Civita Castellana, arsenico oltre i limiti nell’acqua: scatta l’ordinanza di non potabilità

Civita Castellana – Arsenico oltre i limiti, scatta l’ordinanza di non potabilità su tutto il territorio comunale sino a nuove disposizioni e nelle more della esecuzione di nuovi accertamenti analitici.

“Il Dipartimento di prevenzione servizio igiene alimenti nutrizione della Asl ci ha comunicato oggi l’esito delle analisi chimiche eseguite dall’Arpa Lazio – spiega il primo cittadino, Luca Giampieri, che ha firmato l’ordinanza -, dalle quali risulta il superamento per il parametro arsenico dei limiti fissati nei punti di prelievo della fontana pubblica in piazza San Clemente (arsenico 16 µg/l) e della fontana pubblica di via XII settembre (arsenico 15 µg/l)”.

“Pertanto ho immediatamente predisposto il divieto di potabilità fino a che nuovi esami non riveleranno che i livelli di arsenico nell’acqua sono tornati nella norma – conclude il sindaco -. Ricordo che i punti di approvvigionamento dislocati sul territorio comunale sono attivi ed erogano acqua potabile”.




VITERBO, 10 ANNI DI ARSENICO NELL'ACQUA: DALLA CONFERENZA DI NEPI L’APPELLO PER IL DIRITTO ALLA SALUTE E PER IL “RISARCIMENTO SANITARIO”

 

L’esposizione ultradecennale e fuorilegge a questa sostanza, insieme alla mancanza di una corretta e diffusa informazione, e  insieme alla mancata  distribuzione di acqua idonea  alle persone e alle industrie alimentari, non è rimasta senza conseguenze per la salute delle popolazioni

 

Viterbo – Con la partecipazione attenta e appassionata di numerosi cittadini di Nepi e di vari comuni limitrofi si è svolta domenica 22 marzo 2015 nella Sala Nobile del Comune di Nepi la conferenza sul tema
“Arsenico: cosa è bene sapere, ricordare e fare”.

La dottoressa Antonella Litta, referente dell’Associazione italiana medici per l'ambiente – Isde (International Society of Doctors for the Environment), ha introdotto la sua relazione medico-scientifica con la  considerazione che proprio dal mancato rispetto dell’articolo 32 della Carta costituzionale in materia di tutela della salute, così come dal mancato rispetto del Decreto Legislativo 31/2001 – che fissa i parametri di salubrità e potabilità delle acque ad uso umano – attraverso il ricorso all’istituto della deroga, ha avuto origine l’esposizione cronica all’arsenico, sostanza tossica e cancerogena, di oltre un milione di cittadini italiani.
Per oltre un decennio, ha proseguito la dottoressa Litta, le popolazioni  interessate da questa problematica ambientale e sanitaria, ed in particolare quelle del Lazio, sono state molto spesso se non quasi del tutto lasciate all’oscuro circa i gravissimi rischi correlati all’assunzione di acqua ed alimenti contaminati da arsenico ed esposte a valori di arsenico fuorilegge, che hanno raggiunto anche i 50 microgrammi/litro, ovvero cinque volte il limite di legge previsto per questa sostanza tossica e cancerogena per la quale non esiste alcuna soglia di assoluta ed accettabile certezza per esposizioni croniche: l’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda infatti di porre in atto interventi ed azioni per portare questo valore il più possibile vicino allo zero.

Eppure i periodi di deroga, come disposto dal succitato Decreto legislativo, avrebbero dovuto avere la durata più breve possibile e comunque non superiore ai tre anni durante i quali si sarebbero dovuti realizzare impianti capaci di ridurre ed eliminare l’arsenico dalle acque e così  risolvere definitivamente ed efficacemente questo problema. Nei periodi di deroga, sempre secondo quanto previsto anche dalle disposizione europee, alle donne in gravidanza e ai bambini (per i noti effetti dell’arsenico anche sullo sviluppo cerebrale – incremento di disturbi neurocomportamentali e neoplasie -) si sarebbe dovuta assicurare acqua con il minor quantitativo possibile di arsenico, sempre al di sotto di 10 microgrammi/litro, meglio se a contenuto zero, e acqua con le stesse caratteristiche avrebbero dovuto utilizzare le industrie alimentari.

L’arsenico è infatti classificato dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R.C.)  come elemento cancerogeno certo di classe 1 e posto in diretta correlazione con  molte patologie oncologiche e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute; una consistente documentazione scientifica lo correla anche ai tumori del fegato e del colon. Sempre l’assunzione cronica di questo elemento è  indicata anche quale responsabile di patologie cardiovascolari; neurologiche; diabete di tipo 2; lesioni cutanee; disturbi respiratori; disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.

L’esposizione ultradecennale e fuorilegge a questa sostanza, insieme alla mancanza di una corretta e diffusa informazione, e  insieme alla mancata  distribuzione di acqua idonea  alle persone e alle industrie alimentari, non è rimasta senza conseguenze per la salute delle popolazioni in termini di aumento di rischio per cause di morte e malattie correlate all’esposizione all’arsenico, come purtroppo certificato da diversi studi epidemiologici che non hanno fatto altro che confermare quanto già evidenziato da decenni di studi e ricerche internazionali; come ha evidenziato la referente dell’Isde citando gli studi condotti anche sulla popolazione residente nella Provincia di Viterbo e in particolare lo studio  “Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili nelle popolazioni residenti nei comuni del Lazio”, realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio; lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità “Arsenico urinario speciato quale biomarcatore dell’esposizione alimentare all’arsenico inorganico in popolazioni residenti in aree ricche di arsenico nel Lazio”; i risultati dello studio Sepias -Sorveglianza epidemiologica in aree interessate da inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica- realizzato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio nazionale delle ricerche, e il recentissimo studio “ Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili: studio di coorte nella popolazione residente nella provincia di Viterbo, 1990-2010” concluso nel 2014 e realizzato sempre  dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio che ha dimostrato e di nuovo confermato un gradiente di rischio per cause di morte e malattie al crescere del livello di esposizione all’arsenico nelle acque; in particolare quest’ultimo studio ha evidenziato e riconfermato un eccesso di mortalità per il tumore del polmone, le malattie del sistema circolatorio, le malattie respiratorie e il diabete.

La dottoressa  Litta trattando poi la specifica situazione del Comune di Nepi, uno dei comuni con i più alti livelli di arsenico e fluoro dell’area viterbese, ha fatto notare come debba essere ottimizzata la gestione dei dearsenificatori in quanto solo il loro funzionamento efficiente e costante può garantire subito acqua salubre e potabile alla cittadinanza e come sia necessario intervenire per ridurre l’esposizione  ad altri  fattori inquinanti delle persone, e in particolare delle donne in gravidanza e dei bambini, istituendo anche  un registro comunale degli impianti e delle attività ad elevato impatto ambientale e sanitario.
La rappresentante dell’Associazione italiana medici per l’ambiente ha rinnovato un forte appello alle istituzioni affinché sia garantito a tutte le persone l’accesso all’acqua potabile; e un altrettanto forte appello affinchè le istituzioni impediscano che ulteriori agenti inquinanti possano contaminare le falde acquifere.

A conclusione della relazione la dottoressa  Litta ha rinnovato l’appello (espresso  più volte  anche  congiuntamente  alla sezione viterbese della Fimmg –  Federazione italiana medici di medicina generale e all’Ordine dei medici di Viterbo) perché nei confronti delle popolazioni esposte si attui subito una sorta di “risarcimento sanitario” ovvero: informazione corretta e diffusa rivolta a tutti i cittadini residenti nei Comuni della provincia di Viterbo e in particolare nelle scuole, negli ambulatori medici, nelle strutture militari e carcerarie; studi di monitoraggio dello stato di salute delle persone e in particolare dei bambini per patologie correlabili anche all’esposizione all’arsenico (disturbi del neurocomportamento e neoplasie dell’età pediatrica), attraverso progetti  di prevenzione che prevedano l’esecuzione di visite ed esami mirati, totalmente gratuiti  e in strutture pubbliche e che possano almeno in parte “risarcire” a livello sanitario  il danno subito dall’esposizione ad una sostanza tossica e cancerogena come l’arsenico.




VITERBO: ALLARME ARSENICO NEL PANE

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Redazione

Viterbo – Convivere con un veleno che non si trova soltanto nell’acqua e non è stato debellato ma adesso anche nei cibi di prima necessità: l’arsenico si trova nel pane. Codacons ha avviato una nuova azione risarcitoria a favore degli esercizi commerciali, ma chissà come andrà a finire? Il problema è che poi queste richieste di risarcimento scoraggiano anche i cittadini i quali fanno quel che c’è da fare per essere rimborsati ma poi, oltre alla lotta non rivedono più i loro soldi. Sulla delusione data dai “rimborsi facili”, ad esempio c’è l’esperienza di un nostro lettore Alberto Addari, di Roma, ex residente di Velletri fino a giugno 2012, con un regolare contratto Acea. Addari fece domanda di rimborso perché dai rubinetti della sua abitazione usciva acqua all’arsenico e adesso chiede un ulteriore verifica per la domanda di rimborso presentata il 29 settembre del 2011, compilata presso un ufficio di Velletri situato al lato della stazione centrale ferrovia di  Velletri . “I Signori mi avevano contattato per un eventuale diritto ad un rimborso per me e la famiglia (moglie e tre figli minori a carico) – spiega Addari –  riguardante  l’eccesso di arsenico nell’acqua che arrivava a casa. Ormai passati quasi due anni posso solo affermare che le sole persone che si sono interessate al caso sono i redattori del qutidiano L’osservatore laziale. Posso sapere che ne è stato del mio rimborso?  Concludo permettendomi una nota al Comune di Velletri: “Noi cinque eravamo arrivati in questa bella cittadina nel 2010 carichi di entusiasmo e motivati in questa realtà dei Castelli; per la preoccupazione con figli minori dell’acqua non sicura; siamo stati costretti a tornare ad Ostia Lido con notevoli disagi: di traslochi,di scuole, di amicizie, di stress e di spese considerando che sono l’unico lavoratore della famiglia. Ringrazio tutti quanti per l’attenzione prestatami  e suggerisco di non credere mai alle facili promesse  di ipotetici professionisti che assicurano alle famiglie che “campano giornalmente con il pezzo di pane” rimborsi e facili diritti”.

Nel frattempo, l’Istituto di Sanità ha ricordato i numeri di questa emergenza: dai rubinetti di 45 Comuni della provincia di Viterbo e 5 comuni della provincia di Roma “escono ancora acque non conformi relativamente alla quantità di arsenico“, per un totale di circa 260.000 residenti interessati. “I rischi per la salute legati all’arsenico sono elevatissimi, al punto da portare oggi il Codacons a chiedere alle Asl territoriali di intervenire, disponendo la chiusura di quegli esercizi commerciali costretti ad utilizzare acque contaminate per la produzione di alimenti – spiega il Presidente Carlo Rienzi – Ma le attività come panetterie, ristoranti, bar, pasticcerie, ecc. operanti nel Lazio non hanno alcuna colpa per la grave situazione determinatasi: per tale motivo abbiamo deciso di intervenire in loro soccorso, avviando una azione risarcitoria contro i Ministeri competenti e la Regione Lazio, volta a far ottenere ai gestori di esercizi commerciali adibiti alla produzione di beni alimentari che prevedono l’utilizzo di acqua, il risarcimento dei danni subiti, fino ad un massimo di 1 milione di euro ad attività”. Nel frattempo il Ministro alla Salute, Renato Balduzzi tranquillizza: “Con il Presidente Nicola Zingaretti e gli enti locali interessati avvieremo in tempi stretti le misure urgenti per far fronte ai disagi della popolazione in seguito all’emergenza da tempo creatasi a causa delle alte concentrazioni d’arsenico nell’acqua nel Viterbese”.

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LAZIO EMERGENZA ARSENICO, APPELLO AI COMUNI: SE ADERITE AL NUOVO RICORSO SONO POSSIBILI 1.500 EURO A FAMIGLIA

Possono aderire al ricorso i Comuni di Aprilia, Albano, Ardea, Ariccia, Genzano, Lanuvio, Lariano, Velletri, Castel Gandolfo, Ciampino, Castelnuovo di Porto, Trevignano Romano, Tolfa, Bracciano, Sacrofano, Formello, Civitavecchia, Santa Marinella, Anzio, Nettuno, Campagnano di Roma, Magliano Romano, Mazzano Romano.

Tra questi, il Comune più critico e neppure elencato tra i possibili aderenti al ricorso è Anguillara Sabazia, non aderente Acea

Chiara Rai

C’è tempo fino al 31 agosto per aderire al nuovo ricorso collettivo Codacons per chiedere alle Ato (Ambito Territoriale Ottimale) dei diversi territori laziali il risarcimento del danno a favore del milione di utenti che bevono acqua con concentrazioni di arsenico superiore al limite di legge di 10 microgrammi per litro. L’ azione giudiziaria collettiva promossa dal Codacons è gratuita per tutti i propri iscritti. Con questa “Class Action” si chiede il risarcimento di 1.500 euro, calcolato in via equitativa, per ciascun aderente e la riduzione della tariffa idrica applicata dalle relative Ato che distribuiscono acqua “avvelenata”. Dell’hinterland possono aderire al ricorso i Comuni di Aprilia, Albano, Ardea, Ariccia, Genzano, Lanuvio, Lariano, Velletri, Castel Gandolfo, Ciampino, Castelnuovo di Porto, Trevignano Romano, Tolfa, Bracciano, Sacrofano, Formello, Civitavecchia, Santa Marinella, Anzio, Nettuno, Campagnano di Roma, Magliano Romano, Mazzano Romano. Questa “class action” segue alla recente sentenza del TAR Lazio che condanna i ministeri della Salute e dell'Ambiente a risarcire gli utenti dell’acqua del Lazio con 100 euro a cittadino. La sentenza dice che fornire servizi difettosi o inquinati determina la responsabilità della pubblica amministrazione per danno alla vita di relazione, stress e rischio di danno alla salute. Ne conviene che l’acqua fornita ai cittadini deve essere salubre e la tariffa legata proprio alla qualità di essa: da qui la decisione di Codacons di agire contro le Ato che dovevano tenere conto di questo dato nel determinare la tariffa. Inoltre, c’è il problema impellente per i 24 Comuni colpiti dall’arsenico di riportare i valori nei limiti di legge entro il 31 dicembre altrimenti si troveranno senz’acqua potabile con multe salate dell’Europa. Tra questi, il Comune più critico e neppure elencato tra i possibili aderenti al ricorso è Anguillara Sabazia, non aderente Acea: L’acquedotto di Colle Biadaro possiede arsenico pari a 24 mcg, mentre l’acquedotto di Ponton dell’Elce supera i 30 mcg. A proposito, si fa sempre più sentito l’appello dell’assessore all’ambiente di Anguillara Enrico Stronati: “Ci auguriamo che la Regione capisca la nostra emergenza e riconsideri la copertura finanziaria in sede di assestamento di bilancio del finanziamento di circa 450 mila euro promessi da oltre un anno dall'assessore Mattei. Con i fondi non solo potremmo realizzare subito uno dei due impianti necessari ma riusciremmo ad evitare la possibile sanzione che oscillerà tra 10 e i 15 milioni di euro che la Corte di Giustizia Europea potrebbe comminare alle amministrazioni locali”.