Lavoro, più disoccupati e più precari: a rischio povertà 9,3 milioni di italiani
di Marco Staffiero
di Marco Staffiero
Ninnj Di Stefano Busà
Da una indagine a lungo raggio risulta che il peggior malgoverno dell’area mittleuropea è stato realizzato in Italia. Un modello arcaico, di fantomatico sistema intercambiabile ma non trasformabile, sarebbe come dire: far finta di cambiare, senza cambiare nulla.
Una tattica che ha dato pessimi risultati, perché si realizza la definizione matematica per la quale scambiando gli addendi il risultato rimane lo stesso. Quindi fumo negli occhi dei cittadini ignari, che vedono l’inadempienza sommergerli ogni giorno di più fino a divenire intollerante. Non ci siamo mai soffermati in quest’ ultimi due anni sulla fine che farà la generazione che è stata defraudata dal lavoro. Ebbene, facciamolo. Per pochi anni ancora sopperirà alla mancanza di occupazione giovanile, un ammortizzatore sociale di grandissimo rilievo: la famiglia, i pochi euro dei vecchi genitori ormai anziani, qualche lavoretto di “sfroso”, qualche call center con paga miseranda di un precariato giovanile che diviene ogni giorno di più un dramma.
Ora riflettiamo, questo status non può essere eterno. I vecchi genitori che mantengono i figli maturi, esodati o disoccupati, questa generazione di poveri vecchietti pensionati si estinguerà negli anni a venire, moriranno e, allora? quali ammortizzatori troveranno in una Italia martoriata da tasse, da balzelli, succube di una Europa sempre più ingorda, con un debito pubblico strabiliante per il quale ora può giustificare agli occhi dell’europa di stampo mittlemerkeliano il versamento di ingentissime somme facendole passare per indispensabili ad estinguere il debito, col solo scopo di diminuire il tasso percentuale d’interesse dello stesso (è la favola?) Ma ora sappiate che non è più credibile, dobbiamo metterci in testa che la verità non è questa, è quella di incrementare utili su utili ad un sistema bancario corrotto e ignobile che chiede sempre di più e dà sempre meno in termini di costruzione di una Europa Unita. NON C’E’ nulla di vero in questo concetto fraudolento che vuole abbattere gli stati più fragili economicamente.
Ora passiamo ad un altro argomento di grande rilevanza: quando ci si accorge di un errore madornale, e questo errore può portare a morte certa interi paesi, fare affondare popoli nella fame e nell’indigenza più nere, non si rema controcorrente, si corre ai ripari, non si lascia morire un popolo di stenti, di miseria. Ed è quello che sta facendo l’establishment di ogni mandato di turno…Accortosi di aver fallito, di non aver considerato che prima si fanno le leggi e poi le alleanze, continua impeterrito la sua strada verso la distruzione totale. Mi dite perchè di tornare indietro si parla solo in sordina? Chi mette questo dictat? Chi impone che indietro non si torna, ovviamente chi ne ricava il suo maggior profitto? ovvero la zarina Merkel che ne trae il massimo giovamento. Ma noi non possiamo sottacere, obbedire ad una linea politica che vede avanzare le strategie e le supremazie teutoniche. Prima o poi la Ue scoppierà perchè taluni Paesi meno dotati finanziariamente imploderanno e vi sarà la resa dei conti, allora ne vedremo delle belle e come si dice: affonderemo nella melma creata da noi stessi a nostro discapito.
Ninnj Di Stefano Busà
Non si può negare che da tempo è in atto una crescente e condivisibile presa di distanza dalla politica, che è discriminatoria nel riguardi del popolo sovrano, poiché tutela la casta e crea il disprezzo più assoluto per una classe dirigente, incapace, inetta, reproba, che suscita nei cittadini odio tra le classi sociali e tra i partiti stessi che però ignorano o fanno finta di non capire in che razza di democrazia viviamo. Essa si fonda da sempre su sistemi di rappresentazione democratica, che se eliminati creano il vuoto di potere o mettono a repentaglio la democrazia stessa. Il mondo di oggi sta vivendo il rischio di una deriva democratica di cui i politici (tutti) non sembrano accorgersi, o sembrano prendere sottogamba, ritenendola non “pericolosa” per ciò che ne può derivare, ma le micce si accendono all’improvviso: la storia ce ne dà atto. Sicchè discreditare e tacere, non far nulla per rimediare e dare una svolta alla politica fallimentare e inetta diventa ogni giorno più pericoloso. Si rende necessario nell’immediatezza e soprattutto per la ripresa di un paese allo sbando, un recupero delle condizioni di vita rese impossibili da una situazione di stallo assoluto.
La crisi mondiale in cui si viene a trovare il mondo di oggi ci ha preso contropiede, instaurando un’improvvida e scriteriata classe dirigente che fa da contraltare e muro di sostegno ad una complicata vicenda politica che irride al complesso meccanismo di risorse reali del paese e si crogiola nel benessere di una classe dirigente inadeguata e immorale. Fare politica per questi inveterati dovrebbe essere l’esercizio di ogni buona e leale vocazione al bene del paese, non alla rincorsa di “poltrone”, di incarichi, di prebende, di camerille, non l’attesa di un vitalizio da nababbi, non un vivacchiare e rinviare, ma un correggere e strutturare leggi arcaiche e rimodellare un tessuto sociale allo stremo…La mancanza di progettualità, di programmi, di idee eque, che siano la trasformazione dell’intero sistema in rotta di collisione è urgentemente avvertito dal paese.
Il menefreghismo più assoluto e perverso verso le classi meno abbienti ridotte in ginocchio per l’incuria di non rischiare con opportune manovre di correzione politica e di non mettere in atto leggi che non intacchino e non disturbino i privilegi della classe dirigente (casta), hanno portato e continuano imperterriti a trascinarci in una voragine da cui non ne usciremo vivi.
Ci hanno stritolati di tasse, di esodati, di disoccupati, ci hanno messo con le spalle al muro vicini ad un collasso sempre più doloroso e generalizzato per le fasce di indigenza del popolo che è allo stremo. L’I.m.u, la mancata crescita, la disoccupazione sempre più massiccia e senza via d’uscita, le mancate riforme, i tagli orizzontali e scriteriati verso la sanità, la ricerca, la scuola hanno tutelato fin’ora le banche e i potentati finanziari ed economici, mettendo in ginocchio la moneta dell’euro. La mancanza di coraggio e di avvedutezza da parte di chi è al potere, ha creato il caos più ingovernabile dell’ultimo secolo, ma non ha messo a tacere il malcontento della popolazione, la quale è in attesa di una scintilla per esplodere.
Oggi gli aventi diritto al voto stanno attuando per la prima volta la fuga dai seggi elettorali: i cittadini stanno rinunciando al diritto, nonché dovere, del voto. Non s’illudano i politici che non sarà così anche per le elezioni nazionali. L’esempio della Sicilia parla chiaro: è stato un antefatto, un assaggio. La reazione si esprime in termini di “astensione” per ora, (non si era mai verificata una diserzione dalle urne così massiccia). In Sicilia ha votato meno di un elettore su due. La classe politica sta ignorando sistematicamente i bisogni primari del popolo, ha disatteso il rapporto col territorio, e le esigenze primarie della collettività. Questo è un segnale da ascoltare con la massima attenzione. Fingere che nulla sia successo, per poi accorgersi che i segnali erano stati abbondantemente palesi, è come voler fare il gioco dello struzzo che mette la testa sotto la sabbia, e non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Fingere, ignorare, è da incoscienti, da pazzi, e da irresponsabili e noi oggi stiamo pagando il risultato più disastroso e più inquietante dopo l’ultima guerra, solo che questa condizione di “sospensione in attesa” di condanna a morte è più insidiosa e subdola e può sfociare in episodi imprevedibili di resa dei conti, per il malessere del paese e della democrazia.
Emanuel Galea
A parlare di disoccupazione non si sottrae nessun politico. L'argomento è molto d'attualità. Si fanno convegni, tavole rotonde, simposi, talk shows televisivi e dibattiti vari ovunque.
Dell’argomento si è occupato intensamente l’ISTAT e non solo. Si sono creati movimenti ed inaugurate sedi e uffici d’associazioni di vari colori. I sindacati hanno ben altri compiti. Loro curano gli interessi di quelli già occupati. Dei disoccupati, in un certo senso, si prende cura la Caritas fornendo pasti caldi alla mensa diocesana della struttura. Dei disoccupati si sanno tante cose. E l’ISTAT fornisce a richiesta, tabelle aggiornatissime divise per regione, provincia, comune, fasce d’età da 15 a 24 anni, da 25 a 40 anni e così via.
A mio parere la statistica difetta in quanto non si possono identificare i 15enni, 16enni, i 17enni ed i 18enni che si dichiarano disoccupati. Fino a qualche anno fa queste fasce d’età facevano parte della categoria studenti. Nonostante le ricerche fatte non si è riusciti a reperire delle informazioni che ci dicono chi sono effettivamente questi disoccupati. Quale livello di scolarizzazione hanno. Importante sapere se hanno avuto già preparazione lavorativa. Che indirizzo professionale hanno scelto.
La prima fascia di disoccupati è troppo generica. Da presumere che da 15 a 18 anni non si può trattare certo di individui laureati. Non si può trattare altresì di mano d’opera specializzata. Secondo l’ISTAT i disoccupati a dicembre 2011 erano 2 milioni 243 mila, pari al 8,9%. Il dato è preoccupante ed è per questo che non dovrebbe rimanere un dato generico, un numero buono solamente per impressionare e far fare bella figura ai demagoghi.
Sarebbe assurdo pensare che non esistono tabelle che rubricano le richieste di lavoro, oltre che sotto le fasce d’età anche e principalmente classificati secondo mestieri e professioni.
Solamente avendo sotto gli occhi una siffatta situazione, il legislatore può studiare un piano serio d’occupazione ed indirizzare i giovani verso orizzonti di lavoro futuro.
Ad oggi non risulta esserci mai stato un dibattito sulla disoccupazione avendo sotto mano questi dati. Chi ne è in possesso li dovrebbe mettere a disposizione del legislatore. Se poi questi dati non esistono, sarebbe da dire che tutto il discorso fatto fino ad ora sulla disoccupazione è stato una mera demagogia, una presa in giro, un pour parler per calmare le aspettative. Si spera che presto questi dati spuntino fuori così finalmente verrà svelata l'incognita di questi disoccupati sconosciuti. E potremo conoscere una volta per tutte la conformazione di quei 2 milioni 243 mila censiti suddivisi per mestieri, professioni ed altro.