Brescia, bambina uccisa da pitbull: ancora nessun indagato

BRESCIA – È ancora senza indagati l’inchiesta della Procura di Brescia aperta per omicidio colposo dopo la morte della bambina di 18 mesi uccisa dai due pitbull di famiglia. La bambina era sola con il nonno paterno mentre la madre era fuori e il padre in Germania per lavoro, da dove è rientrato nella notte. “Abbiamo sentito dire che i pitbull avrebbero aggredito altri cani, ma non abbiamo mai ricevuto denunce”. Così il sindaco di Flero, Pietro Alberti, ha commentato la vicenda della bambina uccisa a casa dai suoi due pitbull. “Forse se la gente avesse denunciato e non solo parlato, si poteva intervenire per valutare l’atteggiamento dei cani”.




Brescia, scoperta maxi frode fiscale: sequestri in Italia per 100 milioni

BRESCIA – Dalle prime ore dell’alba, i finanzieri del Comando Provinciale di Brescia, coordinati dalla Procura della Repubblica, stanno eseguendo 5 ordinanze di custodia cautelare, perquisizioni e sequestri per quasi 100 milioni di euro in diverse province italiane nei confronti di persone ritenute appartenenti ad un’associazione per delinquere dedita a una maxi frode fiscale. I militari, nell’ambito dell’operazione, denominata ‘Cerbero’, hanno scoperto un giro di fatture false da 300milioni di euro che ha portato all’esecuzione di cinque misure di custodia cautelare, alcune in carcere altre ai domiciliari.




Brescia, uccise il ladro: inizia il processo per Mirko Franzoni

BRESCIA – E’ cominciato davanti alla Corte d’Assise di Brescia il processo a carico di Mirko Franzoni, accusato di omicidio volontario per aver ucciso un ladro che il 14 dicembre 2013 era entrato nella sua casa a Serle, nel Bresciano. Franzoni cercò il malvivente per oltre un’ora lungo le vie del paese e quando i due si incrociarono nacque una colluttazione finita con un colpo di fucile ravvicinato che uccise il 26enne albanese Eduard Ndoj. Per la procura si è trattato di omicidio volontario mentre l’imputato ha sempre spiegato che il colpo era partito accidentalmente. Sette le parti civili che si sono costituite questa mattina. La Corte presieduta da Roberto Spanò ha autorizzato le riprese televisive per la trasmissione Rai Un giorno in Pretura, mentre sono state escluse dopo che in un primo momento erano state autorizzate, le telecamere di Mediaset e del TgR Lombardia.




Bimba morta di malaria, inchiesta a Trento per omicidio colposo. “Stesso parassita dei 2 bimbi ricoverati”

L’inchiesta, aperta contro ignoti d’ufficio con questa accusa, punta ad accertare se siano stati seguiti i protocolli prescritti per le cure per ricostruire con precisione le tappe cliniche che hanno portato alla morte della bimba.

 

BRESCIA – Il parassita che ha causato la malaria a Sofia, la bimba trentina di 4 anni morta a Brescia, dopo il ricovero a Trento, è lo stesso che aveva fatto ammalare i due bambini di ritorno dal Burkina Faso che erano in pediatria a Trento negli stessi giorni della piccola. A dirlo è Nunzia Di Palma, direttrice dell’unità operativa di pediatria dell’ospedale di Trento.

Oltre ai due bambini africani in pediatria, all’ospedale di Trento c’erano anche la mamma e un fratello più grande, adolescente, ricoverati invece nel reparto degli adulti. Entrambi, come i bimbi più piccoli, che erano due femmine di 4 e 11 anni, sono guariti e sono ormai stati dimessi.

Indaga per omicidio colposo contro ignoti la Procura di Trento. L’inchiesta, aperta contro ignoti d’ufficio con questa accusa, punta ad accertare se siano stati seguiti i protocolli prescritti per le cure per ricostruire con precisione le tappe cliniche che hanno portato alla morte della bimba. La piccola era stata ricoverata prima per diabete a Portogruaro e a Trento, poi era tornata in quest’ultimo ospedale, dove una prima volta le era stata diagnosticata una faringite e una seconda la malaria, fatale poco dopo il trasferimento a Brescia. Terzo punto da verificare, se gli elementi che è possibile raccogliere lo consentiranno, è come sia avvenuto il contagio, quindi se attraverso strumenti utilizzati per le cure o a causa della puntura di una zanzara.

La ricostruzione – Una bambina di quattro anni, Sofia Zago, è morta per malaria agli Ospedali Civili di Brescia. Figlia di una coppia italiana residente a Trento, la bambina era stata in vacanza a Bibione, sulla riviera veneta. E’ quindi arrivata in condizioni disperate a Brescia dall’ospedale della sua città. La piccola non sarebbe mai stata in un Paese malarico. E la zanzara che trasmette la malattia non risulta presente, come specie, in Italia. Dunque è ancora mistero su come la Sofia abbia contratto la malattia.

La bimba ad agosto era stata prima in ospedale a Trento per un esordio di diabete infantile. Il 21 agosto, ultimo giorno di ricovero della piccola, è arrivata in ospedale una famiglia del Burkina Faso, di ritorno da un viaggio nel Paese d’origine, con due bambini con la malaria, che sono stati ricoverati, ma erano in stanze diverse. I due bambini sono guariti.

“Dalle prime indicazioni pare che la bambina potrebbe aver contratto la malaria in ospedale, a Trento, il motivo per il quale sarebbe un caso molto grave. Abbiamo mandato immediatamente degli esperti sia per quanto riguarda la malattia sia per la trasmissione da parte delle zanzare”, ha detto la ministra della Salute Beatrice Lorenzin.

La bambina era stata colpita da malaria cerebrale, la forma più grave della malattia. Questo tipo aggressivo di morbo viene trasmesso dal Plamodium Falciparum, la specie più aggressiva di un protozoo parassita trasmesso dalla zanzara Anopheles. La morte, nei casi più gravi, può arrivare entro 24 ore.




Brescia, bambina di 4 anni muore di malaria

La magistratura apre un’inchiesta per stabilire dove e come la piccola ha contratto la malattia

 

di Angelo Barraco

BRESCIA – Nella notte tra domenica e lunedì, una bambina di soli quattro anni è morta di malaria all’Ospedale Civile di Brescia. Si apprende che la piccola è stata colpita dalla forma più aggressiva della malattia, che in poco più di 24 ore ha strappato alla vita una bambina e gettato nello sconforto un’intera comunità. Si chiama Plasmodium Falciparum e rallenta il regolare flusso dei globuli rossi.

La piccola era stata in vacanza con i genitori sulla riviera veneta, poi ha iniziato ad accusare mal di testa, la febbre è iniziata a salire e aveva serie difficoltà a comunicare e rimanere sveglia. Immediatamente la famiglia l’ha portata in ospedale. Le cause della morte sarebbero da attribuire ad un rigonfiamento cerebrale, che avrebbe compromesso il tronco e quindi provocato il blocco respiratorio. E’ stata aperta un’inchiesta dalla magistratura, per stabilire dove e come la piccola ha contratto la malaria. Il primario di malattie infettive dell’ospedale Santa Chiara di Trento, ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera: “È la prima volta in trent’anni di carriera che assisto ad un caso di malaria autoctona in Trentino”.

In questi giorni si è parlato tanto di malattie e soprattutto di vaccini. Il Veneto è stato a centro di lunghi dibattiti e polemica per la scelta di far presentare tutta la documentazione vaccinale dei bambini da zero a sei anni fino al 2019-2020. Una proroga che ha ricevuto risposte dal Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: “Ci riserviamo tutte le azioni di nostra competenza, il decreto del Veneto non è sostenibile” e in un’intervista il Ministro riferisce: “Se derogano di due anni si assumono la responsabilità di quello che può accadere in ogni struttura e ai singoli alunni. L’epidemia di morbillo non è finita.

Nel 2017 ci sono stati oltre 4.300 casi, non c’è altro da aggiungere per spiegare la gravità della situazione”. La Lorenzin inoltre è perentoria, “senza vaccini non si entra. E’ un divieto sacrosanto. In questa fase scolastica, da 0 a 6 anni, convivono bambini di età diverse. Quelli sotto i 6 mesi rischierebbero di essere contagiati dai più grandi e di essere colpiti da infezioni gravi come il morbillo, che quest’anno nel 46% dei casi ha richiesto il ricovero in ospedale”.




Brescia: morto giovane accoltellato fuori dalla discoteca davanti alla fidanzata

 

BRESCIA – È morto nel reparto di terapia intensiva della clinica Poliambulanza di Brescia Yaisy Bonilla, il 21/enne di origine colombiana, accoltellato all'alba fuori da una discoteca in città a Brescia. Le sue condizioni erano apparse subito disperate e i medici lo avevamo sottoposto ad un delicato intervento chirurgico all'addome.

È caccia all'aggressore, con la polizia che sta conducendo le indagini ricostruendo le testimonianze degli amici del giovane. Il colombiano e il suo aggressore avrebbero trascorso la nottata in un discoteca vicina a via Corsica, luogo dell'aggressione. Al momento dell'aggressione il giovane era in compagnia della fidanzata ora sotto choc e ascoltata a lungo dalla polizia che sta indagando sul tentato omicidio. Non è chiaro al momento se la lite sia nata con un connazionale, ma pare che la tensione tra aggressore e vittima sia cominciata all'interno del locale, la discoteca 'Disco Volante' a Brescia.




Giallo a Brescia: trovata donna decapitata

 

BRESCIA – Il cadavere di una donna decapitata è stato ritrovato in un palazzo in piazza Vittoria, a Brescia, nella tromba delle scale interne condominiali. La testa, segnata da un forte colpo, era accanto al corpo. La vittima è una 56enne. Al momento non si esclude alcuna ipotesi, e tra queste anche il gesto volontario. La lesione potrebbe essere stata provocata dall'urto contro una ringhiera. Sul posto sono all'opera gli agenti della squadra Mobile.




Brescia: gira film porno in casa, Tribunale le toglie i figli

 
di Angelo Barraco
 
 
BRESCIA – Sono stati tolti i figli ad una donna di 46 anni per aver partecipato ad un film a luci rosse girato all’interno della sua abitazione e successivamente messo in rete. Un film porno amatoriale che ha scosso gli animi di un tranquillo e mesto paese di provincia non abituato certamente a cotanta passione e “altruismo”.
 
Le polemiche si sono scatenate in particolar modo per la prima scena del film in cui si vedeva la protagonista uscire da una scuola materna pubblica del paese. Il provvedimento dei Giudici del Tribunale dei Minori di Brescia è scattato prima di Natale, quando hanno bussato alla porta di casa sua i Carabinieri e le hanno riferito che si sarebbe dovuta allontanare dai suoi figli a seguito di una decisione del Tribunale dei Minori.  
 
La donna non si è certamente opposta alla decisione dei Giudici e ha lasciato la sua abitazione di Ospitaletto. Tale decisione è sopraggiunta perché “L'uso della casa coniugale per girare filmati pornografici –scrivono nella disposizione che ha stabilito l’allontanamento- rappresenta un pregiudizio gravissimo alla dignità morale dei ragazzi”.
 
Ma la donna dal canto suo si difende, sottolineando che “I miei figli non erano in casa, li avevo portati in piscina con amici” precisando che le ragioni che l’hanno spinta a girare il film a luci rosse sono da ricercare in problematiche di natura economica: “Avevo bisogno di soldi, dovevo pagare una bolletta da 300 euro e una cartella esattoriale di Equitalia da oltre 400 euro e ho ceduto alla proposta. Mi era stato detto: ti diamo 300 euro se metti a disposizione la casa, 600 euro invece se partecipi –come riporta il Giornale di Bergamo- Ho sbagliato a girare quei film, ma non sapevo come fare.
 
Ho lavorato per 22 anni in un'azienda poi chiusa, mentre gli ultimi dodici mesi ho lavorato in nero per pochi soldi e mio marito non pagava gli alimenti”. La donna racconta che avrebbe avuto sei incontri con la casa di produzione del film a luci rosse, diversi mesi dopo il film è finito in rete. Oltre alla vicenda legata all’immagine della donna che esce dalla scuola si è intrecciata un’ulteriore vicenda di carattere legale poiché l’ex marito ha denunciato tutto al Tribunale dei Minori che ha firmato per l’allontanamento dei figli dalla madre. La donna ha inoltre dichiarato che dal film girato avrebbe guadagnato 1800 euro e con tale somma “ho pagato tutte le spese. Dalla cartella di Equitalia, alle bollette. È tutto documentato”. 



Brescia: sesso in carcere tra poliziotte e detenuti

 

di Paolino Canzoneri


BRESCIA – La Procura di Brescia  ha aperto una inchiesta relativa al carcere di Verziano dove sembra che due poliziotte e alcuni detenuti abbiano avuto diversi rapporti sessuali.

La notizia è stata diramata del responsabile sindacale CGIL Lombardia Calogero Lo Presti che in una nota ha aggiunto: "Auspichiamo  che la procura della Repubblica di Brescia effettui le indagini in breve tempo possibile, facendo luce sulla vicenda. Esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà al corpo della polizia penitenziaria, e in particolar modo al personale femminile di Verziano, che con vero spirito di sacrificio e dedizione assolve ai propri doveri istituzionali nonostante la forte carenza di organico e con tutti i rischi e pericoli che quotidianamente affrontano". Sembra inoltre che i rapporti siano avvenuti sia dentro il carcere che fuori durante i periodi di semilibertà. Una violazione disciplinare palese che contravviene il regolamento che impone un divieto assoluto di relazioni fra la polizia penitenziaria e i detenuti sia del reparto maschile che di quello femminile. Una delle due poliziotte ha chiesto ed ottenuto un trasferimento all'istituto penitenziario di Bollate mentre la seconda al momento risulta in malattia.

Le indagini risultano tuttora in corso e la direttrice del carcere Francesca Lucrezi e il procuratore capo di Brescia Tommaso Buonano al momento preferiscono mantenere il riserbo nell'attesa che sviluppi e ulteriori dettagli emergano. 




BRESCIA, STRAGE FAMIGLIA COTTARELLI: RICERCATI I CUGINI MARINO CONDANNATI ALL'ERGASTOLO

di Angelo Barraco
 
Milano – I cugini Vito e Salvatore Marino sono ricercati dagli agenti delle Squadre Mobili di Brescia, Milano e Trapani, entrambi condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano per la strage della famiglia Cottarelli, avvenuta nell’estate del 2006 a Brescia. Contestualmente alla condanna è stato emesso un decreto di cattura nei confronti dei soggetti sopracitati che non si sono presentati in aula, a differenza delle precedenti udienze.
 
Era il 28 agosto del 2006, quando la tranquillità di una villetta in zona Urago Mella, nel quartiere a ovest di Brescia, è stata definitivamente interrotta da una furia omicida che ha sconvolto la Lombardia. Vito e Salvatore Marino, imparentati con l’omonimo clan mafioso, si introducono all’interno della villetta della famiglia Cottarelli insieme al faccendiere triestino Dino Grusovin e con ferocia inaudita mettono fine alla vita di Angelo Cottarelli, 56 anni, la compagna Marzena Toper, 41 anni, e Luca, il figlio di 17 anni.
 
Gli inquirenti pensano subito ad un regolamento di conti poiché Cottarelli aveva rapporti con i cugini Marino, legati a Cosa Nostra, per un giro di fatture false.   Le vittime sono state rinvenute da una vicina di casa che aveva visto un gruppo di tre uomini che “mi sembravano stranieri” ha riferito. La donna si è insospettita alla vista dell’uscio della porta socchiuso. “Sono passata lì davanti e ho notato la porta che non era chiusa. Sono entrata e ho visto le seggiole rovesciate a terra, gli armadi erano spalancati e la roba era stata buttata ovunque. E loro non rispondevano. Li ho chiamati, Marzenne, Angelo… In taverna li ho trovati tutti e tre”. Angelo Cottarelli è stato rinvenuto agonizzante riverso sul pavimento e respirava a fatica poiché il sangue che gli fuoriusciva dalla gola gli impediva la fuoriuscita delle parole. Fu trasportato all’Ospedale civile di Brescia ma non è riuscito a dire il nome degli assassini. La macchina investiga parte subito e si indaga sul passato di Cottarelli. Era stato arrestato nel 2004 nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Potenza su una tratta di ragazze dell’Est che gravitavano attorno ad alcuni locali situati sul Lago di Garda. Da questa vicenda venne prosciolto, successivamente venne implicato anche in una vicenda che riguardava reati finanziari dalla quale venne pure prosciolto. Le indagini hanno fatto emergere il legale con Cosa Nostra e il giro di fatture false. Nelle 67 pagine di sentenza di condanna si legge “Chi brandiva la pistola calibro 22 contro la testa di Angelo Cottarelli al fine di arrecare il massimo spavento, ha inavvertitamente fatto partire un colpo”. Le indagini e i processi hanno portato alla condanna di Vito e Salvatore Marino all’ergastolo, ma non tutto è stato semplice poiché dopo la mattanza, i due soggetti si sono dati alla latitanza: Salvatore Marino si era rifugiato in Spagna, Vito Marino invece in provincia di Trapani. Nel 2008 vengono assolti in primo grano, ma nel 2010 vengono condannati all’ergastolo in Appello a Brescia. La sentenza viene successivamente annullata nel 2011 dalla Cassazione e viene disposto un appello bis a Milano che si conclude con la conferma dell’ergastolo. Questa brutta vicenda di sangue e crudeltà si chiude il 31 maggio 2016 con la condanna all’ergastolo per Vito e Salvatore Marino.
Non è mai stata del tutto chiarita la posizione del faccendiere Dino Grusovin, il “contabile” dei Marino che si era rifugiato in Svizzera sotto mentite spoglie e che è stato condannato a 20 anni per concorso anomalo in omicidio volontario ma che è stato il principale accusatore. Racconta che “Ci sedemmo tutti al tavolo della cucina” e si parlava di soldi. “È iniziata una discussione pacata sulla cifra che Cottarelli avrebbe dovuto dare ai Marino per le sue fatturazioni fasulle: chiedevano mezzo milione di euro, un risarcimento del danno per le ricevute bancarie incassate” e aggiunge che “i toni si sono accalorati. Ricordo una spinta di Salvatore a Cottarelli” e continua dicendo che “Abbiamo dovuto ucciderli tutti” legandoli con delle fascette da elettricista e poi uccidendoli a colpi di pistola e coltellate. Ma gli inquirenti non si sono fermati alle sue testimonianze, ritenute tra l’altro attendibili, ma hanno trovato riscontri anche nelle testimonianze dei vicini, nei contatti telefonici e nell’auto noleggiata a Linate. 



BRESCIA: UCCIDE LA MOGLIE E POI AMMAZZA SCHIANTANDOSI IN AUTOSTRADA CONTROMANO

A.B.
 
Brescia – Tragedia nel bresciano, intorno alle 23.30 di lunedì un imprenditore di 56 anni e titolare di una pizzeria, Paolo Piraccini, ha sgozzato con un taglio unico alla gola la moglie Mariella Pellegrini. Il terribile omicidio si è consumato all’interno di una palazzina di Via Cefalonia. L’omicidio sarebbe scaturito a seguito di una lite che sarebbe stata sentita anche dai vicini. L’uomo avrebbe poi  chiamato i Carabinieri e dopo circa un’ora dall’efferato delitto, l’uomo si è messo al volante e ha percorso contromano l’autostrada A4 all’altezza del casello di Ospitaletto. Gli inquirenti si erano recati presso la sua abitazione e avevano fatto la macabra scoperta. Emerge inoltre che non vi fossero particolari problemi tra i coniugi e che non avessero figli. La sua corsa non è durata molto però, poiché dopo circa un chilometro una sterzata –da accertare se volontaria o accidentale- ha fatto schiantare la sua auto contro un camion, cagionando la sua morte. Alla guida del camion c’era un 40 di San Giovanni Bianco, rimasto illeso. Attualmente vi sono indagini in corso.