PROVINCE: LA CAMERA "PARTORISCE" IL PRIMO SI ALL’ABOLIZIONE

Redazione

Roma – La Camera ha approvato in nottata il disegno di legge sulle Province e le città metropolitane con 277 voti favorevoli e 11 contrari di Sel. Lega Nord, Forza Italia e il M5S non hanno partecipato alla votazione in segno di protesta.
Il ddl del ministro degli Affari regionali, Graziano Delrio, ora passa al Senato: se diventerà legge, trasformerà i consigli provinciali in assemblee di sindaci.

Le nuove norme prevedono la trasformazione dei consigli provinciali in assemblee dei sindaci, che lavoreranno a titolo gratuito; Saranno istituite nove città metropolitane; la disciplina della fusione dei comuni. Nell’intento del disegno di legge Delrio, le Province comprenderanno aree più vaste di quelle attuali e i loro rappresentanti saranno designati non più dai cittadini, ma dagli amministratori locali, che sceglieranno tra i sindaci dei comuni del territorio.

Rispetto a oggi, non bisognerà pagare gli stipendi a presidenti, consiglieri e assessori. La struttura portante della Repubblica delle autonomie dovrebbe avere il suo perno su due soli livelli territoriali di rappresentanza politica: i comuni e le regioni.

Antonio Saitta presidente dell’Unione delle Province Italiane ha polemizzato contro la decisione, presa con la legge di stabilità, di cancellare le prossime elezioni del 2014 per le 52 province in scadenza e le 20 commissariate: “Presenteremo ricorso alla magistratura contro questa norma che lede un diritto inalienabile dei cittadini”. Di opposto parere il M5S: “Un altro dei disegni di legge truffa scritto dal Pd che finge di abolire le provincie – ribadisce su Facebook la deputata Giulia Grillo – e di fatto cambia solo il nome se possibile peggiorando il groviglio amministrativo contabile e di responsabilità gestionale che già con le province era a livelli di allerta.
 




CORSA AD OSTACOLI PER LETTA, PROSSIMA TAPPA: IL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI

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Emanuel Galea

Da quando ha assunto l'incarico di guidare questo governo di larghe intese Enrico Letta si è reso conto che la sua non sarà una passeggiata. Dall'inizio si è dimostrata per quello che è, una corsa ad ostacoli. Determinato e con le idee chiare ha subito messo in allerta i lobbisti e ogni sua dichiarazione d'intenti è da questi guardata con sospetto, pronti ad affossarla ogniqualvolta minacci interferenze con i loro interessi. Per fortuna il nuovo Presidente si sta dimostrando sicuro di se stesso e libero dai soliti compromessi.

La tappa dell'abolizione delle province è stata superata, salvo imprevisti, ed entro sei mesi, dice lui, il provvedimento dovrà giungere in porto.

La prossima corsa ad ostacoli sarà la più dura perché tocca la carne viva degli apparati dei partiti. Per Letta questa sarà la prova del fuoco. Se vince questa battaglia, lo potremmo considerare il nuovo Caesar dopo Romolo Augusto , l'ultimo imperatore romano d'Occidente. L'abolizione del finanziamento è la madre di tutte le battaglie. Ci hanno provato i Radicali con un referendum 20 anni fa. E' stato un plebiscito ma, come si sa, l'apparato partitico ce l'ha messa tutta riuscendo a scippare quella volontà popolare e la democrazia non ha potuto far altro che soccombere. Questa volta i tempi sembrano più maturi e, per adoperare un eufemismo, un lucignolo di speranza si intravede in fondo al viale in questa nottata senza luna. 

Il 31 maggio 2013 il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge per la progressiva abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Fra l'altro il ddl prevede la sostituzione del finanziamento pubblico dei partiti con un sistema basato sulla contribuzione volontaria da parte dei privati, il due per mille da sottoscrivere in sede di dichiarazione dei redditi annuale, fissando naturalmente, alcune norme per i partiti, per poter usufruire di questa contribuzione.

A reggere la fila di coloro che, con denti ed unghie lottano per il mantenimento del finanziamento ai partiti è Ugo Sposetti del Pd. Al tg La7, intervistato dichiara: «Il due per mille, così come vogliono cambiare il finanziamento va bene se sono tutti gioiellieri, se viene dai pensionati della Cgil gli arriva poco… e finiamo per fare un sostegno a un partito ricco e uno a un partito povero: non funziona così la democrazia».

Il ragionamento di Sposetti, persona intelligentissima e di tutti quelli che come lui ragionano, non regge, oserei dire che lo trovo patetico. Forse sarebbe ora di finirla con questo discorso del partito ricco e quello povero. Quale sarebbe il partito povero, quello che ha immobili per milioni di euro? Quello che ha investimenti? Come mai ogni volta che ci sta una scissione si presenta sempre il problema del patrimonio, dei beni mobili ed immobili da dividere? E' falso dire che la politica costa. Costano gli apparati dei partiti che raramente fanno “politica” intesa come iniziativa per il bene della collettività.

La gente condivide l'iniziativa di Enrico Letta, a tutti quelli che fanno “politica” lo Stato, anziché elargire denaro dovrebbe offrire servizi. Sale gratuite per le riunioni, spazi sulle tv pubbliche, stampa manifesti gratuiti, un numero di telefonate a tariffa agevolata, rappresentanza ed ospitalità controllata e pagata dall'economato dello stato ed altri servizi. In poche parole, risparmiare al partito “il fastidio di maneggiare denaro”. Se diamo un'occhiata ai compensi di ogni deputato; ci accorgiamo che una delle voci della busta paga rappresenta un tot per i contatti con l'elettorato. Ai signori sposetti dei partiti “poveri”di destra e sinistra che ci vogliono convincere che il finanziamento pubblico serve per fare funzionare la democrazia consigliamo loro di liquidare i loro vari immobili ed il ricavato sommato ad altri eventuali investimenti ed utilizzarlo per fare “politica” al servizio della comunità. L'art.49 della Costituzione non contempla possedimenti ed investimenti ma semplicemente che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. La politica nazionale si determina con le giuste iniziative e sembra che Enrico Letta è determinato a seguire questo corso.




ABOLIZIONE PROVINCE, CUSANI CHIEDE INTERVENTO DELLA POLVERINI

Redazione

E' stato approvato all’unanimità, oggi nel corso del Consiglio provinciale, l’ordine del giorno riguardante la Riforma delle Province nel quale si chiede alle Regioni, in questo caso alla presidente Renata Polverini, di impugnare il decreto che prevede l’abolizione delle Provincie, davanti alla Consulta. Il presidente Armando Cusani ha spiegato che il provvedimento incluso nel decreto Salva Italia, è marcatamente illegittimo e non rispettoso della nostra Costituzione e con l’abolizione delle Province non ci sarà alcuna riduzione di costi”.

A conclusione della votazione, all’unanimità l’assise ha approvato anche l’ordine del giorno a favore dei pescatori pontini.

 

IL TESTO

Il Consiglio provinciale,

Premesso

che la grave situazione economica e finanziaria impone che tutte le istituzioni si facciano

carico dell’equilibrio dei conti pubblici e, allo stesso tempo, di rilanciare la crescita del Paese;

che solo attraverso l’impegno e il concorso di tutte le istituzioni della Repubblica è possibile coniugare risanamento, equità e crescita in una prospettiva di coesione sociale e territoriale;

che l’Italia ha oggi bisogno di un profondo processo di riordino istituzionale con un percorso di riduzione degli sprechi nella spesa;

che il Parlamento il 28 dicembre 2011 ha approvato in via definitiva la legge di conversione del decreto legge 201/2011 che contiene, nell’art. 23, commi 14 – 22, disposizioni che prefigurano uno svuotamento dell’istituzione Provincia, fino alla scomparsa della stessa;

Considerato

Che il Governo ha definito e varato norme che impattano direttamente su istituzioni che sono previste come elementi costitutivi della Repubblica dalla Costituzione senza prevedere, anzi volutamente escludendo, qualunque forma di confronto e preventiva condivisione con i rappresentanti delle Province;

che l’articolo 23, commi 14 – 22, dal punto di vista del merito, è palesemente in contrasto con i principi e le disposizioni costituzionali che disciplinano i rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali ed, in particolare, gli tabella 5, 114, 117 (comma 2, lettera p) e comma 6), 118 e 119 della Costituzione ed è, altresì, incongruente con i principi generali e con la disciplina degli enti locali del nostro ordinamento;

che la norma, lungi dal consentire risparmi – come indicato espressamente dalle relazioni

tecniche della Camera e del Senato, che non hanno ritenuto di potere quantificare alcuna cifra dai risultati delle misure stesse – produce notevoli costi aggiuntivi per lo Stato e per la Pubblica amministrazione, ingenera caos nel sistema delle autonomie e conseguenze pesanti per lo sviluppo dei territori;

che la norma non tiene minimamente in conto dell’aumento della spesa pubblica, pari ad almeno il 25% in più, che si avrebbe dal passaggio del personale delle Province (56.000 unità) alle Regioni o dal trasferimento di competenze di area vasta ai Comuni;

che il decreto non considera l’impatto che il trasferimento delle funzione delle risorse oggi

gestite dalle Province (12 miliardi di euro secondo gli ultimi dati del Siope) avrà sui bilanci e sul l’organizzazione delle Regioni e dei Comuni già oggi gravati dalle difficili condizioni di sostenibilità del loro patto di stabilità;

che il decreto non considera la difficoltà a computare e trasferire il patrimonio e il demanio delle Province: 125.000 chilometri di strade, oltre 5.000 edifici scolastici, 550 centri per l’impiego, sedi, edifici storici, partecipazioni azionarie dotazioni strumentali, ecc.;

che la nonna impone una modifica della normativa tributaria, poiché le entrate tributarie,

patrimoniali e proprie delle Province dovranno passare in quota parte a Regioni e Comuni per garantire il finanziamento delle funzioni, proprio nel momento in cui si stanno verificando le condizioni per il passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard nelle Province attraverso l’attuazione delle nonne sul federalismo fiscale;

che la nonna avrà effetti devastanti sulle economie locali, poiché produrrà il blocco totale degli investimenti programmati e in corso delle Province, perché i mutui contratti dalle Province, nei casi in cui questo fosse possibile, dovrebbero essere spostati alle Regioni o alle altre amministrazioni locali, e che ostacolerà i diversi progetti, anche pluriennali, finanziati dai fondi strutturali Ue o da sponsor o fondazioni bancarie in cui sono impegnate le Province, con il serio rischio di interrompere la gestione delle attività e dei connessi importantissimi flussi di spesa;

 

Approva il presente Ordine del giorno.

 

Le Province richiedono unitariamente alle Regioni di promuovere i ricorsi di fronte alla Corte Costituzionale, per fare dichiarare l’incostituzionalità delle disposizioni contenute nell’art. 23, commi 14 – 21, del decreto legge 20 l /20 Il che violano i principi costituzionali di autonomia e democrazia e sono in contrasto con la forma di stato prevista dal titolo V, parte II, della Costituzione.

 

Le Province richiedono unitariamente al Governo e al Parlamento di approvare una riforma organica delle istituzioni di governo di area vasta che sia basata sulle seguenti priorità:

1. Intervento immediato di razionalizzazione delle Province attraverso la riduzione del numero delle amministrazioni: la razionalizzazione dovrà essere effettuata in ambito regionale, con la previsione di accorpamenti tra Province, mantenendo comunque saldo il principio democratico della rappresentanza dei tenitori, con organi di governo eletti dai cittadini e non nominati dai partiti.

2. Ridefinizione e razionalizzazione delle funzioni delle Province, in modo da lasciare in

capo alle Province esclusivamente le funzioni di area vasta.

3. Eliminazione di tutti gli” enti intermedi strumentali (agenzie, società, consorzi) che

svolgono impropriamente funzioni che possono essere esercitate dalle istituzioni

democraticamente elette previste dalla Costituzione.

4. Istituzione delle Città metropolitane come enti per il governo integrato delle aree

metropolitane.

5. Riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato, legato al riordino delle Province.

6. Destinazione .dei risparmi conseguiti con il riordino degli enti di area vasta ad un fondo speciale per il rilancio degli investimenti degli enti locali.

Per conseguire questi obiettivi le Province individuano i seguenti strumenti:

 

l’approvazione urgente di un una nonna. nella legge di conversione del Decreto Legge 29 dicembre 2011, n. 216 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative” . che superi l’ipotesi del commissariamento delle Province che dovrebbero andare al voto nella primavera del 2012 e che consenta di prorogare la scadenza degli organi democraticamente eletti fino all’approvazione di una riforma organica delle Province.

 

l’immediata approvazione della Carta delle Autonomie, inspiegabilmente bloccata al Senato, per definire “chi fa che cosa” ed eliminare i costi e le disfunzioni prodotti dalle duplicazioni delle funzioni e per razionalizzare l’intero sistema istituzionale locale, in attuazione dei principi previsti dal nuovo Titolo V, parte II, della Costituzione;

la rapida approvazione delle proposte. di riforma costituzionale attualmente depositate presso la Camera dei Deputati sul riordino delle Province e delle Città metropolitane, per assegnare alle Regioni un ruolo centrale nel dimensionamento di tutte le istituzioni territoriali.

 

Il Consiglio provinciale

 

Dice no ad un ‘Italia senza Provincia perché:

. Ci sarebbero meno garanzie democratiche.

. Verrebbero garantite meno opportunità a chi è più debole. Diminuirebbe l’identità locale fatta di storia e cultura.

. Le Istituzioni si allontanerebbero dai cittadini.

 

Il Consiglio provinciale chiede:

 

. ai Parlamentari del territorio di farsi promotori in Parlamento di iniziative volte a garantire l’esistenza delle Province intese come strumento di partecipazione democratica dei cittadini nel governo del territorio;

. alle organizzazioni sindacali di mobilitarsi contro l’abolizione o allo svuotamento delle

Province, per tutelare le persone che ci lavorano;

. Alle forze economico-sociali di mobilitarsi per ristabilire un punto di riferimento

istituzionale certo nel territorio, per garantire il rilancio degli investimenti per lo

sviluppo locale.

. Ai cittadini tutti, agli uomini di cultura, alle associazioni e ai gruppi di volontariato di manifestare il loro amore per il territorio, opponendosi all’abolizione o allo svuotamento delle nostre Province, o alla loro trasformazione in enti nominati dai partiti e non eletti direttamente dal popolo.