QUANDO LA LEGGE DEL TAGLIONE NON VALE

di Daniele Rizzo

Un tifoso morto ammazzato non rientra certo nella normalità del nostro paese. A pensarci bene non rientra nella normalità di nessun paese al mondo. Eppure negli ultimi anni sembra diventata una triste consuetudine dell’italico stivale. Ciò che è accaduto prima della finale di Coppa Italia del 3 maggio scorso è aberrante e inumano, ma non può giustificare le reazioni del tifo napoletano. Dopo l’assassinio di Ciro Esposito è esplosa la rabbia dei partenopei: “Romanista sei il primo della lista” scrivono su Facebook; un manichino giallorosso impiccato è apparso in un rione di Napoli. Come se l’antidoto alla violenza fosse altra violenza. Come se uccidendo un romano si pareggiasse il conto. Chi ha ucciso deve pagare, ma non con la legge del taglione, bensì con un’azione che solo uno stato di diritto pronto e risoluto può fare. Chi ha ucciso deve essere giudicato subito, prima che altro sangue innocente venga versato, prima che paghi per lui chi invece non ha colpe. I tifosi, romanisti o napoletani, sono tutti nella stessa posizione in questa vicenda, spettatori inermi di uno spettacolo macabro che si chiama calcio, uno spettacolo che giorno dopo giorno perde sempre più quel carattere aggregativo che aveva un tempo. L’appello che lanciamo è che i tifosi napoletani e romanisti si uniscano in una campagna per l’emarginazione di quella componente malata e deviata che ormai da troppo tempo corrode il calcio. Solo così potremo finalmente tornare a parlare del gioco più bello del mondo. 




CIAMPINO ELEZIONI: INTERVISTA AL CANDIDATO SINDACO ALESSANDRO PORCHETTA

di Daniele Rizzo


Ciampino (RM) – Dieci giorni dopo la presentazione ufficiale della sua lista Città In Comune, Alessandro Porchetta, candidato sindaco alle prossime elezioni amministrative del 25 maggio, ci ha concesso una lunga intervista in cui parla del programma elettorale, senza però tralasciare riferimenti alla politica nazionale.

Alessandro Porchetta, ventinove anni, e già alla sua seconda candidatura. Cosa l’ha spinta a provarci di nuovo?
La mia candidatura è figlia di un percorso iniziato qualche anno fa con la partecipazione ai referendum in difesa dell’acqua pubblica. In quel momento realtà diverse che si trovavano sotto la bandiera della difesa dei beni comuni hanno iniziato un percorso insieme intrecciando storie che avevano già un loro percorso autonomo. E quindi con il circolo di Rifondazione, con alcuni membri di Città Attiva (lista già candidata alle elezioni del 2011, ndr) ed altre persone singole attive nel sociale e nel politico, abbiamo creato Ciampino Bene Comune. Una parte di quel movimento poi, pochi mesi fa, ha deciso di fare un percorso strettamente politico (indipendente da Ciampino Bene Comune), e sono stato scelto come sintesi delle diverse posizioni. La mia candidatura è figlia di percorsi comuni in difesa del territorio, della salvaguardia dei servizi pubblici locali, contro la gestione clientelare e particolaristica di Ciampino e del bene comune.

La seconda domanda sarebbe stata cos’è Città In Comune, ma dal momento che ha già risposto, volevo chiederle, perché avete deciso di non presentarvi con il simbolo di Rifondazione Comunista, come invece era successo tre anni fa?
La decisione di non presentarci sotto la bandiera di Rifondazione è stata una scelta condivisa a livello di circolo, basata sulla possibilità di partecipare ad un percorso che potesse avere un ventaglio di esperienze e di politiche diverse rispetto a Rifondazione. Trovare la sintesi di questi percorsi non è stato un problema, perché in fin dei conto le posizioni politiche sul territorio sono le stesse. La scelta di non usare il simbolo è dovuta al fatto che abbiamo cercato una sintesi anche dal punto di vista formale. Inoltre se ci fossimo presentati con Rifondazione avremmo dovuto fare a meno di alcune persone con le quali invece ci troviamo in perfetta sintonia, e con le quali abbiamo quindi voluto dar vita ad un percorso nuovo ed alternativo.

Lei pensa che il futuro della politica sia quindi fuori dall’idea classica di partito?
No, non penso assolutamente questo. Credo che la questione della forma partito e della sua utilità è aperta, e che sicuramente il modo in cui oggi è sviluppata deve essere rinnovato. Ma il partito resta necessario per la costruzione di un processo di cambiamento collettivo. E’ importante che un’organizzazione, un partito, o qualsiasi forma assuma, abbia elementi di democrazia interna, di partecipazione o apertura verso l’esterno. Questo è quello che i partiti non hanno (i partiti diversi da rifondazione, sottolinea Porchetta, ndr) perché sono chiusi da dinamiche interne legate al potere, quindi ogni tipo di confronto o di apertura all’esterno arriva solo con dinamiche plebiscitarie come le primarie politiche o di coalizione, strumenti con cui ci si confronta solo sui volti e sulle persone, ma poco sui contenuti. Il rischio è quello delle derive di ghettizzazione interna, di muro rispetto a quelli che sono i bisogni delle persone, che quando cercano una risposta si rivolgono quindi verso altri tipi di organizzazioni, che hanno però gli stessi limiti. Penso infatti alla democrazia grillina, una democrazia a metà, nel senso che è vincolata alla certificazione del “leader maximo” Grillo, in una dinamica ancora più personalistica di quella dei partiti.


Tornando alle elezioni. Il vostro programma è ampio e copre diverse tematiche. Quali sono le più importanti per voi e quali sono le vostre proposte riguardo i quattro problemi che al momento interessano maggiormente Ciampino, e cioè la questione dell’Aeroporto, delle aree 167, del buco di bilancio delle municipalizzate e della sicurezza.
Sicuramente i più importanti sono questi quattro, ma aggiungerei anche la valorizzazione di tutto ciò che è legato ai reperti archeologici o comunque al patrimonio artistico e culturale del nostro territorio. Il riferimento è ovviamente sia ai ritrovamenti nelle zone 167, ma anche all’IGDO.
Per quanto riguarda l’aeroporto tutti i programmi, o comunque la stragrande maggioranza, sono uguali: tutti chiedono di ridurre i voli giornalieri. Per noi è un’ovvietà, dal momento che molti di noi hanno partecipato attivamente ai movimenti in difesa della salute dei cittadini attraverso mobilitazioni (penso al Comitato per l’aeroporto, e al gruppo No Fly fino a quando era attivo). Noi vogliamo che l’amministrazione pubblica costruisca sul territorio una coscienza collettiva rispetto a quello che l’aeroporto produce e quindi rispetto a tutte le problematiche. Noi avevamo presentato una mozione, che è stata bocciata, affinché il sindaco, garante della salute pubblica, chiudesse e spostasse le scuole ed i nidi che si trovavano e si trovano tuttora a ridosso dell’aeroporto. Per noi questo era uno strumento che avrebbe potuto dare a livello nazionale la giusta visibilità all’emergenza aeroporto, ma soprattutto avrebbe rappresentato una valida alternativa ai tavoli tecnici tra enti diversi. Nello specifico comunque rifiutiamo il piano proposto da AdR, e chiediamo la riduzione dei voli e il ritorno ai 60 giornalieri. Ed intendiamo farlo attraverso un percorso di mobilitazione e coinvolgimento dei cittadini.

Per quanto riguarda la 167?
La questione è semplice. La 167 non può essere prevista nella zona Muro dei Francesi. Siamo contrari all’installazione in quel territorio, ed intendiamo estendere il vincolo paesaggistico a tutta l’area, riqualificandola con il progetto del Parco dei Casali. Per quanto riguarda le cooperative l’errore di fondo l’ha fatto l’amministrazione comunale, che si è fatta pagare prima di verificare l’effettiva possibilità di procedere con la concessione edilizia. Dunque per noi non esistono diritti acquisiti, perché il diritto subentra nel momento in cui viene aperto il cantiere (come ha spiegato l’urbanista Vezio De Lucia il 9 aprile in una conferenza di Ciampino Bene Comune). Noi rivendichiamo il fatto che il Piano Regolatore di Ciampino prevedeva che ci dovessero essere 4000 abitanti in più da sistemare attraverso edilizia popolare e convenzionata; in realtà l’edilizia popolare è sparita, e per noi è un danno perché difende e tutela una certa fascia di persone. Inoltre l’edilizia in cooperativa è un mercato paragonabile a quello dell’edilizia privata e, siccome l’incremento demografico non c’è stato, e dato che l’edilizia in cooperativa viene descritta in un modo diverso da quello che realmente è, noi chiediamo che venga ridiscusso il piano regolatore in generale e con esso le esigenze della città.

Sul buco di bilancio delle municipalizzate?
Noi pensiamo che ci debba essere una ricapitalizzazione delle aziende, mantenendo quei servizi che danno una liquidità alle aziende stesse (in questo senso non ha alcun tipo di logica la privatizzazione dei nidi, settore che garantiva un’entrata sicura). Poi bisogna intervenire sul rilancio pubblico delle aziende trovando strumenti economici e strutturali, come l’investimento nel campo della richiesta dei fondi strutturali europei o dell’apertura di un tavolo con la regione per discutere la situazione. Serve inoltre che l’azienda inizi ad avere altri servizi che garantiscano entrate e liquidità. Tutto questo si inserisce in un quadro generale di spending review, e noi ci opporremo sempre a quei tipi di revisione che prevedano la dismissione o la svendita delle società partecipate in favore della privatizzazione delle aziende.

Sul problema della sicurezza a Ciampino?
E’ un problema? Dipende come intendiamo la parola sicurezza. Per noi il problema non c’è nel senso legalitario del termine, dato che l’aumento di microcriminalità è tutto da verificare, dal momento che non ci sono dati recenti e ufficiali a supporto di questa teoria. L’aspetto importante è che in un momento di crisi economica generale l’aumento è inevitabile. La risposta non è quella semplice di cavalcare l’onda e demonizzare un nemico, ma quella di declinare la sicurezza in un modo diverso. Quindi far rinascere posti lavoro, far vivere e rivivere quei luoghi della città che sono abbandonati a loro stessi, emarginando così le tacche di criminalità da un punto di vista proprio urbanistico. Penso alla riqualificazione dell’IGDO e all’apertura di un centro cittadino che crei un meccanismo virtuoso nel quale un’economia commerciale possa avere un suo ritorno e crei centri di aggregazione, togliendo alla criminalità quegli spazi in cui altrimenti troverebbe terreno fertile. Per noi la sicurezza è sicurezza sociale.

Spesso il tema della sicurezza, soprattutto in questi ultimi anni, è legato però al campo nomadi La Barbuta. Qual è la vostra posizione su questo tema?
Noi siamo contro i ghetti a cielo aperto, contro i macro campi rom della periferia romana, costruiti in un modo tale che rischiano di diventare centri di criminalità. Noi siamo per un piano di integrazione con la comunità Rom e Sinti, che sia discusso con loro; un piano organico che non prescinda però da una discussione con il comune di Roma. Proponiamo ad esempio dei micro campi autogestiti nei quali gli abitanti paghino però le utenze. Comunque è fondamentale un percorso di vera integrazione, impossibile fino a che ci sarà la ghettizzazione. Bisogna investire su un piano di scolarizzazione dei bambini Rom, su un piano di politiche sociali a favore dell’integrazione, sempre ascoltando ovviamente i cittadini e facendo un percorso con essi.

Penultima domanda: a quale fetta di elettorato vi rivolgete?
Noi siamo una lista di sinistra, per la giustizia sociale e la difesa dei beni comuni. Il nostro è un elettorato che si ritrova in certi valori classici della sinistra politica ma che ha il desiderio di andare oltre quelle modalità storiche con le quali la sinistra politica si è confrontata.

Il 25 maggio ci sono le elezioni. Scenario post urne: Porchetta viene eletto Sindaco. Quale sarà il primo atto della sua amministrazione?
Sicuramente la revoca dell’assegnazione degli asili nido alla società PARSIFAL. La ripubblicizzazione degli asili è il punto di partenza.