RENZI E LETTA ED I LORO "VORREI MA NON OSO"

di Emanuel Galea

”Vorrei dirti le parole più vere, ma non oso, per paura che tu rida. Ecco perché mento, dicendo il contrario di quello che penso. Rendo assurdo il mio dolore per paura che tu faccia lo stesso” (Aforisma del poeta, artista indiano Tagore.)

Ispirato da quest’aforisma del saggio indiano,  e indignato dal timido orizzonte della “Destinazione Italia”, mi sento di travolgere Tagore per attualizzare al dilemma nostro così:

Cittadini, vorrei dichiararvi la verità di come stanno le cose, ma non oso per non allarmarvi. Ecco perché mento, dicendo il contrario di quello che penso. Rendo assurdo il mio concetto del vostro futuro per paura che voi vi possiate illudere

Penso che le cose stiano proprio così perché penso bene sia di Renzi che di Letta. Tutte e due vorrebbero ma non osano. Il perché è facile intuirlo. L’ombra dei partiti , del vecchio apparato, della burocrazia ancora aleggia sui banchi di Montecitorio e poco valgono le rassicurazioni di una “aria nuova”. Nei palazzi del potere. Il fantasma ingordo della politica politicante si aggira nei corridoi della burocrazia e sa ancora intimidire i “cocchieri” del carro Italia.

Purtroppo per Letta e per Renzi l’impresa è lenta e dura. Lo scenario davanti a loro non è per niente chiaro. Ancora non stanno che all’inizio delle prime fatiche di Ercole. Sul loro orizzonte c'e' Idra di Lerna, il mostro con nove teste di serpente. Il finanziamento pubblico, camuffato da finti rimborsi, con questa timida manovra non è stato debellato. I proclami di Renzi sono stati piegati a miti consigli da Letta che a sua volta , seppure con palle d’acciaio, si regge sempre su piedi d’argilla della sottile e traballante “intesa”, un piede infilato nelle scarpe di Alfano e l’altro in quella dei Montiani e dei Forzisti. Troppo presto per attaccare i manifesti. Fra due mesi il decreto dovrebbe essere convertito in legge. Chi si sente di garantire per il suo futuro?

Timidissimi i segnali arrivati a quelle, quasi, diciotto milioni di anime che sentono le gelide mani della povertà lambirle sempre più da vicino.

Pochi nutrono speranze che questa classe politica possa operare veramente delle riforme strutturali per il paese e per il bene comune. Scarsa fiducia si nutre che ci si possa accordare su una legge elettorale veramente degna di questo nome. I partiti sono presi, anima e corpo, a salvare poltrone, patrimonio e carriera. Il movimento nuovo, che prometteva di aprire le Camere come una scatola di tonno, si è rivelato inconcludente, colorito di protesta e scarso di proposta.

Berlusconi, politicamente morto, annuncia la rivoluzione se lo arrestano e paradossalmente chiede anticipazioni delle europee al 24 maggio.  Qualcuno direbbe “è la solita storia del pastore, voleva raccontarla e si addormì”. Dall’Europa può mai venire qualcosa di buono per il cittadino?

Il M5s, per sua stessa costituzione, fa la parte del cane di guardia, abbaia ma non morde.

Mentre a Montecitorio si vuole far credere che si sta girando pagina, nelle piazze di tutt’Italia si monta la protesta e con l’avvicinarsi delle feste natalizie, calano i consumi , sale la rabbia e si disertano i supermercati. L’Istat  annuncia che la crisi si è fermata.. Si spera che abbia fatto in tempo  * Lo ciuccio ca se mparavo re no mangià, murivo! Il padrone si lamentava: "E' morto proprio ora che aveva imparato a non mangiare!"  Incrociamo le dita ed andiamo avanti.




ONOREVOLE, RESTITUISCA IL MALTOLTO AGLI ITALIANI

di Emanuel Galea

Superato lo scoglio del “porcellum” a Montecitorio, ammesso e non concesso che tutto vada in porto, davanti alla coscienza degli “onorevoli” si affaccia ora la settima fatica d’Ercole: Astenersi dal  finanziamento illecito ai partiti.
Faccio violenza alla mia intelligenza fingendo di credere in un loro nobile gesto. Solo  per me stesso richiamo alla mente questa fatica di Ercole. Il racconto narra le avventure  di Eracle mentre si cerca di espiare il fatto che lo vede colpevole della morte della sua famiglia. Dodici fatiche che cambiavano lungo il suo percorso.
Alla settima gli fu chiesto di pulire le stalle di Augia. Nelle stalle questo re teneva dei buoi in condizioni igieniche pessime. Il fetore aleggiava su tutta la regione. Ad Ercole si chiedeva una immane impresa, superiore al suo coraggio. Ercole, si sa, deviò il fiume Alfeo e lo fece passare dalle stalle, trascinando via gli strati di letame purificando l’aria dal fetore. A deviare il fiume Alfeo su  Montecitorio sono stati i giudici della Corte dei Conti.

Riuscirà la corrente delle acque  violente dei  giudici a staccare le incrostazioni che vi si sono depositate? Il Procuratore Generale del Lazio, Raffaele De Dominicis, mentre conduceva l’indagine istruttoria contro l’ex tesoriere del PD, Luigi Lusi, attualmente sotto processo per illecite sottrazioni di denaro pubblico, ha sollevato il dubbio di costituzionalità sulla norma che regola il finanziamento pubblico ai partiti, accorgendosi, tardivamente ma ahimè finalmente,  che tutte le leggi a partire dal 1977 che hanno reintrodotto il finanziamento suddetto sarebbero in realtà difformi rispetto a quanto chiesto dai cittadini con il referendum del 1993, in cui si chiedeva l’abolizione.

Fu così che la Corte dei Conti  ha messo argine allo scippo continuo dei partiti. Una decisione dura da digerire. La partitocrazia darà battaglia per mantenere il maltolto. Riuscirà il procuratore a fare rispettare fino in fondo la volontà sovrana espressa nel 1993? La saggia e tardiva sentenza della Corte dei Conti è suffragata da analogo giudizio della  commissione Greco, “Group d’Etats Contre la Corruption del Consiglio d’Europa, mettendo sotto accusa  l’Italia di aver omesso di controllare e quindi sanzionare adeguatamente i bilanci irregolari dei partiti e tollerare la corruzione- I corrotti si sono sempre avvalsi di tempi di prescrizione troppo brevi.

La lunga storia di Ercole finì nell’Olimpo. Lì, egli visse con gli immortali. Nutro il massimo rispetto nei confronti del Procuratore Generale e della Commissione Greco, però che la partitocrazia possa mollare il maltolto, mi lascia molto scettico. Incrocio  le dita e mi rimetto a san Gennaro.
 




LA CONSULTA PROPONE E MONTECITORIO DISPONE

di Emanuel Galea

E’ una storia senza fine. Una storia di inettitudine, corruzioni, inefficienza, disinteresse. Una classe politica sorda, muta ed assente. “Mentre Roma brucia si rifugia ad Anzio”.
E’ una magra dopo l’altra. Concorsi universitari truccati. Tra i 35 docenti indagati figurano i 5 “saggi” scelti da Letta e Napolitano. Corruzione, truffa aggravata, falso. Da Bari a Trento, da Sassari a Valle d’Aosta, da Milano Bicocca a Roma Tre. Si fa prima ad elencare gli esclusi. Che ne sarà di quei concorsi? A fine 2010  l’Istituto indice un concorso per titoli e colloquio per quattro posti di primo ricercatore. Gli ammessi sono otto. Gli esclusi fanno ricorso contro l’invalsi al Consiglio di Stato. Il ricorso viene accolto. Il 7 marzo scorso il Presidente Napolitano annulla con decreto la prova orale e gli atti conseguenti. Il concorso è da rifare.Altro giro, altra magra. Il 6 settembre scorso,  la Facoltà di professioni sanitarie di Pavia, ventiquattr'ore dopo l'esame, ha comunicato: "Prova annullata" Le risposte possibili (tra cui il candidato avrebbe dovuto sceglierne una) erano quattro invece che cinque (come richiesto dal bando pubblico) Anche questa volta il concorso è da rifare.

L’Italia, ahimè, è diventata come un castello di sabbia attorniato da acque stagnanti, lente a ricambiare la propria linfa. Un castello che si sgretola persino dalle acque dolcemente smosse da una brezza leggera. Un Italia , resa fragile ed orfana da politici improvvisati che hanno fatto di lei lo zimbello di quella parte civilizzata del mondo abitato. Proprio in questi ultimi giorni  le sono state inferte una raffica di bocciature dei suoi leggi cardini, pregiudicando ancora una volta  la sua già umiliata e fragile democrazia.Lo stato avanzato dell’inettitudine, inefficienza ed impotenza della sua classe politica l’ha certificata la Corte Costituzionale. L’attuale legge elettorale , secondo i giudici, è incostituzionale sia per il premio di maggioranza , sia per le liste bloccate.Napolitano si è precipitato a difendere la  legittimità delle  Camere e dice no al proporzionale.Pietro Alberto Capotosti, presidente emerito della Corte costituzionale, dice “Parlamento esautorato, serve il voto” Altri costituzionalisti esprimono pareri diversi. Il mondo politico si divide. Si riapre dibattito su l’Elettorale e nelle Camere si recita l’eterna tragedia ai danni degli italiani

La bocciatura, come era d’aspettarsi, ha sollevato un vespaio. Il porcellum” decade con effetto domino. Lasciamo i costituzionalisti dibattere fra di loro se camere legittime o non. L’elettore interpreta la bocciatura della Consulta come un atto  politico. Per il cittadino la bocciatura del “porcellum”,  il concorso scolastico,quello  universitario oppure quello statale per il “ricercatore” sono “esautorazioni” di pari gravità e meritano pari trattamenti.Per il cittadino la pronuncia della Consulta rende le Camere politicamente illegittime. Ne consegue che da un corpo illegittimo scaturiscono atti illegittimi, dicasi l’elezione dello stesso Capo dello Stato. A sua volta, sempre politicamente,  vengono considerati invalidati gli atti compiuti da chi ha ricevuto l’investitura da mani illegittimi e perciò  anche qui si mette in dubbio la validità della nomina di 5 membri della Corte Costituzionale nominati dal Presidente. Il tutto va a finire nel più assurdo dei paradossi, e cioè, la  Corte Costituzionale, avendo nel suo quorum 5 membri invalidati perché nominati da un Presidente privo del consenso politico, essa stessa vien esautorata ,  per cui la tanto chiacchierata bocciatura del “porcellum” vien invalidata e tutto torni come prima. Abbiamo voluto, ovviamente, dare largo sfogo alla nostra fantasia .  È 'na canzone senza titolo/tanto pe' cantà/,pe' fà quarche cosa…  Non cambierà niente, vedrai che troveranno il modo di lasciare tutto come stava! Il mondo politico ha avuto più che tempo sufficiente a sua disposizione per fare una buona legge elettorale. I partiti si sono persi nei soliti litigi perché anziché cercare gli interessi dei cittadini cercano sempre di fare quelli propri, Questa volta il tempo non li aiuta.  Le motivazioni della Consulta bussano alla porta, una settimana, massimo due e poi? Tanti di loro rischiano “meritatamente” di sloggiare. Se ciò accada, nessuno sprecherà lacrime perché, per fortuna,  Dio non paga il sabato.        




LA BOLDRINI: UNA PRESIDENTE IN CERCA PERENNE DI PROTAGONISMO

Emanuel Galea

Roma – Sullo scranno più alto della Camera dei deputati si sono avvicendati grandi nomi come Giovanni Gronchi, Sandro Pertini, Pietro Ingrao e Nilde Iotti, per non citare quelli del Regno d'Italia, della Camera dei Fasci e delle Corporazioni,della Consulta Nazionale e dell'Assemblea Costituente. Personaggi di grande calibro che, ognuno a proprio modo, ha segnato una parte della storia di questo paese. 

Personaggi di elevato spessore culturale e figure di statura internazionale.

Oggi lo scranno è occupato da Laura Boldrini, venuta alla ribalta dopo il 6 dicembre 2012, fine Governo Monti.

Non si può certo dire di lei che sia l'idolo delle folle. La Boldrini appena nominata Presidente ha subito operato un taglio netto alla sua sagoma. Una signora presidente con tanta voglia di protagonismo, di stare in prima pagina.Leggo da qualche parte che la Boldrini, Presidente della Camera, rilascia più dichiarazioni al giorno di Obama.I fatti danno ragione a questa asserzione. Un vecchio saggio consiglia di andare adagio a chi ha molta fretta ed è anche buona norma parlare solo quando si ha qualcosa da dire altrimenti si rischia di incorrere in qualche gaffe.

E' proprio quello che sta succedendo alla Presidente Boldrini e di gaffe ne sta collezionando un bel po' e scorrendo tra le pagine del web se ne può trovare una ricca collezione.

Alcune faranno sicuramente epoca negli annali delle gaffe come quella che definisce “stuprare” le figure istituzionali quando si commentano oppure si criticano le loro dichiarazioni pubbliche .

Una delle sue ultime gaffe l'ha firmata lo scorso 19 maggio: ”L’Italia e’ tappezzata di manifesti con donne discinte e ammiccanti. In tv i modelli sono quelli della casalinga o della donna seminuda. Da li’ alla violenza, il passo e’ breve”.

Ma il massimo di se, la Presidente Boldirini, l'ha sfornato a Civitanova Marche, molto significativo e spiega da solo quale conoscenza hanno del proprio Paese alcuni membri delle istituzioni: "Ho imparato la sofferenza del mio Paese negli ultimi tempi", ha detto testualmente, "Io non immaginavo che in Italia ci fosse tanta povertà, tanto bisogno di cose essenziali".

No, la Boldrini non immaginava che stava facendo l'ennesima gaffe e si avviava a contendere il record al Movimento Cinque Stelle.

Dopo la dichiarazione spontanea e cioè che solo negli ultimi tempi la signora è venuta a conoscenza di tanta povertà, di tanto bisogno di cose essenziali del suo paese, che fa? Promette il taglio di 1/3 dello stipendio. E chi pensava che il taglio del 30% andava operato sui 20.000 euro netti mensili sarà rimasto sicuramente male, perché le attribuzioni a loro spettanti (a lei ed al Presidente del Senato) è di euro 4.ooo. Tradotto in soldini hanno rinunciato a 1.222 su euro 20.000. Qualcuno l'ha chiamata una bufala. 

L'ex portavoce dell'Alto commissariato ONU per i rifugiati politici, così austera ed amante della sobrietà, stranamente ha creato uno staff di ben quattro portavoce laddove prima c'era uno solo in aggiunta ai giornalisti dell'ufficio stampa della Camera dei deputati. 

Come abbiamo iniziato a dire, la Signora Presidente è sempre in fuga avanti e per questo nessuno si è meravigliato di trovarla a Palermo in testa al gay pride in compagnia di Idem, ministro per le pari opportunità dimessasi per il fattaccio ICI, concludendo la propria breve parentesi governativa. Questa prima pagina della presidente Boldrini insieme ai gay in festa a Palermo non le è riuscita. La scena le è stata sottratta da Josepha Idem con lo scandalo ICI. Occorreva allora escogitare e tirare fuori qualche altro stratagemma per riaccendere su di lei i riflettori ed ecco l'ultima.

Il 13 luglio 2013, la Boldrini ha scelto Lamezia terme, Catanzaro, palcoscenico per la cerimonia per il conferimento della cittadinanza onoraria a 400 bambini stranieri. A margine della cerimonia ha fatto delle dichiarazioni molto strane portando come argomento a favore del conferimento della cittadinanza il semplice fatto che questi figli sono nati qui ed ergo bisogna prendere atto, diceva lei, che sono italiani.

Signora Boldrini mi pare che sta di nuovo correndo troppo quando il tema impone ponderatezza e sobrietà, riflessioni e ragionamenti, non vorrei che un domani dovesse scoprire che c'erano tante cose da valutare e che ora ignora, come quando ignorava e non immaginava la povertà che c'e' nel suo Paese.

Mai un presidente della Camera si è agitato così tanto per farsi spazio sulle prime dei giornali. Pontifica e lancia il suo pezzo forte: dare la precedenza ai rom ed immigrati per l'ottenimento degli alloggi popolari. Per questa sua ultima uscita la first lady di Montecitorio e stata denunciata a Ravenna da Davide Fabbri, rappresentante del “Movimento lavoro e rispetto” perché “discrimina gli Italiani violando la Costituzione”.

 La signora seduta sull'alto scranno della Camera non perde l'occasione di dire subito la sua sul caso Kazakistan e sintetizza il suo pensiero in tre parole :“compiacenze ed omissioni inaccettabili” 

Qualcuno dica alla signora che lei è il Presidente della Camera e non più il portavoce all'Alto Commissariato ONU. 




CORSA AD OSTACOLI PER LETTA, PROSSIMA TAPPA: IL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI

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Emanuel Galea

Da quando ha assunto l'incarico di guidare questo governo di larghe intese Enrico Letta si è reso conto che la sua non sarà una passeggiata. Dall'inizio si è dimostrata per quello che è, una corsa ad ostacoli. Determinato e con le idee chiare ha subito messo in allerta i lobbisti e ogni sua dichiarazione d'intenti è da questi guardata con sospetto, pronti ad affossarla ogniqualvolta minacci interferenze con i loro interessi. Per fortuna il nuovo Presidente si sta dimostrando sicuro di se stesso e libero dai soliti compromessi.

La tappa dell'abolizione delle province è stata superata, salvo imprevisti, ed entro sei mesi, dice lui, il provvedimento dovrà giungere in porto.

La prossima corsa ad ostacoli sarà la più dura perché tocca la carne viva degli apparati dei partiti. Per Letta questa sarà la prova del fuoco. Se vince questa battaglia, lo potremmo considerare il nuovo Caesar dopo Romolo Augusto , l'ultimo imperatore romano d'Occidente. L'abolizione del finanziamento è la madre di tutte le battaglie. Ci hanno provato i Radicali con un referendum 20 anni fa. E' stato un plebiscito ma, come si sa, l'apparato partitico ce l'ha messa tutta riuscendo a scippare quella volontà popolare e la democrazia non ha potuto far altro che soccombere. Questa volta i tempi sembrano più maturi e, per adoperare un eufemismo, un lucignolo di speranza si intravede in fondo al viale in questa nottata senza luna. 

Il 31 maggio 2013 il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge per la progressiva abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Fra l'altro il ddl prevede la sostituzione del finanziamento pubblico dei partiti con un sistema basato sulla contribuzione volontaria da parte dei privati, il due per mille da sottoscrivere in sede di dichiarazione dei redditi annuale, fissando naturalmente, alcune norme per i partiti, per poter usufruire di questa contribuzione.

A reggere la fila di coloro che, con denti ed unghie lottano per il mantenimento del finanziamento ai partiti è Ugo Sposetti del Pd. Al tg La7, intervistato dichiara: «Il due per mille, così come vogliono cambiare il finanziamento va bene se sono tutti gioiellieri, se viene dai pensionati della Cgil gli arriva poco… e finiamo per fare un sostegno a un partito ricco e uno a un partito povero: non funziona così la democrazia».

Il ragionamento di Sposetti, persona intelligentissima e di tutti quelli che come lui ragionano, non regge, oserei dire che lo trovo patetico. Forse sarebbe ora di finirla con questo discorso del partito ricco e quello povero. Quale sarebbe il partito povero, quello che ha immobili per milioni di euro? Quello che ha investimenti? Come mai ogni volta che ci sta una scissione si presenta sempre il problema del patrimonio, dei beni mobili ed immobili da dividere? E' falso dire che la politica costa. Costano gli apparati dei partiti che raramente fanno “politica” intesa come iniziativa per il bene della collettività.

La gente condivide l'iniziativa di Enrico Letta, a tutti quelli che fanno “politica” lo Stato, anziché elargire denaro dovrebbe offrire servizi. Sale gratuite per le riunioni, spazi sulle tv pubbliche, stampa manifesti gratuiti, un numero di telefonate a tariffa agevolata, rappresentanza ed ospitalità controllata e pagata dall'economato dello stato ed altri servizi. In poche parole, risparmiare al partito “il fastidio di maneggiare denaro”. Se diamo un'occhiata ai compensi di ogni deputato; ci accorgiamo che una delle voci della busta paga rappresenta un tot per i contatti con l'elettorato. Ai signori sposetti dei partiti “poveri”di destra e sinistra che ci vogliono convincere che il finanziamento pubblico serve per fare funzionare la democrazia consigliamo loro di liquidare i loro vari immobili ed il ricavato sommato ad altri eventuali investimenti ed utilizzarlo per fare “politica” al servizio della comunità. L'art.49 della Costituzione non contempla possedimenti ed investimenti ma semplicemente che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. La politica nazionale si determina con le giuste iniziative e sembra che Enrico Letta è determinato a seguire questo corso.




LA PORTA MAGICA SI TROVA A ROMA

Emanuel Galea

 

Tra magia, alchimia, leggenda, esoterismo e scienze occulte, dove oggi c'è Piazza Vittorio Emanuele, sul colle Esquilino, prima sorgeva Villa Palombara, edificata tra il 1655 e il 1680, residenza di Massimiliano Palombara, marchese di Pietraforte. 

La villa fu anche denominata come Porta Alchemica, Porta Ermetica e Porta dei Cieli. Per ognuna di questi appellativi sono stati scritti volumi interi. Non è nostra intenzione raccontare le vicende del marchese di Pietraforte, tanto meno quelle degli ospiti che frequentavano la villa. La nostra attenzione cade completamente su quella porta, reperto tramandato nei secoli che oggi resiste e convive con il fragore degli ambulanti e le svariate bancarelle del famoso mercato rionale romano.  Per raccontare tutta la storia di Villa Palombara ci vorrebbero pagine e pagine del giornale. La storia del marchese di Pietraforte è ricchissima di episodi di alchimia , di scienze occulte e di esoterismo. Il suo nome è legato a Cristina di Svezia, appassionata alchimista, istruita dallo stesso Cartesio. Incrociamo, legati alla sua storia, il nome di Pietro Antonio Bandiera, l'astronomo Giovanni Cassini, l'alchimista Francesco Maria Santinelli, l'erudito Athanasius Kircher ed il medico esoterico Giuseppe Francesco Borri. Fu proprio l'episodio di questo esoterico che ci ha incuriosito. Leggenda vuole che Francesco Giuseppe Borri , per una notte fu ospitato nella villa. Si narra che il Borri dimorò per quella notte nel suo giardino  alla ricerca di un'erba misteriosa capace di produrre l'oro. Narra la leggenda che, altri ospiti della villa testimoniano di aver visto l'esoterico scomparire improvvisamente dietro la porta. Gli stessi testimoni asseriscono che scomparendo attraverso quella porta alchemica, il Borri lasciò dietro pagliuzze d'oro, che secondo quest'ultimi, comprovavano la riuscita trasmutazione alchemica. Narrano inoltre questi testimoni che oltre alle pagliuzze d'oro il Borri lasciò dietro una misteriosa carta piena di enigmi e simboli magici e che secondo loro doveva contenere il segreto della pietra filosofale. 

Parte degli enigmi e dei simboli misteriosi li possiamo tutt'oggi leggere sugli stipiti ed architrave della nostra porta magica. La speranza di Massimiliano Palombara nell'incidere i simboli sugli stipiti era che un giorno qualcuno fosse riuscito a decifrarli.  Troviamo sul frontone della porta alchemica una patacca con il sigillo di Salomone. pianeti, associati ai corrispondenti metalli sono raffigurati sugli stipiti della porta a mezzo di simboli alchemici. 

Sugli stipiti della porta si possono leggere alcuni degli epigrafi misteriosi come: "Quando nella tua casa neri corvi partoriranno bianche colombe, allora sarai chiamato sapiente"   e ancora. "Chi sa bruciare con l'acqua e lavare col fuoco, fa della terra cielo e del cielo terra preziosa”. Sulla soglia si legge questa misteriosa epigrafe: "È opera occulta del vero saggio aprire la terra, affinché germogli la salvezza per il popolo”. Gli epigrafi del rosone sentono di un atmosfera mistica: "Tre son le cose mirabili: Dio e uomo, Madre e vergine, trino e uno”  come pure quella sull'architrave: "(RUACH ELOHIM) Spirito divino” 

Corre l'obbligo precisare che questa porta era incastonata nel muro di cinta in via di S. Vito che si immetteva nella più conosciuta via di S. Croce in Gerusalemme.  Una commissione archeologica comunale, a seguito delle demolizione nel 1873 del muro in via S.Vito, la fece scomporre e conservare nei magazzini municipali. Più tardi fu sistemata nei giardini di Piazza Vittorio dove la conosciamo ancora e dove la possiamo ammirare. Le due statue ai lati della porta non provengono dalla Villa Palombara bensì sono stati rinvenuti in uno scavo del Quirinale e sistemati accanto alla porta nel 1888.La Porta è un monumento unico al mondo nel suo genere A guardarla la porta può lasciare il visitatore indifferente. Aprendola, tramite una buona lettura della sua storia, la porta magica ha tante vicende interessanti da raccontare. Sta all'appassionato saperli rincorrere nei giardini di Piazza Vittorio Emanuele, proprio là,  Francesco Giuseppe Borri, il pellegrino di quella notte misteriosa, spariva per sempre dietro quella porta alchemica, lasciando tracce di se, a chi sa cercare, pagliuzze d'oro. Buona ricerca e buona fortuna.

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CAMERA STORICA DI S.GIOVANNI DECOLLATO CUSTODE DI CARNEFICINE DI ROMA ANTICA

Emanuel Galea

Nel 1886, in Città di Castello, Lapi ha stampato il taccuino scritto da Gian Battista Bugatti, meglio conosciuto come Mastro Titta. Il taccuino fu ritrovato da Alessandro Demollo e nel 1891 l'editore Perini lo pubblicò a dispense con il titolo : <Mastro Titta, il boia di Roma. Memorie di un carnefice, scritte da lui stesso.> Si pensa però, che l'autore delle dispense fu Ernesto Mezzabotta, il più prolifico del Perini. 

Giuseppe Gioacchino Belli, in uno dei suoi sonetti, e a questo tema ne ha dedicato più di uno, così aprì il sonetto : <Vengheno: avanti: la funzione è llesta (rapida)>  Si viene a sapere che dal 1796 al 1864, ad espletare le alquanto frequenti esecuzioni, a Roma operò un unico uomo, appunto Mastro Titta, per l'anagrafe Gian Battista Bugatti. Nei 70 anni della sua “carriera”mise in atto 516 “giustizie” come si usava chiamarli allora. Fare il boia non era l'occupazione principale del Bugatti. Come attività quotidiana teneva una bottega sotto casa e faceva il “verniciatore di ombrelli” nel quartiere di Borgo. 

Come boia ufficiale dello Stato Pontificio teneva un registro delle sue attività, un taccuino dove annotava data, scopi e nomi per cui i servizi venivano richiesti.  Fu proprio quel taccuino che Alessandro Demollo rinvenì e l'editore Perini pubblicò. 

Quando Mastro Titta attraversava il Tevere non era certo per delle gite fuori porta. Avvolto nel suo mantello scarlatto, (l'indumento ancora si può vedere esposto al Museo Criminologo di Roma) e con la sua borsa di strumenti del mestiere,il Bugatti compì le sue trasferte per espletare i suoi servizi di “giustizia” a Rocca di Papa, a Bracciano, Perugia, Castelli Romani e dintorni. 

A Roma le esecuzioni si espletavano a Piazza del Popolo, nella piazzetta davanti a Castel Sant'Angelo ed in Via dei Cerchi.

Oltre al Belli che si è occupato a lungo di Mastro Titta nei suoi sonetti, ebbe a dedicare le sue impressioni anche Charles Dickens ne : <Pictures of Italy> quando lo scrittore si trovò a passare dall'Italia nel 1876.

A questo punto qualcuno può chiedere ma la Camera Storica di S.Giovanni Decollato come entra in tutta questa storia.  Lo spieghiamo subito. Prima però diamo qualche nozione riguardo la chiesa che ospita la camera storica medesima.

La chiesa di San Giovanni Decollato, è una chiesa di Roma, nel rione Ripa, nella via omonima. Al posto di questa attuale, precedentemente ne sorgeva un'altra, intitolata a S.Maria della Fossa. Nel 1488 la chiesa fu concessa alla Confraternita di S.Giovanni Decollato di Firenze da cui proviene il nome.  Scopo dell’Arciconfraternita era di assistere i condannati a morte, invitarli al pentimento, confortarli sino all’estremo, e seppellirne i cadaveri. 

Nel 1600 Clemente VIII ne fece costruire il chiostro, nel quale sono ancora visibili le fosse comuni dei condannati a morte qui sepolti. Esse sono coperte da chiusini in marmo, sui quali la Confraternita ha inciso una scritta “Signore, quando verrai a giudicare, non condannarmi”, che, a posteriori può sembrare una palese ironia. 

La "Camera Storica" dell'Arciconfraternità conserva oggetti, documenti, registri, sacchi, cappucci relativi alle condanne capitali. Qui sono conservati numerosi cimeli relativi all’attività della Confraternità : tra le altre cose, il cesto che raccoglieva la testa dei giustiziati, l’inginocchiatoio sul quale Beatrice Cenci recitò l’ultima sua preghiera.

Beatrice fu una giovane nobildonna romana che all'età di 22 anni, l'11 settembre 1599, fu giustiziata per parricidio. Anni dopo il popolo la elevo ad eroina. Le esecuzioni non si limitavano unicamente all'impiccagione, andavano ben oltre altri sistemi attroci ed orribili che per senso di rispetto verso il lettore ometto dal descrivere.

Nella camera storica si possono ancora vedere le barelle sulle quali i confratelli trasportavano i resti dei condannati a morte ed altri tristi ricordi di un'era che, confidiamo, non dovremo mai più rivedere.

La Confraternita aveva il privilegio di liberare, con solenne cerimonia, un condannato all'anno.

Racconta Andrea Pollett in “ Curiosità Romane” che fino al 1870 le pubbliche esecuzioni erano degli spettacoli del popolino e , aggiunge poi, che l'allora popolino , “oltre a trovare la pratica di proprio gradimento, addirittura portava con se i figli ad assistere all'evento, a mo' di strumento educativo”. 

Una condanna netta a quelle esecuzioni. Nostra ferma disapprovazione , negando che quegli eventi potevano servire di strumento educativo. Stessa nostra disapprovazione quando oggi i figli si piazzano davanti allo schermo televisivo e, peggio che a pubbliche esecuzioni, assistono ai peggiori atti di violenza, criminalità e comportamenti diseducativi. Gli impiccagioni non si eseguono più a Piazza del Popolo, Via dei Cerchi oppure nel piazzale davanti a Castel S.Angelo. Si suicidiano impiccati i reclusi di Regina Coeli, San Vittore, l'Ucciardone ed in tante altre case circondariali d'Italia. A questi non si portano i bambini ad asistere, non fa caso neanche il legislatore a ciò che a lui dovrebbe indicare il punto di non ritorno della negazione dei diritti umani della giustizia carceraria, di cui tanti riempiono la bocca ma nulla fanno per risolverla..

La Camera Storica è aperta per le visite ogni 24 giugno. Tutto fa parte del vissuto nostrano e solo conoscendolo possiamo evitare il suo ripetersi. 

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LA SERRATURA DEL TEMPIO DEL DIVO ROMOLO

Emanuel Galea

Siamo giunti alla terza puntata della nostra rubrica, “Curiosando Roma e dintorni”. Sentiamo sia ancora doveroso specificare che non abbiamo alcuna pretesa di svelare fatti inediti. Crediamo solo di accendere una luce su pillole di curiosità di cui, pensiamo, pochi siano a conoscenza. Il nostro unico scopo è quello di solleticare la curiosità dei giovani, e non solo, svegliare l'interesse e l'amore per questa Città, così caotica e bistrattata eppure così bella, così ricca di storia, arte e radici culturali.

Quest’oggi ci soffermiamo su un particolare del Tempio del Divo Romolo. Un dettaglio che alcuni, forse, trovano di scarso interesse. Di per sé non si può certo affermare che sia il massimo della scoperta. Ciò che suscita interesse è la storia dell'ingegno e le vicende che ad esso ruotano intorno. Questo tempio lo troviamo nell'area del Foro Romano. Si trova precisamente laddove la via Sacra comincia a salire sulla Velia, tra l'Arco di Tito e la Piazza dello stesso Foro Romano. La via Sacra è l'asse stradale più antico e più importante del Foro stesso.

Il Tempio del Divo Romolo, in origine, costituiva parte integrante del complesso Tempio della Pace . Quest'ultimo fu abbandonato agli inizi del IV secolo. Nel 309 d. C., Massenzio , in memoria della prematura perdita di suo figlio Valerio Romolo, dopo morto divinizzato, in suo onore riutilizzò e dedicò il vestibolo. Si pensa che fu proprio in quell'epoca che il portale bronzeo del Tempio del Divo, riccamente ornato, con ai lati due ali di mura e altri elementi decorativi, fu inaugurato. Nello scorrere del tempo, il Tempio dovette mutare la sua funzione in più di qualche occasione. Per citarne una: Nel 527 Papa Felice IV ricevette in dono da Amalasunta, figlia di Teodorico il grande, una Sala del Tempio della Pace, poi trasformata nella basilica dedicata ai Santi Cosma e Damiano. Di seguito questa basilica, tramite l'apertura di una porta, fu unita al Tempio del Divo Romolo che così divenne il vestibolo della chiesa. L’edificio venne terminato da Costantino che probabilmente ne cambiò la destinazione d’uso. Oggi la struttura originaria del Tempio si può meglio osservare dall'interno della basilica. Per diversi periodi il Tempio fu erroneamente confuso come il tempio dei Penati. Altri lo volevano identificare con il tempio di Giove Statore, fondato da Romolo.

Tralasciando il contesto del portale bronzeo dell'epoca imperiale, età della Serratura del Tempio del Divo Romolo. La nostra curiosità si è soffermata su questo particolare e di questo ora parliamo. L'evoluzione della serratura romana (sera) ha avuto origine dal primordiale arresto di legno per poi svilupparsi, a mano a mano, nel congegno metallico a mandata di chiave, con il sussidio di molle. Nell'età imperiale i romani giunsero a fabbricare anche serrature minuscole e la relativa chiave, altrettanto minuscola, si portava attaccata agli anelli delle dita. Secondo Plinio (VII,198) l'inventore e costruttore della serratura fu Teodoro di Samo. Nei versi omerici, Iliade XIV,168, Odissea XXI, 6-7, troviamo l'allusione alla chiave di bronzo. Ciò sta a dimostrare che il mondo greco, già prima era a conoscenza della serratura di metallo. A Pompei sono state rinvenute numerosissime chiavi e diverse serrature in condizioni tali da potere essere ricostruite. Ma la serratura più affascinante e che desta curiosità è quella del Tempio del Divo Romolo. La sua singolarità consiste nel fatto che questa funziona ancora perfettamente dopo tanti secoli. Il portale di bronzo, nonostante la sua venerabile età, ancora si apre e si chiude per mezzo di un complicato meccanismo che a distanza di tanti secoli, si presume inaugurato nell'anno 309 d. C., funziona ancora perfettamente.

Racconta Gabriella Serio nel libro “Una Serratura di Altri Tempi” che Luciano Zeppegna così descrisse il marchingegno:“Quando una maniglia a forma di pera si mette in movimento una ruota dentata che agisce sugli ingranaggi di un catenaccio; a questi va a infilarsi nell'apposito foro praticato nel battente di sinistra. Allora scende un paletto che si conficca in un foro della soglia.

E ancora:

La serratura si può anche azionare spingendo il battente a mano e facendo cadere il saliscendi per forza di gravità; cosicché – collocandosi nel suo alloggiamento- la caduta provoca giri della ruota dentata che sistema il catenaccio nell'altro battente” Il portale da solo già affascina per la dovizia dei particolari. L'opera incanta per la sua perfetta conservazione nel tempo. Non è sentimentalismo oppure nostalgia del passato. Quella serratura invece, sembra volerci tramandare un messaggio. Fa venire in mente Matteo 7, 21-28 : < Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia >. ¬Fa bene fare bene le cose.

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Emanuel Galea

A Roma, nel rione Campo Marzio,  situata nella famosa Piazza del Popolo, si trova la chiesa di Santa Maria del Popolo. Tra tutte le chiese di Roma, questa chiesa racchiude tra le sue mura una sintesi dei vari secoli di storia dell’arte e dell’architettura. Al suo interno, ancora si conserva una vasta presenza di grandi monumenti sepolcrali oltre che tele famose. I Monumenti  eseguiti tutti in marmo tra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI. All’inizio del XIX secolo, il grande convento della chiesa ha dovuto sacrificarsi e lasciare posto alla Piazza del Popolo, ad opera di Giuseppe Valadier. Questo spiega perché tanti dei monumenti marmorei non si trovano, oggi, al loro posto originale. Tanti sono i monumenti funebri. Tra questi si trovano le due opere di Andrea Sansovino  , il primo per il  cardinale Ascanio Sforza, e l’altro per  Gerolamo Basso della Rovere. Sono monumenti funebri normali, decorosi ed imponenti. Il monumento che ha attirato la nostra attenzione,  e ci sembra interessante segnalarlo anche a voi, è un monumento funebre molto stravagante, bizzarro e per niente accogliente. E’ il monumento di Giovanni Ghisleni. Cosa ha di strano ? Raffigura uno scheletro di marmo giallo, avvolto in un sudario bianco, che si aggrappa alle sbarre del sepolcro. Lo “scheltro in preghiera” si trova vicino alla porta della navata sinistra della chiesa. In testa alla scultura funebre si può notare la scena del bruco che si trasforma in farfalla.  Il Ghisleni, nel 1672, con questa scultura marmorea funebre, ha voluto eternare la propria fede nella vita dell’aldilà.  E’ una curiosità, una stravaganza come le altre nove che pubblicheremo, offrendo l’occasione, a chi passeggiando per il centro di Roma, non dispiacerà scoprire “cose nuove”. 




LA MONTAGNA DEI SAGGI PARTORISCE UN TOPOLINO

Emanuel Galea

Sono molto indeciso. Non so se dobbiamo gioire. Non so se dobbiamo piangere. Dieci giorni d’intenso lavoro. Dieci giorni con tutta l’Italia sulle spine. Dieci giorni durante i quali le miglior menti, scelte dall’Alto Colle, si arrabattano, aggrovigliando i loro sommi cervelli. L’Italia attende, affannosa, in ansia, in spasmodica attesa. Gente per strada, al bar, al mercato, fuori delle chiese, nei salotti fra amici e twittando a più non posso. Il tema è uno. A quando la fumata bianca? Precisamente il 2 aprile, dieci uomini illustri, spero ben remunerati, su invito del Presidente, sono entrati in conclave, in gergo si può anche dire in gestazione per cercare soluzioni inedite, riflessioni originali da sottoporre alla classe politica, classe con coscienze indurite ed insensibili a cambiamenti e ad impellenti fabbisogni della società. Insomma dei personaggi chiamati per indicare una via d’uscita incastonata di ”innovazioni” per uscire dal cul de sac in cui si sono infilati perlopiù i tre partiti che hanno vinto, si fa per dire, le elezioni. Ieri, 12 aprile, le porte dello studio del Presidente si sono aperte. Il funzionario della cerimoniale, con faccia radiante ed evitando le domande della stampa, ha affisso un gran fiocco sulla porta, l’ha richiusa e prendendo ufficialmente la postura del messaggero ha annunciato: “I saggi, entrati in gestazione il 2 aprile, hanno finito le doglie e presentano le delizie delle loro fatiche. Più tardi, politici e giornalisti potranno visitare il nascituro”. Un’ora dopo politici e tutta la stampa avevano visitato e tenuto in braccio il nuovo arrivato. A dire la verità, pochi sono stati quelli che hanno fatto dei complimenti ai partorienti. Dal fondo della sala stampa, si è sentita una voce risonante: “La montagna dei saggi ha partorito un topolino”. Come fare a non dare ragione a questa voce? Non intendiamo rivisitare il lavoro dei dotti voce per voce. Si trova su tutti i giornali e per internet Per noi è una “minestra riscaldata” e non poco. Per primo, naturalmente ci sta la legge elettorale. Dicono loro: “ le leggi elettorali sono diverse”. Hanno scoperto l’acqua calda. Di legge elettorale si parla dai “tempi di Noé” e non ci si è mai messi d’accordo appunto perché i sistemi sono diversi. Se ce ne fosse stata una unica, sarebbe stato tutto diverso. Poi i saggi continuano in crescendo. Ecco il secondo punto : «rendere sostenibile il debito pubblico e ridurlo», tra cui l’abbassamento delle tasse su lavoro e impresa; interventi immediati sempre finalizzati alla crescita.  Avete notato l’originalità della proposta? Avete mai sentito alcuno parlare che c’è bisogno di ridurre le tasse, di favorire la crescita? Idee innovative anche per il settore “lavoro”. Sentite, sentite: “allentare i vincoli alle imprese sull'assunzione di dipendenti a tempo determinato”. Ci si domanda: queste brave “menti eccelse” dov’ erano quando si battagliava per l’abolizione dell’articolo 18? Proseguono, sempre in un delirio crescente : “La crisi dei partiti politici e la maggiore indipendenza della società dalla politica – scrivono – ha posto fine al monopolio dei partiti sulle cariche pubbliche”. Ma quando mai! Ma di quale Paese stiamo parlando!  Propongono, come se fosse la prima volta, la diminuzione del numero dei parlamentari; la trasformazione del Senato in Camera delle Regioni, ed anche questa ci pare di averla sentita da qualche altra parte; una riforma per una giustizia più veloce ed efficace, anche questa non ci pare affatto nuova; tutelare meglio i consumatori, che non guasta. Il piatto forte di questi illustri signori, è arrivato con il capitolo “finanziamento ai partiti oppure se vuoi, camuffato sotto le vesti di rimborsi. A questo punto, avvalendosi anche loro degli stessi ragionamenti che portano avanti i partiti, si sono rivelati compiacenti e desiderosi di compiacere.  Gli emeriti saggi, che, secondo me hanno fatto delle proposta che non valgono l’oro della remunerazione che senza meno andranno a percepire, hanno fornito una piattaforma per le riflessioni, ma tanto piatta, così piatta che oserei dire, diventa impercettibile.  Indiscrezioni riservate, trafugate, sembra, dalla camera dei bottoni, dicono che si sta allestendo un gruppo di sette anziani, raccolti per strada. Il compito di questi sarà di valutare se la decisione di scegliere questi “acceleratori/saggi” sia stato frutto della stanchezza oppure sia uno scherzo poco simpatico di fine settennato?
 




PD E M5S DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Emanuel Galea

Il 13 maggio 1940, alla Camera dei Comuni, Winston Churchill ha indirizzato ai membri del Parlamento uno dei suoi più celebri discorsi, trovandosi l’Inghilterra davanti “ la più terribile delle ordalie” .

Sono rimaste nella storia le sue  sofferte ma decise parole:  “Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore”.  Simili parole, nella situazione critica nel quale si trova il nostro Paese non le si aspettano di certo  da Grillo, ma da Bersani sì. Venerdì 10 maggio 1940 Winston Churchill riceveva da Sua Maestà l’incarico di formare un nuovo governo. Essendo l’Inghilterra,  in quel frangente, nella fase preliminare di una delle più grandi battaglie della storia, c'era “l'evidente volontà del Parlamento e della nazione che questo fosse concepito sulle basi più larghe possibili e che includesse tutti i partiti”***

Il saggio leader inglese non perse tempo. Riporto ancora, parola per parola, dal discorso di Churchill: “E’ stato  formato un gabinetto di guerra di cinque membri rappresentanti, con il Partito laburista, l'opposizione, e i Liberali, l'unità della nazione. Era necessario che questo venisse fatto in un solo giorno in considerazione dell'estrema urgenza e durezza degli eventi”

Il 22 marzo scorso il Presidente Napolitano dà un pre – incarico a Bersani per verificare  una eventuale maggioranza sicura a sostegno di un governo PD. Proprio in questa fase critica, essendo Bersani già da tempo consapevole di non avere maggioranze assolute, ci si aspettava da lui un sussulto di amore per il paese e magari, pronunciando un mezzo discorso, non uguale ma simile a quello del grande statista inglese, che avvicinasse le forze in campo per avviare una qualche forma di un governo condiviso per il bene della nazione. Il Primo Ministro inglese non lesinava raccomandazioni ai suoi parlamentari : “Ritengo,nel pubblico interesse, di chiedere allo Speaker che il Parlamento sia convocato oggi. ”Questo tipo di discorso non ha sfiorato affatto la mente di Bersani. Lo Statista insisteva  nell’ incitare i parlamentari ad andare avanti : “Voi chiedete: qual è la nostra linea politica? Io rispondo: fare la guerra per terra, mare, aria. Guerra con tutta la nostra potenza e tutta la forza che Dio ci ha dato, e fare la guerra contro una, nell'oscuro mostruosa, tirannia insuperata e doloroso catalogo del crimine umano.

Questa è la nostra linea politica.” Qual è la somiglianza tra PD e Movimento Cinque Stelle? Il primo, con la voce di Bersani,  va avanti come un disco rotto, insistendo che solamente loro e nessun altro possa salvare l’Italia e pertanto non accettano alleanze con il Pdl. Il M5s , l’altra faccia della stessa medaglia, ribadisce che non da la fiducia a nessuno perché tutti, all’infuori di loro stessi, sono corrotti, collusi. Lo stesso movimento che già ha rimangiato le sue certezze sulle diarie. Ora si capisce perché non insiste sull’abolizione dei rimborsi ai partiti. Sono bastati pochi  giorni e già gli fa gola uno stipendio “onorevole” e fra poco c’è da scommettere che daranno battaglia per la conservazione di tutti i privilegi acquisiti.

Ritornando al discorso dello Statista, appassionato della sua patria, egli, insisteva col :“fare la guerra per terra, mare, aria. Guerra con tutta la nostra potenza e tutta la forza che Dio ci ha dato, e fare la guerra contro una nell'oscuro mostruosa tirannia insuperata e doloroso catalogo del crimine umano. Questa è la nostra linea politica”. Bersani, se avesse voluto essere credibile nel predicare quel cambiamento che solamente lui e nessuno fuori di lui potrebbe fare, sarebbe ancora in tempo per intavolare quel discorso nobile stringendo un patto con le altre forze , sostituendo il termine “crisi”al posto di “crimine” e “ lavoro, equità, giustizia” a posto di  “terra, mare, area”. Il Movimento Cinque Stelle, per sua scelta non intende partecipare alla soluzione della crisi e fino ad ora non ha avanzato alcuna proposta degna di questo nome. Bersani, l’altro rovescio della medaglia, fino ad ora si è limitato a corrergli dietro.

Tutto questo mentre lo Stivale affonda. Bersani pretende di avere l’incarico pieno. Ebbene sia. Prenda l’esempio di chi si era trovato nei guai prima di noi. Che metta da parte il suo falso orgoglio, per l’Italia e per la sua gente, affronti la piazza e faccia un discorso come fece Churchill a suo tempo: “Assumo il mio incarico con slancio e speranza. In questo frangente, in questo momento, mi sento in diritto di chiedere l'aiuto di tutti e di dire: "venite dunque, andiamo avanti assieme con le nostre forze unite". Sappia Bersani che un passo del genere non lo umilierebbe ma  sarebbe la sua forza, dentro e fuori il partito.
 
***Traduzione libera dal discorso di Winston Churchill