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STAMINA: CONDANNATI A MORTE SENZA CONOSCERE LA VERITA’

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Tempo di lettura 4 minuti Al ricorso Tar del Lazio, l’associazione Viva la Vita Italia Onlus vuole andare fino in fondo e percorrerà questa battaglia come parte diretta

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di Cinzia Marchegiani

Stamina o non Stamina, e il mistero del ricorso al Tar del Lazio ormai è sotto gli occhi di tutti. Il processo sembra aver incatenato il verdetto di questo ricorso che, va ricordato, il 4 dicembre 2013 del Tar del Lazio con l’ordinanza n. 4728/2013 accoglieva la domanda della Stamina Foundation Onlus, sospendendo il provvedimento impugnato. Infatti dopo che il 1°agosto 2013 il Comitato riceveva la metodica di preparazione del c.d. “metodo Stamina” ed il 29 agosto 2013, lo stesso Comitato scientifico esprimeva all’unanimità parere negativo sul metodo esaminato, seguiva la “presa d’atto” del Ministero della Salute secondo cui la sperimentazione non poteva essere ulteriormente proseguita.
La decisione del TAR si fonda ancora oggi principalmente su tre principi ritenuti sostanziali per la fase istruttoria del procedimento amministrativo ed anche – come nel caso in esame – per quello avente ad oggetto una sperimentazione medica: principio dell’imparzialità e indipendenza, soccorso istruttorio e istruttoria in contraddittorio.
Il principio dell’imparzialità e indipendenza del Comitato scientifico, espressamente richiamato nel d.m. 18 giugno 2013, inteso primariamente in senso ideologico e non necessariamente economico, si concretizza innanzi tutto nel “non approcciarsi alla sperimentazione in modo prevenuto, per averla già valutata prima ancora di esaminare la documentazione prodotta".. Nel sottolineare l’importanza di un approccio scevro da giudizi precostituiti, il TAR ha accolto il motivo con cui si denunciava l’illegittima composizione del Comitato, essendo stati nominati come componenti dei professionisti che in passato, ben prima dell’inizio dei lavori e di conoscere i protocolli, avevano espresso forti perplessità o addirittura accese critiche sull’efficacia del metodo Stamina. Ora sembra che si voglia passare un bel colpo di spugna su tutto mentre è doveroso capire come il Ministero della Salute abbia tutelato le famiglie dei malati, poiché ombre pesanti si stanno addensando anche sull’ultimo comitato scientifico che come il primo, ha il compito di stabilire le modalità operative della sperimentazione, affidando all’AIFA e all’ISS la valutazione dei risultati della sperimentazione potendosi avvalere eventualmente del parere del comitato scientifico ovvero di esperti internazionali indipendenti.

VIVA LA VITA ITALIA ONLUS PRENDE POSIZIONE

Ora che Davide Vannoni non sembra voler più scardinare quelle porte delle stanze segrete, sono le stesse associazioni dei malati che prendono di petto questa situazione. Viva la Vita Italia ONLUS lancia la sua posizione e il suo presidente Giacomo Gigliotti dichiara all'Osservatore d’Italia, che pur rispettando le scelte processuali e le strategie legali dell'imputato Prof Vannoni presidente di Stamina Foundation e considera irrilevanti, nell'interesse generale e dei diritti civili dei malati, le sue sorti e scelte personali: «tuttavia riteniamo importante salvaguardare e approfondire, dal punto di vista scientifico, una metodica che tanto ha fatto discutere e sperare; malati adulti e bambini e famiglie che hanno speso denaro in cause civili per essere ammessi alle cure compassionevole con la metodica stamina, ottenendo purtroppo anche alterni risultati processuali. La metodica Stamina si è dimostrata una possibilità terapeutica sicuramente senza effetti collaterali e in molti casi con evidenti risultati scientifici. Pertanto continueremo a cercare e pretendere la verità anche dalla comunità scientifica; a questo scopo siamo favorevoli nel continuare a percorrere la strada del ricorso al Tar, non più ad "adiuvandum", ma come parte diretta.
L 'obiettivo è fare chiarezza su questa vicenda che non può essere accantonata e farsi che venga dimenticata come altre volte successo in passato in altri ambiti solo per salvaguardare interessi economici e lobbistici.»

In effetti qualcosa di molto grave era avvenuto con il parere del primo comitato scientifico e la successiva presa d’atto della Lorenzin, come spiega anche un testo giuridico nel dettaglio:«nel considerare la relazione del Comitato scientifico e la nota di accompagnamento, il TAR rileva che il Comitato, il quale come detto non aveva il compito di valutare la sussistenza delle condizioni per iniziare la sperimentazione, avrebbe dovuto convocare nuovamente la Fondazione Stamina per comunicare i motivi che impedivano di proseguire nella sperimentazione e “al fine di verificare se dubbi e carenze riscontrate potessero essere colmate con l’ausilio di chi, su tale Metodo, aveva lavorato e solo successivamente, ove le carenze fossero rimaste, esprimere parere negativo. Da qui il passaggio alla successiva censura del giudice sull’operato del Ministero della salute che, anziché limitarsi a “prendere atto” del parere negativo, avrebbe potuto-dovuto sollecitare la collaborazione della Fondazione. Il TAR indica, pertanto, all’Amministrazione l’applicazione del principio del soccorso istruttorio e della partecipazione collaborativa, che consente di acquisire tutti i contribuiti utili a pervenire ad un riscontro obiettivo e, di conseguenza, alla migliore individuazione dell’interesse pubblico concreto. Il centrale interesse della salute avrebbe richiesto un maggiore approfondimento: anziché liquidare il metodo con un parere negativo redatto in meno di un mese, la Commissione avrebbe dovuto instaurare un contraddittorio sulle questioni di sicurezza del metodo (c.d. “Buone prassi di fabbricazione”), unico limite previsto dal legislatore.
La conclusione dell’iter argomentativo dell’ordinanza affronta il cuore della questione, evidenziando che l’importanza e la delicatezza dell’interesse in gioco rende necessaria l’applicazione di un’istruttoria svolta in contraddittorio.
In sostanza, solo un’approfondita istruttoria in contraddittorio potrà “convincere anche i malati con patologie dall’esito certamente infausto, e che su tale Metodo hanno riposto le ultime speranze, che il rimedio stesso non è, almeno allo stato, effettivamente praticabile”
. Proprio la giusta preoccupazione che non vengano praticate cure inutili o addirittura dannose, che creino illusioni o false speranze nei malati, rende necessaria un’istruttoria “a tal punto approfondita in tutti i suoi aspetti da non lasciare più margini di dubbio»

Ne vedremo ancora delle belle, peccato che nel frattempo anche Ludovica Franchi,la bimba affetta da Tay Sachs forse sarà costretta a subire la tracheotomia…nonostante i genitori abbiamo scalato montagne affinché non perdesse quei straordinari successi che purtroppo ha cominciato a perdere repentinamente senza più le infusioni. Anche questo non è uno stato che andrebbe studiato? E allora la domanda sorge spontanea, qualcuno si è assunto delle grandi responsabilità e sono soprattutto etiche, quelle stesse scelte che hanno dato il permesso di curare malati di Ebola con farmaci classificati come cure compassionevoli.
Ad oggi un’istantanea crudele racconta di una guerra in questo paese, dove ci sono dei condannati a morte senza avere la possibilità di conoscere la verità, neanche l’ultimo desiderio sembra poter essere concesso a queste famiglie. Ecco perché ancora con più forza le associazioni a tutela dei malati vogliono andare in fondo. E i parlamentari che fanno? Dal loro silenzio sembrerebbe che si siano lavati le mani.


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Nobody Wants to Die, il videogame thriller in salsa cyberpunk

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Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.

Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.

L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 7
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Threads in forte ascesa, superati i 200 milioni di utenti

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Threads, l’ultimo nato fra i social di Meta, ha superato il traguardo dei 200 milioni di utenti. Lo ha affermato con un post online Adam Mosseri, capo di Instagram, sulla cui rete Threads si basa. L’annuncio arriva un giorno dopo che Mark Zuckerberg aveva dichiarato durante una call sugli utili di Meta, che l’app stava per raggiungere i 200 milioni di utenti. In passato, il fondatore di Facebook ha più volte ipotizzato che Threads mira a diventare un social da un miliardo di iscritti. “La mia speranza è che Threads possa ispirare idee che uniscano le persone e che questa straordinaria comunità continui a crescere. Grazie a tutti per aver investito il vostro tempo e fornito feedback che rendono questo posto migliore per tutti” ha scritto Mosseri dal suo profilo su Threads. Come concorrente di X, l’app deve ancora risolvere alcune lacune che la differenziano ancora dal colosso guidato da Elon Musk. Come scrive Engadget, la stessa Meta è conscia del fatto che l’algoritmo che presenta i post in tempo reale di X sia molto più veloce di quello su Threads. “Non siamo ancora abbastanza veloci, e stiamo lavorando attivamente per migliorare” ha proseguito Mosseri. In ogni caso i numeri parlano chiaro, Threads in poco tempo sembra aver conquistato un elevato numero di utenti e sembra che il fenomeno sia destinato a crescere. Riuscirà a diventare la nuova punta di diamante di Meta? Lo scopriremo solo seguendo gli sviluppi e la crescita di questo giovanissimo social media.

F.P.L.

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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