Strage di Motta Visconti: Carlo Lissi rinuncia al ricorso in Appello

 
di Angelo Barraco
 
Milano – Carlo Lissi, il 34enne autore della Strage di Motta Visconti  ha rinunciato al ricorso in Appello scrivendo ai Giudici che ritiene adeguata la pena all’ergastolo ricevuta e si è scusato con loro “per la perdita di tempo”. La decisione di Lissi in merito alla rinuncia al ricorso in Appello è determinante per la sua vita e lo solleva da ulteriori possibilità di rivalutazione della sua condanna all’ergastolo alla luce di quella che poteva essere l’eventuale riconoscimento parziale di vizio di mente che avrebbe potuto quantomeno alleggerire la sua posizione qualora fosse stato accertato il tutto. Il 18 gennaio del 2016 è stata pronunciata la sentenza di Primo Grado dove Lissi viene condannato all’ergastolo. Il processo si è svolto con rito abbreviato e il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche subordinate dalla premeditazione, dalla minorata difesa e dal vincolo di sangue. Erano visti da tutti come la classica famiglia felice e perfetta, ma tale illusoria e fantasiosa realtà che amici, conoscenti e parenti avevano ricamato nel loro immaginario è stata definitivamente spezzata  la sera del 14 giugno del 2014, quando il perito informatico uccise la moglie Maria Cristina Omes verso la quale non provava più sentimenti poiché si era invaghito di una sua collega, inoltre ha sgozzato la figlia Giulia di 5 anni e il figlio Gabriele di 20 mesi. Si è creato anche  un alibi, recandosi in un pub con amici per guardare la prima partita dei Mondiali in Brasile Italia-Inghilterra, come se nulla fosse successo. Il 14 giugno del 2016 sono state rese note le motivazioni della sentenza di Primo Grado ed emerge che Lissi si era infatuato di una sua giovane collega di lavoro che però non contraccambiava l’affetto, nacque in lui l’esigenza di chiudere la con la moglie. Nelle motivazioni viene smentita la tesi secondo cui l’omicidio sarebbe avvenuto a seguito di un litigio, si parla invece di come Lissi indusse la moglie a consumare un rapporto sessuale con lui, successivamente approfittò dello stato di abbandono della moglie che si trovava seduta sul divano e con un coltello la colpì prima alle spalle, successivamente si diresse al piano superiore dove dormivano i due figli  e le ha uccise con un coltello alla gola. Successivamente si è fatto la doccia e ha raggiunto gli amici. 



PAVIA, OMICIDIO MOTTA VISCONTI: CONDANNA ALL'ERGASTOLO PER CARLO LISSI

di Domenico Leccese

Pavia – È stato condannato all'ergastolo Carlo Lissi, l'uomo di 34 anni accusato dell'omicidio della moglie Maria Cristina Omes e dei figli Giulia, cinque anni, e Gabriele, venti mesi, assassinati il 14 giugno 2014 a Motta Visconti (Pavia). La sentenza del Gup di Pavia prevedeva anche tre anni di isolamento diurno, poi la pena è stata ridotta perché Lissi era a giudizio con rito abbreviato.  Il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche, subordinate però alle aggravanti contestate. Stessa richiesta anche da parte dell'avvocato Domenico Musicco, che assiste la madre della donna uccisa, Giuseppina Redaelli, che aveva chiesto il massimo della pena oltre a una provvisionale da 500mila euro. "Siamo soddisfatti per questa pagina della giustizia italiana – ha detto dopo la sentenza – che per una volta ha fatto giustizia verso la famiglia"."Sono soddisfatta, lui è stato malvagio con chi gli voleva bene", ha commentato Giuseppina Redaelli, settantotto anni, mamma di Maria Cristina Omes e nonna di Giulia e Gabriele, uccisi da Carlo Lissi che è stato condannato all'ergastolo. "Abbiamo avuto giustizia, una piccola soddisfazione per Giuseppina", ha commentato il legale della donna, Domenico Musicco. L'avvocato Corrado Limentani, che ha difeso Lissi al processo, ha spiegato: "Per noi la perizia psichiatrica era errata, la concessione delle attenuanti apre la porta al ricorso in appello".

 




MILANO: DISPOSTA PERIZIA PSICHIATRICA PER CARLO LISSI, UCCISE LA MOGLIE E I FIGLI

A.B.

Milano –  Il Gip di Pavia nell’udienza preliminare per il triplice omicidio di Maria Cristina Omes (38 anni), Giulia (5 anni) e Gabriele (20 mesi) uccisi da Carlo Lissi, l’informatico di 31 anni che li ha uccisi lo scorso giugno nella loro casa a Motta Visconti, a Milano, ha disposto una perizia psichiatrica. Il gip ha accolto la richiesta di rito abbreviato, nel fascicolo la consulenza tecnica della difesa dove emergerebbe una seminfermità mentale di Lissi. Ripercorriamo la vicenda: il triplice omicidio è avvenuto il 14 giugno 2014, dopo aver commesso il triplice omicidio l’uomo è andato a vedere la partita dell’Italia e non appena è ritornato a casa a simulato una rapina. L’uomo il 28 febbraio ha chiesto di essere ascoltato e ha voluto mettere a verbale ciò che lo ha portato ad uccidere la sua famiglia, ha detto: “Mi sentivo un ottimo padre e un pessimo marito“  e ha confessato di avere avuto due relazioni extraconiugali in passato. L’uomo si era invaghito anche di un’altra donna e aveva detto a tal proposito: “Pensavo a lei in ogni momento libero, ero innamorato alla follia,lei aveva una relazione e mi ha detto che non avrebbe mai tradito il partne r“. In merito alla moglie e all’aggressione ha detto: “Ha tentato di tirarmi due sberle dopo avermi detto che stavo rovinando una buona famiglia l'ho bloccata e l'ho inseguita con il coltello. Piangeva disperata e gridava 'no', ha tentato di scappare ma l'ho riportata dentro“ . In merito all’uccisione dei figli ha detto: “In quel momento non volevo che soffrissero senza il padre e la madre perché li amavo troppo“.



BOSSETTI E LISSI: I PROFILI PSICOLOGICI DEGLI ASSASSINI

di Christian Montagna

Bergamo – Una nazione in preda al terrore e sconvolta dagli avvenimenti di cronaca. Dopo quattro anni pare essere giunti all’epilogo della triste vicenda della tredicenne di Brembate di Sopra, Yara Gambirasio, scomparsa nel novembre duemiladieci e ritrovata senza vita mesi dopo.

Ignoto uno, il cui dna era stato riscontrato sugli slip della giovane ginnasta ha un volto e un nome: Massimo Giuseppe Bossetti.

Sempre in questi giorni, la follia pervade un’altra mente: Carlo Lissi, vicino Milano, uccide moglie e due figli prima di andare a vedere l’esordio degli azzurri ai mondiali e al rientro in casa mette in scena un triste teatrino.

Cosa sta accadendo? E’ la domanda che tutti noi ci poniamo. Queste notizie che hanno sconvolto la nazione fanno pensare. Padri di famiglia, premurosi e protettivi, insospettabili, uomini di chiesa, benvoluti da conoscenti e amici, con stili di vita irreprensibili ma turbati da fantasie aberranti: è questo il profilo psicologico degli assassini. Stavolta è proprio la semplicità degli stili di vita che spaventa. Siamo sempre stati abituati ad accusare chi per qualche motivo è diverso da noi, identificando gli stereotipi del male ad esempio negli stranieri, negli immigrati o nei rom. Ricordo i mesi successivi alla scomparsa di Yara, era stato arrestato il marocchino Mohamed Fikri. Ebbene, l’opinione pubblica non aveva perso un secondo a scagliarsi contro. E’ facile farlo. Ma ora che la giustizia ha fatto il suo corso, resta lo sgomento. L’assassino è un italiano, con tratti mediterranei, pelle chiara e assiduo frequentatore dell’oratorio. Uno di noi, uno come noi, il classico vicino di casa. Eppure dietro quella apparente normalità, si è celato per anni un predatore sessuale disposto ad uccidere per ottenere la sua “preda”. Altra città, storia affine. A Milano, Carlo Lissi compie un atto distruttivo nei confronti della famiglia sintomo indubbio di una forma di depressione grave. Che si tratti di malattia grave o disturbo di personalità, spaventa in entrambi i casi. Il tentativo di azzerare la propria vita per tornare ad essere libero e poter corteggiare una donna è un concetto che non si forma in una mente normale. Eppure, anche in questo caso, è uno di noi. Un padre agli occhi di tutti esemplare ma spinto da un senso di inadeguatezza e di sottomissione nei confronti della sua donna. Stiamo assistendo alla crisi della figura maschile nella società, il non saper accettare un rifiuto può portare la mente a compiere azioni nefande.

Psicologi e psichiatri si stanno interrogando sulle psicologie turbate di questi uomini. Ma l’opinione pubblica si domanda: bisogna veramente cominciare ad aver paura di chiunque? Esistono dei segnali che possano permettere di correre ai ripari in tempo? Purtroppo no. Bisogna prendere atto del fatto che tali istinti omicidi possono scattare anche nelle menti dei più insospettabili. Basta con i luoghi comuni, in Italia, ad uccidere, oggi, non sono solo i disperati e gli immigrati che fuggono dai paesi in guerra ma sono uomini come noi, che, in una società che di umano ha ben poco, si abbandonano a tragici raptus di pazzia.

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MOTTA VISCONTI, OMICIDIO PLURIMO: I PARTICOLARI AGGHIACCIANTI RACCONTATI DAL MOSTRO

Redazione

Motta Visconti (MI) – E’ stato lui, il marito, l’essere immondo che ha letteralmente sgozzato la moglie e suoi due figli in casa. Ha confessato ed è stato uno spettacolo agghiacciante. L'uomo è stato fermato nella notte con l'accusa di triplice omicidio. Carlo Lissi di 31 anni ha sterminato la famiglia perché la considerava un ostacolo. Alla donna Lissi aveva fatto delle avances ma era stato respinto. L’uomo ha poi anche indicato il luogo dove aveva nascosto l’arma del delitto. Ci sono dei dettagli agghiaccianti della confessione. Lissi ha sostenuto di aver avuto un momento di intimità sul divano con la moglie, prima di ucciderla, mentre i figli dormivano. Quindi si è alzato in mutande, ha preso un coltello e ha colpito Maria Cristina alle spalle. Le ultime parole gridate dalla donna sono state: «Carlo, perché mi fai questo?» Le urla di aiuto sarebbero poi state testimoniate da una vicina. Dopodiché si è fatto una doccia. Ed è andato a vedere la partita Italia-Inghilterra al pub Zimè di Motta Visconti, senza destare alcun sospetto. Una volta rientrato, ha dato l’allarme, simulando una rapina finita male. La rapina non era altro che una messa in scena per depistare gli investigatori. Cristina Omes, 38 anni, e i due figli, una bambina di 5 anni e mezzo e un bimbo di 20 mesi, sono stati trovati cadavere. Dalla cucina mancava un coltello: l'accusato ha ammesso di essersene liberato gettandolo in un tombino vicino a casa. Agli inquirenti ha detto: "Voglio il massimo della pena". E non ci auguriamo che l’abbia anche se in questo caso sarebbe stata meglio la legge del taglione: dovrebbe pagare con la sua stessa vita. Lissi, che ha dato l'allarme poco dopo le 2 di mattina di domenica, ha raccontato di aver trovato i tre corpi senza vita rientrando in casa dopo la partita Italia- Inghilterra, vista in casa di amici. Una ricostruzione che non ha convinto gli inquirenti che ieri hanno ascoltato anche amici e vicini. Il sospetto è che tra i due ci fossero gravi tensioni. La coppia sposata da sei anni viveva, con i bambini, in una zona residenziale di Motta Visconti. Cristina Omes, originaria del paese, lavorava come impiegata presso le assicurazioni Sai. Una donna impegnata, raccontano i residenti, che avrebbe da sempre dato il suo sostegno alle attività dell'oratorio. Durante i primi sopralluoghi la cassaforte è stata trovata aperta, con piccole somme di denaro mancanti. Ma sulla porta d’ingresso non risulta alcun segno di effrazione. Per gli inquirenti il movente del triplice omicidio sarebbe da ricercare nella possibilità di una relazione con una collega di lavoro di cui si era invaghito. Un amore non corrisposto che lo avrebbe spinto alla follia. Gli inquirenti avrebbero tratto dalle parole dell'uomo sotto interrogatorio, la sensazione di "una enorme stanchezza" rispetto alla vita familiare, a quella routine che lui evidentemente non voleva più vivere. 

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