MORTE ALESSANDRO NASTA, AMMIRAGLI A PROCESSO: PARLA LA MAMMA DEL SOTTOCAPO

di Ivan Galea

Alessandro Nasta, muore il 24 maggio 2012 all'età di soli 29 anni precipitando dall'albero di maestra della nave scuola della Marina Militare Italiana "Amerigo Vespucci" da un'altezza di circa 15 metri. La morte di Alessandro Nasta poteva essere evitata ed è dipesa dall'inerzia della Marina militare, nonché dalle gravissime mancanze e violazioni di legge in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Giovedì 10 dicembre 2015 il Gup di Civitavecchia ha rinviato a giudizio tutti gli imputati dall'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, attuale capo di Stato maggiore della Marina militare, dell'ex capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, dell'ammiraglio Bruno Branciforte, del comandante della nave scuola Amerigo Vespucci Domenico La Faia e del suo vice il capitano di fregata Marco Grassi. Il processo a carico degli imputati inizierà il prossimo 16 marzo 2016.

“Oggi – dichiara Luca Marco Comellini, Segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) – ci saremmo aspettati di avere al nostro fianco, costituito come parte civile, anche il ministro della Difesa. Così non è stato, per questo motivo invitiamo il ministro Pinotti ad adottare ogni iniziativa per garantire al personale della Marina e alle forze armate la serenità di una guida che non sia implicata in un processo penale per un reato che reputiamo grave".

La redazione de L'Osservatore d'Italia ha voluto sentire la mamma di Alessandro Nasta chiedendogli di commentare il rinvio a giudizio per i vertici della Marina Militare Italiana.

Ecco la lettera della signora Marisa Toraldo mamma di Alessandro Nasta 
"In merito al rinvio a giudizio degli imputati per la morte di mio figlio Alessandro, ciò che mi preme ribadire è che, durante questa attesa, sia io che la mia famiglia, abbiamo deciso di non voler dar spazio unicamente alla rabbia, ma di voler seguire la strada migliore per poter capire le reali circostanze e le responsabilità che hanno determinato la morte di Alessandro.
La conferma del rinvio a giudizio è un momento importante, attraverso il quale, in base a quanto emerso dalle  indagini ed agli atti che verranno messi in luce, sarà possibile poter fare chiarezza sugli effettivi scenari che hanno portato al tragico evento.

Sono convinta che, in linea con la normativa sulla tutela della salute nei luoghi di lavoro, si possa promuovere il rispetto della legalità, condizione indispensabile affinchè drammi di questa portata non si debbano riproporre. Durante il periodo delle indagini avrei voluto urlare al mondo ciò che realmente provavo ma non l'ho fatto,  per profondo rispetto di chi si stava occupando del caso e perchè solo chi ha vissuto la perdita del proprio figlio può comprendere realmente il mio tormento.

Alessandro aveva solamente 29 anni quando, comandato ad effettuare lavori in quota sull'albero di maestra della nave Amerigo Vespucci della Marina Militare, morì precipitando da un'altezza di circa 15 metri schiantandosi sul ponte di coperta. Mi sono sempre sforzata di decifrare tutte quelle mancate giustificazioni di una morte che, sin da subito, avendo visitato il luogo nel quale si era verificata, mi era apparsa drammaticamente prevedibile ed evitabile.

Per un lungo periodo ho continuato ad interrogarmi sul perchè un dispositivo anticaduta non  fosse riuscito ad evitargli quel tragico schianto, ma più mi tormentavo con le mie domande, più le risposte convergevano su una sconvolgente presa di coscienza, e cioè che la nave Amerigo Vespucci, il rinomato vanto della marineria italiana, di sicurezza non ne avesse affatto per salvare la vita di Alessandro.

E' mai possibile che nel ventunesimo secolo esistano ancora realtà così distanti dai principi di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro, imposte ai lavoratori, in assoluto contrasto con i riferimenti normativi e militari, in nome di una assurda "tradizione"?

Da madre che piange il proprio figlio, morto per quell'assurda tradizione, non posso far finta di nulla e non pretendere di conoscere la verità. Mio figlio non è morto in guerra, è morto durante una ordinaria esercitazione alle vele, una esercitazione straordinariamente lontana dalle condizioni minime di sicurezza stabilite dallo Stato, e durante la quale, nelle operazioni di salita e di discesa, avrebbe dovuto contare prevalentemente sulle proprie braccia e sulle proprie gambe.

Mio figlio è stato ucciso da chi, incurante della legge, ha deciso scientemente di non attuarla, stabilendo che il rischio dei lavori in quota fosse marginale e che un ragazzo di 29 anni non avesse bisogno di un idoneo dispositivo anticaduta, di una formazione adeguata e tantomento di una idoneità espressa da un medico del lavoro. Tutto ciò non è ammissibile, non si può soprassedere.

Alessandro ha prestato servizio in marina militare con profonda dedizione e con professionalità, a confermarlo ci sono i suoi colleghi,  quei servitori dello Stato di cui purtroppo non si fa adeguata menzione e a cui costantemente rivolgo il mio pensiero.

In questo momento è anche per loro che sento il bisogno di condividere il pensiero che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano scrisse nella prefazione del libro “Angeli senza ali, morti bianche e sicurezza sul lavoro”, Edizioni Lavoro 2008:

"In nessun luogo i lavoratori possono essere trattati come numeri. Il più delle volte, tuttavia, le vittime degli infortuni sul lavoro sono quasi anonime, i loro nomi restano solo un giorno nelle pagine interne dei giornali di provincia, quasi fossero morti naturali. Solo di rado, nei casi di incidenti eclatanti, che coinvolgono più lavoratori, i grandi mezzi di comunicazione paiono assumere consapevolezza di un fenomeno drammatico e, quasi sempre, evitabile."

Mi auguro che la morte di mio figlio possa essere motivo di riflessione per tutti e che, nella ricerca della giustizia, la sicurezza nei luoghi di lavoro, in particolar modo nei lavori in quota,  possa diventare una delle priorità assolute per la tutela dei lavoratori.
Solo perseguendo la via della legalità si sarà fatto tanto per far sì che principi fondamentali, come quello della sicurezza sul lavoro, possano finalmente essere oggetto di condivisione, specie tra chi, come sancito anche dai regolamenti militari, per dovere proprio ha il compito di dover salvaguardare l'integrità fisica del personale dipendente.
Per contrastare l’idea dell’inevitabilità di questi incidenti occorre una diversa cultura del lavoro, fondata sul rispetto della vita e sul primato di chi, con il proprio impegno e nel rispetto delle leggi, rende realmente onore al nostro Paese.

Chiedo semplicemente giustizia e rispetto per chi, come Alessandro, nel compiere il proprio dovere, convinto di essere tutelato dalla propria forza armata, ha perso la vita lasciando un vuoto incolmabile. Sono una madre italiana che continua a credere nello Stato, convinta dell'importanza della legalità e della Magistratura, lo devo a mio figlio ed ai valori che gli avevo trasmesso.

La sicurezza è, e deve diventare, la migliore delle tradizioni: è una questione di giustizia e di rispetto del diritto di tutela della salute nei luoghi di lavoro."




MARINA MILITARE: AMMIRAGLI A PROCESSO PER LA MORTE DI ALESSANDRO NASTA

Redazione

Civitavecchia (RM) – Rinvo a giudizio per tutti gli imputati del processo per la morte di Alessandro Nasta. La decisione è stata presa dal Gup di Civitavecchia la mattina di giovedì 10 dicembre nei confronti dell'ammiraglio Binelli Mantelli, dell'ammiraglio Branciforte, dell'ammiraglio De Giorgi, oltre al comandante ed al vice comandante della Amerigo Vespucci.Gli imputati dovranno ora presentarsi in aula per il processo il prossimo 6 marzo 2016 davanti al Giudice dr. Mangiante. Luca Marco Comellini segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia che si è costituito come parte civile ha così commentato: "Mi sarei aspettato di vedere al nostro fianco anche il cocer della Marina  e il ministro della difesa costituiti anche loro come parte civile per tutelare gli interessi dei marinai (che i primi dicono di rappresentare) e della Forza armata. Come era facilmente immaginabile erano entrambi assenti."

Alessandro Nasta muore sulla nave scuola della Marina Militare italiana Amerigo Vespucci dopo un volo da un’altezza di 25 metri. Alessandro stava scendendo dal pennone di 56 metri dove era salito per spiegare la vela, un’operazione che aveva fatto tantissime volte. Aveva terminato il turno di guardia, rimasto in piedi tutta la notte ed era di comandata. La mamma di Alessandro, Marisa Toraldo, vuole conscere la verità sulla morte di suo figlio. “Non accuso nessuno, mi faccio solo tante domande – afferma la donna – tra questi interrogativi c’è quello sui dispositivi di sicurezza, se fossero sufficienti per quella manovra. Mio figlio era attaccato a due moschettoni, ma alcuni suoi colleghi mi hanno riferito che a un certo punto bisogna sganciarli perché non è possibile utilizzarli, lì proprio dove sarebbe caduto Alessandro. Stiamo parlando di 56 metri!”.




MORTE ALESSANDRO NASTA: VERTICI DELLA MARINA MILITARE DI NUOVO IN TRIBUNALE

Redazione

Civitavecchia (RM) – Giovedì 10 dicembre, saranno nuovamente davanti al Gup del Tribunale di Civitavecchia gli ex ammiragli Luigi Binelli Mantelli e Bruno Branciforte, l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi (attuale capo di stato maggiore della Marina militare) e il comandante della Vespucci e del suo vice, accusati del reato di cooperazione nel delitto colposo e omicidio colposo in relazione alla morte del sottocapo Alessandro Nasta avvenuta il 24 maggio 2012, a seguito della caduta dall'albero maestro della nave scuola Amerigo Vespucci sul quale stava eseguendo la manovra alle vele. 

“Per rappresentare tutte le vittime del dovere del servizio e dello Stato sarò nuovamente presente in aula rappresentato dall'Avvocato Giorgio Carta affinché il giudice decida anche sulla richiesta di costituzione di parte civile del Partito per la tutela dei diritti di militari e Forze di polizia (Pdm). – Dichiara Luca Marco Comellini, Segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) – .Mi auguro – prosegue Comellini – che la Ministra Roberta Pinotti, attuale titolare del Ministero della Difesa, già chiamato in giudizio come responsabile civile, voglia fare anche quel doveroso passo per schierarsi al fianco dei genitori di Alessandro Nasta costituendosi parte civile per difendere l'onore e il prestigio della forza armata che sono stati irrimediabilmente compromessi dalla tragica, evitabile, morte del giovane marinaio”.

Alessandro Nasta muore sulla nave scuola della Marina Militare italiana Amerigo Vespucci dopo un volo da un’altezza di 25 metri. Alessandro stava scendendo dal pennone di 56 metri dove era salito per spiegare la vela, un’operazione che aveva fatto tantissime volte. Aveva terminato il turno di guardia, rimasto in piedi tutta la notte ed era di comandata. La mamma di Alessandro, Marisa Toraldo, vuole conscere la verità sulla morte di suo figlio. “Non accuso nessuno, mi faccio solo tante domande – afferma la donna – tra questi interrogativi c’è quello sui dispositivi di sicurezza, se fossero sufficienti per quella manovra. Mio figlio era attaccato a due moschettoni, ma alcuni suoi colleghi mi hanno riferito che a un certo punto bisogna sganciarli perché non è possibile utilizzarli, lì proprio dove sarebbe caduto Alessandro. Stiamo parlando di 56 metri!”.




MORTE DI ALESSANDRO NASTA: EX VERTICI MARINA MILITARE DAVANTI AL GUP

Redazione
“Domani, 22 ottobre, saranno davanti al Gup del Tribunale di Civitavecchia gli ex ammiragli Luigi Binelli Mantelli e Bruno Branciforte, l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi (attuale capo di stato maggiore della Marina militare) e il comandante della Vespucci e del suo vice, accusati del reato di cooperazione nel delitto colposo e omicidio colposo in relazione alla morte del sottocapo Alessandro Nasta avvenuta il 24 maggio 2012, a seguito della caduta dall'albero maestro della nave scuola Amerigo Vespucci sul quale stava eseguendo la manovra alle vele.” – lo comunica Luca Marco Comellini, Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) – “Spero – prosegue Comellini – che questa volta non ci siano altri rinvi come è accaduto lo scorso 25 giugno, quando anche il sostituto del giudice titolare ebbe un impedimento a partecipare all'udienza. Per rappresentare tutte le vittime del dovere del servizio e dello Stato, sarò nuovamente presente in aula dove il giudice dovrà decidere anche sulla mia richiesta di costituzione di parte civile e mi auguro – precisa Comellini – che la Marina militare vorrà fare altrettanto per difendere l'onore e il prestigio della forza armata che sono stati irrimediabilmente compromessi da coloro che hanno causato la morte di Alessandro Nasta.”


 




MORTE ALESSANDRO NASTA, COMELLINI: "PINOTTI DOVREBBE RIMUOVERE I VERTICI DELLA MARINA E POI RASSEGNARE LE DIMISSIONI"

Redazione

“Il Ministro della difesa Roberta Pinotti, della cui serietà e coerenza non ho motivo di dubitare, dovrebbe rimuovere precauzionalmente, come avviene normalmente per i sottufficiali, l'ammiraglio De Giorgi e gli altri alti ufficiali della Marina militare su cui pende la richiesta di rinvio a giudizio per i reati di “cooperazione nel delitto colposo e omicidio colposo” formulata nei giorni scorsi dal Pubblico Ministero della Procura di Civitavecchia, Dr. Gianfranco Amendola, anche perché, come si legge chiaramente negli atti del procedimento penale, le parole "per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, ed in particolare per il mancato rispetto della normativa di settore sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro" pesano come macigni e non possono essere ignorate, come non può essere ignorato il fatto che nella richiesta di rinvio a giudizio lo stesso PM definisce i fatti “aggravati dalla evidente possibilità di previsione del pericolo della fattispecie connessa all'attività su alberi e più in generale in quota e dall'aver agito in violazione dei doveri d'ufficio propri dei rispettivi ruoli rivestiti nell'ambito dell'amministrazione militare”. La Ministra Pinotti per serietà e coerenza rimuova immediatamente questi ufficiali dai loro rispettivi incarichi e poi rassegni le dimissioni. Lo deve alla memoria di Alessandro Nasta, Vittima del Dovere del Servizio e dello Stato."

Lo chiede Luca Marco Comellini, Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) a seguito della notizia della richiesta di rinvio a giudizio dei vertici della Marina militare e dell'ex Capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Binelli Mantelli, per la tragica morte del sottocapo Alessandro Nasta, avvenuta lo scorso 24 maggio 2012.

 




MORTE ALESSANDRO NASTA, PDM: "MINISTRO PINOTTI RIMUOVA I VERTICI DELLA MARINA MILITARE E SI DIMETTA"

LEGGI ANCHE: MORTE ALESSANDRO NASTA: RICHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER I VERTICI DELLA DIFESA

 

Redazione

Caso Alessandro Nasta – Sul caso della morte di Alessandro Nasta – per il quale la Procura della Repubblica di Civitavecchia ha chiesto il rinvio a Giudizio nei confronti dell'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina (quando avvenne l'incidente era Comandante in Capo della Squadra Navale); dell'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, già Capo di Stato Maggiore della Difesa (quando avvenne l'incidente era il Capo di Stato Maggiore della Marina); dell'ammiraglio Bruno Branciforte, già Capo di Stato Maggiore della Marina; del Capitano di Fregata, Domenico La Faia, in qualità di comandante della nave scuola Amerigo Vespucci; del Capitano di Fregata Marco Grassi, in qualità di comandante in seconda della Vespucci – interviene il segretario, Luca Marco Comellini, del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm).

“Il Ministro della difesa Roberta Pinotti, della cui serietà e coerenza non ho motivo di dubitare, dovrebbe rimuovere precauzionalmente, come avviene normalmente per i sottufficiali, l'ammiraglio De Giorgi e gli altri alti ufficiali della Marina militare su cui pende la richiesta di rinvio a giudizio per i reati di “cooperazione nel delitto colposo e omicidio colposo” formulata nei giorni scorsi dal Pubblico Ministero della Procura di Civitavecchia, Dr. Gianfranco Amendola, anche perché, come si legge chiaramente negli atti del procedimento penale, le parole "per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, ed in particolare per il mancato rispetto della normativa di settore sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro" pesano come macigni e non possono essere ignorate, come non può essere ignorato il fatto che nella richiesta di rinvio a giudizio lo stesso PM definisce i fatti “aggravati dalla evidente possibilità di previsione del pericolo della fattispecie connessa all'attività su alberi e più in generale in quota e dall'aver agito in violazione dei doveri d'ufficio propri dei rispettivi ruoli rivestiti nell'ambito dell'amministrazione militare”.

La Ministra Pinotti per serietà e coerenza rimuova immediatamente questi ufficiali dai loro rispettivi incarichi e poi rassegni le dimissioni. Lo deve alla memoria di Alessandro Nasta, Vittima del Dovere del Servizio e dello Stato." Lo chiede Luca Marco Comellini, Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) a seguito della notizia della richiesta di rinvio a giudizio dei vertici della Marina militare e dell'ex Capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Binelli Mantelli, per la tragica morte del sottocapo Alessandro Nasta, avvenuta lo scorso 24 maggio 2012.

 




ALESSANDRO NASTA: NON DIMENTICHIAMO LE MORTI BIANCHE

Redazione

In ricordo di Alessandro Nasta, Sottocapo nocchiere della Marina Militare morto sull'Amerigo Vespucci precipitando da un'altezza di 20 metri, intendo citare la prefazione del libro "Angeli senza ali, morti bianche e sicurezza sul lavoro" Edizioni Lavoro 2008, curata dal Presidente della Repubblica Giorgio NAPOLITANO:

In nessun luogo – scrive il Presidente – i lavoratori possono essere trattati come numeri. Il più delle volte, tuttavia, le vittime degli infortuni sul lavoro sono quasi anonime, i loro nomi restano solo un giorno nelle pagine interne dei giornali di provincia, quasi fossero morti naturali.

Solo di rado, nei casi di incidenti eclatanti, che coinvolgono più lavoratori, i grandi mezzi di comunicazione paiono assumere consapevolezza di un fenomeno drammatico e, quasi sempre, evitabile.

L'auspicio è quello di dare sempre un volto alle vittime di questa tragedia, raccontare le loro vite, ricordare il loro lavoro, le loro speranze, la famiglia, gli amici. Per contrastare l’idea dell’inevitabilità di questi incidenti occorre una diversa cultura del lavoro, fondata sul rispetto della vita e sul primato di chi lavora.