REGENI: UNA MAIL ANONIMA ROMPE IL SILENZIO: "ECCO L'ASSASSINO DI GIULIO"

di Angelo Barraco
 
Roma – La morte di Giulio Regeni è tutt’altro che chiarita e ciò che è emerso oggi potrebbe cambiare definitivamente il corso degli eventi.  Un anonimo che dice di appartenere alla polizia segreta egiziana, sta scrivendo da alcuni giorni a Repubblica in merito alla morte di Regeni e accusa i vertici egiziani e avrebbe fatto un nome, quello del generale Khaled Shalabi. Dalle prime indiscrezioni sarebbe proprio questo il nome in merito alle responsabilità sulla morte del giovane ricercatore. L’informatore inoltre ha svelato dettagli sulle torture inflitte a Regeni che non sono mai stati resi noti e che conoscono soltanto gli inquirenti italiani. Le email sono state acquisite dalla Procura di Roma. L’anonimo scrive che “L'ordine di sequestrare Giulio Regeni  è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza. Fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza nazionale. Fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per 24 ore” e aggiunge inoltre che nella caserma di Giza “viene privato del cellulare e dei documenti e di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell'Ambasciata italiana” viene picchiato. Chi sta interrogando Giulio “vuole conoscere la rete dei suoi contatti con i leader dei lavoratori egiziani e quali iniziative stessero preparando”. Aggiunge inoltre che “per ordine del ministro dell'Interno Magdy Abdel Ghaffar” lo trasferiscono “in una sede della Sicurezza nazionale a Nasr City”. Lo torturano per tre giorni ma Giulio non demorde allora, continua l’anonimo, “"il consigliere del presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l'ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari a Nasr City perché venga interrogato da loro”. Spiega che le torture che seguono sono ancora più violente delle precedenti poiché Giulio “Viene messo in una cella frigorifera dell'ospedale militare di Kobri al Qubba, sotto stretta sorveglianza e in attesa che si decida che farne. La decisione viene presa in una riunione tra Al Sisi, il ministro dell'Interno, i capi dei due servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la Sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja”, l’anonimo aggiunge inoltre che “nella riunione venne deciso di far apparire la questione come un reato a scopo di rapina a sfondo omosessuale e di gettare il corpo sul ciglio di una strada denudandone la parte inferiore. Il corpo fu quindi trasferito di notte dall'ospedale militare di Kobri a bordo di un'ambulanza scortata dai Servizi segreti e lasciato lungo la strada Cairo-Alessandria”. Non è la prima volta però che appare il nome di Khaled Shalabi poiché nel 2003 era già stato condannato per aver torturato a morte un uomo e per aver falsificato i rapporti della polizia, successivamente era stato reintegrato. Un altro anonimo aveva inviato a Repubblica una serie di lettere anonime dove affermava che “l'ordine di mettere sotto controllo Regeni e poi di sequestrarlo è stato impartito da Shalabi”. 
 
L’Italia ha detto sin da subito che pretende la verità in merito alla morte del giovane ricercatore e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha detto in aula del Senato, in merito alla posizione dell’Italia “Ci fermeremo solo quando troveremo la verità, quella vera e non di comodo” aggiungendo inoltre che “non permetteremo che sarà calpestata la dignità dell'Italia.  Se non ci sarà un cambio di marcia, il governo è pronto a reagire adottando misure immediate e proporzionate”. Ma l’Egitto sembra non aver gradito questa reazione dell’Italia e il ministro degli Esteri egiziano, in seguito a quanto dichiarato da Gentiloni in Senato, ha dichiarato che gli avvertimenti fatti dall’Italia fatto dal ministro degli Esteri italiano “Complicano la situazione”. 
 
Giulio Regeni era seguito dagli 007 egiziani che lo pedinavano per i suoi rapporti con lavoratori e sindacalisti. Questa l'ultima clamorosa novita' sulla vicenda del giovane ricercatore italiano scomparso il 25 gennaio scorso e trovato cadavere il 3 febbraio sulla strada che collega il Cairo con Alessandria d'Egitto. Fonti della sicurezza egiziana citate dal quotidiano "al Akhbar", sostengono che il ministero dell'Interno avrebbe preparato un dossier completo sullo scenario nel quale e' avvenuto il delitto. La notizia del pedinamento, se confermata, proverebbe il coinvolgimento degli apparati statali del Cairo nella vicenda. Gli inquirenti egiziani, secondo il giornale, avrebbero preparato un dossier "completo" su Regeni, contenente tutti i suoi spostamenti e gli incontri tenuti prima della sua scomparsa. Nel rapporto che una delegazione della sicurezza egiziana "consegnera' il 5 aprile al procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ci sono anche i risultati di indagini compiute dagli inquirenti egiziani sugli incontri del giovane ricercatore con lavoratori e sindacalisti al Cairo", si legge su "al Akhbar". Lo stesso giorno il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, riferira' alla Camera sugli sviluppi del caso. 
 
Il giornale egiziano sottolinea come il rapporto contenga "molti documenti e informazioni importanti" tra cui "foto" e "tutte le indagini su Regeni dal suo arrivo al Cairo fino alla sua scomparsa", oltre ai suoi incontri con i lavoratori e i responsabili di alcuni sindacati sui quali conduceva ricerche e studi. Nel dossier vi sarebbero anche le dichiarazioni dettagliate degli amici, dei testimoni e gli ultimi spostamenti di Regeni al Cairo, oltre alle dichiarazioni dei suoi vicini di casa. La documentazione conterrebbe anche dettagli sull'uccisione dei membri della banda che aveva con se' i documenti di Regeni. Intanto oggi in Procura a Roma, si e' svolto un vertice tra il pm Sergio Colaiocco e il 'pool' investigativo di Ros e Sco rientrato l'altro giorno dalla lunga trasferta al Cairo dove ha seguito le indagini sulla morte di Regeni. L'incontro, organizzato in vista dell'appuntamento del 5 aprile quando nella sede della Criminalpol sull'Anagnina i nostri investigatori si confronteranno con una delegazione della sicurezza egiziana, e' servito per relazionare il magistrato di quanto fatto al Cairo e fare il punto delle indagini. In attesa di conoscere quello che la controparte egiziana vorra' consegnare martedi' prossimo, pm e investigatori hanno convenuto sulla necessita' e sull'importanza di acquisire, tra i tanti atti piu' volte richiesti all'Egitto, i tabulati telefonici riconducibili al cellulare di Regeni (che non e' mai stato ritrovato) e ad una decina di persone che possono aver avuto contatti o frequentazioni con il ricercatore nei giorni che hanno preceduto la sua scomparsa.