CHIL POST, TIZIANO RENZI: RESPINTA LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE. CHIESTO SUPPLEMENTO DI INDAGINI

Redazione

Genova – Tiziano Renzi, padre del premier Matteo Renzi, è indagato per bancarotta per il fallimento della Chil post, società di marketing guidata dall’uomo. Il pm aveva richiesto l’archiviazione ma  è stata respinta. Per l’uomo è stato disposto dal giudice per le indagini preliminari Roberta Bossi un supplemento di indagini quindi verranno svolte ulteriori indagini. L’avvocato difensore dell’uomo riferisce: “Si tratta di accertamenti che non daranno sorprese, essendo tutto documentabile e privo di ogni rilievo di carattere penale”. L’uomo era amministratore unico della Chil Post che nel 2010 cedette ad Antonello Gabelli e Gian Franco Massone, padre di Mariano, faccendiere che con Renzi senior aveva avuto rapporti in passato. Il supplemento d’indagine serve per accertare i rapporti contrattuali tra il gruppo Tnt e la società Chil Post Srl e Chil Promozioni Srl. Ma non è finita qui, le indagini si sono estese a macchia d’olio e indaga anche la Corte dei Conti e i finanzieri del nucleo di polizia tributaria hanno effettuato una perquisizione presso la sede Fidi Toscana in viale Mazzini a Firenze. E’ stata aperta un’inchiesta dalla Corte dei Conti sul presunto danno erariale patito dalla Toscana e dallo Stato centrale, causato dalle garanzie che la finanziaria regionale avrebbe prestato alla Chil srl, che è fallita ma non ha restituito il prestito. 
 
La storia. La vicenda inizia nel 2009 quanto la società Chil Srl ottiene un finanziamento di circa 700 mila euro dalla Banda di Credito Cooperativo di Pontassieve, finanziamento ottenuto grazie alla garanzia di Fidi Toscana. L’80% del prestito riesce a coprirlo Fidi, grazie soprattutto alle agevolazioni per l’imprenditoria femminile. Il capitale inizialmente era intestato alla madre e alla sorella del premier, ma successivamente Tiziano Renzi torna ad essere l’azionista di maggioranza e diventa il responsabile nonché l’azionista di maggioranza. Nel 2010 viene ceduto un ramo dell’azienda per 3 mila di euro alla società “Eventi 6 srl”, viene anche spostata la sede di Chil a Genova e ceduta a Massone, che insieme a Gabelli è accusato di bancarotta fraudolenta. Fidi Toscana ha versato circa 263 mila euro alla Banca di Pontassieve con un rimborso di 236 mila di fondo centrale di garanzia. i pm stanno cercando di capire se qualcuno abbia cercato di favorire la Chil omettendo controlli. 



CASO CHIL POST: NUOVA BUFERA SULLA FAMIGLIA RENZI

di Cinzia Marchegiani

Firenze – Il caso Chil Post ritorna a soffiare come una tempesta sulla famiglia Renzi. Era il 7 gennaio 2015 quando il Consigliere regionale Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia in una conferenza stampa aveva denunciato, con documenti sconcertanti, che i debiti contratti dall'azienda di famiglia di Renzi erano stati pagati dal Governo Renzi con soldi pubblici e in parte dalla Regione Toscana tramite Fidi garantiti da quest'ultima.

Allora il Consigliere Donzelli precisava: “Ero convinto che questa fosse una vicenda indegna e immorale. Ero schifato anche dal fatto che Renzi fosse presidente della Provincia quando l'azienda della sua famiglia, azienda di cui era dirigente, chiedeva a Fidi (partecipata della Provincia stessa) la garanzia del proprio debito, era Sindaco quando il finanziamento era stato garantito ed è Presidente del Governo ora che il Governo ha ripianato il debito contratto dall'azienda della sua famiglia. In una nazione normale un leader politico cade e sparisce per molto meno.”

Il papà di Matteo Renzi e il finanziamento. Tiziano Renzi era accusato di bancarotta fraudolenta per 1,3 milioni di euro a seguito del fallimento della Chil Post. Il curatore fallimentare aveva ravvisato dei passaggi sospetti nella cessione di rami d'azienda "sani" alla Eventi Sei, società intestata alla moglie dello stesso Tiziano. In sintesi, le sezioni sane della società sarebbero state cedute per poche migliaia di euro, dunque ad un valore sottostimato, alla moglie, immediatamente prima di dichiarare il fallimento.

La Procura di Genova aveva chiesto l'archiviazione del fascicolo per bancarotta fraudolenta aperto a carico di Tiziano Renzi. A marzo 2015, la procura aveva scagionato senior Renzi, secondo la quale non aveva avuto responsabilità nel fallimento della Chil Post, che avrebbe ceduto in piena salute, e quindi dall’accusa di bancarotta fraudolenta in quanto lui avrebbe ceduto la società di distribuzione editoriale Chil Post nel 2010, tre anni prima del suo dichiarato fallimento da parte degli acquirenti. Non avrebbe avuto alcun ruolo attivo nella bancarotta e la cessione dei rami di azienda "sani" per appena tremila euro alla Eventi Sei, società intestata alla moglie, non sarebbero stata una "spoliazione" di capitali della Chil Post preordinata al successivo fallimento. Tutte le responsabilità relative alla bancarotta fraudolenta della Chil Post erano state imputate dalla procura genovese ad Antonello Gabelli, 53 anni, di Alessandria e Mariano Massone, 44 anni, genovese residente ad Alessandria, rispettivamente amministratori di diritto e di fatto della Chil Post, di cui sono diventati titolari il 14 ottobre del 2010, mandandola fallita il 7 febbraio del 2013 con sentenza del tribunale di Genova.

Nuova bufera in arrivo, q
ualcuno favorì Chilpost. Dalla Regione Toscana arrivano solo ora nuove informazioni. Il capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, Giovanni Donzelli, in seguito alla risposta fornita due giorni fa, in Consiglio regionale dall’assessore della Regione Toscana, Stefano Ciuoffo sulla vicenda dei debiti dell’azienda di famiglia del premier dichiara: “La risposta della Regione all’interrogazione conferma: qualcuno ha agito favorendo la Chil. Mi recherò alla Procura della Repubblica di Firenze perché a Fidi Toscana si è consapevolmente forzata la procedura prevista da regolamento per pagare la garanzia concessa all’azienda Chil della famiglia Renzi”.

Nuovi elementi, erano secretati? Il Consigliere Donzinelli scatta una fotografia al limite del grottesco: “Stando alla ricostruzione ufficiale della Regione – sottolinea Donzelli che ormai da un anno si sta occupando del caso – Fidi Toscana si era accorta che l’impresa Chil della famiglia Renzi era diventata da maschile a femminile e si era trasferita dalla Toscana alla Liguria e per questo aveva sospeso la procedura di erogazione del mutuo. A quel punto la Bcc di Pontassieve – che ha concesso il mutuo grazie al parere di Marco Lotti, padre di Luca Lotti Sottosegretario del governo Renzi – ha fornito i documenti che lo dimostravano e sulla base della quale oggi la stessa Fidi, con il parere della Regione, ha chiesto alla banca la revoca della garanzia attraverso il curatore fallimentare”. C’è da chiedersi come mai queste informazioni arrivano solo ora…

La denuncia, la concessione del mutuo era firmata da Tiziano Renzi. Donzinelli esterefatto dalla documentazione entrato in possesso spiega: “E’una vicenda su cui ci sono troppe ombre, bastava leggere la carta di concessione del mutuo alla Chil per notare che era stata firmata da Tiziano Renzi come rappresentante di un’azienda che aveva il diritto ad una agevolazione per imprese femminili. Ci sono troppi fattori sulla base dei quali non crediamo che si tratti di un caso, partendo dal fatto che uno dei fondatori di Fidi Toscana è Alberto Bruschini, zio di Francesco Bonifazi renzianissimo tesoriere del Partito democratico”.

Nuove prove, ora va tutto in procura. I documenti appena desecretati parlano di altre prove inoppugnabili e arrivano solo dopo la richiesta di archiviane il reato di la bancarotta fraudolenta a carico del premier Matteo Renzi. “Ora – conclude Donzelli – saranno i magistrati a decidere cosa fare sulla base dei documenti che consegnerò loro”.




CHIL POST, SCANDALO: NUOVE CARTE INCHIODANO “I RENZI”

I debiti dell’azienda pagati dal governo in barba alle regole, anche la Regione Toscana è costretta ad ammettere le violazioni dopo l’interrogazione del consigliere Giovanni Donzelli (FdI)

di Cinzia Marchegiani

Chil Post continua a catalizzare l’attenzione non solo dei politici che vogliono chiarire definitivamente la posizione dei Renzi, ma anche degli imprenditori che effettivamente si trovano in una situazione di crisi economica esasperata e spesso si ritrovano a dover prendere come unica decisione chiudere qualsiasi attività, visto che pochi comprano, molti non hanno un posto fisso o comunque un qualsiasi lavoro. Il 7 gennaio  2015 il Consigliere regionale Giovanni Donzelli in una conferenza stampa aveva denunciato, con documenti sconcertanti, che i debiti contratti dall'azienda di famiglia di Renzi erano stati pagati dal Governo Renzi con soldi pubblici e in parte dalla Regione Toscana tramite Fidi che li aveva garantiti. E il Consigliere Donzelli precisa: “Ero convinto che questa fosse una vicenda indegna e immorale. Ero schifato anche dal fatto che Renzi fosse presidente della Provincia quando l'azienda della sua famiglia, azienda di cui era dirigente, chiedeva a Fidi (partecipata della Provincia stessa) la garanzia del proprio debito, era Sindaco quando il finanziamento era stato garantito ed è Presidente del Governo ora che il Governo ha ripianato il debito contratto dall'azienda della sua famiglia. In una nazione normale un leader politico cade e sparisce per molto meno.”

E ora lo stesso autore, dopo la risposta della giunta della RegioneToscana esclama “Non avrei mai immaginato però che anche l'iter burocratico fosse irregolare.”

La risposta dell’Interrogazione non lascia sbavature, purtroppo è tutto ben chiaro. La garanzia di Fidi, conclude Donzelli, e la controgaranzia del Governo sono state rilasciate a Chil perché era una PMI femminile e toscana. Ma alla fine Governo e finanziaria regionale hanno pagato per Chil Post s.r.l società ligure e maschile. Se queste condizioni fossero state chiare fin dall'inizio la garanzia non sarebbe stata rilasciata. Però è accaduto che quando i Renzi hanno trasformato l'azienda perdendo le condizioni che avevano permesso la garanzia, non hanno comunicato le variazioni alle stesse istituzioni che hanno quindi permesso di mantenere in campo le stesse garanzie.

IL PAPOCCHIO E IL FINANZIAMENTO IN BARBA ALLE REGOLE

Il Decreto Regionale N° 266 del 15 Gennaio 2009 è quello da cui parte il finanziamento e l’allegato B parte integrante del decreto, è il regolamento che stabilisce come deve essere utilizzato il finanziamento e quali devono essere i rapporti tra Azienda e Istituzioni.

Tra queste:

1) L'azienda deve essere Toscana
2) La garanzia al finanziamento deve essere massimo al 60%, può essere elevata all'80% solo per imprese giovani o femminili
3) L'azienda e la banca devono comunicare qualsiasi cambiamento societario ritenuto rilevante inerente all’operazione di garanzia

L'operazione di Chil con Fidi Toscana è garantita all'80% e non al 60% perchè PMI femminile.

Donzelli precisa:”Noi sappiamo da nota ufficiale di FIDI che la garanzia di Fidi Toscana è stata deliberata il 15/6/2009,ma quando il finanziamento è stato erogato due mesi dopo, l'azienda di famiglia dei Renzi era formata solo da Tiziano Renzi (evidentemente non femmina). Incassata la garanzia massima dell'80% come PMI femminile, senza nemmeno aspettare l'erogazione del prestito, i Renzi si erano passati le quote societarie e le femmine di famiglia erano sparite dall'assetto societario. Basta fare una visura camerale per vedere il passaggio di quote avvenuto il 29/07/2009”.

Il 14/10/2010 poi Tiziano Renzi ha anche spostato la sede dell'azienda fuori dalla Toscana, a Genova e ceduto le sue quote per 2000 euro a Gianfranco Massone (ben altro era il valore aziendale presentato alla richiesta del finanziamento garantito).
Nel frattempo era stato ceduto un ramo aziendale alle donne di famiglia, ma il prestito era rimasto alla società che poi è fallita, lasciando il debito da pagare a Regione Toscana e Governo Renzi con i soldi pubblici.

E' stata pagata una garanzia dell'80% per una società femminile e toscana ad una società maschile e ligure.

Il regolamento del finanziamento prevedeva per l'Azienda l'obbligo di comunicare i cambiamenti. A detta di Fidi questo non è mai avvenuto contravvenendo quindi al regolamento e falsando le condizioni previste per la garanzia.

Va ricordato che se l'Azienda a cui è stato pagato il debito fosse stata presentata così al momento della richiesta, non avrebbe ottenuto un solo euro di garanzia.

Invece dopo la violazione del regolamento da parte dei Renzi, Fidi Toscana ha pagato €26.311,47 e il Governo Renzi, tramite il Fondo di Garanzia, € 236.803,23.

E il Consigliere Donzelli precisa: ”questi dati suindicati, che la stessa Giunta in Regione Toscana rispondendo a una mia interrogazione, è costretta ad ammettere che le regole sono state infrante.

Infatti alla risposta all’interrogazione 1289 denominata “Garanzia da parte di Fidi Toscana a società Chil srl per richiesta finanziamento” la giunta Regionale della Regione Toscana rispondeva ai seguenti quesiti:

1) (se quanto descritto in narrativa corrisponde al vero e se il Presidente ne era a conoscenza) dalle verifiche degli atti, effettuata dagli uffici regionali, risulta che la società Chil ha ottenuto l’intervento di garanzia e che successivamente c’è stata l’esecuzione della banca finanziatrice e che per quanto riguarda l’uso dei fondi pubblici, è stato scoperto il finanziamento richiesto per l’80% dalla cassa regionale (a sua volta coperto per il 90% dalla controgaranzia centrale) così come accade per qualunque altro caso di impresa garantita nel momento che diventa inadempiente verso la banca finanziatrice.
2) (se è corretto che la gestione di questi finanziamenti sia affidata a Fidi senza Gara) la Regione, utilizzando le normative vigenti, ha operato un prestito subordinato in conto soci all’unica tra le proprie società partecipate qualificata quale Intermediario Finanziario Vigilato da Bamcas fd’Italia e quindi, in quanto tale, in grado di concedere garanzie a prima richiesta ,in linea con le disposizionidi Basilea 2.
3) (chi e con che criteri in Fidi Toscana ha valutato la domanda di Chil srl) si fa presete che l’istruttoria delle domande di garanzia effettuata sulla base del Regolamento approvato dalla Regione….la delibera di garanzia è infine adottata dall’organo deliberante di Fidi Toscana, individuato sulla base delle relative deleghe. Nel caso in esame, la delibera era di competenza del direttore Generale di Fidi.
4) (se è corretto che Fidi sia informata di cessioni ri rami aziendali di imprese a cui ha offerto garanzia) Fidi Toscana avrebbe dovuto essere informata della cessione del ramo di azienda. Infatti il regolamento del fondo di garanzia prevede che la banca finanziatrice ha l’obbligo di comunicare a Fifi Toscana le informazioni in suo possesso, tra cui quello sull’assetto proprietario delle imprese finanziate. Così come le imprese devono comunicare a Fidi Toscana ogni fatto ritenuto rilevante inerente l’operazione garantita comprese le informazioni all’assetto societario.
5) (se Fidi Toscana può revocare le garanzie in caso di modifiche aziendali che trasformano radicalmente l’azienda e le condizioni che avevano permesso la garanzia di Fidi) Nel caso in cui le verifiche a campione sulle imprese, risultino no rispettate le finalità previste dal regolamento, l’agevolazione è revocata e l’impresa è tenuta a corrispondere l’importo pari a due volte l’agevolazione ricevuta. Inoltre se Fidi Toscana fosse stata informata sulla variazione dell’assetto proprietario avrebbe dovuto, ai sensi di legge procedere ad istruire la variazione secondo le modalità previste per le richieste di ammissione.
6) (se è prerogativa della Regione tramite Fidi pagare i debiti dell’azienda di famiglia del Presidente del Consiglio e del segretario di partito di maggioranza della Regione Toscana mentre imprenditori si suicidano per la crisi) E’ prerogativa di un fondo di garanzia (pubblico o privato che sia) pagare quando l’impresa garantita non rimborsa correttamente il debito contratto con la banca.

L’Assessore alle Attività Produttive al Credito ed al Lavoro, Gianfranco Simoncini conclude:” Ovviamente in questo, come in tutti gli altri casi, è competenza e responsabilità degli organi di Fidi Toscana, valutare se esistono i presupposti per procedere a tutela del proprio patrimonio, di quello assegnatogli, e contro eventuale non rispetto delle norme e dei regolamenti. Noi invitiamo gli organi di Fidi a compiere tale verifica.”

E donzelli chiosa: “ Per molto meno altri sono stati condannati per truffa.”