Strage di Acca Larenzia: chi fu il mandante?

Tanti passaggi di mano per la mitraglietta Cz 61 Skorpion calibro 7.65 usata per la strage di via Acca Larenzia, per il rapimento di Aldo Moro, per gli omicidi dell’economista Ezio Tarantelli, dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti e del senatore Roberto Ruffilli.

Oggi dopo 45 anni da quei fatti ci si chiede ancora: chi è il mandante? Riproponiamo la video intervista del 2018 a uno dei sopravvissuti – Maurizio Lupini – e il video servizio che ripercorrere il clima politico di quei giorni che precedettero i tragici eventi del Tuscolano.

La video intervista a Maurizio Lupini [Cliccare sulla foto per guardare]

Il video servizio che ripercorre quello che era clima politico dei giorni che precedettero i tragici eventi del Tuscolano [Cliccare sulla foto per guardare]




Rogo di Primavalle: morto il criminale Achille Lollo

BRACCIANO (RM) – Achille Lollo è morto ieri mattina all’ospedale di Bracciano. E’ quanto si apprende da fonti investigative.

Lollo, 70 anni compiuti l’8 maggio, con altri due militanti di Potere Operaio, Marino Clavo e Manlio Grillo, che poi si diedero alla latitanza, la notte tra il 15 e il 16 aprile 1973, diede fuoco alla porta dell’appartamento di Mario Mattei, all’epoca segretario della sezione di Primavalle del Msi, causando la morte di due dei quattro figli di Mattei, Stefano e Virgilio, di 8 e 22 anni. 

Criminale e giornalista italiano, militante negli anni ’70 del gruppo della sinistra extraparlamentare Potere Operaio e condannato a 18 anni di reclusione, pena prescritta, per incendio doloso, duplice omicidio colposo, uso di esplosivo e materiale incendiario, nel caso del rogo di Primavalle.




7 Gennaio 1978 via Acca Larenzia: una strage necessaria per qualcuno…

Grave la situazione politica italiana in quell’inizio del 1978 in cui si inserisce quella che viene ricordata come la “Strage di Acca Larenzia”. Un quadro politico che vede a rischio rottura quell’equilibrio democratico di quei partiti che avevano governato il Belpaese per oltre un trentennio.

“La crisi del governo Andreotti, – riportava l’Unità dell’8 gennaio del 1978 in un articolo a firma Emanuele Macaluso – non sorge quindi da un improvviso ripensamento del partito Comunista Italiano ma dall’incapacità oggettiva e soggettiva del governo di delineare una prospettiva chiara leggibile incisiva di fronte alle masse popolari per impegnarle fino in fondo nello sforzo di superare la crisi e non per vivere alla giornata.

Questo il quadro in cui si inseriscono i gravi fatti di via Acca Larenzia del 7 e 8 gennaio 1978 anno in cui la Democrazia Cristiana stava vagliando una possibile alleanza con il partito Comunista (compromesso storico) per la formazione di un nuovo governo che sfociò successivamente nel rapimento di Aldo Moro.



E la questione di rilevanza politica evidenziata all’epoca soprattutto da Civiltà Cattolica e da Carlo Donat Cattin era quella che la DC non poteva certamente formare un governo con il partito Comunista senza prima aver ottenuto l’assenso dal congresso e soprattutto da una conferma che poteva arrivare solo dalla consultazione elettorale.

Un clima di odio politico, dunque, quello che si respirava e che veniva amplificato dai vari media, soprattutto quelli schierati con determinati partiti che richiamavano al bisogno di recuperare quei valori democratici.

E dopo un decennio dei tragici fatti del Tuscolano in un covo delle Brigate Rosse di Milano viene trovata una mitraglietta modello Skorpion con la matricola ancora intatta: si tratta dell’arma che ha ucciso nel marzo del 1985 l’economista Ezio Tarantelli, nel febbraio 1986 l’ex sindaco di Firenze Lando Conti e nell’Aprile 1988 il senatore Roberto Ruffilli.

I periti accertano inoltre che la mitraglietta CZ 61 Skorpion calibro 7,65 era anche la stessa usata ad Acca Larenzia il 7 gennaio 1978 e poi usata anche nel sequestro di Aldo Moro.

Si scopre anche che la Skorpion nel 1971 era stata acquistata dal cantante Jimmy Fontana, collezionista di armi, poi venduta nel 1977, un anno prima dei fatti del Tuscolano, al funzionario di polizia Antonio Cetroli deceduto nel 2005 che si sarebbe sbarazzato dell’arma finita poi nelle mani di un soggetto abitante al Tuscolano che utilizzava la Skorpion nelle vicine grotte della Caffarella per esercitarsi.

Ma il funzionario di polizia prima nega di avere avuto contatti con il cantante (Jimmy Fontana) e poi ammette di essersi interessato all’arma di Fontana, ma come collezionista.

Sulle basi delle confessioni di una pentita il 30 Aprile 1987 il giudice istruttore Guido Catenacci spicca 5 ordini di cattura contro i presunti appartenenti ai nuclei armati per il Contropotere Territoriale responsabili dell’agguato ai giovani missini. Tra questi c’è Mario Scrocca figura fondamentale per capire da chi è perché era stato compiuto l’eccidio.

Per la magistratura infatti è il Mario visto dalla pentita nella casa dove si svolgevano le riunioni degli estremisti.

All’epoca dell’eccidio Scrocca aveva 19 anni e militava in Lotta Continua e l’ordine di cattura contro di lui parla di duplice omicidio, tentato omicidio, associazione sovversiva e partecipazione a banda armata.

Il 30 Aprile 1987 Mario Scrocca varca il cancello del carcere romano di Regina Coeli dove viene interrogato dai magistrati catenacci e Ionta ai quali nega di aver partecipato all’azione armata di 9 anni prima pur ammettendo la sua militanza politica dell’epoca ma il giorno dopo viene trovato impiccato ad una inferriata con un rudimentale cappio fatto con un asciugamano.

Mario Scrocca non corrisponde all’identikit fatto dal sopravvissuto Maurizio Lupini

L’intervista di Chiara Rai a Maurizio Lupini sopravvissuto alla strage di Acca Larenzia

Maurizio Lupini, tra i sopravvissuti alla strage, ha dichiarato che l’identikit che era stato fatto dagli inquirenti su sue indicazioni a una delle persone del commando, che aveva poi portato all’arresto di Mario Scrocca non corrispondeva assolutamente a quest’ultimo. Lupini ricorda chiaramente che la persona da lui descritta nell’identikit aveva un viso “quadrato”, “capelli lisci”, un po’ “grassoccio” e al momento della strage portava un paio di occhiali Ray Ban con lenti fotocromatiche tendenti al giallo.

*I fatti:

Sono le 18,23 del 7 gennaio del 1978. Via Acca Larenzia, nel quartiere romano del Tuscolano, è, più che una via, una piazzetta. Uno slargo non percorribile dalle auto, fra due strade. Un piazzale dove i ragazzini amano andare a fare due tiri al pallone. Un’area su cui affaccia l’ingresso della sezione del Tuscolano.

Cinque ragazzi, appartenenti a quella sezione, stanno per andare a raggiungere altri camerati per un volantinaggio. Appena escono dalla porta blindata, vengono investiti da una scarica di piombo. Gli assassini – cinque o sei, questo non si saprà mai con certezza – sono appostati dietro alcune colonnine di pietra che impediscono l’accesso alle auto, in basso. In alto c’è la scalinata su cui cadrà, colpito a morte, Francesco Ciavatta. Il primo ad uscire, Franco Bigonzetti, il più visibile dei cinque, data la sua mole, ma soprattutto per il bianco dell’impermeabile che era solito indossare, viene colpito ad un occhio. L’arma, verrà poi stabilito in sede autoptica, è di grosso calibro, almeno una 38 special. Il suo corpo si alza da terra, all’impatto, e lui cade, già senza vita, con le braccia aperte e il viso rivolto verso il cielo. Il secondo, Francesco Ciavatta, tenta una fuga disperata su per la scalinata, ma verrà anche lui raggiunto alla schiena da un colpo di 38. Morirà in ospedale il giorno dopo.

Gli altri tre, Giuseppe D’Audino, Vincenzo Segnieri – rimasto ferito ad un braccio – e Maurizio Lupini, riescono a chiudersi dentro

Inutilmente gli aggressori si scagliano contro quella porta, scaricando la loro rabbia e le loro bestemmie sul corpo inerte di Bigonzetti, su cui sparano anche una raffica dalla mitraglietta Skorpion cal. 7,65 – una delle armi utilizzate nell’agguato. Dopo quarant’anni, gli autori di questo attentato non sono stati individuati, nonostante fossero – e siano tuttora – evidenti molti elementi per le indagini, molte ‘piste’, che non si sono volute seguire. Ma che, se si fosse indagato, avrebbero portato certamente all’arresto degli assassini.

Cè pero anche una terza vittima

Il giovane Stefano Recchioni, accorso, il giorno dopo, con altri amici sul luogo dell’eccidio, colpito al capo, nei disordini seguiti alla strage, da un proiettile cal. 7.65, partito non s’è mai saputo da quale arma in pugno a chi. Del fatto fu incolpato all’inizio un capitano dei carabinieri, poi scagionato.

*Ricostruzione di Roberto Ragone pubblicata su questo quotidiano:




Ricorrenza strage di Acca Larenzia: Castellino e Nardulli condannati a 5 anni e sei mesi di carcere

Condannati a 5 anni e mezzo di carcere Vincenzo Nardulli, esponente di Avanguardia nazionale e il leader romano di Forza Nuova, Giuliano Castellino.

La condanna emessa dal Tribunale di Roma è relativa all’accusa di lesioni e rapina aggravata e minacce per l’aggressione al cronista dell’Espresso Federico Marconi e al fotografo Paolo Marchetti avvenuta al cimitero capitolino del Verano il 7 gennaio del 2019.

Il pm Eugenio Albamonte aveva chiesto condanne per 6 anni ciascuno. Al termine della lettura della sentenza Castellino ha urlato “siete una manica di buffoni”. I due reporter vennero aggrediti nel cimitero del Verano il 7 gennaio del 2019 in occasione di una commemorazione della strage di Acca Larentia.

“E’ stata una sentenza giacobina, un vero plotone di esecuzione. Non paghiamo certo reati che non abbiamo commesso, e a dirlo sono stati tutti gli agenti presenti al Verano, paghiamo la lotta a questo sistema”. Così Giuliano Castellino, militante di Forza Nuova, dopo la condanna a 5 anni e 6 mesi per l’aggressione ai giornalisti dell’Espresso. “Noi ci prendiamo questa condanna come medaglia da appuntare sul petto”, ha aggiunto.

“La sentenza di oggi dimostra che è in atto una persecuzione politica da parte della Magistratura che vede dei militanti politici condannati per reati mai avvenuti e nonostante la testimonianza a loro favorevole dei poliziotti presenti. – Ha commentato così la sentenza di oggi Roberto Fiore, leader di Forza Nuova – La causa di ciò – ha aggiunto Fiore – è un impianto di potere criminale che ricatta il giudice di Berlusconi, per ottenere la condanna, che vede uomini come Palamara parlare del proprio gruppo ‘come di una mafia più potente della mafia’ e che vede personaggi come Albamonte al centro di scandali internazionali (Obamagate e caso Shalabayeva). Noi riteniamo che con questi personaggi alla guida della Procura di Roma si sia toccato il punto più basso della giustizia in Italia dal Dopoguerra. La giustizia – ha concluso il leader di Forza Nuova – non va corretta, va rivoluzionata. Vanno inquisiti i magistrati che deviano il corso della giustizia, vanno sciolti ANM e CSM, vanno perseguiti Palamara ed Albamonte per aver creato uno Stato nello Stato e vanno istituite giurie popolari perché nessuna, ad oggi, ha più fiducia dei giudici”.




7 Gennaio 1978, si poteva morire ma era bello lottare: domenica la Santa Messa e il presente per il quarantennale della strage di Acca Larentia

“Si poteva morire… ma era bello lottare… si sognava a 19 anni certo che si sognava un futuro un mondo migliore… ma un infausto destino spezzò la nostra giovinezza e giovani vite… usati come carne da macello… perchè al potere occulto servivano delle vittime sacrificali… non fu più come prima maledetti coloro che uccisero i nostri sogni….”

Parole sgorgate dal cuore e postate sul social Fb quelle di Marco Valerio Aquila, pseudonimo usato da uno dei sopravvissuti alla strage di via Acca Larentia il 7 Gennaio del 1978.

E quei momenti drammatici che hanno segnato una delle pagine più buie della storia d’Italia le ha raccontate Maurizio Lupini in una lunga video intervista del 2013 rilasciata a Chiara Rai e che riproponiamo in questo articolo

Domenica prossima, 7 Gennaio 2018 ricorrerà il quarantennale della strage e Lupini fa sapere che parteciperà alle seguenti iniziative commemorative:

ore 15,00 : Concentramento fermata Metro Arco di Travertino;
ore 15.30 : Santa Messa, celebrata dal frate Attilio Gennaro Russo presso la Chiesa di San Gaspare del Bufalo (via Borgo Velino 1).
Al termine del rito religioso, i partecipanti si congiungeranno al corteo partito da piazza Asti che culminerà con il presente ai caduti nella piazzetta antistante la Sezione.




VIA ACCALARENZIA: 38 ANNI DOPO… TANTE LE COMMEMORAZIONI NEL RICORDO DEI CADUTI

di A.P.

Roma – Deposizione di fiori e chiamata al "presente" in ricordo dei caduti di AccaLarenzia presso l’obelisco del foro italico, già foro Mussolini. Questo l'appuntamento indetto per la tarda serata del 7 gennaio 2016 e per il terzo anno consecutivo da Avanguardia Nazionale in alternativa alle celebrazioni che si terranno in via AccaLarenzia, mentre nel pomeriggio davanti la storica sede del tuscolano si terranno le due cerimonie del "presente" di CasaPound e Forza Nuova.

Durante la mattina del 7 gennaio 2016 sarà deposta una corona di fiori da Fabio Rampelli che guiderà una rappresentanza di FdI-AN. Sempre in mattinata sarà presente anche Azione Nazionale con l'ex sindaco Gianni Alemanno.

7 gennaio 1978 nel ricordo del sopravvissuto Maurizio Lupini: “Avevamo deciso io e Bigonzetti di comprare dei cornetti – ricorda Maurizio Lupini sopravvissuto alla strage del 1978 – proprio al laboratorio di fronte. – Lupini prosegue nel racconto -Nel rientrare, vediamo una persona che a me ha dato all’occhio ed era il presunto palo, infatti io ho detto: “Questa persona non mi piace”. Ma poi rientrammo, senza farci più caso, nella spensieratezza dell’essere incoscienti a vent’anni, pensavamo che queste cose non potessero mai succedere a noi. Decidemmo poi di uscire, io ero l’ultimo e ho spento la luce e come spengo la luce sento il primo sparo e penso subito a un mortaletto di capodanno e in un attimo quel colpo ha preso Bigonzetti in un occhio. Ecco se potessi proiettare l’immagine di Bigonzetti mi ricordo questo corpo innalzato per aria di almeno un metro e con questo impermeabile bianco discendere come due ali di uccello, tutto a rallentatore. Mentre invece, nella realtà, gli spari erano veloci, infatti è successo tutto in un attimo. Richiusi la porta, non so come feci ma eravamo tutti buttati a terra e dopo dieci minuti vidi il sangue rientrare, pensavo fosse il sangue di Enzo, quando apro la porta trovo questo corpo a terra poi Bigonzetti era un ragazzone era un metro e ottanta faceva anche karate. Mi ero tutto sporcato di sangue, tentai di portarlo a me, lo portai al centro di questo piazzale ma ormai era morto la materia cerebrale era fuoriuscita. Dall’altra parte c’era Ciavatta, che mi disse “a Maurì mi brucia tutto dentro” l’ambulanza è arrivata 30 minuti dopo. Trenta minuti prima si sarebbe potuto forse salvare ma il destino ha voluto che quel giorno morissero quei due ragazzi. Sembravo uscito da una macelleria mi interrogò la polizia e non mi dissero se mi volevo lavare le mani. Fin quando all’alba gli dissi che volevo andare via perché avevo quell’odore di sangue di un mio fratello che non andava via e volevo tornare a casa. – Maurizio Lupini, dopo un attimo di silenzio conclude – Un fratello sì! E per qualche giorno il sangue mi rimase nelle unghie, non riusciva ad andar via”.

I Fatti: Verso le 18:20 del 7 gennaio 1978 mentre si apprestavano ad uscire dalla sezione di via Acca Larenzia, nel quartiere Tuscolano a Roma, per recarsi nel quartiere Prati cinque giovani furono colpiti dai colpi di diverse armi automatiche sparati da un gruppo di fuoco formato da 5 o 6 persone: uno di loro, Franco Bigonzetti, ventenne iscritto al primo anno di medicina e chirurgia, rimase ucciso sul colpo. Vincenzo Segneri ferito ad un braccio, insieme a Maurizio Lupini e a Giuseppe D'Audino riuscirono a rientrare all'interno della sede chiudendo la porta blindata dietro di loro e a sfuggire all'agguato di stampo terroristico. L'ultimo del gruppo, Francesco Ciavatta, studente di diciotto anni, pur essendo ferito tentò di fuggire attraversando la scalinata situata a lato dell'ingresso della sezione ma, inseguito dagli aggressori, fu colpito nuovamente alla schiena e morì in ambulanza, arrivata sul posto dopo oltre 30 mi
nuti, durante il trasporto in ospedale.Nelle ore seguenti, col diffondersi della notizia dell'agguato tra i militanti missini, una sgomenta folla di attivisti organizza un sit-in di protesta sul luogo della tragedia. In seguito, forse per il gesto di un giornalista che, distrattamente avrebbe gettato un mozzicone di sigaretta nel sangue rappreso sul terreno di una delle vittime della sparatoria, iniziarono dei tafferugli e scontri provocando l'intervento delle forze dell'ordine con cariche e lancio di lacrimogeni. Uno di questi colpì anche l'allora segretario nazionale del Fronte della Gioventù (FdG) Gianfranco Fini.
I carabinieri spararono anche alcuni colpi in aria mentre, uno di loro, il capitano Edoardo Sivori, sparò mirando ad altezza d'uomo ma la sua arma si inceppò. L’ufficiale, allora, si fece consegnare la pistola dal suo attendente e sparò di nuovo, questa volta centrando in piena fronte il diciannovenne Stefano Recchioni, militante della sezione di Colle Oppio e chitarrista del gruppo di musica alternativa Janus. Il giovane morirà dopo due giorni di agonia.Alcuni mesi dopo l'accaduto, il padre di Ciavatta, portiere di uno stabile in Via Deruta 19, si suicidò per la disperazione bevendo una bottiglia di acido muriatico.




ROMA, STRAGE DI VIA ACCA LARENZIA 1978 – 2013: OGGI ALLE 18 LA COMMEMORAZIONE

Redazione

Roma – Riproponiamo la video intervista a Maurizio Lupini effettuata il 12 maggio 2012.  Un’intervista in esclusiva concessa a L’osservatore laziale da Maurizio Lupini uno dei tre ragazzi sopravvissuti alla strage di Acca Larenzia (7 gennaio 1978). L’intervista ha avuto luogo nella storica sede romana di via Ottaviano 9, messa gentilmente a disposizione dai ragazzi di Ottaviano. Trentaquattro anni dopo, Lupini ripercorre quei momenti con attimi carichi di commozione. All’epoca dice Lupini, “La politica per noi significava confrontarci in merito a problemi “popolari”, un confronto con le aree studentesche con gli operai nelle fabbriche, concettualmente stavamo affrontando le stesse problematiche dei ragazzi di sinistra”.  I media però li hanno dipinti diversamente.  Via Acca Larenzia non è stato un atto finale di contrapposizione tra rossi e neri, piuttosto un’azione militare di diversivo…”. Infatti, ricorda Lupini, dopo un paio di mesi ci fu il rapimento Moro e la strage della sua scorta.

tabella PRECEDENTI:

12/05/2012 ACCA LARENZIA STRAGE, POLITICA E POTERI FORTI. PARLA MAURIZIO LUPINI