Elena Ceste: confermata in Appello la condanna per Buoninconti, ora si aspetta la Cassazione

 
di Angelo Barraco
 
 
TORINO – Confermata in Appello la condanna a trent’anni di carcere per Michele Buoninconti, Vigile del Fuoco di Costigliole d’Asti accusato dell’omicidio della moglie Elena Ceste. Una condanna che comprova ulteriormente quanto già enunciato in primo grado dai Giudici e che oggi la Corte d’Assise d’Appello di Torino ha enunciato alla luce degli elementi che rendono il piano accusatorio indubbio. E’ stato disposto dalla Corte inoltre il sequestro conservativo del patrimonio di Michele Buoninconti e si tratta di conti correnti e un terzo della casa. L’ex Vigile del Fuoco di Costigliole d’Asti ha scelto il rito abbreviato e in primo grado, ricordiamo, il Giudice Roberto Amerio ha accolto la tesi dell’accusa che chiese il massimo della pena. E’ stato inoltre assegnato un risarcimento di 300mila euro per ciascuno dei quattro figli, 180mila euro per i genitori e per la sorella e un risarcimento di 50mila euro per suo cognato. I legali di Buoninconti si sono espressi così: “Su quanto è accaduto si possono fare solo delle ipotesi. Non è possibile dire come, quando, dove e in che modo Elena Ceste è stata uccisa. E non si può nemmeno dire se sia stato un delitto premeditato, volontario, di impeto o di altro. A nostro avviso non si è trattato nemmeno di un omicidio", forse la scelta di un rito ordinario avrebbe permesso ulteriori accertamenti sulla posizione di Buoninconti  e relative responsabilità al momento del delitto, come e dove è stata uccisa Elena e avrebbe  portato alla luce elementi decisamente più nitidi e meno nebulosi in merito agli avvenimenti di quella notte. Motta di Costigliole D’Asti è un paesino di pochi abitanti dove si conoscono tutti, erano le 8.15 del 24 gennaio 2014 ed Elena Ceste, mamma premurosa e dedita alla casa e alla famiglia, non si sente bene e chiede al marito di accompagnare i figli a scuola. Sono le 8.35 e Michele Buoninconti, dopo aver lasciato i bambini a scuola, racconta a troupe televisive e inquirenti di aver trovato, vicino al cancello, i vestiti di Elena e gli occhiali dalla quale la donna non poteva farne a meno per necessità perché miope, sul tavolo inoltre vi era la fede nuziale. Dov’è Elena? Si domanda Michele, da qui inizia il fitto mistero che in 20 minuti ha tenuto con il fiato sul collo un’Italia che ha sperato fino all’ultimo momento di poter rivedere quella mamma  con i suoi figli. Quei vestiti a terra, vicino al cancello e l’idea di poter vedere la moglie nuda camminare per strada rappresenta per Michele un motivo di vergogna e allora si mette alla ricerca lungo le strade di Costiglione d’Asti ma con esisto negativo. Decide allora di riferire tutto agli inquirenti e aggiunge inoltre che la sera prima della scomparsa era agitata e alla domanda del marito in merito alla causa di tale atteggiamento, rispose che aveva combinato un guaio e di essere sulla bocca di tutti stupendosi di come il marito non ne fosse a conoscenza. Le speranze nel ritrovarla viva e relativi avvistamenti si sono rivelati vani il 18 ottobre successivo venne rinvenuto il corpo di Elena Ceste nel Rio Mersa, a Costigliole d’Asti, un luogo poco distante dalla loro abitazione. Durante il processo di secondo grado è stata ripercorsa in Aula tutta la vicenda passo dopo passo e secondo i Giudici, Buoninconti non sopportava che la moglie cercasse di evadere dalla solita routine quotidiana venendo meno al suo ruolo di “madre e moglie sottomessa che le aveva imposto”. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo parlato con l’Avvocato Benedetta Donzella, che ha sostenuto la Parte Civile come Penelope Italia. 
 
– E’ stata confermata in Appello la condanna per Buoninconti…
E’ stata confermata la condanna a trent’anni di reclusione così come disposto in primo grado…
 
– E’ una sentenza che vi aspettavate?
Si, non lo dico con spirito di presunzione ma lo dico alla luce degli elementi che il Pubblico Ministero ha raccolto. Siamo di fronte veramente ad un patrimonio probatorio inattaccabile, granitico e non lo dico neanche con enfasi perché si tratta comunque si un processo indiziario ma indizi così gravi, così numerosi, così qualitativamente elevati  da poter far decidere sia in prima istanza e in appello che l’accusa di omicidio e l’occultamento di cadavere da parte del Buoninconti era più che fondata. 
 
– Quali sono gli elementi che hanno spinto i giudici a confermare la condanna?
Io credo che la motivazione contenuta nella sentenza di primo grado sia veramente un faro. Un Giudice che ha motivato la valorizzazione della prova logica e della prova scientifica in maniera così minuziosa e così chiara da lasciare poco spazio ai dubbi. Nulla è stato tralasciato. 

– Tralasciando l'aspetto giuridico, cosa colpisce di questa storia e cosa rimane?
Elena Ceste era una mamma di quattro figli, era una donna che viveva per la famiglia, sicuramente c’è stato un momento di criticità nel rapporto coniugale tant’è che è vero che Elena Ceste aveva instaurato una sorta di relazione extraconiugale che poi è stata scoperta dal marito, ma lei lo aveva anche confessato. Almeno questo emerge. Questo fatto ha portato il marito che è sempre stato un soggetto che ha deciso tutto ciò che riguarda la famiglia e l’andamento della famiglia, legato anche a convinzioni personali molto conservatrici del ruolo della famiglia e sia del ruolo della donna. Ci hanno fatto riflettere molto alcuni atteggiamenti, per esempio il fatto che lui in estate sospendesse l’assicurazione della macchina della moglie –lei accompagnava i bambini a scuola con la macchina- perché non serve. Lui esercitava questa forma di controllo e non si sono mai registrate delle ribellioni piuttosto che delle prese di posizioni da parte di Elena. Per quanto sia stato sbandierato ai quattro venti che Elena avesse avuto una crisi psicotica, è un’invenzione che ha caratterizzato tutta la linea difensiva del Buoninconti ed è lui che racconta questo episodio di psicosi che dal nostro punto di vista è proprio un alibi per giustificare l’assenza della moglie, il fatto che se ne fosse andata via nel cuore dell’inverno a gennaio, nuda, senza occhiali, senza scarpe, una donna che aveva un’elevata miopia per poi andarsi a rifugiare in un posto assolutamente inaccessibile, pieno di rovi che il Comune non aveva provveduto a pulire per circa 12/13 anni. Questo racconto della fantomatica psicosi di Elena che l’avrebbe condotta a denudarsi e poi andare a morire in 15 centimetri di acqua del Rio Mersa, nasce da qui tutta quella filosofia spicciola che si è consumata sul dramma personale di Elena e che avesse una psicosi. Mai confermata da nessuno, quella consulenza psicologia a posteriori che era stata fatta si basava proprio sul racconto di Buoninconti. L’unica cosa di cui lei aveva paura era quella di essere stata scoperta, di essere sulla bocca di tutti. Il corpo lo abbiamo scoperto per caso, perché il Sindaco di Isola d’Asti aveva deciso di far pulire quel sito perché era infestato da animali.

– Cosa vi aspettate adesso?
Noi ci aspettiamo che la nostra istanza di giustizia sia confermata da qui fino alla definizione perché ricordiamoci, ci sarà sicuramente un terzo grado di giudizio. 

– Secondo lei c’è la remota possibilità che in Cassazione si ribalti tutto?
A me sembra una cosa molto remota e poco verosimile che la Cassazione possa ribaltare tutto. Può darsi che la Cassazione dia delle indicazioni; possa rinviare magari il processo alla sezione di Corte d’Appello per rivedere –facendo un’ipotesi- potrebbe farlo per rivedere qualche punto. Mi sento di dover dire che l’impianto accusatorio granitico dal mio punto di vista esclude questo.  Non dimentichiamo che questa decisione di conferma della sentenza non nasce così; ci sono stati dei Giudici che hanno già valutato l’impianto accusatorio in fase di indagini preliminari. C’è stato innanzitutto il Gip che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare sulla base dei riscontri investigativi, c’è stato il Tribunale del Riesame al quale è andato a ricorrere il Buoninconti che ha confermato la fondatezza di quella misura cautelare, sulla base del riscontro investigativo raccolto; c’è stata la Cassazione che ha confermato la legittimità di quella misura cautelare, c’è stato un Gup nel giudizio di primo grado che ha condannato l’imputato e abbiamo una corta d’Appello che ha confermato la sentenza. Mi sembra che sia un cammino coerente e una decisione che noi riteniamo giusta, doverosa e ci auguriamo che venga confermata anche in Cassazione. 




ELENA CESTE: IL PM CHIEDE 30 ANNI PER MICHELE BUONINCONTI

Redazione

Trenta anni per Michele Buoninconti: è questa la richiesta di condanna avanzata dal pm Laura Deodato al giudice della Corte d'Assise di Asti, Riberto Amerio, nei confronti del vigile del fuoco accusato di avere ucciso la moglie Elena Ceste e averne occultato il cadavere. In aula, dinanzi ai familiari della donna, e' ora il turno delle parti civili. Il prossimo 7 ottobre e' prevista l'ultima udienza con le repliche della difesa, quindi la sentenza.

La storia. Motta di Costigliole D’Asti, pochi abitanti che si conoscono tutti. Sono le 08:15 del 24 gennaio, Elena è solita accompagnare i figli a scuola ma quella mattina non si sente bene e chiede al marito di accompagnarli. Alle 08.35 il marito, Michele Buoninconti, rientra a casa e trova vicino il cancello i vestiti di Elena e gli occhiali dalla quale la donna non si separava mai perché miope e sul tavolo trova la fede nuziale. Elena sparisce, da qui inizia un mistero fitto. Elena sparisce in venti minuti, stando al raccondo del marito, un spazio temporale oggettivamente scarso. Una donna nuda si sarebbe notata subito e invece nessuno vede Elena nuda camminare per strada. Il marito, appena tornato a casa e dopo aver visto quei vestiti per terra si allarma perché per lui è una vergogna che una donna cammini nuda per strada e allora si mette alla ricerca della donna ma non trova nulla. Il marito dichiara che la donna, la sera prima della scomparsa era agitata, e il marito, dopo aver chiesto quale fosse il problema, la donna rispose di aver combinato un guaio e di essere sulla bocca di tutti stupendosi di come il marito non fosse a conoscenza di tale cosa.


Il cadavere di Elena Ceste è stato rinvenuto in data 23/10/2014 all’interno di un canale di scolo che dista 2 Km di distanza da casa sua. La causa della morte è probabilmente l’asfissia. I medici scrivono: “lo stadio evolutivo del processo trasformativo cadaverico è coerente con l'epoca della scomparsa della donna, si può ritenere che il corpo della Ceste sia sempre rimasto nel luogo ove furono rinvenuti i resti. Si deve altresì affermare che il corpo pervenne nel luogo in cui ne furono ritrovati i resti completamente nudo” continuano dicendo “l'autopsia non esclude che l'intero corpo fosse immune da lesioni da arma da taglio o da fuoco, anche se tale ipotesi deve ritenersi malsicura, si affaccia, più probabile, l'ipotesi di una morte per asfissia”. 




ELENA CESTE: CHIESTA LA CONFERMA DELLA CUSTODIA CAUTELARE PER IL MARITO

di Angelo Barraco
 
Il pg di Cassazione Giuseppe Corasaniti ha avanzato la richiesta di conferma di custodia cautelare in carcere per Michele Buoninconti, accusato di aver ucciso e occultato il cadavere della moglie, Elena Ceste. Il Pg ha avanzato la richiesta ai giudici della prima sezione penale. Il Verdetto è atteso nelle prossime ore. 
 
La storia: Motta di Costigliole D’Asti, pochi abitanti che si conoscono tutti. Sono le 08:15 del 24 gennaio, Elena è solita accompagnare i figli a scuola ma quella mattina non si sente bene e chiede al marito di accompagnarli. Alle 08.35 il marito, Michele Buoninconti, rientra a casa e trova vicino il cancello i vestiti di Elena e gli occhiali dalla quale la donna non si separava mai perché miope e sul tavolo trova la fede nuziale. Elena sparisce, da qui inizia un mistero fitto. Elena sparisce in venti minuti, stando al raccondo del marito, un spazio temporale oggettivamente scarso. Una donna nuda si sarebbe notata subito e invece nessuno vede Elena nuda camminare per strada. Il marito, appena tornato a casa e dopo aver visto quei vestiti per terra si allarma perché per lui è una vergogna che una donna cammini nuda per strada e allora si mette alla ricerca della donna ma non trova nulla. Il marito dichiara che la donna, la sera prima della scomparsa era agitata, e il marito, dopo aver chiesto quale fosse il problema, la donna rispose di aver combinato un guaio e di essere sulla bocca di tutti stupendosi di come il marito non fosse a conoscenza di tale cosa.
 
Il marito dichiara anche che Elena quella notte gli fece leggere degli sms che la donna avrebbe ricevuto da altri uomini, Michele dichiara anche che la donna chiese a lui di non mandare i figli a scuola perché pensava che fossero a rischio e che qualcuno li avrebbe presi. Durante le prime indagini salta fuori la vita di Elena attraverso i social network. Michele, durante la prima fase delle indagini punta subito il dito su due persone, accusandole di essere coloro che importunavano Elena e quindi di essere stati loro ad averla istigata all’allontanamento. Vengono verificate le posizioni di queste persone e risulta che queste due persone hanno un alibi e non possono essere loro.
Vengono analizzati dalla polizia scientifica i vestiti che Michele dice di aver trovato vicino al cancello, ma su di essi non vi è traccia alcuna di esposizione all’atmosfera ergo quei vestiti non sono mai stati lì fuori poiché se fossero stati fuori ci sarebbero stati elementi scientifici che avrebbero supportato questa tesi. I racconti di Michele appaiono confusi, strani e spesso alquanto sospetti. 
 
Il cadavere di Elena Ceste è stato rinvenuto in data 23/10/2014 all’interno di un canale di scolo che dista 2 Km di distanza da casa sua. La causa della morte è probabilmente l’asfissia. I medici scrivono: “lo stadio evolutivo del processo trasformativo cadaverico è coerente con l'epoca della scomparsa della donna, si può ritenere che il corpo della Ceste sia sempre rimasto nel luogo ove furono rinvenuti i resti. Si deve altresì affermare che il corpo pervenne nel luogo in cui ne furono ritrovati i resti completamente nudo” continuano dicendo “l'autopsia non esclude che l'intero corpo fosse immune da lesioni da arma da taglio o da fuoco, anche se tale ipotesi deve ritenersi malsicura, si affaccia, più probabile, l'ipotesi di una morte per asfissia”. 
 
Viene effettuato un altro sopralluogo dopo il ritrovamento del cadavere, e viene ritrovato un telo, classico telo utilizzato nelle serre. Il telo si trovava poco distante dal luogo di rinvenimento del cadavere e si iniziano ad avvalorare le prime ipotesi: e se il telo in questione fosse stato utilizzato per trasportare il corpo?
Le varie ricerche hanno portato a rinvenimenti ossei sparsi e c’è la probabilità che nei prossimi giorni, durante le ricerche che si stanno svolgendo, vengano fuori altri reperti ossei. 
Ma come è morta Elena? L’acqua del canale di scolo era alta pochi centimetri al momento del ritrovamento, la condotta, lunga tre metri, passa sotto la ferrovia. La scoperta non è avvenuta ad opera dei carabinieri ma è avvenuta in modo estremamente casuale da un dipendente del comune.
 
Quel canale non veniva pulito da anni e invece gli altri canali erano stati puliti, quindi soltanto chi conosceva quella zona, avvalorando l’ipotesi dell’omicidio, avrebbe potuto portare il corpo lì per via di una conoscenza logistica. Il cadavere è stato trovato con il volto riverso nel fango e privo di indumenti, ma Elena poteva percorrere quella strada a piedi per poi morire lì? Chi ha ispezionato la zona ha detto chiaramente che il livello dell’acqua era molto basso quindi l’ipotesi del suicidio crolla come un castello di carta.
Il 29 gennaio 2015, I carabinieri di Asti hanno arresto Michele Buoninconti, marito di Elena Ceste. L’accusa è omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere. L’arresto è avvenuto su ordine del gip di Asti Giacomo Marson che ha accolto la richiesta del PM Laura Deodato. Michele Buoninconti si dichiara innocente dal carcere e dice di non essere stato lui ad uccidere la moglie ed invita gli inquirenti a cercare il vero colpevole.
 
Gli avvocati, Chiara Girala e Alberto Masoero hanno chiesto la scarcerazione del loro assistito. Emergono dalla procura dei ritagli di intercettazione, come quando parla con i figli dicendo loro: “Ero riuscito a far diventare mamma una donna, 18 anni della mia vita per recuperarla, 18 anni per raddrizzare mamma. Vai a capire che cosa ha visto”, sempre alla figlia dice: “A non ascoltare il padre si fa la fine della madre, che non ha ascoltato il padre”. Con i figli Michele usa toni ancora più forti: “Loro vogliono sentire solo questo, che tra di voi non andate d’accordo, Così uno va da una parte, uno da un’altra parte … Vi va bene vivere così, separati? E a me, perché mamma è … chissà dove, mi mettono ancora da un’altra parte. A casa nostra sai cosa ci fanno venire? Le zoccole, le straniere, a fottere! Così c’è una zoccola per ogni stanza. E la sera c’è il bordello. Perciò cercate di essere bravi tra di voi. Mi avete visto litigare con mamma?” 
 
Successivamente gli avvocati Chiara Girala e Alberto Masoero hanno chiesto la scarcerazione del loro assistito in quanto ritennero eccessiva la misura cautelare attuata nei riguardi del Buoninconti. Il Gip Giacomo Marson, invece, ha respinto tale richiesta. I quattro figli sono stati affidati ai nonni materni dal Tribunale dei Minori di Torino che ha imposto il divieto assoluto di vedere il padre. E’ stata avanzata un ulteriore richiesta di scarcerazione ma è stata respinta, a è il Tribunale del Riesame che ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati dell’uomo. Il Gip che ha respinto la richiesta, Giacomo Marson, ha spiegato in 80 pagine di provvedimento quali sono stati i motivi che hanno indotto Michele ad uccidere Elena. Il Tribunale del Riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione per Michele, ma il Tribunale esclude l’aggravante della premeditazione, quindi si sarebbe trattato di un omicidio d’impeto.