Frascati, Libri in Osteria: Angelo Polimeno Bottai presenta il libro “Mussolini io ti fermo”

“O lo battezzate o ve lo riprendete. Io una bestia non l’allatto!”
Sono queste le parole che la balia frascatana Teresa rivolge ai genitori del piccolo Giuseppe Bottai contenute nel libro “Mussolini io ti fermo” che il nipote, Angelo Polimeno Bottai, presenta oggi nel salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria.
Sono l’incipit a questa serata che racconta, attraverso le pagine del libro, la storia e la vita di una delle figure che hanno rappresentato il ventennio fascista.

Emanuela Bruni ed Angelo Polimeno Bottai

C’è un profondo legame tra Frascati e l’autore del libro in quanto la città tuscolana, dice, “è parte stessa della nostra vita, infatti mio nonno venne battezzato nella Cattedrale di San Pietro ed io, molti anni dopo, ricevetti nella stessa Chiesa la Prima Comunione”.
Figura molto controversa, Giuseppe Bottai, viene “raccontato” attraverso una attenta analisi storica proprio per evitare, come dice lo stesso Angelo Polimeno Bottai, che “gli affetti prendessero il sopravvento sulla verità storica … è stata davvero una grossa responsabilità”.
Il quadro che emerge dalle pagine del libro narra un giovane Bottai lontano, nei primi anni della giovinezza, dalla politica ma che poi, vivendo, con la sua famiglia, nello storico quartiere romano Macao, resta colpito dalla presenza e dalla prestanza dei militari.
Siamo a ridosso della Grande Guerra alla quale Giuseppe Bottai prende parte come volontario negli Arditi riuscendo a mettersi in luce per il suo ardimento che lo porterà a ricevere una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare.
Alla fine della guerra conosce e frequenta Benito Mussolini “rimandone folgorato” – dice l’autore – legandosi a quello che diverrà il “duce” attraverso un “rapporto travagliato con quest’uomo non altissimo di statura ma imponente nel carattere e nel modo di essere”
Un legame che può essere racchiuso nel titolo della rivista che Giuseppe Bottai fonda nel 1922, Critica Fascista, (da ricordare che tra gli abbonati di tale rivista figura Antonio Gramsci) proprio a sancire un atteggiamento molte volte contrario dello stesso Bottai ad alcune scelte che condurranno quella che originariamente vuole essere una rivoluzione che vuole riportare ordine e legalità in un paese, l’Italia, attraversato da molteplici attività anarchico socialiste che portano a terre occupate e centinaia di scioperi, ad una vera e propria dittatura.
“Ci sono due anime nel fascismo: quella che incarna mio nonno, i revisionisti, e quella che fa capo a Roberto Farinacci, gli irriducibili” spiega con estrema chiarezza Angelo Polimeno Bottai precisando che l’intento della “fazione” a cui fa capo il nonno cerca di convincere il Duce a mettere le mani nelle riforme necessarie allo sviluppo del paese per farlo risorgere da quella vittoria dimezzata che è stata la fine del Primo Conflitto Mondiale.
Ed una profonda frattura, spiega ancora, avviene immediatamente dopo la notizia del rapimento del deputato socialista, Giacomo Matteotti, definito da Giuseppe Bottai il “più efferato, inumano e stupido delitto che si potesse commettere verso un uomo di parte avversa e contro l’idea che anima la nostra parte”; una vera e propria condanna che culmina nella frase “bisogna trovare i responsabile anche se fossero nelle alte sfere”.
Questo, ovviamente, come riportano le pagine del libro, pone lo stesso Giuseppe Bottai ai margini del regime che sta nascendo che non è “inviso alle grandi potenze”, spiega Angelo Polimeno Bottai, ma che non pensa minimamente ad una alleanza con la Germania che sta divenendo hitleriana.
Addirittura, spiega, “ci sono liti profonde tra la stampa italiana e quella tedesca” fino al punto che alla cacciata degli ebrei dalla Germania molti di questi addirittura arrivano nel nostro Paese ed è la guerra d’Etiopia, nella quale Giuseppe Bottai si arruola, diventa il “punto di non ritorno” che segna in modo inesorabile l’alleanza italo/tedesca.
Le sanzioni permettono ad Hitler di legare con un patto economico e sodale l’Italia di Mussolini determinando il fatto che, spiega l’autore, “l’innamoramento di Giuseppe Bottai verso il duce si incrina ma rimane una lealtà critica che non determina affatto la rottura del rapporto”.
Ed è in questo momento che la frattura con l’area degli irriducibili di Farinacci raggiunge punti davvero enormi arrivando all’approvazione delle Leggi Razziali.
Lo stesso Roberto Farinacci fa girare la voce che Bottai sia d’origine ebraica per estrometterlo ed il risalto che questa notizia ha a livello internazionale diventa sempre più grande (addirittura si trova in molti giornali francesi e tedeschi).
La scelta di Giuseppe Bottai, divenuto Ministro dell’Educazione, di applicarla in maniera dura diventa, al tempo stesso, “un’angoscia” ed una “responsabilità” necessaria.
La prova di questo suo momento difficile si ritrova nella corrispondenza riportata tra le pagine del libro ove un carteggio con l’allora vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia, l’avvocato Aldo R. Ascoli mostra l’apertura di Bottai verso gli ebrei italiani valuta la possibilità concreta di “concedere particolari benemerenze a famiglie di ebrei in cui qualcuno abbia acquisito meriti particolari, militari o civili”.
“Due parti in commedia” spiega Angelo Polimeno Bottai dimostrando, ancora una volta, il forte attaccamento di Giuseppe Bottai all’origine rivoluzionaria del fascismo di cui resta innamorato.
Le contrapposizioni con Farinacci aumentano esponenzialmente: Bottai redige, durante il mandato che lo vedo governatore della Capitale, i piani per la creazione di EUR 42, l’Esposizione Universale di Roma che si sarebbe tenuta nel 1942 (a ragione si crede che nessuno nei primi anni del ’30 pensasse ad una Guerra Mondiale), ed in antitesi al premio Cremona, Bottai da vita dapprima al premio Bergamo e successivamente manda in stampa la rivista Primato che diviene uno dei capisaldi della cultura italiana del momento.
Sulle pagine del “Primato. Lettere e arti d’Italia” scrivono le firme italiane più eccellenti, da Nicola Abbagnano a Galvano della Volpe, da Walter Binni a Mario Praz, da Dino Buzzati a Vasco Pratolini, passando per Quasimodo, Montale, Ungaretti, Guttuso ed un giovanissimo Eugenio Scalfari ebbe a dire “su il Primato potevo scrivere liberamente mettendo alle corde Farinacci”.
Un’oasi culturale che dimostra la libertà di pensiero di Giuseppe Bottai ed il suo vano tentativo di riportare il fascismo a quegli albori che erano rimasti nel suo animo rivoluzionario.
Oasi che, attraverso poi l’emanazione di quella che divenne la legislazione per la difesa delle opere d’arte italiane fino alla creazione dell’Istituto Centrale del Restauro, porta alla salvezza di un enorme patrimonio artistico del nostro paese grazie anche alla collaborazione di personalità del calibro di Giulio Caio Argan, in chiave e funzione antinazista concretizzandosi anche sul piano prettamente pratico.

Il libro si conclude con i tragici momenti che portarono al famoso 25 luglio 1943 dove una “dittatura” decreta una successione, una piena antitesi al concetto stesso di dittatura.
Giuseppe Bottai è uno di quelli che votarono a favore dell’Ordine del giorno Grandi e per questo, condannato in contumacia, dai tribunali della Repubblica Sociale, dapprima si rifugia in Vaticano fino a giungere poi sotto il falso nome di Andrea Battaglia a combattere vestendo la divisa della Legione Straniera per la liberazione della Provenza dalle truppe naziste.

Due momenti importanti da sottolineare orchestrati da due ex sindaci della città di Frascati: Roberto Eroli e Stefano Di Tommaso.
Quest’ultimo, attento ricercatore, legge una lettera scritta dal Ministro della Cultura Popolare, Alessandro Paolini, ed indirizzato al ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai.

Stefano Di Tommaso con in mano la lettera indirizzata da Alessandro Paolini a Giuseppe Bottai

Roberto Eroli invece esorta Angelo Polimeno Bottai a ricercare, tra i diari del nonno Giuseppe, informazioni che possano fare ulteriore luce sul tragico bombardamento effettuato dagli alleati l’8 settembre 1943 della città di Frascati.

nella foto, da sx, Angelo Polimeno Bottai, Roberto Eroli ed Emanuela Bruni

Una serata che ha riportato i tantissimi presenti nei giorni ancora vivi di quel Ventennio Fascista.

Colpisce, e non poco, la frase dell’ultima di copertina del libro nella quale, Angelo Polimeno Bottai, scrive “Nato pochi mesi dopo la sua morte, Giuseppe Bottai purtroppo non l’ho mai incontrato. Un doppio dispetto del destino: come nipote e come giornalista. In questa seconda veste, tuttavia, posso raccontare chi è stato l’uomo che più di tutti ha rappresentato ragione e coscienza del 25 luglio 1943”.

il direttore de “Il Tuscolo” ed amico Fabio Polli con Angelo Polimeno Bottai



FIUMICINO: SEQUESTRATA A IMPRENDITORE LA BARCA DI BENITO MUSSOLINI

Redazione

Fiumicino -Beni per circa 28 mln di euro sono stati infatti messi sotto sigillo dalla guardia di finanza nel corso di un'indagine della compagnia di Fiumicino, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma. Tra i beni sequestrati, su disposizione della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma, dunque, c'è anche la "Fiamma Nera", l'imbarcazione appartenuta a Benito Mussolini.

  Alcuni degli immobili colpiti dal provvedimento erano stati concessi in locazione alla cooperativa "Domus Caritatis", legalmente rappresentata da Tiziano Zuccolo, nonché al consorzio di cooperative sociali "Eriches 29" di Salvatore Buzzi, tra i principali indagati nella nota inchiesta mafia capitale. L'autorità giudiziaria ha disposto, nei confronti di tre persone e 10 società, il sequestro di 75 immobili e 32 terreni, per un valore stimato in circa 28 milioni di euro, tra cui alcuni vani di un castello, locali del "Palazzo Noccioli" a Fiumicino, diverse tenute, appartamenti, uffici e negozi a Roma, quote societarie e disponibilità bancarie e finanziarie, oltre a due autovetture di lusso e due imbarcazioni, fra cui la "Konigin II", di mussoliniana memoria e di rilevante interesse storico.

Nel 1943, alla vigilia della caduta del regime fascista, la barca fu affondata dal proprio armatore per impedire che cadesse in mano ai tedeschi e, caduto il regime, recuperata e restaurata ad opera del conte Sereni e rinominata "Serenella". Dopo una serie di passaggi di proprieta' e vari cambi di denominazione, fu acquistata da una delle società sottoposte a sequestro, le cui quote, inizialmente intestate al figlio dell'imprenditore destinatario del provvedimento di sequestro, sono state successivamente trasferite ad uno dei "prestanome", pluripregiudicato e nullatenente. L'attività si inquadra in un più ampio monitoraggio, sviluppato negli ultimi mesi dalla Fiamme Gialle di Roma, rivolto all'individuazione di grandi patrimoni immobiliari, soprattutto se affidati a società interposte o "di comodo", sottratti all'imposizione sui redditi. Finora ammontano a 12,5 milioni di euro gli affitti di appartamenti e ville non dichiarati al Fisco che sono stati proposti all'Agenzia delle Entrate per il recupero a tassazione, nonché sequestrati appartamenti e terreni per oltre 500.000 euro, al fine di cautelare l'Erario per i crediti vantati in relazione alle imposte evase, alle sanzioni ed agli interessi maturati.

Una storia interessante quella della Konigin II, una yawl tipica olandese varata dai cantieri tedeschi Abeking & Rasmussen nel 1912 che si distinguevano per le loro realizzazioni eleganti e lussuose. Konigin II deve la sua notorietà non tanto alle sue qualità stilistiche o nautiche, ma a Benito Mussolini che la usava per i suoi incontri con Claretta Petacci, dopo essere stata ribattezzata “Fiamma Nera” dal suo proprietario – il gerarca fascista Alessandro Parisi Nobile – certamente in tema con le idee monocromatiche del dittatore.

Konigin II, terminato il regime fascista, fu appunto affondata dal proprio armatore nelle acque del Golfo del Tigullio – a Rapallo – per farla sfuggire ai tedeschi, quando il conte Sereni nel dopoguerra la recuperò per restaurarla, ribattezzandola meno genialmente “Serenella”. Nel ’56 fu del Principe Cremisi col nome di “Estrela de Guaruja” – stella di Guaruja, una città del Brasile – mentre la sua storia più recente la vede nelle vesti di nave-scuola del Circolo della Vela di Roma, ormeggiata a Fiumicino.

A gennaio del 2002 Konigin II viene avviata al restauro da un cantiere viareggino, sotto la direzione del project manager Maurizio Di Blas e dell’architetto Massimo Paperini, titolare dell’omonimo studio Duck Design, il quale partendo dallo svuotamento della barca per ripristinarne la compartimentazione ha avviato un accurato lavoro di restauro partendo dai disegni originali del cantiere tedesco.




RIFORMA DEL SENATO: FARE E FAREMO!

di Alberto De Marchis

Non sente nulla Renzi e va dritto come stesse parlando dal pulpito di piazza Venezia. Non è una corbelleria scrivere che sembra Benito che incita la folla e intanto costringe tutti a piegarsi alla sua volontà. Sulla riforma del Senato "il governo è sempre disponibile a migliorare il testo, ma non a stravolgerlo". Così il ministro Maria Elena Boschi annuncia la linea dura del governo, con il premier Renzi che rincara la dose: "Nessun golpe, decidono i cittadini". Ma con l'esecutivo che impone la "tagliola" sul dibattito per le riforme, le opposizioni lasciano l'Aula e marciano verso il Colle.La maggioranza ha ottenuto il contingentamento dei tempi, dopo la preoccupazione espressa mercoledì sera dal presidente Napolitano al presidente del Senato Grasso. Le riforme saranno dunque votate entro l'8 agosto, ma le opposizioni (M5S, Lega e Sel) sono insorte e hanno deciso una azione eclatante salendo insieme al Quirinale per protestare con il Capo dello Stato. La protesta è scattata dopo le parole del presidente del Consiglio che ha confermato la ferrea volontà di "non mollare" e di andare fino in fondo contro qualsiasi ostruzionismo, politico e non. "In Italia c'è un gruppo di persone che dice no da sempre, e noi senza urlare diciamo "sì". "Piaccia o non piaccia le riforme le faremo!". "Io ho preso un impegno con i cittadini, quel 40,8%, che mi hanno votato. E su quell'impegno mi gioco la carriera", è la determinazione del premier. La decisione della "tagliola" sui tempi, spiegano ambienti governativi, non è stata presa per timore sull'esito del voto – "la maggioranza c'era comunque" – ma per evitare di essere in balia di una lunga estate o, peggio, di un rinvio a settembre. Una posizione davanti alla quale, per la prima volta, l'opposizione si compatta: Sel, M5S, Lega ma anche alcuni componenti del gruppo misto al Senato hanno scelto di fare sentire la loro voce. In testa al corteo vero il Colle ci sono stati i senatori: i capigruppo Gianmarco Centinaio per la Lega, Vito Petrocelli per il M5S e Loredana De Petris di Sel. Ma a loro si sono uniti anche tanti deputati. Al Quirinale le opposizioni sono state ricevuto dal segretario generale della presidenza della Repubblica, Donato Marra. Giorgio Napolitano, indisposto, non ha potuto ricevere i gruppi parlamentari che con tanta urgenza chiedevano un incontro con lui, di fatto insediandolo nella non facile posizione di mediatore di una battaglia che potrebbe diventare davvero sanguinosa. Ma ciò non toglie che il presidente sia stato minuziosamente informato da Marra delle preoccupazioni delle opposizioni e abbia preso il pallino in mano per cercare di far uscire uscire dall'impasse il dibattito al Senato. Certo, l'obiettivo del lavoro del presidente rimane, sottolineano fonti parlamentari, il varo a tutti i costi di una riforma, quella del superamento del bicameralismo paritario, per la quale Napolitano si spende da anni, convinto che il Paese abbia bisogno di un restyling. Dure le parole dei grillini: "Napolitano fermi questo scempio, se rimarrà sordo a questo ultimo grido di allarme nulla sarà più come prima".