LA SERRATURA DEL TEMPIO DEL DIVO ROMOLO

Emanuel Galea

Siamo giunti alla terza puntata della nostra rubrica, “Curiosando Roma e dintorni”. Sentiamo sia ancora doveroso specificare che non abbiamo alcuna pretesa di svelare fatti inediti. Crediamo solo di accendere una luce su pillole di curiosità di cui, pensiamo, pochi siano a conoscenza. Il nostro unico scopo è quello di solleticare la curiosità dei giovani, e non solo, svegliare l'interesse e l'amore per questa Città, così caotica e bistrattata eppure così bella, così ricca di storia, arte e radici culturali.

Quest’oggi ci soffermiamo su un particolare del Tempio del Divo Romolo. Un dettaglio che alcuni, forse, trovano di scarso interesse. Di per sé non si può certo affermare che sia il massimo della scoperta. Ciò che suscita interesse è la storia dell'ingegno e le vicende che ad esso ruotano intorno. Questo tempio lo troviamo nell'area del Foro Romano. Si trova precisamente laddove la via Sacra comincia a salire sulla Velia, tra l'Arco di Tito e la Piazza dello stesso Foro Romano. La via Sacra è l'asse stradale più antico e più importante del Foro stesso.

Il Tempio del Divo Romolo, in origine, costituiva parte integrante del complesso Tempio della Pace . Quest'ultimo fu abbandonato agli inizi del IV secolo. Nel 309 d. C., Massenzio , in memoria della prematura perdita di suo figlio Valerio Romolo, dopo morto divinizzato, in suo onore riutilizzò e dedicò il vestibolo. Si pensa che fu proprio in quell'epoca che il portale bronzeo del Tempio del Divo, riccamente ornato, con ai lati due ali di mura e altri elementi decorativi, fu inaugurato. Nello scorrere del tempo, il Tempio dovette mutare la sua funzione in più di qualche occasione. Per citarne una: Nel 527 Papa Felice IV ricevette in dono da Amalasunta, figlia di Teodorico il grande, una Sala del Tempio della Pace, poi trasformata nella basilica dedicata ai Santi Cosma e Damiano. Di seguito questa basilica, tramite l'apertura di una porta, fu unita al Tempio del Divo Romolo che così divenne il vestibolo della chiesa. L’edificio venne terminato da Costantino che probabilmente ne cambiò la destinazione d’uso. Oggi la struttura originaria del Tempio si può meglio osservare dall'interno della basilica. Per diversi periodi il Tempio fu erroneamente confuso come il tempio dei Penati. Altri lo volevano identificare con il tempio di Giove Statore, fondato da Romolo.

Tralasciando il contesto del portale bronzeo dell'epoca imperiale, età della Serratura del Tempio del Divo Romolo. La nostra curiosità si è soffermata su questo particolare e di questo ora parliamo. L'evoluzione della serratura romana (sera) ha avuto origine dal primordiale arresto di legno per poi svilupparsi, a mano a mano, nel congegno metallico a mandata di chiave, con il sussidio di molle. Nell'età imperiale i romani giunsero a fabbricare anche serrature minuscole e la relativa chiave, altrettanto minuscola, si portava attaccata agli anelli delle dita. Secondo Plinio (VII,198) l'inventore e costruttore della serratura fu Teodoro di Samo. Nei versi omerici, Iliade XIV,168, Odissea XXI, 6-7, troviamo l'allusione alla chiave di bronzo. Ciò sta a dimostrare che il mondo greco, già prima era a conoscenza della serratura di metallo. A Pompei sono state rinvenute numerosissime chiavi e diverse serrature in condizioni tali da potere essere ricostruite. Ma la serratura più affascinante e che desta curiosità è quella del Tempio del Divo Romolo. La sua singolarità consiste nel fatto che questa funziona ancora perfettamente dopo tanti secoli. Il portale di bronzo, nonostante la sua venerabile età, ancora si apre e si chiude per mezzo di un complicato meccanismo che a distanza di tanti secoli, si presume inaugurato nell'anno 309 d. C., funziona ancora perfettamente.

Racconta Gabriella Serio nel libro “Una Serratura di Altri Tempi” che Luciano Zeppegna così descrisse il marchingegno:“Quando una maniglia a forma di pera si mette in movimento una ruota dentata che agisce sugli ingranaggi di un catenaccio; a questi va a infilarsi nell'apposito foro praticato nel battente di sinistra. Allora scende un paletto che si conficca in un foro della soglia.

E ancora:

La serratura si può anche azionare spingendo il battente a mano e facendo cadere il saliscendi per forza di gravità; cosicché – collocandosi nel suo alloggiamento- la caduta provoca giri della ruota dentata che sistema il catenaccio nell'altro battente” Il portale da solo già affascina per la dovizia dei particolari. L'opera incanta per la sua perfetta conservazione nel tempo. Non è sentimentalismo oppure nostalgia del passato. Quella serratura invece, sembra volerci tramandare un messaggio. Fa venire in mente Matteo 7, 21-28 : < Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia >. ¬Fa bene fare bene le cose.

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Emanuel Galea

A Roma, nel rione Campo Marzio,  situata nella famosa Piazza del Popolo, si trova la chiesa di Santa Maria del Popolo. Tra tutte le chiese di Roma, questa chiesa racchiude tra le sue mura una sintesi dei vari secoli di storia dell’arte e dell’architettura. Al suo interno, ancora si conserva una vasta presenza di grandi monumenti sepolcrali oltre che tele famose. I Monumenti  eseguiti tutti in marmo tra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI. All’inizio del XIX secolo, il grande convento della chiesa ha dovuto sacrificarsi e lasciare posto alla Piazza del Popolo, ad opera di Giuseppe Valadier. Questo spiega perché tanti dei monumenti marmorei non si trovano, oggi, al loro posto originale. Tanti sono i monumenti funebri. Tra questi si trovano le due opere di Andrea Sansovino  , il primo per il  cardinale Ascanio Sforza, e l’altro per  Gerolamo Basso della Rovere. Sono monumenti funebri normali, decorosi ed imponenti. Il monumento che ha attirato la nostra attenzione,  e ci sembra interessante segnalarlo anche a voi, è un monumento funebre molto stravagante, bizzarro e per niente accogliente. E’ il monumento di Giovanni Ghisleni. Cosa ha di strano ? Raffigura uno scheletro di marmo giallo, avvolto in un sudario bianco, che si aggrappa alle sbarre del sepolcro. Lo “scheltro in preghiera” si trova vicino alla porta della navata sinistra della chiesa. In testa alla scultura funebre si può notare la scena del bruco che si trasforma in farfalla.  Il Ghisleni, nel 1672, con questa scultura marmorea funebre, ha voluto eternare la propria fede nella vita dell’aldilà.  E’ una curiosità, una stravaganza come le altre nove che pubblicheremo, offrendo l’occasione, a chi passeggiando per il centro di Roma, non dispiacerà scoprire “cose nuove”.