Nuovo segretario Pd, la parola all’assemblea. Renzi conferma dimissioni e Berlusconi chiede nuovo governo a guida centrodestra

Questa volta sono dimissioni vere, non indiscrezioni né tanto meno una fake news. Il segretario del Pd, Matteo Renzi, conferma al Corriere della Sera che il processo per la successione alla guida del partito si è di fatto aperto all’indomani della sconfitta elettorale del 4 marzo e che il suo ciclo “si è chiuso”. “Sul mio successore deciderà l’assemblea” dice “No a governi istituzionali, nessuna collaborazione possibile con i 5 Stelle o con le destre”. E sulla possibilità di un esecutivo d’unità nazionale per far fronte all’ingovernabilità uscita dalle urne, mette in chiaro: “Deve giocare chi ha vinto”. “Sono stati 4 anni difficili ma belli. Abbiamo fatto uscire l’Italia dalla crisi. Quando finirà la campagna di odio tanti riconosceranno i risultati. Ma la sconfitta impone di voltare pagina. Tocca ad altri. Io darò una mano: noi non siamo quelli che non scendono dal carro, semplicemente perché il carro lo hanno sempre spinto”.

“Mi prendo la responsabilità”

“Siamo passati da milioni di voti del referendum ai 6 milioni di domenica scorsa. Abbiamo dimezzato i voti assoluti rispetto a quindici mesi fa. Allora eravamo chiari nella proposta e nelle idee. Stavolta e mi prendo la responsabilità la linea era confusa, né carne né pesce: così prudenti e moderati da sembrare timidi e rinunciatari. Dopo un dibattito interno logorante, alcuni nostri candidati non hanno neanche proposto il voto sul simbolo del Pd, ma solo sulla loro persona”.
Se si fosse votato a maggio forse sarebbe andata diversamente, spiega Renzi. “Sarebbe cambiata l’agenda politica. L’agenda sarebbe stata l’Europa, non altro. Come è stato per Macron o per Merkel. E prima ancora come è stato in Olanda per Rune. Sull’Europa non avrebbero vinto le forze sovraniste. Ma poiché avevo visto per tempo questo rischio e l’ho illustrato più volte invano, mi sento io il responsabile delle mancate elezioni anticipate. Nessuna polemica con nessuno”.

Cosa succede ora

“Le mie dimissioni non sono un fake – prosegue Renzi – Ho seguito le indicazioni dello Statuto e dunque sul nuovo segretario deciderà l’assemblea. Rispetteremo la volontà di quel consesso. Sui nomi non mi esprimo; anche perché sono tutte persone con cui ho lavorato per anni”. Chi farà le consultazioni? “Il Pd ha sempre mandato al Quirinale i due capigruppo, il presidente e il reggente. Non ve-do motivi per cambiare delegazione”.

Con la sconfitta alle elezioni del 4 marzo e le conseguenti dimissioni di Matteo Renzi da segretario del Partito Democratico, i dem sono chiamati a decidere il percorso che li porterà ad esprimere il nuovo leader. Un percorso codificato dallo statuto del partito, che ne parla al Capo II, “Formazione dell’indirizzo politico, composizione, modalità di elezione e funzioni degli organismi dirigenti nazionali”, articolo 3, “Segretario o Segreteria Nazionale”.

Chi è e cosa fa il segretario

Il Segretario nazionale, viene sottolineato, rappresenta il Partito, ne esprime l’indirizzo politico sulla base della piattaforma approvata al momento della sua elezione ed è proposto dal Partito come candidato all’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri. Infine, il Segretario nazionale è titolare del simbolo del Partito Democratico e ne gestisce l’utilizzo, anche ai fini dello svolgimento di tutte le attività necessarie alla presentazione delle liste nelle tornate elettorali.

Dimissioni del segretario

Se il Segretario cessa dalla carica prima del termine del suo mandato, l’Assemblea può eleggere un nuovo Segretario per la parte restante del mandato ovvero determinare lo scioglimento anticipato dell’Assemblea stessa. Se il Segretario si dimette per un dissenso motivato verso deliberazioni approvate dall’Assemblea o dalla Direzione nazionale, l’Assemblea può eleggere un nuovo Segretario per la parte restante del mandato con la maggioranza dei due terzi dei componenti.

I precedenti di Franceschini e Epifani

È quanto accaduto con le elezioni di Dario Franceschini, prima, e Guglielmo Epifani poi. L’attuale ministro dei Beni Culturali, fu eletto segretario dall’Assemblea il 21 febbraio 2009 con 1047 prefe-renze, dopo le dimissioni di Walter Veltroni, sconfitto alle regionali in Sardegna. Per Epifani si parlò impropriamente di ‘reggente’ del Partito Democratico, figura non prevista dallo Statuto. L’ex segretario della Cgil, infatti, fu eletto dall’Assemblea l’11 maggio 2013, dopo le dimissioni di Bersani che non era riuscito a formare il governo in seguito alla cosiddetta “non vittoria” alle elezioni politiche. Epifani fu eletto con 458 voti a favore su 534 votanti, pari all’85,8 per cento del totale. In entrambi i casi, le segreterie durarono lo spazio di pochi mesi: da febbraio ad ottobre 2009, Franceschini; da maggio a dicembre 2013 Epifani.

Elezione del nuovo segretario

Al fine di eleggere il nuovo segretario, dunque, il Presidente del partito, in questo caso Matteo Orfini, convoca l’Assemblea per una data non successiva a trenta giorni dalla presentazione delle dimissioni. Nel caso in cui nessuna candidatura ottenga l’approvazione della predetta maggioranza, si procede a nuove elezioni per il Segretario e per l’Assemblea. Il Segretario nazionale in carica non può essere rieletto qualora abbia ricoperto l’incarico per un arco temporale pari a due mandati pieni a me-no che, allo scadere dell’ultimo mandato, non eserciti la funzione di Presidente del Consiglio dei Ministri per la sua prima legislatura. In tal caso il mandato è rinnovabile fino a che non ricorrano i li-miti alla reiterabilità dei mandati nella carica di Presidente del Consiglio.
Il parlamentino dem si riunisce quindi per decidere il percorso da intraprendere dopo la sconfitta alle elezioni del 4 marzo. Ma, soprattutto, scegliere tra due opzioni: segretario eletto in assemblea ad aprile o segretario eletto alle primarie nel 2019? La prima opzione, per la quale si schiera la maggior parte del gruppo dirigente, darebbe al Pd un segretario ‘a tempo’, il cui mandato scadrebbe tra un anno, ma forte della legittimazione dei delegati dem. La seconda opzione prevede un traghettatore, individuato nel vice segretario Maurizio Martina che vinse le primarie assieme a Matteo Renzi, per guidare il partito fino al congresso del 2019. L’esito è incerto perché le correnti, ‘congelate’ con il congresso del 2017, sono in fibrillazione e sono molti i riposizionamenti.

Cosa è e a cosa serve il parlamentino dem

La Direzione nazionale del Pd è composta da 120 membri membri eletti dall’Assemblea nazionale, con metodo proporzionale, ed è l’organo di indirizzo politico del partito. Le decisioni vengono assunte attraverso il voto di mozioni, ordini del giorno, risoluzioni politiche e svolge la sua funzione di controllo attraverso interpellanze e interrogazioni al segretario e ai membri della segreteria. Ogni riunione si svolge su un ordine del giorno a cui fa seguito una serie di interventi e, solitamente, il voto finale sulla relazione del segretario o su eventuali mozioni presentate.
La vita e le funzioni del parlamentino dem sono regolate dall’articolo 8 dello Statuto del Pd. Oltre ai 120 componenti eletti dall’Assemblea nazionale, fanno parte di diritto della Direzione il segretario; il presidente dell’Assemblea nazionale; i vicesegretari; il tesoriere; il massimo dirigente dell’organizza-zione giovanile; i Presidenti dei gruppi parlamentari italiani ed europei; i segretari regionali.

La mappa della direzione

Le primarie del 2017 videro trionfare Renzi con il 69,17% dei voti. Secondo arrivò il ministro della Giustizia Andrea Orlando con il 19,96%, terzo il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano con il 10,87%. Percentuali che determinano anche il numero dei membri di ciascuna mozione in dire-zione, più i membri di diritto. La suddivisione in direzione era di 84 componenti per l’ex premier, 24 per Andrea Orlando e 12 per Michele Emiliano. C’è da sottolineare, tuttavia, che tra i componenti della direzione che fanno parte della maggioranza ci sono anche quelli che fanno riferimento a correnti come Areadem, di Dario Franceschini, Sinistra è Cambiamento, di Maurizio Martina, e l’area guidata dal presidente del partito, Matteo Orfini.

 

Silvio Berlusconi parla alla Stampa della difficile risoluzione dell’impasse politica dell’Italia dopo le elezioni, che secondo lui hanno sancito sostanzialmente due cose. Dice il presidente di Forza Italia:

“Ciò significa due cose: che il centro-destra ha il diritto ma soprattutto il dovere di guidare il prossimo governo, e che nessuno, fra chi ha ottenuto un consenso importante dagli elettori, può pensare di non farsi carico della necessità che il Paese sia governato. I problemi dei quali tutti abbiamo parlato in campagna elettorale, la povertà, la disoccupazione fra i giovani, le difficili condizioni del sud, il pericolo sicurezza, l’emergenza immigrazione sono urgenze drammatiche, non solo temi da campagna elettorale”
Messaggio ovviamente rivolto ai 5 Stelle a cui dice piuttosto direttamente che l’incarico tocca al centrodestra, ma soprattutto messaggio al Pd, che non può escludersi dalla partita. Perché “i problemi dei quali tutti abbiamo parlato in campagna elettorale, la povertà, la disoccupazione fra i giovani, le difficili condizioni del sud, il pericolo sicurezza, l’emergenza immigrazione sono urgenze drammatiche, non solo temi da campagna elettorale”. Inoltre Berlusconi avverte Matteo Salvini – ribadendo “leale collaborazione” – di usare cautela nei prossimi passaggi istituzionali.
“Credo che in questa fase tocchi a Salvini scegliere la strada che ritiene più opportuna. Noi lo sosterremo lealmente. Certo, è evidente che se intere forze politiche dimostreranno disponibilità e responsabilità, si potrà andare verso una soluzione più stabile”.

“Credo che responsabilità significhi prendere atto del fatto che Salvini è il leader del partito più votato all’interno della coalizione più votata.

Significa anche la consapevolezza del fatto che nuove elezioni sarebbero allo stesso tempo un pessimo segnale per la democrazia e una strada probabilmente non risolutiva. Meglio, molto meglio perdere qualche settimana per un buon governo, se possibile, che mesi in una nuova campagna elettorale”. “Le presidenze delle due Camere, soprattutto in una situazione complessa come questa, devono essere figure di alto profilo istituzionale e di garanzia per tutti. Non si può ridurre la questione a delle caselle da riempire nell’ambito di un equilibrio politico complessivo”.

Berlusconi inoltre nell’intervista esclude “nel modo più assoluto” un’alleanza fra Lega e M5S

“Mi fido di Salvini”, aggiunge. Esclude anche un Governo di scopo, per rifare la legge elettorale, perché “non vedo alcuna possibilità, con questi numeri parlamentari e con questa situazione nel Paese, di fa-re una legge elettorale migliore” del Rosatellum. Esclude, infine, un futuro da partito unitario per il centrodestra, perché, dice, “il nostro futuro si chiama semplicemente Forza Italia, il nostro avvenire rimane ben distinto da quello dei leghisti che sono certo alleati leali, ma che hanno una storia diversa dalla nostra, un linguaggio diverso dal nostro, valori diversi dai nostri”.




Elezioni 2018: Il paradosso politico, specchio di un paese confuso e contradditorio

Solo contro tutti Matteo Renzi non sembra voler mollare e la debacle assoluta del PD, ad una trentina di ore dall’esito catastrofico delle elezioni, appare come una meschina messa in scena che mostra un premier indispettito, piagnucoloso e ostinato proprio come un bimbo che non intende separarsi dal giocattolo rotto destinato alla pattumiera.

Il quadro politico e il senso stesso del PD oltre a non esistere più assume sempre più le fattezze di un buco nero nel cosmo che attira a sè e divora ogni “forma sinistroide” che vive in periferia e che sperava di rappresentare la nuova sinistra di fine ventennio degli anni duemila. La comunicazione di dimissioni di Matteo Renzi, congelata nella sua concreta essenza fino alla formazione del nuovo governo, è la prova di una spregevole mancanza di interesse nel raggiungimento il prima possibile di un governo necessario a tessere le fila per il raggiungimento di un assesto politico che ci renda meno vulnerabili in Europa.

Il Rosatellum creato ad arte per rendere difficile e dilazionate le necessarie alleanze pro-governo ci espongono pericolosamente a possibili altalene nell’economia di Piazza Affari con probabili innalzamenti dello spread rischiando di vanificare tutti quegli sforzi ad oggi compiuti per risollevare l’economia.

Gli occhi di Pietro Grasso, apparsi spenti durante il comunicato stampa di Liberi e Uguali, racconta la triste storia, seppur breve, di un grande uomo che ha creduto davvero d’essere l’artefice di una nuova svolta verso una nuova sinistra in grado di concretizzare la propria essenza ma si è dovuto ricredere e comprendere quanto lungo sia il suo cammino lontano da facili ed immediati successi.

Una sinistra confusa e indecisa che in molti anni ha solcato una ferita che richiede numerosi punti di sutura e che Liberi e Uguali ha pensato di curare con un semplice e frettoloso cerotto

Un altro lembo di una forza di sinistra come Potere al Popolo ha ottenuto un contentino, un “gettone di presenza” che comunque ha premiato la capacità di creare in poco tempo una concezione di sinistra 2.0 determinata e coraggiosa con dei contenuti concreti che dovranno ancora trovare un serio sviluppo aldilà dell’entusiasmo giovanile dei tempi sessantottini. Chi ha vinto è un movimento dai buoni intenti ma che dovrà dimostrare d’essere in grado di saltare con un balzo una “gavetta istituzionale” che ad oggi pone seri dubbi su un possibile successo di risultati e proprio in Sicilia, che si è rivelata quale grande bacino di voti ottenuti, il movimento comincia ad essere sostenuto dall’imprenditoria isolana che plaude alle aperture a destra e sinistra nell’unica occasione d’oro di formare un governo qualora il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ne conferisse l’incarico. Una forza dirompente che ha il suo vertice assoluto nel Comune di Priolo Gargallo nel siracusano dove il consenso pentastellato ha raggiunto la percentuale micidiale del 70% alla luce anche dell’arresto per truffa del sindaco Antonello Rizza di Forza Italia.

Quel che si attende con impazienza sarà il giorno 23 Marzo dove il Presidente Mattarella conferirà l’incarico del nuovo governo e le previsioni parlano anche di una possibile scelta diretta verso la prima coalizione vincente alle ultime elezioni

Il centrodestra rinvigorito da un notevole successo di consensi alle votazioni relative alla scheda per il Senato si trova a dover da subito chiarire una sua leadership necessaria per seppellire dubbi ed incertezze che possono confondere il proprio elettorato, impresa non facile visto che il fondatore di Forza Italia Silvio Berlusconi non sembra voler cedere lo scettro del premier di coalizione. Dal canto suo però va detto che Berlusconi, sempre più affaticato e smemorato, ha condotto una campagna elettorale decisamente più leggera e ridotta per ragioni di età avanzata e per queste ragioni adesso si trova a dover pagarne l’amaro prezzo. I comizi nella piazze non si possono abbandonare e le televisioni, per quanto seguite da un numero enorme di italiani, non potranno mai trasmettere quella sensazione di presenza fra la gente e di partecipazione attiva rispetto ad un freddo teleschermo usato per promettere la luna e una “flat tax” diretta e spedita a favore palese dei più abbienti. Questa campagna elettorale ha scongiurato anche le previsioni e i timori per un largo consenso all’organizzazione presente nelle schede elettorali come Casapound che si era illusa di andare oltre la soglia del 3% ma che non è neanche riuscita ad ottenere un punto percentuale. La rabbia e le accuse del loro leader ai microfoni televisivi della diretta televisiva contro il conduttore Enrico Mentana reo di non aver dato spazio e visibilità sufficiente, dimostra quanto certi atteggiamenti siano immaturi, ridicoli e del tutto inadeguati come possibile forza politica al governo.

Il quadro politico delle elezioni 2018 italiane assume i connotati di una matassa difficile da sbrogliare dove troppi contendenti si dichiarano i veri vincenti della partita e nel paradosso più totale la sinistra con Zingaretti si riprende la Regione Lazio andando a complicare maggiormente il districato percorso verso un equilibrio che difficilmente avrà la sua attuazione in poco tempo. Gli italiani hanno comunque deciso che è meglio una nuova forza politica giovane inesperta ma di buone intenzioni che vecchi spettri a destra e sinistra dal sapore “riciclato” e riproposto ancora una volta.
Paolino Canzoneri




L’Italia in stallo, la ruota della fortuna e i capriccetti del piccolo rottamatore

Quella che ieri impropriamente è stata definita conferenza stampa, da parte dello sconfitto don Matteo, ha lasciato perplessi tutti. Ma soprattutto anche i suoi stessi compagni di partito. Scorretta poi la definizione di ‘dimissioni’ a fronte di una sconfitta sonora, ma ancor più annunciata e leggibile da chiunque avesse un po’ più di buonsenso e il polso della Nazione e del suo Popolo. Ma tant’è, quando si naviga tenendo lo sguardo soltanto in alto, e il mento alla Mussolini, vivendo in un mondo parallelo e avulso dalla realtà popolare, non ci si può accorgere di ciò che ti passa sotto i piedi. Scorretto, dicevamo, il comportamento di Matteo Renzi riguardo alle sue presunte dimissioni – oppure è ormai abituato a procrastinare qualsiasi cosa, come ci ha insegnato per i provvedimenti di governo – che gli permetteranno di continuare a comandare su di un partito che lui stesso ha distrutto e ridotto al 18%. Che poi, se vogliamo, il 40% tanto favoleggiato ottenuto alle europee, si è rivelato per quel che è stato: soltanto uno scarso 20%, come abbiamo già scritto in altre occasioni, ottenuto su di una percentuale di votanti inferiore al 50%; per cui i conti si fanno presto. Insomma, Matteo si è offeso, ed ha avuto, a parere di chi scrive, una reazione puerile.

In pratica come se avesse detto: Non mi avete votato, adesso il governo fatelo voi. Della Nazione me ne frego, come me ne sono fregato in questi cinque anni. Dimostrando una volta in più, se ce ne fosse stato bisogno, il carattere di una persona presuntuosa ed egocentrica, e che non ha mai avuto il senso dello Stato – come si dice di chi ha ben lavorato per l’Italia – ma soltanto quello della sua lobby privata, il Giglio Magico – come lo hanno definito – e quello delle sue fondazioni, atte a ricever denaro da donatori il più delle volte anonimi.

Sulla stessa linea uno dei suoi fedelissimi, Emanuele Fiano, stamattina in TV: “Adesso il governo fatelo voi.” ha proferito con uno sguardo da cane bastonato. Come se la colpa di una situazione di stallo fosse di chi non ha votato PD. È evidente che una classe politica come quella definita impropriamente ‘partito di governo’ ha mal governato, in tutti i sensi, e questi sono i risultati. È evidente che ormai anche l’uomo della strada non crede più alle favole di Renzi e dei suoi accoliti. È evidentissimo che, dopo il quarto governo non eletto, gli Italiani ne avessero piene le scatole di doversi ingoiare tutto ciò che diceva la classe dirigente. È evidente che quelli bollati come ‘populisti’, ‘sovranisti’, ‘fascisti’, sono sbottati, preferendo proprio chi del populismo e del sovranismo ha fatto la propria legittima bandiera. Ad onta di chi ha sempre favorito, piuttosto che il nostro stivale, a cui ha causato danni irreparabili, i diktat di una Unione Europea che sta stretta ai cittadini esattamente nella stessa proporzione del voto del 5 marzo. È chiaro ed evidente che ora lo stato maggiore europeo trema e la paura è che anche l’Italia voglia scivolare via dall’Europa, visti anche i programmi per cui la Lega è stata votata. Grazie a Dio, non vedremo più Macron-Merkel-Gentiloni passeggiare sorridendo come i tre porcellini: ma non si può mai dire.

Intanto, tornando a Renzi, il suo comportamento bizzoso e stizzoso dimostra una discutibile maturità politica e che non è – e non è mai stato – adatto alla guida di una Nazione, per la quale servono almeno saggezza, tolleranza, intelligenza.

Tutte cose che lui con tutta probabilità non conosce, e che ormai alla sua età è difficile che possa apprendere. Tutte le sue bugie, le sue promesse non mantenute, le sue furbate da quattro soldi, i suoi magheggi per proteggere gli inquisiti per bancarotta fraudolenta e i loro parenti; tutte le manovre a favore delle banche e a danno dei risparmiatori, i porti italiani a disposizione per lo sbarco dei migranti in cambio dello sforamento che gli consentisse di elargire 80 euro di elemosina a chi c’è cascato – prontamente ripresi in seguito – il Popolo finalmente sovrano gliele ha fatte pagare in un colpo solo. Era da prevedere, quando tu privi la gente del suo diritto primario in democrazia, quello di andare a votare, e fai e disfi senza dar conto a nessuno, imponendo, in più, quattro governi non eletti e non graditi.

Ma stai sereno, Matteo, chi semina vento, dice il proverbio, raccoglie tempesta

Un comportamento responsabile sarebbe stato quello di mettersi a disposizione del Paese, per raggiungere una stabilità di governo. La gente apprezza certe cose, e certamente lo avrebbe premiato in appresso. Fare i capricci perché ti hanno tolto di bocca il lecca lecca, quello no: quello sa tanto di bambino capriccioso e viziato.

Roberto Ragone




Albano laziale, Genzano e Castel Gandolfo. In fuga dal Pd: il consenso si sposta su M5s e centrodestra

Mentre si rendono noti gli ultimi dati delle regionali laziali, che già decretano il secondo mandato per Nicola Zingaretti, sull’esito dei voti alla Camera dei Deputati si chiarificano i cambiamenti nella scelta dei partiti ad Albano Laziale, Genzano e Castel Gandolfo.

Albano Laziale

Il 4 marzo i cittadini albanensi sono andati alle urne con un’affluenza del 74,31%. Molte le schede annullate 523 di cui 123 bianche forse per protesta. Ad Albano la spunta il M5S con 8.031 voti e il 35,98% attribuito a Bianca Maria Zama mentre nelle ultime comunali del 31 maggio del 2015 i pentastellati raccoglievano un 10,49% con poco più di duemila voti. L’ala destra non subisce evidenti sconvolgimenti nei consensi cittadini: Marco Silvestroni arriva al 33,49% alle nazionali contro il 46,22% del centrodestra alle comunali. La grande débâcle la registra il PD che alla camera prende il 21,33% dai cittadini di Albano Laziale mentre l’attuale sindaco Nicola Marini (Pd) alle scorse comunali del 2015 otteneva il 53,78%. I dati, anche se a distanza di tre anni, vedono il consenso passare dal centrosinistra al M5S e al centrodestra, in relazione alla sconfitta conclamata della sinistra alle nazionali. Spostamento significativo per le prossime comunali nel 2020, dove avrà un ruolo importante l’attuazione del programma dei cinque stelle o del centrodestra a livello nazionale.

Genzano

Fa parte del collegio uninominale di Velletri come anche Albano Laziale, perciò i dati del Ministero dell’Interno subiscono ripercussioni residuali. Le elezioni comunali tenutesi il 5 maggio del 2016 hanno visto il sindaco Lorenzo Daniele del M5S al 21,82%, mentre il PD al 42,68 contro il 25,74% alle nazionali. La vittoria nel cambio di passo è del centrodestra che passa, a Genzano, dal 2,89% al 31,02%. Il consenso si sposta sostanzialmente dal centrosinistra al centrodestra.

Castel Gandolfo

Rientra nel collegio uninominale di Marino e ha registrato un’affluenza alle urne del 77,29% su 6,740 elettori. Il parossismo che è evidente, analizzando i dati, riguarda il confronto tra l’ala di sinistra e i cinque stelle. Alle comunali dell’11 giugno 2017 il sindaco Pd Milvia Monachesi prendeva 2,100 voti (in proporzione ad un’affluenza del 61.07%) e il conseguente 50,12% il candidato pentastellato Paolo Belli racimolava 710 voti con il 16,95%. La distanza dalle comunali alle nazionali è di solo un anno. Il cambiamento, forse relazionato ad un empasse locale del M5S oppure ad una semplice migrazione di consensi, è netto. Alle nazionali i cittadini di Castel Gandolfo preferiscono con 1780 voti la candidata Antonela Gobbo del M5S che arriva al 35,38% al contendente del centrosinistra Renzo Carella con 1260 e perciò il 24,83%.

Certamente le dinamiche locali e in questo caso comunali sono lo specchio sia del lavoro dei partiti a livello nazionale ma anche di una politica radicata nel territorio che trova difficoltà nel farsi visibile ai cittadini.

Gianpaolo Plini




Elezioni 2018: ecco i seggi assegnati e tutti gli eletti nei collegi uninominali maggioritari

Il conteggio ufficiale dei seggi della Camera assegnati con il metodo proporzionale ha permesso di assegnare 607 seggi sui 630 disponibili. La quota più consistente va al Movimento 5 Stelle, primo partito grazie al 32,66% delle preferenze che valgono 133 deputati. Sommandoli agli 88 conquistati con il meccanismo uninominale, i pentastellati a Montecitorio raggiunge quota 221. A seguire, c’è la squadra del Pd, che in base al 18,7% dei voti raccoglie 86 seggi del proporzionale.

Tra i “ripescati” ci sono anche i ministri Minniti e Franceschini e il presidente del partito Matteo Orfini sconfitti nelle sfide dei collegi uninominali. Nella coalizione di centrosinistra anche due seggi per Svp, nessuno invece dalla ripartizione proporzionale per +Europa, Civica popolare e Insieme. Il conteggio totale del centrosinistra, che ha portato a casa anche 24 collegi uninominali, si ferma a quota 112 deputati.

Nel centrodestra il 17,37% della Lega vale 73 posti, alcuni dei quali anche al Sud: uno in Calabria, uno in Basilicata, due ciascuno in Campania, Puglia e Sicilia.  Forza Italia, con il 14,01 si aggiudica 59 seggi, mentre 19 vanno a Fdi (4,35%). Sommandoli ai 109 seggi conquistati nell’uninominale, il centrodestra conta 260 deputati.

Gli ultimi 14 seggi finora assegnati col porporzionale finiscono invece a Leu, che non ha vittorie nell’uninominale ma recupera in questo modo tra gli altri Laura Boldrini e Pier Luigi Bersani, battuti nelle sfide secche dei collegi. Tra gli altri eletti nei listini, anche i ministri Orlando e Martina – che non erano stati schierati nell’uninominale – oltre a Lucia Annibali, Fratoianni, Crosetto, Paita, Giorgetti, Pollastrini, Valentini, Gelmini, Fiano, Manlio Di Stefano, Brambilla, Alfredo Bazoli, Guerini, Bitonci, Zan, Fedriga, Rosato, Serracchiani, Pini, Giulia Sarti, Sgarbi, Fassino, Paola De Micheli, Rizzo Nervo, Cantone, Biancofiore, Bergamini, Bonafede, Speranza, Borghi, Baldelli, Morani, Saltamartini, Polverini, Giacomoni, Calabria, Rampelli, Ruocco, Baroni, Daga, Angelucci, Anzaldi, Fassina, Campana, Rotondi, Pezzopane, Sibilia, Del Basso De Caro, Cirielli, Carfagna, Migliore, Paolo Siani, Elio Vito, Francesco Boccia, Enza Bruno Bossio, Santelli, Stumpo, Daniela Cardinale,Prestigiacomo, Epifani, Giulia Grillo.

 

Ecco tutti gli eletti nei collegi uninominali maggioritari

 

  • MOVIMENTO 5 STELLE
    TRIPODI ELISA
  • Centrodestra
    SQUERI LUCA
  • Centrodestra
    FANTUZ MARICA
  • Movimento 5 Stelle
    DI SARNO GIANFRANCO
  • Centrodestra
    BARELLI PAOLO
  • Centrodestra
    BATTILOCCHIO ALESSANDRO
  • Movimento 5 Stelle
    GRILLO GIULIA
  • Centrodestra
    CRISTINA MIRELLA
  • Centrodestra
    BUTTI ALESSIO
  • Centrodestra
    DARA ANDREA
  • Centrodestra
    MULE’ GIORGIO
  • Centrodestra
    CATTANEO ALESSANDRO
  • Centrosinistra
    PLANGGER ALBRECHT
  • Movimento 5 Stelle
    RIZZONE MARCO
  • Movimento 5 Stelle
    CUBEDDU SEBASTIANO
  • Centrodestra
    ANDREUZZA GIORGIA
  • Centrodestra
    ROTELLI MAURO
  • Movimento 5 Stelle
    FEDERICO ANTONIO
  • Centrodestra
    PORCHIETTO CLAUDIA
  • Movimento 5 Stelle
    GIULIANO CARLA
  • Movimento 5 Stelle
    GRIPPA CARMELA
  • Centrodestra
    BAGNASCO ROBERTO
  • Movimento 5 Stelle
    DEL GROSSO DANIELE
  • Movimento 5 Stelle
    TRAVERSI ROBERTO
  • Movimento 5 Stelle
    TASSO ANTONIO
  • Centrodestra
    CARETTA MARIA CRISTINA
  • Centrodestra
    APREA VALENTINA
  • Movimento 5 Stelle
    BELLA MARCO
  • Centrodestra
    COLLA JARI
  • Centrodestra
    BARATTO RAFFAELE
  • Movimento 5 Stelle
    GIARRIZZO ANDREA
  • Movimento 5 Stelle
    FONTANA ILARIA
  • Movimento 5 Stelle
    TERZONI PATRIZIA
  • Centrodestra
    D’ETTORE FELICE MAURIZIO
  • Centrosinistra
    GIORGIS ANDREA
  • Centrodestra
    BENIGNI STEFANO
  • Centrodestra
    TIRAMANI PAOLO
  • Centrodestra
    RACCHELLA GERMANO
  • Centrodestra
    COSTA ENRICO
  • Centrosinistra
    MOR MATTIA
  • Centrosinistra
    BENAMATI GIANLUCA
  • Centrodestra
    IEZZI IGOR GIANCARLO
  • Movimento 5 Stelle
    SURIANO SIMONA
  • Centrosinistra
    INCERTI ANTONELLA
  • Movimento 5 Stelle
    ORRICO ANNA LAURA
  • Movimento 5 Stelle
    DIENI FEDERICA
  • Centrodestra
    BADOLE MIRCO
  • Centrodestra
    VERSACE GIUSEPPINA
  • Centrosinistra
    LOTTI LUCA
  • Centrodestra
    MUSELLA GRAZIANO
  • Movimento 5 Stelle
    MISITI CARMELO MASSIMO
  • Centrodestra
    CORTELAZZO PIERGIORGIO
  • Centrodestra
    ROSSO ROBERTO
  • Centrodestra
    PAROLO UGO
  • Movimento 5 Stelle
    VILLAROSA ALESSIO MATTIA
  • Centrodestra
    LAZZARINI ARIANNA
  • Centrodestra
    MARTINO ANTONIO
  • Centrodestra
    SAVINO SANDRA
  • Centrodestra
    CAVANDOLI LAURA
  • Movimento 5 Stelle
    TESTAMENTO ROSA ALBA
  • Movimento 5 Stelle
    PENNA LEONARDO SALVATORE DETTO ALDO
  • Centrodestra
    BELOTTI DANIELE
  • Centrodestra
    FERRAIOLI MARZIA
  • Movimento 5 Stelle
    RUGGIERO FRANCESCA ANNA
  • Centrosinistra
    DI GIORGI ROSA MARIA
  • Centrodestra
    FOTI TOMMASO
  • Movimento 5 Stelle
    SAPIA FRANCESCO
  • Movimento 5 Stelle
    FICARA PAOLO
  • Centrodestra
    CANNIZZARO FRANCESCO
  • Centrodestra
    PATASSINI TULLIO
  • Movimento 5 Stelle
    MARAIA GENEROSO
  • Centrodestra
    BRUNETTA RENATO
  • Centrodestra
    BIANCHI MATTEO LUIGI
  • Centrodestra
    RUFFINO DANIELA
  • Centrosinistra
    GEBHARD RENATE
  • Centrodestra
    ZIELLO EDOARDO
  • Movimento 5 Stelle
    D’ARRANDO CELESTE
  • Centrosinistra
    DELRIO GRAZIANO
  • Movimento 5 Stelle
    LOREFICE MARIALUCIA
  • Centrodestra
    MARCHETTI RICCARDO AUGUSTO
  • Centrodestra
    SORTE ALESSANDRO
  • Movimento 5 Stelle
    BRUNO RAFFAELE
  • Centrodestra
    BERGAMINI DEBORAH
  • Movimento 5 Stelle
    CATALDI ROBERTO
  • Centrodestra
    GELMINI MARIASTELLA
  • Centrosinistra
    DI MAIO MARCO
  • Centrodestra
    RAFFAELLI ELENA
  • Movimento 5 Stelle
    VILLANI VIRGINIA
  • Centrodestra
    LOLINI MARIO
  • Centrodestra
    BORDONALI SIMONA
  • Centrodestra
    GUSMEROLI ALBERTO LUIGI
  • Centrosinistra
    SOVERINI SERSE
  • Movimento 5 Stelle
    SPADAFORA VINCENZO
  • Movimento 5 Stelle
    NITTI MICHELE
  • Movimento 5 Stelle
    SARLI DORIANA
  • Centrodestra
    TOMASI MAURA
  • Movimento 5 Stelle
    MICILLO SALVATORE
  • Centrosinistra
    GIACHETTI ROBERTO
  • Centrosinistra
    ROMANO ANDREA
  • Centrodestra
    FOGLIANI KETTY
  • Centrosinistra
    PAGANI ALBERTO
  • Centrodestra
    FIORINI BENEDETTA
  • Centrodestra
    FOSCOLO SARA
  • Centrodestra
    BRAMBILLA MICHELA VITTORIA
  • Centrodestra
    GAGLIARDI MANUELA
  • Movimento 5 Stelle
    GALIZIA FRANCESCA
  • Movimento 5 Stelle
    DEL MONACO ANTONIO
  • Centrosinistra
    BOSCHI MARIA ELENA
  • Centrodestra
    MILANATO LORENA
  • Movimento 5 Stelle
    MARZANA MARIA
  • Movimento 5 Stelle
    CABRAS PINO
  • Movimento 5 Stelle
    MARINO BERNARDO NOTO NARDO
  • Centrodestra
    FUGATTI MAURIZIO
  • Movimento 5 Stelle
    IANARO ANGELA
  • Centrodestra
    PEDRAZZINI CLAUDIO
  • Centrodestra
    VOLPI RAFFAELE
  • Movimento 5 Stelle
    DEL RE EMANUELA CLAUDIA
  • Centrodestra
    TARANTINO LEONARDO
  • Centrosinistra
    TABACCI BRUNO
  • Centrodestra
    LUCCHINI ELENA
  • Movimento 5 Stelle
    ZENNARO ANTONIO
  • Movimento 5 Stelle
    D’UVA FRANCESCO
  • Movimento 5 Stelle
    PAXIA MARIA LAURA DETTA LAURA
  • Centrodestra
    MOLINARI RICCARDO
  • Centrodestra
    INVERNIZZI CRISTIAN
  • Movimento 5 Stelle
    MENGA ROSA
  • Centrodestra
    SILVESTRONI MARCO
  • Centrodestra
    TOMBOLATO GIOVANNI BATTISTA
  • Centrodestra
    ZANOTELLI GIULIA
  • Movimento 5 Stelle
    EMILIOZZI MIRELLA
  • Centrodestra
    MOSCHIONI DANIELE
  • Movimento 5 Stelle
    D’IPPOLITO GIUSEPPE DETTO PINO
  • Centrodestra
    DELLA FRERA GUIDO
  • Movimento 5 Stelle
    MURA ANDREA
  • Movimento 5 Stelle
    GUBITOSA MICHELE
  • Centrosinistra
    LORENZIN BEATRICE
  • Centrodestra
    FRASSINETTI PAOLA
  • Centrodestra
    SILLI GIORGIO
  • Centrodestra
    ZUCCONI RICCARDO
  • Centrodestra
    CARRARA MAURIZIO
  • Centrodestra
    PATERNOSTER PAOLO
  • Movimento 5 Stelle
    FICO ROBERTO
  • Centrodestra
    CATTOI VANESSA
  • Centrosinistra
    LEPRI STEFANO
  • Movimento 5 Stelle
    LATTANZIO PAOLO
  • Movimento 5 Stelle
    CHIAZZESE GIUSEPPE DETTO MONGIOVI’
  • Movimento 5 Stelle
    APRILE NADIA
  • Centrodestra
    COLUCCI ALESSANDRO DETTO ALE
  • Centrodestra
    CESTARI EMANUELE
  • Centrodestra
    RAVETTO LAURA
  • Centrodestra
    CALABRIA ANNAGRAZIA
  • Movimento 5 Stelle
    SODANO MICHELE
  • Movimento 5 Stelle
    CAIATA SALVATORE
  • Movimento 5 Stelle
    MARTINCIGLIO VITA
  • Centrosinistra
    CRITELLI FRANCESCO
  • Movimento 5 Stelle
    GRIMALDI NICOLA
  • Movimento 5 Stelle
    NAPPI SILVANA
  • Centrosinistra
    CENNI SUSANNA
  • Movimento 5 Stelle
    ALEMANNO MARIA SOAVE
  • Centrodestra
    COMAROLI SILVANA ANDREINA
  • Centrodestra
    STEFANI ALBERTO
  • Centrodestra
    BENDINELLI DAVIDE
  • Centrodestra
    GAVA VANNIA
  • Movimento 5 Stelle
    GALLO LUIGI
  • Centrosinistra
    QUARTAPELLE PROCOPIO LIA
  • Movimento 5 Stelle
    CADEDDU LUCIANO
  • Centrodestra
    ZICCHIERI FRANCESCO
  • Movimento 5 Stelle
    ALAIMO ROBERTA
  • Centrodestra
    BENVENUTO ALESSANDRO MANUEL
  • Centrodestra
    GASTALDI FLAVIO
  • Centrodestra
    GIACOMETTO CARLUCCIO DETTO CARLO
  • Centrodestra
    FERRO WANDA
  • Movimento 5 Stelle
    AIELLO PIERA
  • Centrosinistra
    TOCCAFONDI GABRIELE
  • Centrodestra
    ZANELLA FEDERICA
  • Centrodestra
    LUPI MAURIZIO ENZO
  • Movimento 5 Stelle
    CASA VITTORIA
  • Movimento 5 Stelle
    ROSPI GIANLUCA
  • Movimento 5 Stelle
    D’AMBROSIO GIUSEPPE
  • Movimento 5 Stelle
    BARBUTO ELISABETTA MARIA
  • Centrodestra
    COMENCINI VITO
  • Centrodestra
    CRIPPA ANDREA
  • Movimento 5 Stelle
    CATTOI MAURIZIO
  • Movimento 5 Stelle
    VITIELLO CATELLO
  • Centrodestra
    BISA INGRID
  • Centrodestra
    ZANETTIN PIERANTONIO
  • Movimento 5 Stelle
    PROVENZA NICOLA
  • Centrodestra
    VIETINA SIMONA
  • Centrodestra
    GIACOMETTI ANTONIETTA
  • Movimento 5 Stelle
    DE GIORGI ROSALBA
  • Centrodestra
    MANDELLI ANDREA
  • Centrodestra
    MONTARULI AUGUSTA
  • Centrodestra
    TONDO RENZO
  • Movimento 5 Stelle
    CASO ANDREA
  • Centrodestra
    PRISCO EMANUELE
  • Movimento 5 Stelle
    COLLETTI ANDREA
  • Movimento 5 Stelle
    CECCONI ANDREA
  • Movimento 5 Stelle
    ANGIOLA NUNZIO
  • Centrodestra
    GIACCONE ANDREA
  • Movimento 5 Stelle
    DI MAIO LUIGI
  • Centrodestra
    COIN DIMITRI
  • Movimento 5 Stelle
    ACUNZO NICOLA
  • Centrodestra
    MOLTENI NICOLA
  • Centrodestra
    NEVI RAFFAELE
  • Movimento 5 Stelle
    CASSESE GIANPAOLO
  • Centrosinistra
    DE MARIA ANDREA
  • Movimento 5 Stelle
    SAITTA EUGENIO
  • Centrodestra
    MELONI GIORGIA
  • Movimento 5 Stelle
    MACINA ANNA
  • Centrosinistra
    PADOAN PIETRO CARLO
  • Movimento 5 Stelle
    TRIZZINO GIORGIO
  • Movimento 5 Stelle
    SCAGLIUSI EMANUELE
  • Movimento 5 Stelle
    ARESTA GIOVANNI LUCA
  • Movimento 5 Stelle
    PIGNATONE DEDALO COSIMO GAETANO DETTO DEDALO PIGNATONE
  • Centrodestra
    DELMASTRO DELLE VEDOVE ANDREA
  • Movimento 5 Stelle
    BUOMPANE GIUSEPPE
  • Movimento 5 Stelle
    PERANTONI MARIO
  • Centrodestra
    FORMENTINI PAOLO
  • Movimento 5 Stelle
    DE LORENZO RINA
  • Centrodestra
    PETTARIN GUIDO GERMANO
  • Movimento 5 Stelle
    LAPIA MARA
  • Centrodestra
    GARAVAGLIA MASSIMO



Renzi si dimette da segretario del Pd. tensioni politiche. Di Maio esulta e Berlusconi tace. Salvini prende quanto il Pd

Quando mancano circa cinquemila sezioni da scrutinare alla Camera e poco meno al Senato, è ormai chiaro come gli elettori italiani abbiano scritto la “pagina bianca”di cui parlava Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno. Di Maio e Salvini indiscussi vincitori, il Pd malamente sconfitto (con crescenti rumors di un Renzi sulla via delle dimissioni), un Berlusconi silente (con Forza Italia che copre il disappunto per il sorpasso della Lega inneggiando alla vittoria della coalizione di centrodestra), un modestissimo risultato per Leu, nessuna maggioranza di governo.

Il leader del Pd, Matteo Renzi, ha deciso di dimettersi 

“E’ una bella giornata, nonostante la pioggia”: queste le parole di Luigi Di Maio mentre poco dopo le 10 usciva dalla sua abitazione a Roma. “E’ un dato storico ed è stata un’emozione indescrivibile”, ha aggiunto salendo sull’auto bianca venuta a prenderlo.

“La squadra con cui ragionare e governare è quella di centrodestra”. Lo afferma Matteo Salvini commentando dal quartier generale della Lega, in via Bellerio a Milano, i risultati delle elezioni politiche. “Sono uno che mantiene la parola data – aggiunge – e l’impegno preso riguarda la coalizione di centrodestra, che ha vinto e che può governare”.

In attesa che la parola passi al Colle, oggi a parlare saranno i big. Grillo si precipita a Roma per condividere con Di Maio il trionfo direttamente nella capitale; Salvini è invece atteso alle 11 a via Bellerio per una conferenza stampa dove sarà importante soppesare ogni singola parola per capire se sterzerà verso l’M5S dopo aver reclamato la leadership del centrodestra. Sempre dal fronte del centrodestra, si dovrà attendere questo pomeriggio (alle 15) la lettura del voto di Giorgia Meloni.

E in pomeriggio anche Renzi parlerà al Nazareno, per un’analisi della cocente sconfitta che avvia un inevitabile redde rationem nel Pd dal quale, non è escluso, potrebbe uscirne dimissionario.

Sfide collegi: Gentiloni ok, fuori Minniti-Pinotti. Stop a De Vicenti. Padoan spunta Siena. Bene Boschi, Lotti, Madia

Stando agli ultimi dati ufficiali per la Camera (quando appunto mancano circa 5 mila sezioni da scrutinare su 61.401) i 5 Stelle toccano il 32%, Salvini arriva ad un punto percentuale dai dem (19% il Pd, 18% la Lega), Forza Italia è al 13,9% e Fdi al 4,3% (con un 36,2% che fa del centrodestra la coalizione vincente ma lontana dalla maggioranza di governo), Leu è al 3,3% e la Bonino al 2,6%, ad un passo dalla soglia dell’autonomia del 3%. Dati che sostanzialmente si replicano al Senato, dove devono essere scrutinate ancora 5 mila sezioni su 61.401




Elezioni tra code, disagi ed errori : alle 19 affluenza al 58%:

Alle elezioni politiche per il rinnovo della Camera alle ore 19 – ma il dato non è ancora definitivo – ha votato il 58% degli aventi diritto (circa 4.200 comuni su 7.958). Alle ore 12 l’affluenza registrata è stata pari al 19,38%. Lo rende noto il Ministero dell’Interno.

Code per le operazioni di voto per l’elezione di Camera e Senato oltreché per il rinnovo dei consigli regionali di Lombardia e Lazio. In molti seggi ritardi, sospensioni delle operazioni di voto per errori sulle schede e lunghe file hanno provocato proteste. A Palermo apertura di 200 seggi in ritardo per la ristampa delle schede. E schede con i nomi dei candidati di Camera e Senato sbagliati in un seggio a Roma, dove la presidente ha sospeso le operazioni, svuotato l’urna di 36 schede già votate, e ha ripreso le operazioni con le schede corrette. I 36 elettori dovranno tornare a votare. Situazione analoga nel collegio di Rivolta Bormida e Castelnuovo Bormida, in provincia di Alessandria. A Mantova, nonostante le schede stampate riportino il simbolo del Pd senza il riferimento al candidato presidente Gori, il voto è regolare e gli elettori sono stati informati.

Affluenze alle urne in aumento rispetto la precedente tornata

Alle elezioni per il rinnovo della Camera alle ore 12 ha votato il 19,43% degli aventi diritto. Lo si rileva dal sito del ministero dell’Interno. Nella precedente tornata elettorale del 2013, che però si svolse in due giorni, alla stessa ora si era recato alle urne il 14,94% degli elettori per la Camera. Alle regionali della Lombardia alle ore 12 ha votato il 19,92%, rispetto al 16,18% della precedente tornata elettorale. Alle regionali del Lazio alle ore 12 ha votato il 17,33%%, rispetto al 12,87% della precedente tornata elettorale. Chiamati al voto oltre 46 milioni e mezzo di elettori per la Camera dei deputati, quasi 43 milioni per il Senato della Repubblica. Si eleggono 618 deputati e 309 senatori, 18 parlamentari estero. E’ un Election Day, in quanto si vota anche per il rinnovo di Presidenza e Consiglio regionale di Lombardia e Lazio. Fari, anche dell’Ue puntati sul voto italiano, come sul referendum dell’Spd. “Le code registrate in queste ore, anche in altre città italiane, sono dovute in gran parte alle nuove operazioni richieste per il tagliando antifrode – scrive il Campidoglio in una nota -. Pertanto, rinnovando l’invito ai cittadini all’esercizio del proprio diritto di voto, si suggerisce di recarsi ai seggi prima possibile e comunque almeno un’ora prima della loro chiusura”. “Roma Capitale è al lavoro insieme con tutti i livelli amministrativi e i soggetti istituzionali coinvolti per un monitoraggio costante della situazione nei 2600 seggi elettorali della città. Tutti i seggi sono aperti ed operanti”, continua la nota. “Il Campidoglio sta monitorando costantemente la situazione al fine di una tempestiva risoluzione di eventuali problemi, come ha fatto con quelli finora verificatisi”.
I milanesi evitino “di recarsi al seggio nelle ultime ore di apertura”. E’ l’invito del Comune di Milano, che in una nota ricorda come “la collaborazione” dei cittadini sia “fondamentale per consentire un rapido avvio delle operazioni di spoglio”. Sono 1.248 i seggi allestiti nel capoluogo milanese e in molti si stanno registrando lunghe code. A rallentare le operazioni di voto è la nuova procedura per le schede delle elezioni politiche che prevede il tagliando antifrode.

Debutta il tagliando antifrode, con ‘code’ e errori

Si sono registrate proteste dei cittadini per le code dovute ai ritardi nell’apertura di alcuni seggi elettorali a Palermo per la distribuzione delle schede – poco meno di 200mila – ristampate nella notte. La causa è un errore nella perimetrazione dei collegi Palermo 1 e Palermo 2, con 200 sezioni interessate. Numerosi seggi hanno aperto con ritardi che in alcuni casi hanno superato le due ore e mezzo a causa delle distribuzione delle nuove schede elettorali ristampate durante la notte. L’errore era stato causato dall’inserimento di alcune sezioni del collegio Palermo 1 nel collegio Palermo 2.

In 36 hanno votato su schede sbagliate, ovvero con i nomi dei candidati alla Camera di un altro collegio

E’ successo nel seggio 2167 di Via Micheli 29 a Roma, nel quartiere Parioli, dove a segnalare l’errore é stato un cittadino che ha avvisato la presidente di seggio che ha sospeso le operazioni di voto, svuotato l’urna, preso le nuove schede corrette e iniziato nuovamente le operazioni. Disponendo di ricontattare i 36 elettori per farli rivotare. “La presidente ha sospeso le operazioni di voto, si è fatta dare dal seggio a fianco, il 2166, le schede corrette e ha fatto votare con quelle. Ma prima di far continuare le operazioni di voto ha chiuso la porta del seggio, ha aperto l’urna e l’ha vuotata togliendo le 36 schede votate fino a quel momento per metterle in una busta”, ha racconta all’ANSA una elettrice presente sul posto.

File, in alcuni casi anche lunghe, nei seggi per le votazioni in corso. In particolare a Roma, sono segnalate code in molte sezioni, dovute alle novità del voto, specialmente il tagliando antifrode che obbliga gli scrutatori prima a registrare ogni singola scheda per la Camera e per il Senato nel registro dei votanti e poi a strappare il tagliando dalle scheda prima di inserirla nell’urna. Le indicazioni sulle code vengono da vari quartieri, dalle zone centrali alla periferia.

Schede per la Camera sbagliate e operazioni di voto sospese nel collegio di Rivolta Bormida e Castelnuovo Bormida, in provincia di Alessandria. Dell’errore ci si è accorti dopo 40 schede votate: per la Camera erano pervenute le schede del collegio di Asti e non quelle del collegio Alessandria. A quel punto le operazioni di voto sono state sospese per un paio di ore nell’attesa che arrivassero le schede giuste: dopo l’autenticazione, si è ripreso a votare. “Nel giorno più importante di una democrazia, quello delle elezioni, sono ritardi ed errori inaccettabili, che spero non scoraggeranno la partecipazione dei cittadini”, ha commentato il presidente del Senato Pietro Grasso e leader di LeU commenta il fatto che a Palermo siano ancora chiusi molti seggi per via di errori fatti sulle schede.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha votato poco dopo le 8:30, nella sezione 535 della scuola Giovanni XXIII del quartiere Libertà a Palermo. Nel capoluogo si registrano ritardi nell’apertura di alcuni seggi a causa di un errore che ha causato la ristampa delle schede di 200 sezioni. Subito dopo il voto il Capo dello Stato è uscito dalla sezione elettorale dimenticando di ritirare il documento d’identità che il presidente di seggio ha subito provveduto a consegnare agli uomini della scorta. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha votato a Roma nel suo seggio in via Daniele Manin alle 10 di stamani. Il premier è rimasto in fila attendendo il suo turno per votare. Silvio Berlusconi è stato contestato all’interno del suo seggio elettorale a Milano da una ragazza a torso nudo – probabilmente un’attivista delle Femen – che gli ha urlato ‘Berlusconi, il tempo è scaduto’. Il segretario del Pd Matteo Renzi ha votato nella sezione 10 del seggio allestito nel liceo Machiavelli di Firenze, in via Santo Spirito, in Oltrarno. Renzi era accompagnato dalla moglie, che vota in un altro seggio. Cori da stadio per il candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, davanti alla scuola di via Pertini a Pomigliano d’Arco (Napoli) dove si è recato a votare nel seggio numero 18 del plesso “Sulmona”. Al grido “presidente, presidente”, una folla di cittadini ha accolto l’arrivo di Di Maio rendendogli difficoltoso il tragitto fino al seggio. “È sempre un’emozione essere qui – ha detto Di Maio – c’è gente che per cinque anni ha lottato per cambiare le cose, che hanno fatto un vero percorso con noi”. Il candidato premier si è messo in fila insieme ad un gruppo di cittadini e di supporter che gli chiedevano di scattare selfie insieme.
“Sono scaramantico, la situazione è buona ma aspetto i voti veri non quelli finti. Exit poll e sondaggi non ci prendono mai, aspettiamo i voti veri”, ha detto il segretario della Lega, Matteo Salvini, arrivando al seggio per esprimere il voto, dove è rimasto in coda al seggio di via Martinetti, a Milano. Quando vota tanta gente è “sempre un bene, più gente vota meglio è”, ha risposto Salvini. Ma “mi sa che qualcuno al ministero ha fatto casino – ha aggiunto rispondendo ai giornalisti -, non ci puoi mettere un’ora a votare”.

Le schede elettorali provenienti dall’estero sono tutte giunte in Italia. E’ quanto conferma il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, che passa ora il testimone alla Corte d’Appello di Roma per lo spoglio e lo scrutinio del voto.

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Elezioni, Pd e Imam: “nel segreto dell’urna, Allah ti vede”

A dirlo oggi, può sembrare una battuta di spirito, ma all’inizio degli anni ’50 venivano affissi manifesti, sponsorizzati dal Vaticano, che minacciavano di scomunica chiunque avesse votato PCI, o esortato altri a farlo. La scomunica – della quale Milingo, che ne aveva ricevuta una, disse che ‘non valeva la carta su cui era stata scritta’, ma che ha sempre molto impressionato il cattolico domenicale medio – è stata uno strumento potente di sanzione spirituale quando il Papa esercitava anche un potere temporale che poteva abbattere re e governi, e può darsi che, nel 1950 o giù di lì, molti non l’abbiano ben compresa. In realtà, ci si chiede come faccia il sacerdote a sapere se chi si presenta a lui per ricevere l’ostia fosse iscritto alla Massoneria, o avesse, nel tempo, esortato a votare PCI. Oggi alla scomunica non crede , forse, più nessuno, visto lo scadimento spirituale di una Chiesa Cattolica che bada più a valori molto terreni. Ma negli ani ’50, nel primo dopoguerra, questo faceva ancora effetto. Di questa storia, riportata in chiave satirica, ci ha testimoniato Giovannino Guareschi, in uno dei suoi racconti, trasformati in film, con protagonisti Don Camillo e Peppone, sindaco di Brescello. Bisogna prima di tutto dire che all’epoca la contesa politica si muoveva fra un Vaticano, portatore di certi valori spirituali di fede e religione, e un PCI che ancora dipendeva dagli atei sovietici; i quali cercavano di acquisire potere politico anche con una lotta religiosa. Famosa la frase diffusa da don Camillo/Fernandel tramite un altoparlante montato sul campanile della chiesa. “Nel segreto dell’urna, Dio ti vede, Stalin no.” berciava il buon prete a tutta la popolazione radunata in piazza per ascoltare il comizio del compagno Peppone/ Gino Cervi.

Ora pare che la storia si ripeta con gli imam, portatori assoluti della parola di Allah nelle loro moschee, e ai quali nessuno si sogna di disobbedire, pena una fatwa, condanna a morte. “Nel segreto dell’urna, Allah ti vede”. Come riferiscono i media, infatti, pare che dopo numerosi incontri ad alto livello, riservati a pochi ma potenti – spiritualmente – personaggi, capaci di orientare le coscienze islamiche, con esponenti DEM, tutti gli imam, durante il venerdì di preghiera, esortino i fedeli a votare PD, il partito che ha loro promesso, oltre che una maggiore considerazione e disponibilità a proposito dei luoghi di culto, nientemeno che lo Ius Soli, cioè la possibilità di avere in dono la cittadinanza italiana con la massima facilità. Argomento molto caro alla Boldrini, che, se fosse per lei, probabilmente l’Italia sarebbe un immenso campo profughi.

Così Renzi, Gentiloni, Napolitano & Co, si troveranno nel carniere i voti di circa due milioni di musulmani presenti sul territorio

Di contro, ai seguaci di Allah non andrebbe certo che al governo ci fosse un Salvini, che mette prima di tutti gli Italiani, stirpe ormai negletta e tartassata. Dopo gli extracomunitari e i cinesi, inviati ai gazebo per un voto alle primarie del PD, dunque, Renzi può sfruttare anche il voto di chi vorrebbe tutti i cristiani decapitati, e che questo fa, nella realtà, nei paesi a maggioranza musulmana. Chi avesse il desiderio di rendersi conto della situazione, può andare a consultare il sito www.porteaperte.org, che tratta ogni settimana di vari casi di persecuzione religiosa nei confronti dei credenti cristiani e dei missionari. Oggi, ad esempio, nell’India di quel Narendra Modi che ha tenuto in ostaggio per anni due nostri fucilieri di Marina perfettamente innocenti, solo per sfruttarli a livello politico, si sta sviluppando un processo di ‘induizzazione’ tale, per cui ai nostri correligionari viene impedito di esercitare il culto cristiano, oltre a varie persecuzioni violente – per esempio sequestrare e distruggere Bibbie, o peggio – per i quali reati nessuno è perseguito, anzi, incoraggiato. Non altrettanto accade in Italia, dove esiste una effettiva e larga libertà di culto, anche a favore di chi i nostri valori cristiani disprezza e combatte. Fa specie pensare che un partito politico che governa l’Italia da tempo – con risultati più che opinabili, nonostante l’orientamento dei giornali – possa ‘vendere’ una parte della nostra nazione a stranieri nemici, che non sognano altro che l’islamizzazione dell’intero Occidente, soltanto per un pugno di voti ed una facile acquisizione del potere.

Roberto Ragone




Elezioni politiche 2018, cari Italiani non v’affannate: le jeux sont fait

È noto ormai anche ai bambini delle elementari – quelli nei cui libri di scuola si descrivono i migranti come ‘risorse indispensabili’ per la Nazione – che il maggiore sponsor in Italia dell’Unione Europea, fin da tempi che sospetti non erano, è sempre stato Re Giorgio Napolitano, il fautore di un ‘Nuovo Ordine Mondiale’; il presidente emerito che ha inaugurato una nuova figura politica, il ‘richiamato’ alle armi, nonostante avesse più volte dichiarato fuor dai denti che il suo compito era esaurito. Stabilito così un precedente – inconsueto come le dimissioni di Ratzinger da Vicario di Cristo – una nuova stagione si schiuse così ai futuri presidenti della Repubblica italiana, i quali, com’è noto, non possono – o non avrebbero potuto – essere adibiti ad un secondo mandato, come invece succede negli USA. Ma tant’è, contro ogni regola – tanto se le fanno loro, e se non le rispettano tutto rimane in famiglia – l’esausto presidente Napolitano fu ‘ricaricato’, come si fa con gli accendini, e rimesso in campo. Anche se, a dir la verità, esaurita la temporanea bisogna, diede regolari dimissioni. In realtà, il suo compito europeista non era terminato, e tutti lo avevamo capito; anche se di lui non si leggeva più quasi nulla sui giornali. Tenere un profilo basso è sempre una buona soluzione, in certi casi: come in altri.

L’ex presidente della Repubblica Napolitano ha consegnato il premio ISPI a Gentiloni

L’occasione propizia per rivedere il nostro amato ex-presidente si è presentata quando ha consegnato al premier Paolo Gentiloni il premio ISPI, un premio – davvero, bisogna dirlo, poco noto al grosso pubblico – istituito in memoria di Boris Biancheri, diplomatico e scrittore, editorialista de La Stampa, nipote di Tomasi di Lampedusa, e vincitore, fra l’altro, del Premio letterario Grinzane Cavour, scomparso nel 2011. Ai più non è apparsa chiara la motivazione della consegna del premio, ma questo non rileva. L’occasione è stata ghiotta per uno dei soliti sornioni colpi di mano di Napolitano, il quale, con un doppio bacio fraterno immortalato dal fotoreporter di turno, ha definito Paolo Gentiloni “Essenziale per la governabilità. Con lui, l’Italia più influente nel mondo.” E continuando: “Paolo Gentiloni è diventato punto essenziale di riferimento per il futuro prossimo, e non solo nel breve periodo della governabilità e della stabilità politica dell’Italia.” Punto.

Gentiloni e l’investitura in piena regola

Insomma, un’investitura in piena regola, anche prima che siano reperite le urne in cui ognuno di noi andrà a deporre il proprio onesto, doveroso, illusorio contributo ad una democrazia che è tale ormai solo nella fantasia del 1948. L’omelia continua poi con sperticati elogi all’uomo Gentiloni, secondo Napolitano “Coerente, leale, disciplinato – ma a chi obbedisce? – improntato alla libertà e allo spirito di ricerca. Dotato di un’attitudine all’ascolto e al dialogo che diventerà dote decisiva da ministro degli Esteri e poi da Presidente del Consiglio.” E bla, bla, bla. Ricambia Gentiloni con altrettanti apprezzamenti, che elogiano – di Napolitano – il senso delle istituzioni e la sua generosità. “Da ministro degli Esteri e premier, se c’è una cosa che ho visto con chiarezza – ha aggiunto – è a livello internazionale quanto l’autorevolezza di Napolitano sia considerata un asset per l’Italia”. Fra le righe possiamo leggere che, esaurito lo spoglio delle schede elettorali, i cui risultati, a causa dei sondaggi ampi e frequenti, ormai non riservano più sorprese, avremo un PD che secondo le ultime notizie dovrebbe essere attorno al 20%; una coalizione di Centrodestra piuttosto più in alto, e un M5S al terzo, o secondo, posto. Le rimanenze se le dividono ‘cespugli’ più o meno frondosi, tranne Salvini che cespuglio non è, ma piuttosto in crescita. I risultati non sono concordanti, ma ogni società d’indagine dice la sua. Una cosa però è certa, e non da ora, che nessuno dei tre maggiori partiti avrà la maggioranza necessaria per formare un governo autonomamente. Per cui, dato per assunto che Di Maio non farà alleanze, il panorama che ci si presenta è desolante. Verosimilmente, Sergio Mattarella, dopo aver incontrato come d’obbligo tutti e tre i leader di partito, affiderà l’incarico a Gentiloni, il cui inciucio, pardon, accordo con Berlusconi, in nome di quella governabilità che l’UE chiede a gran voce, pena lo spread alle stelle, ha già ricevuto la benedizione, non solo di Napolitano, ma anche quella di Juncker, che, nella sua gaffe freudiana, ha espresso quello che è il timore della UE. Cioè un governo non europeista, che cambi qualcosa rispetto a quello che finora ha regnato, e che è stato accuratamente, a suo tempo, preparato, formato, condotto e protetto al limite della decenza – e qualche volta anche oltre.

Insomma, fatti i conti, non cambierà nulla

Inutili le speranze di chi avrebbe voluto spezzare la dittatura europea delle banche e delle lobby commerciali; inutili le speranze di chi avrebbe voluto più ordine, specialmente nell’immigrazione selvaggia e incontrollata; inutili le speranze di chi avrebbe visto con favore finalmente al loro posto dei ministri competenti e capaci, invece che scelti per lobby politica. Inutili le speranze di chi avrebbe voluto che finalmente l’Italia assumesse una politica più vicina ai cittadini, e recuperasse la sua sovranità storica. Gli occupati a tempo indeterminato sono diminuiti, nonostante gli sforzi per non pubblicizzare la notizia, di 117.000 elementi negli ultimi tempi. Il milione e passa dei ‘nuovi occupati’ appartengono alla categoria dei mordi e fuggi. Più giusto ed equo sarebbe conteggiare lo ore lavorate, piuttosto che i lavoratori. Le aziende scappano – vedi caso emblematico Embraco-Whirlpool, o FCA, ma ce ne sono altre – da un’Italia che pretende di pagare il pareggio di bilancio con un avanzo primario ricavato dalle tasse e dalle riscossioni non sempre chiare dell’Agenzia delle Entrate – ex Iniquitalia. I nostri giovani cercano all’estero soluzioni alla propria vita, almeno i migliori, sostituiti, come auspicato dalla Boldrini, da ‘risorse’ di colore, che troppo spesso vanno ad alimentare l’esercito degli spacciatori. Eccetera eccetera. La spada di Damocle sulla nostra testa sono i titoli di Stato, in mano a chi già li ha manovrati almeno una volta, per avere le dimissioni del governo Berlusconi. Ci auguriamo che le nostre previsioni pessimistiche, proprio perché scontate, non abbiano riscontro nella realtà, tanto da queste si può soltanto migliorare. E mentre i nostri pensionati vanno a godere il sole del Portogallo esentasse, sottraendo al mercato italiano centinaia di milioni di consumo, chi rimane dovrà continuare a sopportare, e ancora molti a rovistare negli avanzi del mercato rionale, a bancarelle chiuse. A meno che non decida di abbandonare le proprie radici e approdare in un altro paradiso per pensionati, ma per pensionati al minimo: la Bulgaria. A quando il Bangladesh?

Roberto Ragone




Elezioni 4 marzo e possibili scenari politici: le signore della politica discutono su alleanze e larghe intese

Laura Boldrini attacca il Pd e la coalizione di centrosinistra. Nel mirino dell’esponente di Leu finiscono due donne, Emma Bonino, leader di +Europa, e Beatrice Lorenzin, che guida la lista Civica popolare, entrambe disponibili a dar vita a un governo di larghe intese. Il che tradotto, per Boldrini, significa aprire la strada a Silvio Berlusconi. Il quale, a sua volta, non disdegna i voti dei fuoriusciti o espulsi dal Movimento 5 Stelle in vista di un esecutivo targato centrodestra. A meno di due settimane dal voto, si alza ulteriormente il livello di scontro tra le forze politiche, con lo sguardo rivolto alle possibili soluzioni alternative, qualora nessun partito o coalizione ottenga i numeri necessari per poter governare.

La prima a disegnare un possibile scenario futuro è Bonino:

“Gentiloni è un premier che potrebbe restare”, spiega, alla guida di un governo da cui però sarebbero esclusi i 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia. “Finalmente Emma Bonino ha avuto il coraggio di dire chiaramente qual è l’obiettivo della sedicente coalizione di centrosinistra: un bel governo delle larghe intese con Forza Italia in perfetto stile radicale”, attacca Arturo Scotto di Leu. E Boldrini rincara la dose: “Quello al Pd e ai suoi alleati è il voto utile per riabilitare Berlusconi”.

+Europa si difende e ribatte:

“È proprio il voto a Grasso quello pro-Salvini, pro-Cav e pro-Di Maio e ai loro candidati all’uninominale antieuropei, nazionalisti e xenofobi”, spiega Benedetto Della Vedova. La diatriba sul ‘voto utile’ coinvolge tutti i partiti: anche per i pentastellati il voto al centrosinistra – o al centrodestra – è un voto valido solo “per l’inciucio”, scandisce Alessandro Di Battista.

Di tutt’altro avviso Lorenzin:

“Al di là di quello che tutti dicono, vedo altissimo il rischio di un’alleanza tra Salvini e Di Maio”.

Il leader di Forza Italia, però, si dice convinto che sarà il centrodestra a vincere e lui sarà in campo:

“Io non so se entrerò nel governo, se arriverà in tempo la possibilità di farlo: farò l’allenatore, il regista”, garantisce Berlusconi, che apre agli ex grillini: i candidati che saranno eletti ma che sono già fuori dal Movimento per la vicenda rimborsopoli​ potrebbero essere i ‘responsabili’ della prossima legislatura, perché, spiega l’ex premier, “non si dice mai di no a chi dice ‘sottoscrivo il vostro programma’”.

Torna a farsi sentire anche il cofondatore del Movimento, Beppe Grillo

Rinviato di un mese lo spettacolo previsto a Roma, e che quindi si terrà proprio in concomitanza con la prima seduta delle nuove Camere, il 23 marzo. L’ex comico genovese sembra rivolgersi agli elettori, e in un post sul suo blog scrive: “Non arrendiamoci a questa stupida new age fatta di psiconani e telegiornali taroccati, perché la percezione della realtà sarà pure un argomento della neurofisiologia, ma non è un delirio da pubblicitari: la scelta è sempre vostra”.

Ai 5 Stelle e al loro fondatore replica Matteo Renzi:

“Ai grillini” che “dicono che loro sono il partito degli onesti, ricordo che il Pd non prende lezioni da nessuno. Non le prende soprattutto da un partito fondato da un pregiudicato, che ha qualche problema di troppo con l’evasione fiscale e che ha inventato la sceneggiata dei rimborsi ma dimentica di dire che i cinque stelle hanno rinunciato (forse) a 23 milioni in 6 anni”.




Elezioni 2018, al via i saldi di fine legislatura: voti uno ne prendi tre

Mai nella storia d’Italia, da quando i padri costituenti con il decreto legislativo luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946 indissero le elezioni per la prima legislatura che si tennero il 18 aprile 1948, una campagna elettorale fu così caotica, così vuota di contenuti e così affollata da liste e listarelle di sprovveduti, di sconosciuti, di digiuni da qualsiasi conoscenza dello stato socio-economico del paese.

Durante le elezioni del 1948 per la prima legislatura i partiti in lizza furono solo tre:

la Democrazia Cristiana rappresentata dall’allora presidente Alcide De Gasperi, il Fronte Popolare Democratico con primo in lista il segretario Palmiro Togliatti e l’Unità Socialista con in cima alla lista Ivan Matteo Lombardo. Oggi sono ben 103 simboli, un vero ballo del qua qua (ra) qua composto da paperi e papere che sanno solamente fare qua qua più che qua qua. Sono liste piene di contendenti vuoti a perdere. Quelle prime elezioni del ‘48 si possono accomunare con quelle odierne solo per il fatto che i partiti principali si presentano divisi come si presentarono allora i socialdemocratici freschi di una scissione avvenuta un anno prima, guidata da Giuseppe Saragat. Oggi i “Saragat” sono più di uno e si identificano in Orlando, Bersani, Cuperlo, Civati e tanti altri ancora. Ma se la sinistra piange, la destra non ride, anche questa è lacerata tra gli ex missini, i liberali e qualche nostalgico monarchico. Tempi passati che non ritorneranno più. Vivono solo nei ricordi di pochi. Allora l’affluenza registrava il record del 92,9% e nel 1948 stravinse la Democrazia Cristiana. Altri tempi, altra politica, altri statisti.

Oggi chi ci capisce qualcosa è bravo

Nel seggio elettorale sventoleranno 103 simboli, una lenzuolata apparentemente di liste distinte però in sostanza, a giochi fatti, si raggrupperanno secondo riti e convenienze prestabilite e dopo il 4 marzo rincaseranno. L’ignaro elettore che deciderà di votare Renzi, per esempio, dopo avrà la sorpresa di trovare incartato nell’involucro un Tabacci e una Bonino. Chi si aspettava l’abolizione dell’odiato abbonamento tv e un bonus di 80 euro per ogni figlio minorenne, al loro posto troverà uno Ius Soli e il biotestamento perfezionato. Qualcun‘altro scommetterà su Berlusconi, lusingato dall’idea dell’abolizione della tassa sulla prima casa e quella sull’auto. Grande sarà la sua delusione nel trovare la Brambilla con i suoi gatti e cani, impegnatissima a difendere il loro welfare. Chi invece poserà l’occhio su Di Maio, aspettandosi lo stipendio di cittadinanza, potrebbe avere l’amara sorpresa di trovare, brillando tra le cinque stelle le lune della Boldrini e di Pietro Grasso, trainando barconi pieni di clandestini dalle sponde africane.

L’hanno chiamato “rosa-tellum” e come tutti i romanzi rosa, i più intricati, anche questo, come intrighi, misteri e nodi da sciogliere ne ha a iosa

Al Nazareno, si è venuto a sapere, che domenica c’è stata la notte dei coltelli. Urla e spinte, esclusioni e dimissioni, rinunce e delusioni. L’agenda prevedeva l’assegnazione dei candidati alle liste. Renzi ha superato se stesso. Un milanese nella lista a Palermo e una fiorentina a Bolzano. Un finimondo. A nulla è valso lo sforzo immane dei pacificatori. Matteo si è barricato dietro un drappello dei suoi fedeli. La mattina dopo si contavano i caduti sul campo. A girare in mezzo ai caduti si è visto un Ugo Sposetti sputare fuoco e fiamme contro Renzi, un Minniti offeso e sconsolato e un D’Alema, seduto sul ciglio del marciapiedi aspettando l’avverarsi delle sue profezie. Dissenzienti, dimissionari, retrocessi, licenziati e scartati hanno tutti dichiarato di sostenere il Pd e rimandare la resa dei conti a dopo il 4 marzo. Ci sta già chi parla di un nuovo congresso e nuovo segretario.

Notte scura e senza stelle per il futuro del Parlamento

La “notte dei cristalli” c’è stata anche in casa Liberi e Uguali e il bacillo della discordia ha contaminato anche i quartieri del Centrodestra. Caratteristica di queste elezioni sono i candidati sradicati dal loro territorio ed inviati a pescare voti in acque sconosciute. Grazie a questo vergognoso stratagemma, imposto dall’alto delle segreterie dei partiti, gli elettori, che forse fino ad oggi non erano convinti, ora hanno la prova provata che il voto loro conta poco e niente perché gli equilibri del Paese si decidono nelle segreterie dei mestieranti della politica.

“Andate a votare!” Votare chi? Votare per cosa?

Simboli a non finire, liste interminabili e i posti per aspiranti deputati stanno facendo gola a tutti. Giornalisti, direttori di riviste e programmi tv, ex direttore di Tg24, figlia di un ex parlamentare missino e tutto il mondo allineato dell’informazione. Programmi elettorali, a prescindere dalle baggianate a cui non si è sottratto alcuno di loro, programmi veri e propri non si sono visti. Gli argomenti che gli italiani aspettano: lavoro-povertà-casa-immigrazione-sicurezza- sono gli assenti di questa tornata elettorale. In mezzo a questo bailamme, si muovono, alzando critiche a tutti, intorpidendo ulteriormente le già confuse idee degli elettori, listarelle e listini e come cani sciolti , si aggirano tra un partito e l’altro. Fra questi si possono incontrare Alternativa Popolare, Noi con l’Italia, poi corre Tosi, Cesa e Fitto come quarta gamba di Berlusconi. Si troveranno Rinascimento e Potere al Popolo e tanti altri ma tanti da far girare la testa e non fare capire niente a nessuno.

Sembra esaurita l’era dei magistrati in politica. Matteo Renzi ha dichiarato “È ormai finito il tempo della subalternità” e poi “Basta con la politica subalterna ai magistrati.”

Ora è iniziata l’era dei giornalisti e del mondo dell’informazione. C’è stato un tempo quando abbondava la classe medica. Non c’è pace nella politica e a forza di cambiare professionalità s’abbassa sempre più la lasticina del livello di efficienza e della competenza. La pazienza è la virtù dei forti. Tutto arriva a chi sa aspettare. Passerà questa generazione di politici improvvisati e ne arriverà, auguriamoci, una con competenze e volontà per dedicarsi al bene di questo paese.

Emanuel Galea