Orrore a Catania, arrestato domestico cingalese: abusava della figlia dei datori di lavoro

 

CATANIA – Ieri sera  i Carabinieri della Tenenza di Mascalucia hanno arrestato nella flagranza un cingalese di 33 anni, poiché ritenuto responsabile di  violenza sessuale nei confronti di minore degli anni 14. E’ stata la bambina qualche giorno fa a confidare alla madre come il collaboratore

domestico, al servizio della famiglia da una decina di anni, negli ultimi tempi, la invitava spesso a “giocare” nello scantinato. La madre, accompagnata dal marito,  si è rivolta immediatamente ai carabinieri raccontando e denunciando quanto appreso dalla figlia, particolari chiaramente votati alla sfera sessuale, indicando anche il luogo dove presumibilmente l’uomo approfittava della bambina.

I militari, appresa la notizia hanno immediatamente informato l’Autorità Giudiziaria che ha fornito le direttive sulle modalità di intervento, e, dopo alcune ore di appostamento, hanno verificato la piena fondatezza del racconto della minore, operando in flagranza.  A fermarlo in tempo i carabinieri che, intervenuti immediatamente,  lo hanno  ammanettato ed associato, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, al carcere di  Catania Piazza Lanza.




Catania, morte impreditore Giuffrida: รจ stato omicidio con iniezione letale. Quattro arresti

 

CATANIA – La Procura Distrettuale della Repubblica ha delegato – ai Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Catania – l’esecuzione di un’Ordinanza di Custodia Cautelare emessa l’8.7.2017 dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catania nei confronti di:
1. BREGAMO Barbara cl. 1974, domiciliata in Misterbianco;
2. INDORATO Francesco Giuseppe cl. 1968, domiciliato in Catania;
3. ZUCCARELLO Antonio cl. 1966, domiciliato Santa Maria di Licodia (CT);
4. MAUGERI Alfio cl. 1973, domiciliato in Misterbianco;
rispettivamente indagati:
– la BREGAMO (quale mandante) e l’INDORATO (quale esecutore) per il tentato omicidio aggravato, e nello specifico dell’accoltellamento, commesso in Misterbianco il 21.01.2001 nei confronti dell’imprenditore Catanese GIUFFRIDA Santo cl.1957, compagno della BREGAMO;
– la BREGAMO (quale mandante), ZUCCARELLO e MAUGERI (quali esecutori) per l’omicidio premeditato, per mezzo di iniezione di sostanza venefica e soffocamento, dell’imprenditore GIUFFRIDA Santo cl.1957, avvenuto in Catania il 10.12.2002.

La morte del GIUFFRIDA era stata finora attribuita ad un infarto fulminante, ma, le dichiarazioni rese nel corso del 2016 dal neo-collaboratore di giustizia CAVALLARO Luciano, hanno consentito di far luce su un efferato omicidio fino ad ora dissimulato come morte naturale.
Il CAVALLARO ha, nella sostanza, riferito di aver avuto l’incarico dalla BREGAMO di uccidere il proprio compagno GIUFFRIDA Santo e di aver per questo effettuato un primo tentativo nel 2001 incaricando dell’esecuzione materiale un suo conoscente (INDORATO Francesco Giuseppe) che aggrediva con un coltello la vittima all’interno del suo garage condominiale. In tale occasione, però, il GIUFFRIDA riusciva a scampare all’attentato restando gravemente ferito. Nessun elemento raccolto all’epoca consentiva poi di ritenere la BREGAMO coinvolta nell’accaduto e – seppure l’INDORATO veniva indagato – non venivano acquisiti sufficienti elementi per un rinvio a giudizio.

A distanza di quasi un anno da tali fatti, tuttavia, la BREGAMO richiedeva nuovamente al CAVALLARO l’uccisione del compagno pagando questa volta 20.000 euro ed acquistando, per lo stesso CAVALLARO, una BMW.
In questa seconda occasione l’omicidio veniva pianificato con maggior cura e, nello specifico, il CAVALLARO coinvolgeva MAUGERI Alfio e ZUCCARELLO Antonio. I tre soggetti si introducevano nella notte tra il 9 ed il 10 dicembre 2002 nell’abitazione del GIUFFRIDA (con la collaborazione della convivente BREGAMO) e – dopo aver iniettato al GIUFFRIDA una sostanza velenosa – lo soffocavano. La BREGAMO inscenava successivamente la morte naturale dello stesso GIUFFRIDA senza che si ingenerassero sospetti su quanto realmente accaduto.
Le indagini, avviate sotto la direzione della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, per ottenere i necessari riscontri alle dichiarazioni del CAVALLARO sono state condotte dalla Sezione di Polizia Giudiziaria Carabinieri presso la predetta A.G. e dal Nucleo Investigativo Carabinieri di Catania e, attraverso un’articolata serie di intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali e di videoregistrazione che, corroborate da molteplici attività istruttorie (sommarie informazioni di persone informate sui fatti, consulenze medico-legali ed altro) consentivano di acquisire fonti di prova dall’elevata carica probatoria; invero, si ottenevano riscontri precisi e individualizzanti in ordine alla chiamata di correità compiuta dal collaboratore di giustizia. Al fine di indurre gli indagati a commentare il risalente fatto di reato veniva, inoltre, lasciato sulla loro autovettura un foglio di carta riportante la seguente frase: “sacciu comu tu e i to cumpari affucasturu u masculu di l’amica di Luciano 15 anni fa”. Uno degli indagati dopo aver ricevuto il biglietto confessava ad un amico il delitto riferendo testualmente “Sedici anni fa abbiamo fatto un omicidio, io ed altri due”.
Per tali motivi, il G.I.P. di questo Tribunale, concordando sulla piattaforma probatoria ricostruita dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catania emetteva l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico per INDORATO Francesco Giuseppe (quest’ultimo indagato per il solo tentato omicidio), MAUGERI Alfio e ZUCCARELLO Antonio, mentre per BREGAMO Barbara (madre di prole di età inferiore ai sei anni), disponeva la misura cautelare degli arresti domiciliari.




Catania, mafia: duro colpo al clan Santapaola

 

Red. Cronaca


CATANIA – Imponente operazione da parte dei carabinieri del Comando Provinciale di Catania, quella scattata alle prime luci dell’alba di martedì 4 luglio, che vede impegnati oltre 200 militari dell’Arma che stanno passando al setaccio un intero agglomerato del capoluogo siciliano.

L’operazione è scattata a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 54 persone per i reati di associazione mafiosa, armi, traffico di stupefacenti, estorsione e rapina, ritenute appartenenti alla famiglia Santapaola ed in particolare, al “Gruppo di San Giovanni Galermo” ovvero la compagine ritenuta tra le più affidabili e tenuta maggiormente in considerazione da “Nitto” Santapaola.
Nel corso delle indagini, condotte dai carabinieri della Compagnia di Gravina di Catania, sono stati sequestrati notevoli quantitativi di sostanze stupefacenti ed accertate le dinamiche del gruppo mafioso, soprattutto in relazione alla gestione delle attività di spaccio della droga, con introiti che si aggiravano intorno a 40 mila euro a settimana nonché riscontrate numerose estorsioni commesse in danno di imprenditori e commercianti.

 

Il provvedimento è stato eseguito da oltre duecento Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati (Compagnia di Intervento Operativo del XII Battaglione “Sicilia”, Nuclei Cinofili ed Elicotteri), su tutto il territorio nazionale, ed ha riguardato figure apicali e semplici affiliati del clan “Santapaola-Ercolano” attivo nel capoluogo e con ramificazioni in tutta la provincia etnea, responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, traffico di stupefacenti, rapina.

L’indagine, condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Gravina di Catania dal 2014 al 2016 mediante attività tecniche e dinamiche, ulteriormente riscontrate da dichiarazioni di collaboratori di giustizia, veniva avviata sulla base di intercettazioni emerse da un procedimento in corso per associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni.
Nello specifico, il 15 maggio 2013, in seno a detto procedimento, emergeva che per cause legate a conflittualità  interne conseguenti all’acquisizione della leadership in seno al “gruppo”  mafioso di San Giovanni Galermo, gli indagati MIRENDA Vincenzo, suo fratello Arturo ed un altro correo,  si erano posti alla ricerca del sodale FIORENZA Vittorio Benito per attentare alla sua vita, tanto che, non trovandolo, si recavano presso la sua abitazione ove minacciavano con una pistola i suoi familiari e le persone a lui vicine.
A seguito del grave episodio si avviava una complessa attività tecnica sui fratelli MIRENDA, Arturo e Vincenzo che consentiva di far piena luce anche sulle condotte criminali di un articolato gruppo di spacciatori che, capeggiati da PALERMO Alessandro, si occupavano dell’acquisto di cospicue quantità di stupefacente da destinare sulle piazze dei comuni dell’hinterland nord della provincia per il tramite di pusher locali.
Le intercettazioni ambientali consentivano di appurare come l’alternanza delle figure apicali, inevitabile a seguito degli arresti che si susseguivano, portava gli affiliati a porsi immediatamente alle dipendenze del nuovo responsabile, come nel caso di MOTTA Francesco Lucio, il quale,  dopo l’arresto di GUZZETTA Vincenzo “Enzo il biondo”, si poneva prima agli ordini di FIORE Salvatore “Turi ciuri” e, dopo l’arresto di questi, alle dipendenze di GURRERI Salvatore “il puffo” ed infine dell’ultimo responsabile del gruppo di S. Giovanni Galermo individuato nel corso delle indagini, ovvero MIRENDA Vincenzo “Enzo patata”.
FIORE Salvatore risultava figura di spicco in seno al clan mafioso di riferimento, anche dopo il suo arresto avvenuto nel mese di Aprile 2013 (operazione Fiori Bianchi 2) come emergeva dal fatto che, a seguito degli attriti tra i due fratelli MIRENDA Arturo e Vincenzo su chi dovesse assumere la leadership del gruppo mafioso, il primo per tentare di scalzare il fratello Vincenzo ed avere una posizione di rilievo nel gruppo cercava proprio l’appoggio di FIORE Salvatore, per il tramite della moglie di questi, che fungeva da messaggera durante i colloqui in carcere.
Su tali basi, a partire dal febbraio 2014, l’indagine consentiva di accertare la responsabilità degli indagati in relazione all’appartenenza al “gruppo” della famiglia di Cosa Nostra catanese operante nel quartiere popolare di San Giovanni Galermo, inizialmente capeggiata da GURRIERI Salvatore, il quale pur essendo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari dirigeva le attività illecite grazie ai fratelli MIRENDA, Vincenzo, Arturo ed Angelo. Dalle articolate indagini emergeva la struttura del gruppo, le posizioni di vertice ed i ruoli degli affiliati nell’ambito del sodalizio malavitoso, e veniva anche ricostruito l’ingente volume di affari illegali del clan nei settori delle estorsioni e rapine ai danni di imprenditori e commercianti,  e del traffico di sostanze stupefacenti. L’attività investigativa consentiva di trarre in arresto in flagranza di reato 17 persone per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
 
ELENCO DELLE PERSONE COLPITE DALL’ ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE OPERAZIONE “DOKS” 04.07.2017.
 
AIELLO Giosuè Michele, classe 1993;
BUTTAFUOCO Domenico,  classe 1978;
CALABRETTA Mario Maurizio, classe 1988;
CORALLO Andrea Nicolò, classe 1982;
DIOLOSA’ Mario, classe 1975;
FIORE Salvatore, classe 1967;
FLORIO Andrea, classe 1995;
FRENI Giorgio, classe 1965;
FURNO’ Francesco, classe 1988;
GIGANTINI Vincenzo, classe 1967;
GIUFFRIDA Armando, classe 1980;
IUCULANO Francesco, classe 1986;
LEOTTA Silvana, classe 1976;
LO RE Salvatore, classe 1987;
MANTARRO Salvatore, classe 1965;
MIRENDA Angelo, classe 1964;
MIRENDA Arturo, classe 1961;
MOTTA Francesco Lucio, classe 1986;
MUSUMECI Corin, classe 1995;
MUSUMECI Desiree, classe 1989;
MUSUMECI Domenico, classe 1969;
PALERMO Carmelo, classe 1957;
PALERMO Salvatore Fabio Valentino, classe 1979;
PONZO Salvatore, classe 1986;
RAMPULLA Saverio, classe 1986;
RUSSO Mario, classe 1973;
SAVOCA Antonino, classe 1990;
SPATARO Corrado, classe 1983;
SQUILLACI Damiano Salvatore, classe 1993;
STRANO Nicola, classe 1964;
 
         SOTTOPOSTI AGLI ARRESTI DOMICILIARI
 
AIELLO Diego, classe 1995;
BULLA Alfredo, classe 1984;
LA MANNA Alessio, classe 1988;
GIUFFRIDA Antonino, classe 1963;
COSENTINO Antonino, classe 1979;
FLORIO Vincenzo, classe 1977;
MIRENDA Vincenzo, classe 1973;
PALERMO Alessandro, classe 1975;
CALTABIANO Salvatore, classe 1976;
RUSSO Antonino, classe 1989;
 
         GIA’ DETENUTI
 
AIELLO Claudio Pietro Antonio, classe 1986;
BUTTAFUOCO Daniele, classe 1988;
CALABRETTA Claudio, classe 1964;
CALTABIANO Nunzio, classe 1969;
FIORENZA Vittorio Benito, classe /1981;
DI MAURO Vincenzo, classe 1979;
VIZZINI Massimo, classe 1973;
GUGLIELMINO Mario, classe 1967;
GURRIERI Salvatore, classe 1973;
PRIVITERA Francesco, classe 1993;
VARONCELLI Angelo, classe 1970;
 
AFFIDAMENTO IN PROVA AI SERVIZI SOCIALI ED OBBLIGO DI DIMORA
 
MAZZARINO Andrea, classe 1987;
MANGANO Antonio, classe 1977.
 
 
 
 




Catania, omicidio Maria Concetta Velardi: arrestato il figlio con l'accusa di omicidio aggravato

 
di Angelo Barraco
 
CATANIA – Clamorose novità sul misterioso omicidio di Maria Concetta Velardi, donna di 59 anni che si recava tutti i giorni al cimitero per piangere e pregare nella cappella della famiglia Matà il figlio Lorenzo e il marito Angelo. La Polizia ha tratto in arresto il figlio della donna,  Angelo Fabio Matà -43 anni- sottoufficiale della Marina Militare, su cui pende la terribile accusa di omicidio aggravato. L’uomo sarebbe stato inchiodato dalle tracce biologiche presenti sulla scena del delitto, il movente invece sarebbe da ricondurre a divergenze familiari. L’uomo avrebbe ucciso la madre dopo una lite, frutto di un rancore covato nel tempo che portava costui a pensare che la donna potesse essere un ostacolo per i suoi progetti di vita. La donna sarebbe stata colpita dal figlio  con un mattone alla nuca, successivamente avrebbe trascinato il corpo in un corridoio per poi colpirla ripetutamente con un masso di pietra lavica. L’uomo racconta agli inquirenti di essersi recato al bar alle ore 17 a prendere un caffè, al suo rientro al cimitero ha trovato la madre priva di vita. L’ipotesi della rapina viene immediatamente scartata poiché la donna indossava ancora i suoi gioielli. Le indagini, oltre che il figlio stesso,  si indirizzarono anche su due presunti spasimanti della donna e una coppia di romeni che frequentavano il cimitero. Tutte persone adesso uscite dall’inchiesta. In merito ad Angelo Fabio Matà, gli inquirenti ritengono che vi sono “univoci e concordanti indizi di colpevolezza nei confronti del figlio della vittima e svelare il movente dell'omicidio”. La polizia scientifica ha repertato inoltre circa cento oggetti che presentano tracce biologiche sue e della vittima e dai tabulati telefonici da parte dei ripetitori della zona è stata appurata la sua presenza sul luogo del delitto nel momento dell’omicidio. Il dirigente della Mobile Salvago ha spiegato in un’intervista alla stampa che “dalle analisi della Scientifica è stato scoperto che si tratta di Dna di Matà misto a sostanza ematica della madre”. Drago della Polizia Scientifica spiega infatti “Su due delle unghie della mano destra della Velardi, infine, abbiamo trovato il dna di Fabio Matà”. In una prima fase si ipotizzava che l’assassino potesse essere una donna, ma tale tesi poi è stata scartata. Salvago ha spiegato “Si tratta di pietre di 23 e 18 chili, per questo abbiamo immediatamente capito che l'assassino doveva essere un uomo di una certa consistenza fisica, che doveva essere capace di caricare questo tipo di peso”. In merito al movente invece “Fabio Matà covava del rancore nei confronti della madre perché rappresentava un ostacolo per i suoi progetti di vita personale”. L’autopsia ha fissato l’ora del decesso alle 15.30/15.45 e Salvago ha spiegato “In quel lasso di tempo abbiamo elementi che provano che Fabio Matà era all'interno del cimitero”



Orrore a Catania, donna uccisa nel cimitero: arrestato il figlio

 

CATANIA – Svolta nelle indagini sull' uccisione di Maria Concetta Velardi, 59 anni, uccisa il 7 gennaio del 2014 nel cimitero di Catania, dove si era recata per una visita alla tomba di famiglia: la polizia di Stato ha arrestato il figlio Angelo Fabio Matà, 43 anni, per omicidio aggravato. Nei suoi confronti la squadra mobile ha eseguito un'ordinanza del Gip. Ad accusarlo il suo dna, trovato sulle tracce biologiche rilevate sul luogo del delitto. Il movente sarebbe da ricondurre a dissidi familiari tra madre e figlio.

Maria Concetta Velardi fu trovata con la testa fracassata da un grosso masso di pietra lavica non distante dalla cappella di famiglia. A denunciare il ritrovamento fu suo figlio, Angelo Fabio Matà, sottufficiale della Marina militare, che spostò la grossa pietra, sporcandosi le mani di sangue, e chiese aiuto a un custode, che ha avvisò la polizia. Agli investigatori disse che intorno alle 17 era andato a prendere un caffè al bar e che quando era tornato aveva trovato la madre per terra uccisa fuori dalla cappella, dove però aveva lasciato, in modo ordinato, le sue scarpe. Fu escluso subito la rapina perché la donna aveva indosso una collana e un suo bracciale fu trovato vicino al masso.

La vedova era abitudinaria: si recava tutti i giorni al cimitero per pregare e pulire la cappella della famiglia Matà, dove sono tumulati anche suo marito Angelo e suo figlio Lorenzo, morto nel 2009 per un male incurabile. Le indagini della squadra mobile della Questura, coordinate dalla Procura, si indirizzarono anche sul figlio che è stato indagato assieme ad altre quattro persone, poi uscite dall'inchiesta: due presunti 'spasimanti' della vedova e una coppia di romeni che frequentava il cimitero. Gli investigatori ritengono che adesso sono stati "acquisiti univoci e concordanti indizi di colpevolezza nei confronti del figlio della vittima e svelare il movente dell'omicidio".

In particolare, Angelo Fabio Matà avrebbe ucciso la madre al culmine di una lite. L'uomo avrebbe a lungo covato rancore nei suoi confronti perché la riteneva di ostacolo alla realizzazione di progetti di vita personale. L'avrebbe dapprima colpita più volte con un grosso mattone alla nuca. Per non essere visto ne avrebbe poi trascinato il corpo in un corridoio tra le cappelle e le avrebbe ripetutamente scagliato contro un grosso masso di pietra lavica. La donna sarebbe morta dopo 40/45 minuti di agonia.

Matà, tramite i suoi difensori, aveva anche esposto la tesi che al delitto avesse partecipato anche una donna e che ad assassinare la madre fossero stati in due. Aveva per questo chiesto la riesumazione della salma per verifiche su ferite alla schiena della vittima per verificare se fossero state provocate da unghiate. La richiesta è stata rigettata dal Gip e poi dal Tribunale.




Catania, pedinato fino ad Aci Catena: in casa cocaina e soldi

 

CATANIA – I Carabinieri della Compagnia di Catania Piazza Dante hanno arrestato nella flagranza il 46enne catanese Giovanni RANDO, poiché ritenuto responsabile di detenzione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti.
La scorsa notte, gli uomini del Nucleo Operativo a bordo di auto con targhe di copertura, percorrendo il lungomare del capoluogo etneo, hanno incrociato una Lancia Y condotta dall’uomo. Le circostanze di luogo e di tempo, insospettendoli, ha indotto i militari a seguirlo discretamente fino sotto casa ad Aci Catena luogo in cui, appena sceso dall’auto, è stato bloccato. I carabinieri, accompagnati dal reo, hanno avuto accesso all’abitazione laddove, previa perquisizione, sono stati rinvenuti e sequestrati: Circa 200 grammi di “cocaina”, ancora da tagliare e dosare – valore al dettaglio vicino ai 20.000 euro – 2.000 euro in contanti, un bilancino elettronico di precisione nonché del materiale utilizzato per confezionare lo stupefacente.
L’arrestato, in attesa di giudizio, è stato relegato agli arresti domiciliari.
 




Catania, operazione Ciclope: in manette 9 esponenti dei clan Santapaola – Ercolano


di Vincenzo Giardino


CATANIA – Scattate le manette per nove persone ritenute appartenenti al gruppo criminale facente capo a Michele D’Avola, operante sui territori di Vizzini e Francofonte e legato ai clan mafiosi Santapaola – Ercolano di Catania e Nardo di Lentini.

L'ordinanza di custodia cautelare è stata richiesta dalla Procura di Catania, quindi confermata dal Gip e eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Catania. Agli indagati sono stati contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso e di traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, aggravati dal metodo mafioso.


L’indagine, prosecuzione di quella denominata “Ciclope”, avviata dai Carabinieri a seguito di alcuni gravissimi episodi delittuosi verificatisi negli anni 2012/2013 nei territori di Francofonte, Vizzini e Grammichele, supportata da indagini tecniche e dinamiche poi  riscontrate dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ha consentito di accertare l’esistenza di un’organizzazione mafiosa  operante nei territori di Vizzini (CT) e Francofonte (SR) e di ricostruirne la struttura organizzativa.


A partire dal novembre 2012, nell’area del Calatino si registravano, a distanza di breve tempo l’uno dall’altro, quattro omicidi e due tentati omicidi in danno di soggetti collegati, a vario titolo, a gruppi  ben inseriti nel tessuto criminale della zona. Il numero elevato di omicidi, la sequenza temporale ravvicinata con la quale essi si erano susseguiti e le modalità esecutive, dimostravano l’esistenza di una faida in atto che aveva fine solo con l’esecuzione,  in data 19.09.2013, di un provvedimento di fermo emesso da questa Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di ALFIERI Antonino, CENTOCINQUE Alfio, GUZZARDI Salvatore, NAVANTERI Salvatore, NAZIONALE Cristian, NAZIONALE Luciano, PONTE Michele, REGAZZOLI Luisa (convivente di NAVANTERI Salvatore) e VAINA Vito Tommaso, ritenuti responsabili dei reati di associazione mafiosa e, limitatamente a GUZZARDI Salvatore e NAZIONALE Luciano, di concorso nel tentato omicidio di NAVANTERI Salvatore, avvenuto a Francofonte l’ 8 agosto 2013. Ulteriori riscontri investigativi permettevano di eseguire, in data 10 ottobre 2013, un provvedimento restrittivo nei confronti dello stesso D’AVOLA Michele per associazione di tipo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti. Tutti i predetti sono stati rinviati a giudizio innanzi al Tribunale di Caltagirone, ed il processo nei loro confronti si avvia a ormai conclusione.


Gli elementi emersi nel corso delle indagini svolte successivamente alla esecuzione dei citati provvedimenti cautelari consentivano non solo di riscontrare ulteriormente il ruolo di vertice rivestito dal D’AVOLA, ma anche di appurare che il Comune di Vizzini era la base da cui operava un gruppo dedito al traffico ed allo spaccio di grosse quantità di sostanze stupefacenti provenienti dall’Albania e successivamente immesse nell’area calatina della provincia etnea e di Siracusa, con ramificazioni anche nell’area iblea. La prosecuzione dell’attività investigativa, in particolare, ha fatto emergere il ruolo di figure di rilievo quali QUADERNO Carmela, convivente dello stesso D’AVOLA, e GIARRUSSO Gianluca, classe 1982, il quale ha attivamente svolto il ruolo di “reclutatore” degli affiliati provvedendo opportunamente, durante la loro detenzione, al sostentamento economico delle loro famiglie anche in relazione alle spese legali. 
Dei 9 provvedimenti cautelari, 3 sono stati notificati in carcere ad altrettanti indagati già detenuti per altra causa. 
 




Catania, Rapine, furti e ricettazione: sei arresti

 

CATANIA – Nella mattinata di giovedì 16 Marzo 2017, in Catania, Messina, Agrigento e Catanzaro, su delega della Procura della Repubblica di Catania, militari del Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Catania Fontanarossa hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip su conforme richiesta della locale Procura, nei confronti di sei persone ritenute responsabili del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine, furti aggravati e ricettazione.
Ad innescare le indagini il rapido susseguirsi di tre gravi eventi delittuosi: una prima rapina perpetrata da tre soggetti a volto coperto armati di pistola in danno di un’area di servizio con annesso bar tabacchi e rifornimento carburanti sita in Misterbianco (CT) nel luglio del 2014 seguita, a distanza di soli due giorni, da un’ulteriore rapina a mano armata nei confronti di un rifornimento carburanti sito ad Aci Castello (CT) e successivamente da altra rapina consumata presso un distributore di Catania in contrada Gelso Bianco, tutte commesse con analoghe modalità. L’analisi delle immagini dei sistemi di videosorveglianza degli esercizi rapinati e l’acquisizione dei successivi riscontri investigativi evidenziati nel corso di mirati servizi di osservazione e prevenzione consentivano di individuare uno dei rapinatori in LITRICO Giuseppe, 24enne di Misterbianco. Proprio seguendo gli spostamenti di quest’ultimo, in pochi mesi i militari delineavano componenti e caratteri del sodalizio criminoso, contraddistinto da elevata organizzazione e celerità di esecuzione di ogni singola attività delittuosa con efferate modalità di realizzazione; tale modus operandi consentiva al gruppo di essere protagonista di più fenomeni delittuosi anche nella medesima giornata, non solo nella città di Catania, ma nel territorio dell’intera provincia etnea.
Oltre al LITRICO, quindi, altri 5 i membri fermati facenti parte del nucleo, stabile e sempre attivo: il 38enne FERLITO Francesco, ritenuto il promotore del gruppo, FAMA’ Maurizio, 37enne, LA ROSA Carmelo, MOLINO Carmelo e SCARPATO Anthony, quest’ultimi 24enni, tutti di Catania; nei loro confronti gravi indizi di colpevolezza rappresentati dall’esame incrociato delle registrazioni video che immortalavano le loro caratteristiche fisiche (i volti, spesso, erano coperti da passamontagna) e soprattutto i sequestri effettuati presso le rispettive abitazioni di numerosi indumenti – molti dei quali idonei al travisamento – del tutto coincidenti con quelli utilizzati per le rapine.
Tra gli episodi delittuosi perpetrati si annovera quanto accaduto alla fine del mese di Luglio 2014 allorquando i predetti soggetti, utilizzando due autovetture provento di furto commesso a San Gregorio di Catania come ariete, durante la chiusura notturna infrangevano una delle vetrine d’ingresso del centro Commerciale “Porte di Catania” per penetrarvi e girovagare per la galleria commerciale a bordo delle stesse auto. Abbandonato il centro commerciale, nella stessa giornata, la banda realizzerà due rapine a mano armata in danno di distributori di carburante, la prima ad Acireale la seconda a Catania.
Inoltre, nel corso delle indagini e dei relativi servizi, condotti tra il mese di luglio 2014 ed il febbraio 2015, venivano acquisiti elementi per attribuire al gruppo la responsabilità di oltre 20 gravi delitti contro il patrimonio colpi, tra rapine a mano armata, spaccate a centri commerciali, bar tabacchi e gioiellerie, nonché numerosi furti e ricettazione di auto utilizzate per portare a termine i reati, nei centri abitati di Catania, Misterbianco, Aci Catena, Aci Castello, Belpasso e Nicolosi, per un bottino, complessivamente quantificato in circa 50 mila euro tra denaro contante, tabacchi e biglietti “gratta e vinci”.
Gli arrestati sono stati tradotti presso le case circondariali di Catania, Messina, Caltanissetta e Catanzaro. 




Catania, allarme ambientale: sequestrata un area di deposito e stoccaggio di rifiuti pericolosi

 

CATANIA – I Carabinieri del Comando Tutela Ambiente – Nucleo Operativo Ecologico di Catania –, collaborati dai militari della Stazione di Graneri, al termine di una approfondita attività ispettiva finalizzata alla salvaguardia ambientale eseguito nel corso della giornata del 10 marco su un’area di circa 2.500 mq. posta in contrada Piano Peri di Caltagirone, hanno denunciato in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Caltagirone il responsabile, S.G.F. di anni 51 , del luogo per i reati di Attività di gestione di un centro di rottamazione e raccolta veicoli a motore senza la prescritta autorizzazione, attività di deposito/stoccaggio di rifiuti pericolosi e non pericolosi senza la prescritta autorizzazione, tutti in violazione alle speciali norme di tutela del D. Lvo. 152/2006, meglio noto come “Codice dell’ambiente” .
L’area interessata dall’attività illecita dove il proprietario aveva anche collocato una sorta di capannone all’interno del quale sono stati rinvenuti centinaia di pezzi meccanici e di componenti provenienti dalla rottamazione di decine di veicoli è stata posta sotto sequestro. Sulla stessa sono state ritrovate di carcasse di autovetture, motori. batterie, oli, materie inquinanti, oltre a rifiuti pericolosi come bombole, frigoriferi dismessi di ogni specie.
L’attività di controllo, svolta nell’ambito dell’efficace e consolidato affiancamento tra i Comandi Stazione dell’Arma e lo speciale Reparto di Tutela Ambientale ha consentito di interrompere l’illecita condotta da un “rottamatore” abusivo dimostratosi incurante delle pesanti conseguenze procurate in danno dell’ambiente.
Comunicazione del sequestro preventivo dell’area è stata inviata anche al Comune di Caltagirone per i provvedimenti di competenza in materia di Ordinanze miranti ad ottenere la bonifica dell’area a carico del responsabile. 




Tragedia a Catania, crolla un palazzo di tre piani: un morto

 

CATANIA – Un palazzo di tre piani è crollato intorno alle 2.30 della notte nel centro di Catania, probabilmente in seguito ad una esplosione provocata da una bombola di gas. Morta un'anziana donna, trovata tra le macerie insieme a quattro feriti, due dei quali trasportati in ospedale in codice rosso. Tra questi una bimba di un anno. Si cerca ancora tra quel che resta dell' edificio, ma si pensa non vi siano altri dispersi. Della palazzina, sventrata dall'esplosione, sono rimasti solo il tetto e le fondamenta. Evacuati i palazzi adiacenti.
"Viva per miracolo": così Francesca Giuffrida, 67 anni, si definisce mentre, seduta su dei gradini esterni di un negozio, vede le macerie della sua casa.
"Ci potevo essere anch'io là sotto, magari morta – aggiunge – e invece ieri sono andata a casa di mio figlio. E questo mi ha salvato la vita". Ovviamente conosceva "da anni tutte le persone del palazzo". "Tutte persone – sottolinea – tranquille". Anche lei sa della morta della persona anziana travolta dalle macerie: "certo – conferma – era la 'signorina': non era sposata e viveva da sola".




Panico a Catania, assalto a mano armata all'Ipersimply: preso uno dei criminali

 

CATANIA – Alle prime luci dell’alba del 17 febbraio scorso su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, i Carabinieri della Stazione di Catania Piazza Verga hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. nei confronti del pregiudicato catanese Pietro AREZZI, di 32 anni, gravemente indiziato di aver commesso il 21 maggio del 2016, con l’aiuto di quattro complici, una rapina in danno di un supermercato della catena “IPERSIMPLY” in via Saverio Fiducia a Catania.


La banda con una azione ben coordinata, con i volti coperti da passamontagna e fucile in pugno, rapidamente fece irruzione nel supermercato a pochi minuti dall’apertura al pubblico. I criminali, approfittando di alcuni lavori di ristrutturazione dei locali, che costrinsero i responsabili dell’esercizio commerciale a spostare momentaneamente la cassaforte – contenente circa 35.000 euro – in una stanza vicina all’ingresso, servendosi di un carrello la caricarono su di un furgone fuggendo via. Gli investigatori sono giunti all’identificazione dell’indagato attraverso delle impronte digitali, a lui correlate, rilevate sulla scena del crimine. Mentre l’attività di indagine dei carabinieri prosegue per dare un volto ai complici l’arrestato è stato associato al carcere di Catania Piazza Lanza.