dire, è rifiorita.  Lentamente lo spread ha sfebbrato, l’azienda nostrana ha arretrato lievemente dal vortice che stava per fagocitarsi l’intero stivale, il panico a piazza affari si è, in un certo senso, e non tanto, dileguato. Monti, bandiera viva dell’Italia, trionfa in Europa e lo stesso Obama vede nella sua politica un format da seguire. Monti abilissimo a tessere la tela, lavora notte e giorno e mai, crediamo noi, avrebbe potuto immaginare che la tela della speranza potesse diventare il lenzuolo funebre inanellato con la credibilità di tutta una nazione. Il governo Monti inciampa sulla strana vicenda dei due marò mostrando una tela tarlata. La storia è ben conosciuta e si può fare a meno di ripeterla ancora una volta. Il governo italiano, dal professore guidato, rincorre una rissa di luoghi comuni e finisce per compromettere le relazioni diplomatiche tra due nazioni. All’inizio della faccenda le trattative transitavano su binari normali, l’onore dell’Italia, rappresentato dall’ambasciatore italiano a New Delhi, Daniele Mancini, fu alto. I due marò godevano di trattamenti particolari. Poi, qualcosa si è rotto.

Dopo la regolare venuta natalizia, i due marò tornano di nuovo a casa per le votazioni ma questi non verranno riconsegnati alle autorità indiane. Un gesto che si è concluso con una genuflessione: umiliati, i due marò, vengono accompagnati dal sottosegretario agli esteri Staffan De Mistura vengono riaccompagnati e riconsegnati nelle mani delle autorità indiane. I maligni domandano, se in tutto questo pasticcio c’entrano in qualche modo gli “elicotteri Augusta” e tutti i pasticci a loro connessi. Se questi due marò, che ormai saranno guardati con sdegno, sbeffeggiati, indicati come quelli che volevano fare i furbi, siano in qualche modo merce di scambio. Se così fosse sarebbe molto triste e grave.

L’Italia che con arroganza credeva di fare stupida una nazione, che guarda caso, è una dei maggiori paesi emergenti, oggi si trova prostrata ed umiliata davanti ai suoi partners. Monti aveva costruito una credibilità; aveva tessuto il suo governo e, non crediamo alla storiella che la responsabilità sia tutta di un semplice ministro,  ha affossato il nome dell’Italia e lo ha reso lo zimbello dell’Europa e non solo.  Qualora si verificassero fondate le chiacchiere che tutto questo pasticcio meschino ed improvvido sia stato fatto per fini di scambi commerciali, quel lenzuolo funebre che Penelope preparava per il  suocero Laerte, anche senza volerlo, rischia di avvolgere il buon nome ferito e prostrato del Bel Paese.
 




LO FACCIAMO STRANO?

Emanuel Galea

Quello che sta chiedendo Bersani al Presidente, è strano e difficile da attuare. Napolitano gli ha concesso ulteriori due o tre giorni al massimo per dimostrare di avere l'autosufficienza. Il presidente non poteva evitare di concederli questa proroga. Ieri l’uomo del Colle ha ricevuto a palazzo Pier Luigi, al quale ha conferito l'incarico di verificare l'esistenza di un sostegno parlamentare certo, che consenta la formazione del governo. Il capo dello Stato ha invitato Bersani a riferire appena possibile.

Fino a qualche secondo prima si sono rincorse le voci e le ipotesi: Un mandato “condizionato” oppure “perlustrativo”. Si è sentito parlare anche di una “Convenzione” che poi, tradotto in parole semplici, non vuol dire altro che una “Commissione bicamerale”. Non sembra per niente un’idea innovativa.  Il Pdl azzarda e suggerisce un incarico per “un governo di concordia”. Visto e considerato com’è naufragata la Concordia, un anno fa, forse meglio lasciar stare questi infausti accostamenti. Bersani va avanti e s’intestardisce nel rivendicare il proprio diritto all’incarico e alla nomina. Forte della chiacchierata con Napolitano, è deciso ad incontrare subito le forze parlamentari e politiche “con le sue idee, idee chiare su percorsi di riforma”.

Eppure il messaggio di Beppe Grillo è stato più che chiaro: “Niente foglie di fico”.  E’ stato proprio Bersani che diceva di voler fare il capitano oppure il mozzo. Adesso il segretario ha indossato la divisa di capitano e sembrerebbe deciso a mandare la nave contro gli scogli  verso il naufragio. Facciamolo strano si, ma non fino a questo punto. Il Presidente non lo permetterebbe, tant’è che richiama Bersani a mettere in piedi presto un governo nella pienezza dei poteri e questo significa che Pd, Pdl e Movimento Cinque Stelle dovrebbero guardarsi in faccia e fare una seria riflessione. Intanto il Colle attende ed osserva il corso degli eventi. E’ opinione diffusa, ormai, che Pierluigi, appena venuto in possesso dei risultati elettorali definitivi, avrebbe dovuto riunire la direzione del Pd e rassegnare le dimissioni. Questa mossa politica avrebbe fatto guadagnare al partito l’occasione di entrare in nuova fase di rilancio. Il non averlo fatto, sta portando sia Bersani che il partito ad avvitarsi su loro stessi. Soffermiamoci sull’ormai raggiunto obiettivo di Bersani, ossessivamente cercato, di avere l’incarico per formare il “Governo del cambiamento”.

Se, solo per ipotesi, nove o dieci senatori del movimento Cinque Stelle disertassero Grillo per abbracciare il Pd, si sarebbe risolto qualcosa? Sarà forse un siffatto governo che solleverà l’Italia dal baratro dove si trova? Quanti credono in questo piano strategico? Piano strano, vecchio come la storia di tanti altri cambiamenti di casacca. L’esito di tali operazioni è stato quasi sempre il fallimento.  Quanto è lecito e saggio fare arenare un tentativo d’ intesa fra tutte le altre forze politiche anziché avventurarsi con proposte innovative  come “Governo Grasso” o simili? Quanto vale fare questo governo? Se vale, facciamolo avendo in mente il bene del paese e non gli interessi di partito. Facciamolo giusto e bene. Non facciamolo strano.
 




LA CALMA PRIMA DELLA TEMPESTA

Emanuel Galea

Una campagna elettorale, caotica, priva di qualsiasi contenuto, temi politici completamente assenti, ha sottratto spazi, tempi e luoghi della vita nazionale negli ultimi mesi. La vita caotica è peggiorata ancora di più  dall’esito della tornata elettorale, alquanto confuso, incerto e che nulla contribuisce alla stabilità del paese. I venti punti del M5s, gli 8 punti di Bersani che poi, per piacere al Movimento Cinque Stelle, sono stati dilatati in una cinquantina di sotto punti. E ancora la promessa di Berlusconi di restituire l’Imu e la replica di Monti che  avrebbe saputo fare meglio, hanno reso il periodo incandescente ma senza alcun valore politico. Discussioni e trattative a non finire. Un bla bla bla e ancora bla bla bla dannoso ed inutile che ha impegnato completamente i partiti mentre il destino del paese, giace supino sotto una coltre di brace, pronto a divampare. La gente è stata distratta e confusa anche dalle dimissioni repentine del Pontefice Benedetto XVI e dopo, partecipe gioiosa all’elezione del nuovo Papa Francesco che lascia le “villas miserias” delle favelas di Buenos Aires per diventare amico degli umili di Roma.

Scorre per tutta la penisola, una strana sensazione. Gente stordita, come se fosse inebriata. Una falsa calma, di gente sedata, gente che guarda, fissa, sofferma distratta sui particolari mentre, sembra passare in secondo ordine il tema principale. Bussa dietro la porta di ognuno dei cittadini il mostro “economia” ancora per poco narcotizzato; sta sul procinto di risvegliarsi.

Leggiamo, storditi ed impotenti, titoli asettici sulle prime dei giornali: Ue, allarme disoccupazione in Italia «Crescerà fino al 12% nel 2014» Male anche il pil, -1% nel 2013.
Parole asciutte, poche, concise che pesano come un macigno, mentre dipingono un orizzonte fosco. Temporale in vista.

Nel vertice EU del 14 marzo, tramite il Presidente Monti, l'Italia è riuscita a strappare la possibilità di utilizzare gli «investimenti pubblici produttivi» per la crescita”
Nello stesso Vertice però, si sono moltiplicati i segnali d'allarme per la situazione in Italia.
 La Germania ha chiesto ed ha ottenuto che gli sforzi per il pareggio di bilancio «devono continuare»

Uscendo dalla riunione del Ppe che si è tenuta a Bruxelles, il consigliere di Angela Merkel, Elmar Brok, ha dichiarato : “Siamo molto preoccupati per la situazione in Italia”.
 Brok, e non solo lui, ne ha ben donde di essere preoccupato. Ci rovina i sogni tranquilli il famigerato “fiscal compact”.
Il debito pubblico italiano, al momento che scriviamo, ammonta ad euro 2.033.119.816.762. e soldi spesi in interessi sul debito pubblico oggi sono uguale ad euro 92.605.766.
Il contatore di queste due cifre gira sempre ed ogni secondo che passa scattano altri aumenti.

Dorme il mostro “narcotizzato” nel silenzio di una stagnazione dei consumi e per contro una crescita della disoccupazione.

La Cassa Integrazione Straordinaria e Mobilità è in esaurimento, 71,5%  in meno su Agosto 2011.
A condire questa miscela esplosiva, sull’orizzonte non s’intravedono uscite di sicurezza. Al contrario, si addensa la possibilità di rigiocare il tutto nella cabina elettorale e senza una riforma, abbiamo solamente da incrociarci le dita e sperare bene.
Dall’Europa c’è da aspettare poco. Nell’EU la crisi è più grave del previsto.

In altri paesi, altri politici si sarebbero messi già d’accordo per un governo nazionale per la salvezza d’Italia. Altri , in altri tempi , l'hanno fatto. In Italia pare, non si può, l’Italia è un altro mondo; meglio o peggio lo giudicate voi.
 




BERSANI – GRILLO: IL GRANDE BLUFF

Emanuel Galea

Lo sa benissimo Grillo, come lo sanno pure, dal primo istante dopo la tornata elettorale, Bersani, Berlusconi e Monti. E non può certo averlo ignorato il saggio regista del Colle. La riflessione è una: Perché tutti fanno finta di non saperlo e recitano la parte di quelli che vogliono andare avanti a tutti i costi? 

Appunto, questo è il grande bluff. Escludendo dalla partita Berlusconi e Monti,  per volere di Bersani, non  rimane che l’accoppiata  PD/M5S. Nessuno dei due osa però fare la prima mossa. E ambedue tengono ben coperte le carte. Chi fa la prima mossa perde la partita e l’elettorato. Sarebbe fuori del tutto perché perderebbe anche la faccia. Il gravoso compito dell’uomo del Colle dovrebbe consistere proprio in questo: concludere la partita, dando ai due leader  la sensazione che nessuno di loro è perdente. Al contrario, con la sua diplomazia e saggezza potrebbe convincere, tanto l’uno che l’altro che, la loro linea politica ha retto.
Incrociamo le dita, dunque e auguriamo un grandissimo “in bocca al lupo” al nostro Presidente.

Comunemente con il termine bluff si intende: Millantare atteggiamenti per  ingannare , fuorviare, impressionare oppure intimidire l’avversario allo scopo di non palesare i propri reali intenti. Il comportamento di Bersani verso Grillo e quello di Grillo verso Bersani, ad avviso di chi scrive, è appunto un grande bluff.

Tanto per iniziare, ai fini di un confronto serio, ritengo che chiamare i militanti M5S “grillini” non invita certamente al dialogo, bensì incoraggia la controparte a definire come “piduisti” i sostenitori di Centrosinistra.

Tanto per proseguire mi sovviene una curiosità: Perché si considera una cosa buona e giusta la decisione del PD di non siglare mai accordi con il Pdl ed invece il ragionamento non viene applicato nel momento che il M5S rifiuta di dare la fiducia al PD o a chiunque altro?

Comunque, cerchiamo di scoprire questo grande bluff. Oggi più che mai, con la minaccia di Casaleggio e Grillo di abbandonare il movimento qualora questo si dovesse alleare con chiunque, il M5S è conscio che al Senato il PD non otterrebbe la fiducia, mancando il loro sostegno. Ci vuole poco a prevedere l’esito. Ciò nonostante il leader carismatico del movimento continua ad andare avanti, lasciando al Pd l’iniziativa di proporre e trattenendosi la facoltà di votare a favore o svavore di volta in volta. Non può e non vuole dire altro. Il cero acceso, in questo momento sta in mano a Bersani e lungi da Grillo l’idea di sottrarglielo, pena la scomunica degli aderenti al movimento. Bersani questo lo sa bene, eppure è costretto andare avanti. Deve bluffare. Il suo tentativo estremo è di millantare sicurezza, cercare di fuorviare l’avversario intimorendolo con il suo piano ad otto punti, ostentando la falsa sicurezza che al Senato troverebbe i voti necessari per la fiducia, mentre i suoi ambasciatori continuano a lavorare ai fianchi il leader carismatico.

Bersani, e tanti nello stesso PD,  sanno che è tutto un bluff perché l’esito già è scritto: si ritorna al voto. Berlusconi ha i suoi problemi con la Boccassini,  tace ed aspetta sulla riva del fiume che il cadavere dell’avversario gli passi davanti, politicamente parlando, s’intende. Mario Monti, in vista della riunione del Consiglio Europeo del prossimo 14 marzo sulle priorità per la politica economica europea per l'anno 2013'' si augura un rattoppo dell’ultimo minuto per potersi presentare a Bruxelles,  avendo dietro se un governo costituito. A meno che non succeda un miracolo, quelle del professore  sembrano vane speranze. In riserva rimane la saggia diplomazia del Presidente Napolitano.

Non si possono aspettare dal Presidente iniziative che esulano dalle sue possibilità. Non può coercizzare la volontà di nessuno. Come lui stesso ha pronosticato, in fondo al viale non vi è altro che una fitta nebbia; farà il suo meglio. E’ vero che è Napoletano ma, ancora non gli sono state conferite le doti miracolose  di S.Gennaro. I bookmakers già sono all’opera. Mamme, bambini e professori, prenotatevi per un’altra vacanza a giugno.

Intanto voi, uomini di partito, strofinate bene le mani perché ci saranno per voi altri rimborsi spese: 47mln ad uno, 42mnln all’altro e via dicendo. Fermo restando che, per un strano scrupolo di coscienza, non vogliate abolirli in questo breve scorcio di legislatura. Recuperate la gioia, la gioia di vivere la vita con spensieratezza e scellerato disimpegno come avete sempre fatto. Scialate, anche le spese della prossima votazione, 400mln circa ce li mettono per voi i cittadini, non vi scomodate. Ora è tutto un caos, ma il caos non nasce da solo. Qualcuno lo ha creato, anche se si continua a negarlo. Ci sarà il 15 marzo, il 15 aprile, forse si riesce ad eleggere un nuovo presidente ma poi? La gente si risveglia con quel buio dietro l’angolo. Mentre le famiglie continuano a disperarsi perché non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena, perché continua a mancargli un reddito minimo di lavoro, mentre tanti devono ritirare i figli dall’università dalle rette troppo salate. Per carità non vi scomodate. Non preoccupatevi per loro. Voi gente di partito, tenete stretti i vostri vitalizi, , aumentate pure,  se vi fa comodo il vostro rimborso spese, le prebende, le trasferte, le consulenze. Tenete le vostre Province, continuate ad occupare Rai, banche, le partecipate. Chiudete le orecchie alle grida che vengono dal basso, se queste sono troppo fastidiose. Sono solo slogan di antipolitica, propaganda elettorale, magari fomentata da qualche paese straniero, è tutta demagogia. Non credete a quello che si dice. E’ tutta farsa. L’italiano, per vostra grazia ha tutto. Ha voi, ha la Camera, ha il Senato, ha le Regioni, ha le Province, ha i Comuni, è membro fondatore dell’ Europa dei burocrati, ha la miseria, la crisi, la disoccupazione, l’inflazione, un futuro che non si augura a nessuno. Secondo voi, ci vuole rassegnazione, un poco di ottimismo. Il segreto sta proprio lì, saper vedere il bicchiere mezzo pieno!
Bravi e complimenti.

 




BERSANI CORTEGGIA GRILLO E VENDOLA PIGLIA BARACCA E BURATTINI E TORNA IN PUGLIA

Emanuel Galea

Una storia particolare, con un luogo e un tempo che sembrano sfuggir di mano ogni volta che pare di averli presi. Una storia con tre protagonisti, storia di alleanze, di compromessi, di scouting e di slittamenti di deputati da una sponda all’altra.

Questa è la storia di un segretario di partito, di un vincitore sconfitto sull’orlo di una crisi di nervi, corteggia follemente  l’avversario Cinque Stelle. Vistosi rifiutato, convoca il Direttivo Nazionale, incassa un mandato chiaro per andare avanti e stranamente,  dal programma di otto punti si materializzano tanti punti, colore M5S. Argomenti che ieri la stampa ignorava, oggi si possono leggere, anche se in lettere minuscole ed in una forma molto fumosa e generica. Sono tanti argomenti scritti in politichese, senza specifica di tempi, modi e luoghi.

Emerge un PD diviso in quattro frange. PD in rotta di collisione. E’ un PD che ci fa ricordare la “Balena Bianca” prima della sua implosione.

Sarà pure una coincidenza, ma proprio oggi, su un quotidiano nazionale si legge che Nichi Vendola ha dovuto decidere se voltare pagina o rimanere nella sua terra. Piuttosto che partecipare a un rapido trasloco a Roma per un futuro incerto, ha optato per restare in Puglia a governare la Regione. Forse ad accellerare la sua scelta è stata la protesta nei suoi confronti da parte dei componenti di Pdl e di centrodestra pugliesi. Questi hanno occupato l'aula del Consiglio Regionale e hanno stilato la lista dei turni per occuparla anche di notte.  Il Presidente della Regione Puglia viene additato dagli eletti dei gruppi di centrodestra a causa della sua continua assenza dalla Regione e lo hanno richiamato ai suoi impegni nazionali con Sel.

Il secondo nostro personaggio è una specie d’Araba Fenice, rinato dalle proprie ceneri, oggi un “dead man walking”. Nato al gran pubblico a testa di un movimento di grandi speranze, guidò alla vittoria alleanze di partiti semi cotti che oggi sono si squagliati come neve al sole.

Chiude il cast dei protagonisti che muovono la scena politica attuale, un movimento in ebollizione che sta rovinando i sonni di molti, un fiume carsico, che scorre sotterraneo e sta  riemergendo con forza in superficie, tracimando partiti e luoghi comuni, dissacrando la stampa locale, beffeggiando cronisti e giornalisti, serpeggia impetuoso verso la presa della Bastiglia.

Questi scostamenti non dispiacciono per niente a Monti e gli fanno ben sperare in un ritorno di fiamma di Bersani. Non sono lontani i giorni, quando Pierluigi sosteneva, a tutto patatrac, il professore bocconiano. Liberato dal terzo incomodo, con Vendola occupatissimo in Puglia, tra PD e la Lista Civica Monti può rinascere la fiamma e riprendere il dialogo.

Il terremoto M5S si è sentito in casa Fli. Nella loro ultima riunione ci sono stati più polemiche che voti, più colonnelli che elettori. Nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo sulla tragica vicenda del leader politico di Fli.

 Fli si scioglie – forse si – forse no – probabile – può darsi che si confluisca in un altro soggetto politico o forse no. Dopo la sparizione di Fli  nell'urna,  c'è l'agonia delle estenuanti riunioni di partito che decidono di non decidere.

Le urne hanno penalizzato anche il partito dell’ex magistrato DiPietro. L'Idv si trova nella bufera.  Il partito è uscito con le ossa rotte dall’esperienza di Rivoluzione civile.  Domenica c’è stato l'esecutivo nazionale. Il segretario ha ribadito che  “il partito deve andare avanti”. Il consigliere invece, avrebbe risposto che lo scioglimento sarebbe la scelta più coraggiosa e lungimirante. Secondo Dottorini lo scioglimento dell’Idv dovrebbe servire per "mettersi a disposizione di un reale progetto di cambiamento".

Casini sul banco degli imputati è accusato di aver fatto affondare l'Udc. Neppure potranno essere chieste le sue dimissioni dato che Pier Ferdinando non ricopre alcuna carica (il segretario è Cesa e il presidente è Buttiglione). Inizierà probabilmente l’azzeramento dei vertici del partito. Anche dall’Udc si guarda alla creazione di un nuovo Polo per i moderati

Intanto, mentre questi signori architettano poli e movimenti, il fiume carsico della protesta s’ingrossa. Oggi giocano a rimpiattino cercando i responsabili, incuranti che il fiume può straripare da un momento all'altro. Allora nessuno potrà più esimersi dalla propria responsabilità.

Corrono tempi difficili ma se ne possono prevedere di peggiori.

Intanto, i partiti rimasti sulla scena politica, Non hanno imparato ancora la lezione. Sfidano la gente e non rinunciano a quanto, in vent'anni, si sono prepotentemente auto – concessi.

Sarebbe lecito domandarsi, anche se forse la domanda possa sembrare ingenua: se questi partiti dovessero sciogliersi, che fine farebbero i loro patrimonio?  Si parla di beni mobili ed immobili ed in certi casi anche d’altri ingenti investimenti. Si sta parlando di somme non indifferenti.  Sarebbe interessante saperne di più .

Dall’alto del Colle il “Saggio Anziano” osserva, medita e aspetta. La notte dovrebbe portare consiglio. Questa notte buia del 2013, una notte piena di fitta nebbia, lo dice anche lui,  ha da passare. La sua saggezza ci farà attraversare il guado. Quello che fa stare in ansia è che appena il Vecchio lascia il Colle, i soliti topi ritorneranno a ballare i loro vecchi e sporchi  motivi.

 

 




ITALIA: TRA CAPORETTO E LE IDI DI MARZO LE "STELLE" CONDUCONO A CANOSSA

Emanuel Galea

 

CAPORETTO:

Il voto del 24/25 febbraio ormai è alle nostre spalle. Si sperava in una rivoluzione profonda, portatrice di una riforma sociale, politica ed economica. La campagna elettorale, se così si può chiamare, non ha lasciato altro che macerie, un quadro politico confuso e dei partiti che ancora si leccano le ferite. Ha lasciato a piedi politici di vecchia statura e questo non dispiace a molti. Sigle che, dietro di loro portavano storia e tradizione, come Fli, sono sparite dalla scena politica. Questa tornata elettorale ha lasciato segni pesanti. Molto eloquente il flop dei “nuovi”, da sinistra a destra. I risultati del voto del 24/25 febbraio registrano l’insuccesso di Ingroia e Giannino, entrambi capolista alla Camera per i rispettivi movimenti, entrambi rimasti fuori da Montecitorio. Stessa osservazione si può fare per Fini che passa dall’alto scranno della  Presidenza della Camera a un semplice “pellegrino” della politica. Casini deve accontentarsi di fare l’appendice di Monti e stessa cosa tocca a Vendola per avere abdicato a condurre la propria campagna elettorale e per aver delegato invece,  Bersani a rappresentarlo.  Quest’ultimo aveva dato tutto se stesso al momento delle primarie. Al momento della vera prova è giunto “spento” e scarico di contenuti. Monti ha scontato una politica fallimentare ed il voto non gli ha perdonato il fatto che , in fin dei conti, si è adeguato anche lui, alla “vecchia politica”. Berlusconi ha superato se stesso e nel suo sprint finale ha toccato il traguardo con il suo dito mignolo. Un suo successo personale ma, nulla rende all’esito generale. Non contribuisce a sufficienza per schiarire il quadro e tranquillizzare il Capo dello Stato. Senza alcun timore di essere smentiti, possiamo dire che il 24/25 febbraio è stata una vera Caporetto.  Il movimento Cinque Stelle, da questo amba aradam, è uscito illeso e con tutte le frecce ancora nel fodero.

LE IDI DI MARZO:

Il 15 marzo 2013 si darà il via alla XVII Legislatura. I neo deputati entreranno nel pieno esercizio delle loro funzioni. L'Assemblea procederà quindi all'elezione del proprio Presidente. Da questo momento inizieranno le prime votazioni ed emergeranno i primi ostacoli.
Bersani è stato più che esplicito sulle alleanze. “No al governissimo con il Pdl”, ha più volte ribadito. Ha invece proposto un governo “per il cambiamento” chiedendo la fiducia a M5S. La risposta di Beppe Grillo non è tardata ad arrivare e dalla sua solita postazione ha tuonato: ”Il M5S non darà alcun voto di fiducia al Pd (ne ad altri)” Da tirare fuori dal sacco rimane solamente la lista Monti. Se si considerano tutte le cose che  si sono detti durante la campagna elettorale, i “convenevoli” che si sono scambiati, c’è solamente da dubitare se questo matrimonio s’ha da fare. Molti ne dubitano. Eppure qualche decisione bisogna pur prenderla. Pesa su ogni e qualsiasi decisione la spada di Damocle del debito pubblico, gli adempimenti capestro del fiscal compact e la perdita di mercato, lavoro, produttività e scarsa fiducia nelle istituzioni. Ritornare alle urne sarebbe grave follia.  E’ stallo completo! Che fare?  Le Idi di marzo del 44 a.C. hanno visto l’assassinio di Giulio Cesare. Sia mai che le Idi di marzo di quest’anno assistano all’assassinio del Parlamento?

LE STELLE INDICANO CANOSSA:

A Bersani, uomo di dialogo e di buon senso, dopo la sua dichiarazione, ripetuta più di una volta e cioè che lui è pronto a servire il paese sia come capitano che come mozzo non gli rimane tanta scelta. Il piano in sette punti che vuole presentare al Parlamento ha scarsa possibilità di ottenere la fiducia. Un saggio suggerimento glielo ha dato il suo compagno Vendola. Anziché sfidare il M5S, dice Vendola, perché non fare un tentativo, andare a vedere le carte di Grillo. Al settimanale tedesco Focus, lo stesso Grillo ha lanciato un “salvagente” a Bersani, dicendo: "Se il Pd di Bersani e il Pdl di Berlusconi proponessero un cambiamento immediato della legge elettorale, l'abolizione dei rimborsi dei costi della campagna elettorale e al massimo due legislature per ogni deputato, noi sosterremmo naturalmente, subito un governo del genere”. Sono richieste che vengono dal basso, non chiamateli “populismi”. Nel programma del Pdl ed anche in quella di Monti e anche della stessa lista Giannino non mancano progetti interessanti per il rilancio dell’economia, del lavoro, dei consumi. Perché soffermarsi sui “sette punti”? Condividere quello che è buono, anche se proviene dall’orto degli altri, non significa andare a Canossa. E’ una prova d’intelligenza e segno di vero amore verso il proprio paese. Mai come oggi l’Italia ha chiamato la classe dirigente alle proprie responsabilità. Ci auguriamo che nessuno dei partiti mancherà all’appello.

 




ELEZIONI 2013: AL MERCATO DELLA POLITICA UN'OFFERTA VARIEGATA

Emanuel Galea

Roma – Un odore nauseabondo d’aria fritta si innalza dalle bancarelle della politica ed un rumore assordante di vasi di coccio, strapieni di nulla,  invade l’aria. Una nebbia scende sulla piazza.  Un segnale diffuso di malessere etico ed antropologico profondo proveniente da anni di malgoverno semina frustrazione ed indecisione ovunque.

L’articolo 49 della Costituzione , che sancisce:  “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” è stato stravolto.  I partiti, con i loro patrimoni ingenti, beni mobili ed immobili da custodire e salvaguardare, sono diventati tutti società per azioni (SpA), presentano liste bloccate con persone di loro gradimento ed al cittadino, per scegliere liberamente non rimane che tirare a sorte.Da destra e da sinistra, da centro fino agli opposti estremi, nel mercato della politica si aggirano giocolieri, veggenti, maghi e venditori di fumo. Sulle bancarelle di questo mercato espongono merce scadente, avariata. Guaritori e guru con i loro elisir per sanare una crisi che loro stessi hanno causato. Tutto il mercato mostra un affannoso tentativo di rendere appetibile il riciclato, il già visto, il già detto, il già promesso, il mai mantenuto. Bancarelle ben allestite promettendo di disfare quanto, non più di otto mesi fa, hanno fatto tutti insieme. La riforma delle pensioni, l’Imu, l’Irpef, autori consociati del rigore, destra, sinistra e centro, oggi predicano la crescita, l’equità. Il cittadino guarda le bancarelle e tra un sorriso amaro ed uno sghignazzo si allontana.

Nella piazza fa capolino colui che in otto anni da amministratore  non si era accorto che qualcosa non andava all’ILVA di Taranto. Oggi al mercato offre la sua politica al servizio del paese.

Non poteva mancare, in questo mercato, la bancarella dell’unto del Quirinale. Il messia atteso da anni, il promesso, il salvatore della Patria.  Sparsi sulla sua bancarella macerie e frantumi, frutto di inesperienza politica, presunzione e alterigia. Oggi vende l’elisir per la guarigione dei mali che ieri ha causato

La magistratura politicizzata è presente nella  piazza  con il simbolo  “Rivoluzione Civile” Qui si fanno delle offerte speciali. Paghi uno e prendi tre. Nel movimento Ingroia trovano asilo De Magistris, Di Pietro e Filiberto. Se cercate poker e slot machine su questa bancarella rimarrete delusi. Il bombardiere Maruccio, con il vizietto del videopoker, da qui si è spostato.

Con fatica presenta il suo stand il paladino della legalità, colui che ha introdotto in Italia il “digiuno pilotato” Sulla sua bancarella espone una proposta forte per “Amnistia, giustizia e legalità” Purtroppo però, anche questo santuario non ha retto alla mannaia dei Giudici.
Denunciato dalla sua segretaria Giuseppina Torrielli, licenziata in tronco dopo 14 anni di ininterrotto servizio, la Sezione Lavoro e Previdenza della Corte d’Appello di Roma, ha condannato Marco Pannella a pagare all’anziana signora 71mila euro per mancanti pagamenti, più interessi, rivalutazione e per risarcimento per omesso versamento dei contributi assicurativi e previdenziali, cifra totale che supera i 250mila euro.  Tutto ciò si trova semi-coperto da giornali vari sulla bancarella. Intanto il Giacinto non si dà per vinto. E’ stato visto a pranzo  con Cosentino, il candidato scaricato da Berlusconi. Le vie della politica sono infinite!

Ci sono pure loro, anche se poco visibili. Piccoli stand del Fli e del Udc vicino ad altre decine di bancarelle minori e solitarie.

Da un angolo del mercato, ad alto volume si manda la pubblicità, merce calda e sanguigna dei grillini. Affascina e molta gente si raduna per  sentire e guardare, poi si allontana più indecisa di prima.

Dall’estremo nord della penisola scendono e piazzano le bancarelle quelli che una volta l’avevano duro e puro. Oggi non più. Dopo i lingotti in oro, i gioielli e gli investimenti in Tanzania, la quotazione della loro merce si è svalutata.

A mercato avviato, ci si imbatte, sulla piazza, con il ciclone Monte dei Paschi di Siena. Nel vortice finisce il partito Democratico. Non si parla d’altro che dell’Affair Senese. La gente vuole sapere. Cerca tra gli stracci e la roba usata esposta, qualcosa che spieghi come la Tarantini è diventata direttrice della Rai. E come ha fatto Mussari ad arrivare alla carica di presidente dell’ABI. 

Nel passare tra gli stand e le bancarelle occorre fare attenzione a dove si mettono i piedi. Dispersi per terra le macerie, residui degli ultimi governi. Macerie della Monte Paschi di Siena. E’ una voragine che rischia di inghiottire partiti ed istituzioni. Frantumi e schegge di una sopravalutazione dell’Antonveneta. Il filo della matassa è in mano agli inquirenti. La storia infinita. Tangentopoli non è mai morta.

Una ventata si diffonde per il mercato portando voci di un accordo non scritto tra gli spagnoli del Santander e gli italiani di Monte Paschi per dividersi la «plusvalenza» di quell'affare. Testimone di queste voci è Cardia, figlio dell'ex presidente Consob. Come fa il cittadino comune a determinare “democraticamente” la politica nazionale alla presenza di tutto ciò?

Un vecchio osserva tutta la scena. Ad un tratto si ferma a fissare il vuoto. Pensa fra sé e sé. All’estero ci conoscevano simpaticamente come il paese della pizza, della pasta e del mandolino. Ciononostante tutti ambivano a visitarci. Tutti ammiravano la nostra cultura, l’arte, la storia. La nostra musica si suonava a Hong Kong , a New York  a Nuova Delhi, ovunque. Eravamo il paese bagnato dalle acque del mediterraneo, il paese con la gente allegra, simpatica ed accogliente. Non si parlava ancora di Euro, di Europa Unita. Un tempo era vanto e gloria e meta di personaggi di genio, d’arte e di pensiero.  Nei libri di storia, sono impressi per sempre grossi nomi di statisti e uomini di cultura. Di veri e propri statisti oggi si sente una forte mancanza. Tutto è mutato. Oggi l’Italia è un paese nella periferia sud del continente Europa. Un paese in depressione privo di una vera e identità. Nei maggiori casi si predilige l’importato.

La macchina della giustizia è lentissima ed i suoi tempi “biblici” non rendono giustizia al cittadino. Il sistema carcerario è da inferno Dantesco. Imposizione fiscale da definire liberamente come “cravattaia”. Una corruzione dilagante con metastasi in quasi tutti i gangli delle Istituzioni. Un sistema partitico che ha occupato tutte le istituzioni. Conflitti di competenze tra magistratura ed il legislativo. Servizio sanitario che perde colpi di giorno in giorno e quant’altro.

A cosa serve questa sceneggiata? Sembra che i versi del Qoélet rispondano proprio al nostro caso:
“C'è forse qualcosa di cui si possa dire: «Guarda, questa è una novità»? Proprio questa è già stata nei secoli che ci hanno preceduto.”

Il vecchio si allontana, l’odore acro e nauseabondo dell’aria fritta lo segue e quel rumore molesto dei vasi di coccio strapieni di vuoto risuona nel buio della sera. I pifferai, i veggenti, gli astrologi della politica, i preveggenti ed i dispensari di buone notizie continuano con le loro acrobazie per attirare la gente, mentre su Piazza Italia si addensano le nubi foriere della tormenta.