Frosinone, la Polizia di Stato a scuola contro bullismo e cyberbullismo: obiettivo prevenzione

 

FROSINONE – Il Direttore Tecnico Capo Psicologo della Questura dott.ssa Cristina Pagliarosi ed il Responsabile della Sezione della Polizia Postale e delle Comunicazioni di Frosinone Sostituto Commissario Tiziana Belli hanno incontrato gli alunni dell’Istituto Comprensivo di Vallecorsa, nell’ottica della prevenzione contro ogni forma di comportamento prevaricante, come bullismo e cyberbullismo.
E’ stata sottolineata l’ importanza che riveste il gruppo osservante per demotivare o incoraggiare il bullo, evidenziando la differenza tra bullismo e cyberbullismo.
In quest’ultimo caso le azioni compiute sono più gravi perché condivise in “rete”, dove le conseguenze sono amplificate per l’ assenza dell’oblio, per la potenziale visibilità al vasto popolo del web e per la mancanza di limiti spazio – temporali dell’atto persecutorio.
Sono stati inoltre evidenziati gli aspetti giuridici dei commenti denigratori “postati” ed è stato analizzato il fenomeno del sexting, cioè la condivisione via web di immagini o video a contenuto sessuale.
Al riguardo è stato, pertanto, ricordato che i minori di 18 anni non hanno il diritto a gestire la propria l’immagine, né quella altrui e che soltanto al compimento del 14° anno di età si può ottenere un profilo social.
A conclusione dell’incontro, la giovane platea, attenta e partecipe, ha interiorizzato e condiviso il messaggio veicolato dal personale della Polizia di Stato, riconoscendo la necessità di limitare il tempo “on line” anche per i giochi virtuali e di rivalutare l’importanza di un’attività ludico-ricreativa all’aria aperta, piuttosto che “bruciare” il cervello su un dispositivo elettronico.




Montecatini, Sport e bullismo: Ecco come la pensano Francesco Tagliente e Marisa Grasso Raciti



MONTECATINI
– Si è appena concluso a Montecatini un interessante incontro-dibattito, organizzato dall’Associazione Nazionale Polizia di Stato di Pistoia e del Comune di Montecatini. E’ stato affrontano il tema del bullismo e del rispetto della legalità nello sport alla presenza del mondo della scuola, del tifo, della cultura e delle istituzioni e di oltre 500 ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori. Emozionante il lungo applauso di oltre 500 studenti a seguito dell'intervento di Marisa Grasso, vedova dell'ispettore di polizia Filippo Raciti, ucciso nel febbraio 2007 durante gli scontri tra tifosi di Catania e Palermo. Un entusiasmo autentico, sintomo di una nuova generazione che ha pieno rispetto della divisa del poliziotto e quindi delle istituzioni che onorano quotidianamente un servizio alla collettività

E’ stata una riflessione a più voci, moderata dal giornalista Franco Morabito, presidente dei giornalisti sportivi toscani, molto apprezzata dai ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori della città. Sono intervenuti il prefetto Angelo Ciuni e il questore Salvatore La Porta di Pistoia; il sindaco Giuseppe Bellanti e il vicesindaco Ennio Rucco di Montecatini; il prefetto Francesco Tagliente, già questore di Firenze, di Roma e prefetto di Pisa; Marisa Grasso; la criminologa Silvia Calzolari e la dirigente del commissariato di Montecatini Mara Ferasin.


Hanno preso la parola anche il rappresentante dei tifosi Empoli Athos Bagnoli, presidente dell'Unione Clubs Azzurri, prezioso punto di riferimento della scuola del tifo, per educare i tifosi, siano essi piccoli o grandi, a fare il tifo in modo corretto sulle tribune e il rappresentante della squadra di basket di serie B di Montecatini
L’evento, organizzato per il giorno del 39esimo anniversario del rapimento Moro, per non dimenticare e per educare alla legalità, è stato preceduto dalla commemorazione della strage di via Fani con il contributo del giornalista Daniele Bernardini che ha ricostruito i momenti della strage.
Il sindaco Bellandi ha parlato dei cinque uomini di scorta uffici in via Fani, invitando gli studenti presenti a rispettare la legge e di conseguenza gli altri per imparare a convivere al meglio con i compagni e a non farsi attrarre da fenomeni negativi quali il bullismo o senza percorrere cattive strade che da giovani soprattutto sono facili da seguire.

Sul rapimento Moro è intervenuto il prefetto di Pistoia Angelo Ciuni illustrando ai ragazzi il significato della commemorazione. Sollecitato dal moderatore Franco Morabito ha preso la parola anche il prefetto Tagliente che ha ricordato le paure durante quegli anni di piombo. "Si generò un clima di pericolo, di insicurezza e di paura – ha detto Tagliente che all’epoca del rapimento Moro era Capitano del Reparto Volanti della Questura di Roma – anche perché venivano colpiti pure singoli cittadini, rappresentanti della società civile, della magistratura, del mondo carcerario e delle forze dell'ordine.
Molti rappresentanti delle forze di polizia, uscendo da casa, non sapevano se sarebbero tornati. La tensione e la paura, erano entrati a fare parte della quotidianità delle loro famiglie dei poliziotti. Consapevoli che alcuni colleghi erano stati colpiti con azioni inattese e imprevedibili anche a tradimento, al momento dell’uscita o rientro a casa, in tanti si videro costretti a cambiare continuamente abitudini, itinerari e orari di uscita e rientro. Ci fu chi decise di allontanare la famiglia dalla sede di servizio”.

Passando poi al tema del dibattito sport e bullismo Tagliente ha detto che “lo sport può essere anche una buona occasione per riflettere insieme su come agire per prevenire i fenomeni di Bullismo, ciberbullismo, mobbing, straining e stalking. Quando si tratta di fenomeni di bullismo tra ragazzi, la conflittualità va gestita puntando sulla educazione, sensibilità e la diffusione della consapevolezza facendo capire che, le libertà individuali devono poter convivere con i contrapposti interessi della collettività. Per contrastare il bullismo c'è bisogno di un lavoro comune tra genitori, insegnanti e ragazzi. Il punto di incontro comune a tutti e tre è la scuola. Nessun percorso di contrasto e lotta al bullismo può funzionare se non c'è interazione tra insegnanti, famiglie e ragazzi. L'area di raccordo è la scuola, ma solo se si condividono almeno alcuni obiettivi comuni. Il primo di questi è lo sviluppo della cultura del dialogo reciproco". “Per sviluppare la cultura del dialogo nei giovani – ha proseguito Tagliente – è fondamentale che anche ‘attori’ esterni alla formazione didattica e all'educazione familiare si interessino al problema. Ma attenzione – ha concluso Tagliente – è necessario che i progetti esterni di questi ‘attori’ anche se istituzionali, siano richiesti dal mondo scolastico per evitare che la scuola diventi un progettificio”.

Di educazione alla legalità e rispetto nello sport ha parlato diffusamente la vedova Raciti, Marisa Grasso che, al fine di diffondere un messaggio contro ogni forma di violenza, ha portato la sua testimonianza ricordando il sacrificio del marito per compiere il proprio dovere. Ha raccontato anche la vita dei familiari dei poliziotti: le ansie, il timore per il pericolo connesso al lavoro ma anche l’orgoglio per l’esempio che essi rappresentano e lasciano ai propri figli e a tutti i giovani.” Voi – ha detto Marisa Grassi agli studenti – siete la mia speranza per un futuro migliore” Al termine dell’intervento tutti i presenti si sono alzati in piedi per un lunghissimo applauso.

Trattando del tema “educazione alla legalità e rispetto nello sport”, Tagliente, sollecitato dal presidente dei giornalisti sportivi della Toscana ad affrontare la questione della gestione dei riottosi e dei tifosi violenti, ha fatto riferimento ai pilastri fondamentali della sua strategia: Dialogo anche con i più riottosi, rigore giuridico e lavoro di squadra.

Per quanto concerne in dialogo, Tagliente, ha fatto espresso riferimento alla politica del doppio binario: attenzione e rispetto da un lato ed estremo rigore dall’altro. Ha richiamato anche la necessità di ricercare il dialogo a tutti i costi anche con daspati e arrestati per tentare di renderli protagonisti della propria sicurezza. Per dimostrare che aprire un dialogo con la parte meno sana del tifo e con i più riottosi è possibile, Tagliente, ha fatto riferimento “Progetto daspo” avviato, con un piccolo esercito dei daspati romani per valutare, anche in assenza di istanza degli interessati, le condizioni per la eventuale modifica della durata del divieto. “Sono stati inoltrati 334 inviti a tifosi daspati, dei quali in 151 si sono presentati e 135 hanno accettato di compilare un questionario”.
“Ne è scaturito un confronto franco e proficuo – ha detto Tagliente – i risultati dell’indagine hanno fatto emergere la non conoscenza per molti delle conseguenze di un gesto ai loro occhi “banale”, inducendo in presenza delle idonee condizioni una modifica della durata del Daspo o addirittura la revoca. Scandagliando il campione – ha aggiunto- si è notato che in molti casi, alla determinazione della revoca o della modifica si è arrivati per dichiarato ravvedimento dopo l’esito dei colloqui. Il 52 per cento del campione si è detto favorevole all’iniziativa e il 59 per cento ha ritenuto positiva anche la propria partecipazione ad una campagna informativa. La disponibilità offerta dai diretti interessati anche a partecipare a campagne di educazione alla legalità dimostra la necessità di un ulteriore sforzo di cercare il dialogo a tutti i costi, per provare almeno a ridurre comportamenti dannosi.

Sul tema è intervenuto anche il questore di Pistoia Salvatore La Porta che, nel ripercorrere le tappe significative del percorso professionale fatto con il prefetto tagliente e con i rappresentanti dei tifosi dell’Empoli e della Fiorentina ha messo in evidenze alcuni punti di forza del modello attuato a Empoli e Firenze: rimozione delle recinsioni, gestione delle partite con la polizia lontana dagli impianti, Fan zone e somministrazione assistita delle bevande alcoliche anche ai tifosi inglesi.

Sollecitato dal giornalista Morabito a chiarire ai ragazzi con un esempio la strategia adottata per cercare il dialogo ad ogni costo anche con i tifosi inglesi e della importanza del rispetto anche per i tifosi più turbolenti, Tagliente, ha poi ricordato il caso della la lettera indirizzata a John Mackin, rappresentante dello 'Spirit of Shankly', il sindacato dei tifosi del Liverpool, per illustrare tutte le misure di prevenzione e accoglienza predisposte in occasione della loro trasferta a Firenze e per sapere se avevano delle particolari esigenze concludendo il messaggio con: vi accogliamo, divertitevi, ma rispettate la città, i suoi monumenti, il suo stadio e i suoi tifosi.
Il rappresentante dei tifosi del Liverpool rispondendo alla lettera aveva ringraziato per l'approccio precisando che "Bere alcolici prima delle partite fa parte della cultura dei tifosi inglesi e di quelli del Liverpool in particolare" invitando, a evitare il divieto assoluto della somministrazione di birra e alcolici. L'unico rischio, secondo il rappresentante dei supporter inglesi, potrebbe venire dai più giovani, che in ogni caso saranno una minoranza rispetto agli oltre 2.400 tifosi che si presenteranno davanti ai cancelli del Franchi per la Champions League.Pronta la risposta: in occasione delle due successive partite internazionali, Fiorentina-Liverpool e Fiorentina-Bayern Monaco, le forze dell’ordine, le categorie economiche e gli esercenti dei pubblici esercizi fiorentini hanno sperimentato un nuovo rapporto con le tifoserie ospiti. Anziché adottare il rigido divieto di vendita di alcolici, previsto per queste occasioni, è stato deciso di procedere al solo divieto di asporto delle bevande alcoliche. I tifosi, sparsi in piccoli gruppi nei locali pubblici, hanno potuto ordinare e consumare alcolici all’interno del locale, magari mangiandoci insieme anche qualche specialità tradizionale, per poi recarsi, a stomaco pieno, allo stadio. Anziché bighellonare per strada in comitive sorvegliate a vista dalle forze dell’ordine, anziché riempire di bottiglie vuote i parapetti dei lungarni e di cocci di vetro le carreggiate stradali, i tifosi “avversari” si sono dispersi nella molteplice offerta dei pubblici esercizi fiorentini in piccoli gruppi che non si sono fatti notare. Sarà stata la qualità dell’offerta, sarà stata la sensazione di sentirsi turisti, e non “gruppi paramilitari” osteggiati dai nativi, i tifosi delle squadre ospiti si sono comportati in modo encomiabile e anche le forze dell’ordine non hanno dovuto dispiegare i classici strumenti repressivi.

Nel corso del dibattito con i ragazzi l’attenzione è caduta sulla “tessera del tifoso”. Sul punto Tagliente ha chiarito che la tessera del tifoso è uno strumento odiato dalle tifoserie più accese, proprio per il difetto di comunicazione. Un rischio che avevo previsto – ha precisato- tentando di prevenirlo. Da presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, nel mese di novembre del 2005, per corrispondere alle esigenze rappresentate dai presidenti delle società che lamentavano ritardi nel controllo accessi con i “biglietti nominativi” (introdotti pochi mesi prima, con il decreto Pisanu 6 giugno 2005), ho elaborato il progetto “Tessera del Tifoso”. Temendo che questo strumento potesse essere considerato imposto dall’alto, ho ritenuto di denominarlo “Carta del tifoso” – come risulta dal verbale della riunione del 9 novembre 2005, dell’Osservatorio Nazionale Manifestazioni Sportive – con l’obbiettivo di far accogliere il documento come "Tessera dei diritti del tifoso" La successiva gestione della comunicazione facendola percepire (erroneamente) imposta dall’alto, ha procurato danni alimentando l’odio verso i vertici istituzionali.

Il convegno è stato chiuso dalla criminologa Silvia Calzolari Con un interessante intervento "sui possibili percorsi devianti che accomunano il bullo e il potenziale tifoso violento come espressione delle stesse incapacità. In particolare – ha detto la Calzolari- entrambi presentano problemi di immagine di sé, andando alla ricerca di un'identità sociale basata su modelli negativi che vengono percepiti erroneamente come vincente"




Albano Laziale, centro psicologia: il bullismo

 

A cura della Dott.ssa Francesca Bertucci Psicologa-Psicodiagnosta dell’età evolutiva-Mediatore familiare


ALBANO LAZIALE (RM)
– Il bullismo è una forma di comportamento sociale di tipo violento e intenzionale, di natura sia fisica che psicologica, oppressivo e vessatorio, ripetuto nel corso del tempo e attuato nei confronti di persone considerate dal soggetto che perpetra l'atto in questione come bersagli facili e/o incapaci di difendersi. Le caratteristiche peculiari sono: l'intenzionalità, il comportamento aggressivo viene messo in atto volontariamente e consapevolmente; la sistematicità, il comportamento aggressivo viene messo in atto più volte e si ripete quindi nel tempo; l'asimmetria di potere, tra il bullo e la vittima c’è una differenza di potere, dovuta alla forza fisica, all’età o alla numerosità quando le aggressioni sono di gruppo. La vittima, in ogni caso, ha difficoltà a difendersi e sperimenta un forte senso di impotenza.


Il bullismo può assumere svariate forme
, alcune evidenti ed esplicite, altre sottili e sfuggenti all’osservazione degli adulti: diretto: comportamenti che utilizzano la forza fisica per nuocere all’altro. In questa categoria sono presenti comportamenti come picchiare, spingere, fare cadere, ecc.; verbale: comportamenti che utilizzano la parola per arrecare danno alla vittima. Ad, esempio, le offese e le prese in giro insistenti e reiterate; infine, indiretto: comportamenti non direttamente rivolti alla vittima ma che la danneggiano nell’ambito della relazione con gli altri. Sono comportamenti spesso poco visibili che portano all’esclusione e all’isolamento della vittima attraverso la diffusione di pettegolezzi e dicerie, l’ostracismo e il rifiuto di esaudire le sue richieste. Quando le azioni di bullismo si verificano attraverso Internet (posta elettronica, social network, chat, blog, forum), o attraverso il telefono cellulare si parla di cyberbullismo.
Perché si diventa bulli? Perché si diventa vittime?


Una serie di studi hanno messo in luce che
un buon concetto di sé, cioè le credenze riguardo se stessi, le capacità, le impressioni, le opinioni che ogni individuo pensa di avere  e che lo contraddistinguono dagli altri, aiuta bambini e ragazzi a ottenere dei successi, sia a livello relazionale che di rendimento scolastico (Marsh e all., cit. in Camodeca, 2008). Un basso concetto di sé conduce alla vittimizzazione, mentre, i ragazzi/bambini che utilizzano condotte aggressive, che sembrano mostrare un elevato concetto di sé, in realtà non hanno una buona immagine di sé, piuttosto un senso di narcisismo e un tentativo di sembrare ciò che non  si è. Nel caso dei bulli, per esempio, sembrerebbe che il comportamento prepotente da essi attuato sia efficace a fargli guadagnare potere, ammirazione e attenzione e, in questo modo, migliorare poi l’immagine di sé (Marsh e all, 2001).

Le conseguenze
Essere vittima o essere prepotente ed esserlo a lungo nel corso del tempo può rappresentare un fattore di rischio. Chi rimane a lungo nel ruolo di prepotente corre più rischi di altri di entrare in quella escalation di violenza che va da piccoli episodi di vandalismo, furti, piccola criminalità, fino a incorrere in problemi seri con la legge. Questi bambini hanno quindi più probabilità da adulti di venire condannati per comportamenti antisociali. Per contro chi rimane a lungo nel ruolo di vittima rischia di andare incontro a livelli di autostima sempre più bassi (“non valgo nulla”, “non sono capace di far nulla”, “gli altri ce l’hanno tutti con me”), a forme di depressione che possono aggravarsi sempre di più, fino a diventare forme di autolesionismo con conseguenze estreme come il suicidio.

Le cause
Sono molteplici e interagenti tra loro, infatti oltre alla personalità del soggetto, sono da considerare il sistema familiare ed il contesto culturale. Il bambino che vive in una famiglia in cui regnano un’educazione coercitiva, violenza e sopraffazione ha più probabilità di interiorizzare schemi di comportamento disadattivi, si sentirà quindi autorizzato ad utilizzare gli stessi modelli di comportamento anche nelle relazioni al di fuori della famiglia. Al contrario, se la famiglia presenta uno stile educativo permissivo e tollerante, il bambino sarà incapace di porre adeguati limiti al proprio comportamento. Inoltre, il bullismo è figlio di un contesto culturale più ampio, in cui si persegue un modello di forza e potere, in cui vige la distinzione dell’umanità tra vincenti e perdenti, l’esaltazione di leader autoritari e di immagini maschili e femminili di successo, in cui la sconfitta non è ben vista. I mass media, televisione, cinema, videogiochi, ci presentano modelli di violenza giovanile come espressione di forza e vitalità, risolutrice di conflitti e depurata da ogni segno di sofferenza o conseguenza per le vittime. In una cultura fondata sui (dis)valori della sopraffazione, dell’arroganza, della furbizia e della competizione, sarà naturale per il piccolo bullo prevaricare il compagno più debole. Infine, i coetanei hanno un ruolo importante nello sviluppo, mantenimento o modificazione del comportamento aggressivo nel gruppo. Il bullo non agisce da solo, alcuni compagni svolgono un ruolo di rinforzo, altri formano un pubblico che incita e sostiene, altri ancora si disinteressano a quello che accade, non manca poi chi tenta di opporsi alle prepotenze per proteggere la vittima, in questo ruolo di difesa si trovano spesso le bambine. Il bullismo è quindi un fenomeno di gruppo.

Cosa si può fare?
La strategia migliore per combattere il bullismo, nelle scuole e online, è la prevenzione, contro il bullismo si dovrebbero attivare sia la scuola che la famiglia. È importante che genitori e insegnanti comunichino tra loro, e si metta in atto un intervento condiviso e coerente. Se un genitore ha il sospetto che il proprio figlio sia vittima o autore di episodi di bullismo a scuola, la prima cosa da fare è parlare e confrontarsi con gli insegnanti. Viceversa, se è un insegnante ad accorgersi di atti di bullismo, dovrebbe individuare insieme ai genitori una strategia condivisa per porre fine alle prevaricazioni. Inoltre, anche il contesto terapeutico familiare è spesso molto utile in questi casi per sostenere i genitori nell’aiutare i propri figli in un momento particolare della loro crescita, per lavorare sul riconoscimento delle emozioni proprie ed altrui e ad aiutare il ragazzo vittima di prevaricazioni ad elaborare i propri vissuti.

Centro psicologia Castelli Romani-Dott.ssa Francesca Bertucci
Psicologa-Psicodiagnosta dell’età evolutiva-Mediatore familiare
Cell 3345909764-dott.francescabertucci@cpcr.it
www.psicologafrancescabertucci.com
piazza Pia 21 00041 ALBANO LAZIALE
 




CISTERNA, CORI E ROCCA MASSIMA FANNO "RETE" CONTRO IL BULLISMO

Redazione

Cisterna di Latina (LT) – Cisterna, insieme a Cori e Rocca Massima, “pilota” per la neonata legge regionale contro il bullismo. E’ stato avviato nei giorni scorsi il primo tavolo istituzionale territoriale permanente del Lazio sul bullismo, un fenomeno che nella nostra regione registra il primato più alto di ragazzi di elementari e medie vittime di episodi di bullismo.Per questo, lo scorso 24 marzo il Consiglio regionale ha promulgato un’apposita legge che sostiene progetti, programmi e interventi volti al rispetto della dignità della persona, alla valorizzazione delle diversità, al contrasto di tutte le discriminazioni, alla tutela dell’integrità psico-fisica dei bambini e degli adolescenti. Una legge rilevante che grazie all’emendamento della consigliera regionale Rosa Giancola si è arricchita di uno strumento prezioso come il tavolo istituzionale territoriale permanente, in grado di stimolare la creazione di una rete tra più enti e programmare azioni organiche e quindi efficaci senza il rischio di disperdere energie e risorse.
Portavoce a livello locale della proposta della Giancola è stata la consigliera comunale Maria Innamorato che si è fatta promotrice dell’avvio del tavolo interistituzionale svolto lo scorso 19 aprile in un luogo significativo per la forte presenza di giovani e di situazioni di disagio: il quartiere San Valentino.
All’incontro erano presenti i rappresentanti dei Comuni di Cisterna, Cori e Rocca Massima, la consigliera regionale Giancola, i direttori didattici, i rappresentanti della Asl dipartimenti Prevenzione e Salute mentale, delle comunità scout
. Un primo importante approccio per affrontare il fenomeno del bullismo da vari punti di vista e conoscenza al fine di elaborare un progetto unitario in cui gli istituti scolastici rivestiranno un ruolo determinante. A breve si terrà un nuovo incontro alla presenza di un rappresentante della polizia postale per affrontare i temi del cyber bullismo e di un uso più consapevole di internet.
“Abbiamo accolto da subito con favore – commenta il sindaco di Cisterna Eleonora Della Penna – la proposta giunta dalla consigliera Innamorato perché quello del bullismo e più in generale del rispetto della dignità della personale, delle diversità e quello fondamentale della legalità, sono e sempre più dovranno essere temi da affrontare soprattutto dal punto di vista culturale, di prevenzione, piuttosto che di repressione. Per questo la figura dell’educatore, e quindi della sinergia tra vari soggetti istituzionali e non che operano sul territorio, è determinante nell’elaborazione di un progetto il più organico, completo e multidisciplinare possibile affinché possa agire concretamente a vari livelli formando cittadini maturi e non più vittime ed aggressori. Un impegno importante reso ancora di più dal fatto che siamo i primi ad attuare la legge regionale e quindi un esempio e modello per tutto il Lazio”.
Il tavolo istituzionale territoriale permanente è aperto a tutte le associazioni del territorio impegnate nell’educazione e formazione dei giovani. Per aderire è possibile inviare una mail a: tavolobullismo@comune.cisterna.latina.it




BULLISMO: L'OSSERVATORE D'ITALIA NE PARLA CON MARY PETRILLO

di Angelo Barraco
 
Il bullismo è quella forma di coercizione fisica e psicologica attuata ai danni di un’altra persona che viene considerata, dal soggetto che esercita la violenza, un “debole”. E’ un fenomeno molto vasto, che non è catalogabile in una specifica fascia di età e/o contesto sociale. Con l’avvento di internet il fenomeno si è espanso, sono nate altre forme di violenza che hanno spinto giovani a compiere gesti estremi poiché derisi e umiliati attraverso il mezzo web. Noi abbiamo intervista la Dottoressa Mary Petrillo, Psicologa criminologa docente presso master criminologia università Niccolò Cusano, che ci ha gentilmente spiegato in dettaglio il fenomeno del bullismo, la sua espansione e come combatterlo.  
 
 
 
Cos’è il bullismo?
 
Il termine serve per definire e connotare il fenomeno delle prepotenze, delle prevaricazioni psicologiche e fisiche tra pari in un contesto di gruppo e tra le prevaricazioni vanno fatte ulteriori    e opportune distinzione tra dirette ed indirette
 
 
 
Chi sono i soggetti che manifestano coercizione fisica e psicologica nei confronti di altri soggetti?
 
I primi studi sul bullismo furono condotti agli inizi degli anni ’70 ad opera di Heinemann e di Olweus in Svezia, essi definiscono un comportamento ‘bullo’ come persistente, talvolta può durare per settimane, mesi, persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare.  gli “attori”  di tale modalità comportamentale sono i bulli, ossia coloro che mettono in atto le prevaricazioni, le vittime, coloro che subiscono le sopraffazioni e gli spettatori, coloro che non prendono parte attiva durante le violenze, ma vi assistono. All’interno di tali raggruppamenti è possibile individuare alcune sottocategorie: il bullo prevaricatore, bullo gregario  e la vittima che generalmente è passiva/sottomessa, ma che può, invece, anche essere “provocatrice”. Gli “spettatori” questi soggetti  possono con il loro comportamento favorire o frenare il dilagare del fenomeno, la cosiddetta  maggioranza “silenziosa"
 
 
 
Quali sono i malesseri fisici riscontrabili nelle vittime di bullismo? Quali sono i malesseri psicologici che manifesta una vittima di bullismo? Quali sono invece i malesseri sociali manifestati da una vittima di bullismo? Un genitore come può accorgersi che il proprio figlio/a è vittima di bullismo? Quali sono i segnali?
 
Il bullismo produce effetti che si protraggono nel tempo e che comportano dei rischi evolutivi tanto per chi agisce quanto per chi subisce prepotenze. Le  conseguenze per il bullo sono che acquisisce una forte aggressività e bisogno di dominare sugli altri, con conseguente rischio di condotte antisociali e devianti in età adolescenziale e adulta. Le Conseguenze per la vittima sono disturbi di vario genere a livello sia fisico che psicologico, dalla paura di uscire per non fare incontri “pericolosi”, svalutazione della propria identità, Formazione di tratti di personalità insicura e ansiosa e probabili episodi di depressione. Le conseguenze per i bulli, come per le vittime, possono essere a breve termine  e lungo termine. Ad esempio il basso rendimento scolastico. I disturbi della condotta per incapacità di rispettare le regole, le difficoltà relazionali, le ripetute bocciature fino ad arrivare all’ abbandono scolastico.  Comportamenti devianti e antisociali: crimini, furti, atti di vandalismo, abuso di sostanze,  violenza in famiglia e aggressività sul lavoro. Le conseguenze per le vittime a breve termine sono sintomi fisici, soprattutto alla mattina prima di andare a scuola. Sintomi psicologici, problemi di concentrazione e di apprendimento, calo del rendimento scolastico, riluttanza nell’andare a scuola, disinvestimento nelle attività scolastiche e svalutazione della propria identità, scarsa autostima. A lungo termine: psicopatologie, abbandono scolastico, a livello personale: insicurezza, ansia, bassa autostima, problemi nell’adattamento socio-affettivo. A livello sociale: ritiro, solitudine, relazioni povere, che possono portare ad isolamento sociale. Quali sono i consigli  per le famiglie? Trasmettere valori positivi quali fermezza, assolutamente no alla durezza, fissare delle regole e soprattutto la comunicazione è fondamentale, ci vuole autorevolezza e non autorità coi ragazzi. 

 
 
Com’è cambiato il bullismo negli anni?
 
Negli anni il bullismo non è cambiato, piuttosto rispetto a molti anni fa anche nel nostro Paese si è preso coscienza e sicuramente c'è più consapevolezza e sensibilizzazione verso questo problema, un problema che già conoscevamo anche noi in Italia e che chiamavamo nonnismo, ossia una forma di bullismo e prevaricazione che avveniva nelle caserme quando era in vigore il servizio di leva obbligatoria, un fenomeno che si manifestava con l'imposizione di prove dolorose, umiliazioni e vessazioni di ogni genere che il cosiddetto "nonno" (elemento più forte ed anziano nel gruppo) infliggeva al "novellino" ( elemento più giovane e/o debole del gruppo) e purtroppo a volte gli esiti erano anche tragici e si soleva farli passare per incidenti e solo se i familiari della vittima approfondivano l'accaduto, attraverso indagini investigative ed autoptiche, emergeva la verità 

 
 
Come viene contrastato il fenomeno nel nostro paese?
 
Nel nostro Paese nel 2007 è stata emanata la Direttiva Ministeriale n.16 (Min. Pubblica Istruzione) e l'oggetto di tale direttiva sono proprio le "linee di indirizzo generali ed azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo" (dentro e fuori la scuola) , accertati gli episodi di bullismo si possono applicare sanzioni disciplinari di tipo riparativo, ad esempio attività a favore della comunità scolastica e comunque se non si ravvedono in tali episodi eventuali violazioni a livello penale e civile, quindi atti violenti nei confronti delle persone o eventuale danneggiamento di cose, perché in questo caso, invece, si può procedere o alla denuncia  o alla segnalazione alla A.G. E possono farlo anche gli insegnanti stessi o se la vittima è dovuta ricorrere in ospedale anche i professionisti sanitari, avendo l'obbligo di referto, possono denunciare 

 
 
Quanti tipi di bullismo ci sono?
 
Il bullismo può essere diretto ed indiretto e viene messo in atto sia da soggetti maschili che da  soggetti femminili. Il bullismo al maschile mette in atto prevalentemente atti di prepotenza di tipo diretto, con aggressioni per lo più fisiche oltre che verbali, e tali comportamenti sono messi in atto nei confronti sia dei maschi che delle femmine.  Nel bullismo al femminile, invece, si utilizzano, in genere,  modalità indirette: offese, insulti, pettegolezzi, diffamazioni e isolamento della vittima dal gruppo e vengono rivolte prevalentemente verso altre femmine. Il bullismo, quindi, presenta una differenza tra maschi e femmine nella percezione del fenomeno e nell’atteggiamento, però negli ultimi tempi il fenomeno si sta "evolvendo" anche in questo senso, ossia sempre più ragazze attuano comportamenti da bulla anche di tipo aggressivo e fisico.
 
 
 
Che ruolo ha internet in tutto ciò?
 
Il bullismo on-line , oggi sembra essere il fenomeno più preoccupante, i computer, gli smartphone, tablet permettono al “bullo” di soggiogare e sottomettere un sempre più alto numero di vittime, le “chat” come strumento per diffamare e per offendere le proprie vittime. Molti cyber-bulli pubblicano sui  “Forum”  e nei Social Network, la lista dei nomi delle loro vittime, denigrandoli e offendendoli pesantemente, rendono pubblici tutti i loro difetti e le loro debolezze . Chi è il cyber-bullo? Egli agisce per attrarre su di sé tutte le attenzioni possibili, per ricevere cioè dal mondo esterno tutte quelle attenzioni che non ricevono quotidianamente all’interno della loro famiglia o all’interno del loro gruppo di pari. Rimediare al cyber-bullying è possibile farlo ad esempio evitando anche la diffusione on line ed in TV  dei video di bullismo sarebbe certamente un primo passo importante per ostacolare il fenomeno, visto che il bullo si "nutre" di popolarità. Deve essere chiaro al “Cyber-bullo” che nella rete egli non è invisibile e può essere scoperto. Una soluzione potrebbe esserequella di rendere il cyber-bullo empatico, facendogli capire che la “cyber-victim” è una persona nei confronti della quale egli si sta' comportando in maniera non etica e che le sta' facendo provare una forte sofferenza. 
 
 
 
E  la famiglia?
 
Il problema del bullismo è anche educativo e proprio per questo le famiglie hanno molta importanza nell'insegnare ai propri figli a farsi rispettare senza far ricorso alla violenza o al conflitto anzi cercando di essere più empatici, ossia adottando il punto di vista dell'altro, immedesimandosi negli stati d'animo altrui e percependo le emozioni degli altri per ridurre il pregiudizio e la sensazione di sentirsi minacciato dall'altro, specie se diverso. La diversità deve essere vista come un arricchimento ed in questo la scuola e le famiglie dovrebbero lavorare insieme.

 
 
Qual è l’errore che sta alla base del problema?
 
Il bullismo può essere interpretato come un “problema sociale” e vi è necessita’ di recuperare l’attenzione su queste manifestazioni di disagio infantile/adolescenziale in un’ottica di prevenzione e di promozione del benessere personale e sociale come affermato in un convegno del telefono azzurro, già nell’anno 2003. Uno dei luoghi in cui più frequentemente emerge questo tipo di disagio rappresentato dal bullismo è costituito dalle aule scolastiche è necessario porre attenzione a tutto il gruppo classe che potrebbe contribuire più o meno attivamente a “costruire” i ruoli di bullo e di vittima mantenendoli rigidi e invariati nel corso del tempo. Uno degli argomenti che più fa discutere, circa l’emergere del fenomeno del bullismo è la violenza televisiva con relativa, secondo molti studi in ambito psicologico, desensibilizzazione di fronte alle immagini violente, ossia, la banalizzazione della violenza, lo sviluppo di una sensibilità molto flebile di fronte alle violenze subite da una vittima. L’esposizione ripetuta a episodi di violenza, secondo molti studi presenti nella letteratura scientifica riduce la sensibilità dell’individuo alla sofferenza altrui. Gli atti di prevaricazione possono proseguire
all’esterno del contesto scolastico e le azioni bullistiche, però, possono essere perpetrate anche durante il tragitto casa-scuola e viceversa, abbiamo potuto riscontrare dalle cronache che questi atti avvengono, infatti, ma che nei luoghi di aggregazione giovanile ad esempio parchi pubblici.
 
 
 
Come viene aiutata una vittima di bullismo? Come si può contrastare il fenomeno?
 
La prevenzione del bullismo, come emerge dagli studi sul fenomeno, è il potenziamento e promozione, ad esempio, delle conoscenze, competenze e abilità personali dei ragazzi, quindi coltivando la loro autostima; promozione di life skills, ovvero di capacità adattive e positive. E’ importante, inoltre,  promuovere la partecipazione e la mediazione culturale, i modelli di intervento più utili sono, poi, quelli  che coinvolgano bulli e vittime, genitori, gruppo di pari, scuola e le diverse agenzie educative presenti sul territorio anche le attività di sostegno psicologico, la mediazione dei conflitti, l’alfabetizzazione socio-affettiva, e più squisitamente di natura psicologica è utile, per bulli e vittime è un training terapeutico cognitivo-comportamentale.




ANSIA, DEPRESSIONE, MALATTIE E BULLISMO: PARLIAMONE CON NADIA MILLIERY OGNIBENE

di Domenico Leccese

Prenderà il via a Roma, dal prossimo 16 Ottobre un ciclo di conferenze intitolato "Geneticamente parlando" dedicato al rapporto tra genetica e psicologia. La criminologa, giornalista professionista, specializzata in ricerca persone scomparse.Nadia Milliery Ognibene spiega di cosa si tratta e quali saranno le tematiche che verranno affrontate durante gli appuntamenti con le conferenze.

Nadia quando parte questo ciclo di conferenze?
A partire dal 16 ottobre a Roma, si parlerà di ansia, depressione, malattie e bullismo in una chiave diversa confrontando le nuove scoperte della genetica e della psicologia.

Nadia quali sono i temi trattati oltre a :Assassini si nasce o si diventa?
La depressione può essere individuata anche attraverso lo studio degli esami del sangue? L’ansia può dipendere dalla modificazione del DNA?
Sono queste alcune delle domande alle quali risponderanno la genetista Marina Baldi e la psicologa e psicoterapeuta Marisa Aloia, promotrici del ciclo di conferenze “GeneticaMente Parlando” che inizierà il prossimo 16 ottobre a Roma, presso il laboratorio Genoma, in via Castel Giubileo 11.

Nadia, è un tema importante, sicuramente la prima vera iniziativa professionale su queste tematiche che si svolge in Italia.
Per la prima volta in Italia, grazie a queste due professioniste, potremo capire come il confronto tra la genetica e la psicologia possa portare a delineare nuovi e importanti percorsi sia in ambito scientifico che forense applicabili anche nella vita di tutti i giorni.

Nadia, entrando nello specifico, ci illustri il programma degli incontri?

Nei cinque incontri che si terranno ogni venerdì dalle 18 alle 20 verranno trattati argomenti diversi. Il particolare: il 16 ottobre 2015 si parlerà delle mutazioni genetiche e dell’imputabilità, il 20 novembre 2015 verranno analizzati lo stato d'ansia e le mutazioni del DNA, il 18 dicembre 2015 ci si occuperà della depressione e delle analisi del sangue, il 15 gennaio 2016 ci sarà un approfondimento sulle malattie rare e i disturbi del comportamento ed infine il 20 febbraio 2016 si cercherà di rispondere alla domanda: bulli si nasce o si diventa?

Nadia a questi incontri possono partecipare tutte/i, a titolo gratuito?
Va ricordato che il ciclo di conferenze è gratuito ma, visti i posti sono limitati, è necessario prenotarsi contattando la mail: geneticamenteparlando@gmail.com. L’iniziativa è aperta agli operatori che lavorano nel settore giudiziario quali ad esempio, magistrati, avvocati, investigatori ma anche medici, insegnanti, genitori e tutti coloro che vogliono capire e approfondire queste realtà.

Nadia, conosco personalmente la Dott.ssa Marina Baldi, ci anticipi i temi trattati?

 “In questi ultimi anni – spiega la dottoressa Baldi – si è passati dal considerare la genetica poco più di un gioco accademico a una scienza esatta che ha un ruolo fondamentale in ogni forma di patologia che si manifesta in campo umano. Le nuove tecniche di biologia molecolare, che consentono di avere nuove informazioni sull'assetto genetico di un individuo, recentemente, hanno rivelato che esistono alcuni geni, le cui mutazioni predispongono in qualche modo a comportamenti quali appunto la depressione, l’ansia piuttosto che il bullismo”.

Nadia, ci anticipi i temi trattati dalla Dott.ssa Aloia?
Da parte sua la dottoressa Aloia sottolinea come: “Uno dei problemi di maggior risonanza a livello internazionale, per la psicologia  è rappresentato dallo studio dei rapporti tra fattori ereditari e fattori ambientali nel “determiniamo” dei fenomeni comportamentali sia nell'uomo che negli altri animali. Oggi questo aspetto, grazie all'apporto delle neuroscienze, assume una grande importanza in ambito forense. Per il fatto criminale vi era predisposizione? Poteva essere evitato? Il caso di Stefania Albertani, di cui verrà illustrata la storia il 16 ottobre prossimo, ha presentato una componente genetica fondamentale per lo sconto di pena. Parleremo anche di Erika di come lei risulta essere "anaffettiva" e di come la pena scontata in carcere non è poi servita ad un riconoscimento delle proprie colpe. Anche per il bullismo sono state fatte scoperte nel campo neuroscientifico che indicherebbero la predisposizione ad atti violenti”.

Nadia, in conclusione, ci illustri i casi trattati dalle due professioniste?
Due professioniste note anche al di fuori dei rispettivi settori di appartenenza, per essersi occupate di diversi casi di cronaca nazionale quali ad esempio quelli relativi a Trifone, Piscaglia, Avetrana seguiti dalla Baldi piuttosto che le vicende legate alle scuole della Columbine, al processo Pacciani o a Olindo e Rosa per quel che concerne l’Aloia e che in modo chiaro e semplice ci permetteranno di avvicinarci a queste tematiche e vederle sotto un punto di vista diverso.

Un grazie a Nadia Milliery Ognibene, per il suo prezioso contributo

 




MILANO: RAGAZZA DISABILE PRESA A SASSATE DAI COETANEI

di Angelo Barraco

Milano – Ieri sera a Milano, in Via Gonin in zona Lorenteggio, si è verificato un terribile atto di bullismo ai danni di una ragazzina disabile di 13 anni affetta da handicap mentale. Il terribile episodio è avvenuto intorno alle ore 19:50, quando un gruppo composto di circa quattro o cinque ragazzi, 13enni anch’essi, hanno preso in giro la ragazza successivamente l’hanno presa a sassate. La ragazzina si trovava in quel parco per giocare. Successivamente la ragazzina ha chiamato la madre e ha raccontato tutto, la madre dopo aver sentito i fatti e aver sentito il dolore della figlia in lacrime, ha chiamato il 118 e la Polizia che prontamente si è diretta verso il parco. Nel momento in cui la Polizia è giunta nel parco però i giovani aggressori non c’erano più, erano scappati via. La ragazzina è stata portata in ospedale e, a causa dei lividi sulla schiena, gli è stata diagnosticata una prognosi di 4 giorni. Intanto vi sono indagini in corso per risalire agli aggressori.
 
I DATI
Il bullismo è un fenomeno purtroppo in crescita, non ha una standardizzazione di sesso e di età poiché il fenomeno riguarda sia maschi che femmine che esercitano potere coercitivo sui più “deboli” e ongi età, poiché non vi è fascia di età che delimita l’azione e l’espansione del fenomeno bullismo. Il dati di Telefono Azzurro dell’anno 2013-2014 mostrano un totale di 3.333 di consulenze sull’argomento, ben il 14,6%. Nel 2012 la percentuale era dell’8,4%, ed è aumentata nel 2013 fino ad arrivare al 13,1% con un ulteriore aumento del 16,5% nel 2014 del fenomeno. Le vittime, secondo i dati, sono principalmente di sesso femminile e di un’età compresa tra gli 11 e i 14 anni e il 10,2% comprende bambini stranieri coinvolti. Secondo un’indagine che Telefono Azzurro ha presentato a DoxaKids nel nomebre del 2014 dove sono stati coinvolti circa 1.500 studenti dagli 11 ai 19 anni, il 34,7% di loro hanno ammesso di aver subito atti di bullismo o di aver assistito a scene di bullismo. I dati mostrano che alle scuole medie le vittime di bullismo sono il 30,3%, alle scuole superiori invece la percentuale sale e raggiunge il 38,3%, il 67,9% di episodi di bullismo si verifica nel contesto scolastico, 10% è la percentuale di episodi di bullismo nell’ambiente sportivo. Ma come reagiscono le vittime di bullismo? Il 31,3% non denuncia e ignora, il 29,9% si difende dal bullismo, il 22,8% riferisce tutto ai genitori. Il bullismo è una piaga della nostra società e i comportamenti dei figli sono l’esatta conseguenza dell’educazione impartita dai genitori.
 
Se vi fosse più disciplina, più controllo e meno superficialità dei genitori verso determinati comportamenti gravosi dei figli, certi episodi non si verificherebbero.