Esteri
Siria, missili su Damasco e Homs: partito l’attacco congiunto Usa, Gran Bretagna e Francia
Published
7 anni faon
Primi missili Tomahawk su Damasco e Homs nello stesso momento in cui Donald Trump stava ancora parlando alla nazione, intorno alle 22 ora di Washington, le tre del mattino in Italia. Un discorso drammatico, in cui ha insistito sulla necessità di agire contro i crimini e la barbarie perpetrati dal regime di Bashar al Assad, definito “un mostro” che massacra il proprio popolo
Sciolte le riserve del presidente Usa che ha ordinato la rappresaglia in stretto coordinamento con Londra e Parigi.
Per ora si è trattato di una ‘one night operation’, un’operazione unica durata poco più di un’ora, nel corso della quale sono stati colpiti principalmente tre obiettivi, come ha spiegato il Pentagono: un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito di stoccaggio per armi chimiche a ovest della città di Homs e un importante posto di comando situato nei pressi del secondo obiettivo. I missili sono partiti sia da alcuni bombardieri sia da almeno una delle navi militari americane posizionate nelle acque del Mar Rosso. “Questo è un chiaro messaggio per Assad”, ha spiegato il segretario americano alla Difesa, l’ex generale James Mattis, assicurando come al momento non si registrino perdite tra le forze Usa e come sia stato compiuto ogni sforzo per evitare vittime civili.
Del resto, ha sottolineato ancora il numero uno del Pentagono, si è trattato di un attacco mirato che ha avuto come obiettivo solo siti legati alla produzioni o allo stoccaggio di armi chimiche. “Lo scorso anno il regime di Assad non ha compreso bene il messaggio”, ha aggiunto quindi Mattis, riferendosi al precedente attacco militare Usa in Siria dell’aprile 2017: “Così questa volta abbiamo colpito in maniera più dura insieme ai nostri alleati. E se Assad e i suoi generali assassini dovessero perpetrare un altro attacco con armi chimiche, dovranno rispondere ancora di più alle loro responsabilità”.
La prima risposta di Mosca, stretta alleata di Damasco, è arrivata dopo l’annuncio della fine della prima ondata di raid e di bombardamenti:
“Le azioni degli Usa e dei loro alleati non resteranno senza conseguenze”, ha detto l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov. L’impressione di molti osservatori però è che gli obiettivi da colpire siano stati condivisi con Mosca, non fosse altro che per evitare incidenti e non colpire personale o postazioni russe in Siria. Intanto la prima reazione di Damasco è tesa a sminuire i risultati dell’operazione degli Usa e dei suoi alleati: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Damasco, i danni sono limitati.
Dura la reazione dell’Iran
“Gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno prove sull’attacco chimico in Siria e sono responsabili per le conseguenze regionali che seguiranno all’attacco deciso senza aspettare che prendessero una posizione gli ispettori dell’Opac”: lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Bahram Ghasemi, citato da alcuni media americani.
Theresa May: “Attacchi coordinati e mirati per ridurre il potenziale dell’armamento chimico del regime siriano”
“Ho ordinato alle forze britanniche di condurre attacchi coordinati e mirati per ridurre il potenziale dell’armamento chimico del regime siriano e dissuaderne l’uso”. Così la premier Theresa May in una nota diffusa in nottata da Downing Street nella quale si precisa che l’azione militare è realizzata con “gli alleati americani e francesi”.
L’obiettivo “non è un cambio di regime”, sottolinea, insistendo sul concetto di azioni “mirate” contro l’arsenale di armi chimiche attribuito alle forze di Bashar al-Assad. Per dissuadere “il regime” dal farne uso e ammonire che non ci può essere “impunità” al riguardo, conclude May.
“La Russia è stata avvertita in anticipo degli attacchi militari congiunti di Usa, Regno Unito e Francia contro la Siria”. Lo afferma la ministra della Difesa francese, Florence Parly. La ministra ha aggiunto che l’operazione in Siria è stata “legittima, limitata e proporzionata”.
La Nato sostiene l’attacco di Usa, Gran Bretagna e Francia contro i siti di armi chimiche del regime siriano.
Lo afferma il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg in una nota. L’azione di stanotte “ridurrà la capacità del regime di condurre ulteriori attacchi contro il popolo siriano con armi chimiche”, aggiunge Stoltenberg, ribadendo come sia “inaccettabile” l’utilizzo dei gas.
Poche ore prima il ministero della Difesa russo aveva affermato di avere la prova di un coinvolgimento diretto della Gran Bretagna nell’organizzazione della “provocazione” del presunto attacco chimico nella Ghuta. E il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov aveva dichiarato: “Abbiamo dati inconfutabili” sul fatto che l’attacco chimico di Duma, in Siria, è stato organizzato”. “I servizi speciali di un paese, che ora sta cercando di essere nelle prime file della campagna russofoba, sono stati coinvolti in questa messa in scena”, ha aggiunto il reponsabile della diplomazia del Cremlino.
Il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo francese Emmanuel Macron hanno avuto ieri una telefonata.
Alla domanda se i due leader avessero discusso della situazione in Siria, ha detto: “sì, la conversazione ha toccato questo argomento”. Vladimir Putin ed Emmanuel Macron nel corso della loro telefonata hanno deciso di dare mandato ai rispettivi ministri della Difesa e degli Esteri di mantenere uno “stretto contatto” per una “de-escalation” della situazione in Siria. Lo fa sapere il Cremlino. Entrambi i leader hanno poi espresso “soddisfazione” per l’arrivo degli esperti dell’Opac a Damasco. Putin ha sottolineato che serve un’indagine “oggettiva” prima della fine della quale conviene evitare “accuse infondate” contro “chiunque”. “Abbiamo la prova che la settimana scorsa sono state utilizzate armi chimiche in Siria da parte del regime”: ha detto ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, intervistato in diretta da TF1. E sempre ieri Angela Merkel ha escluso una partecipazione tedesca ad un intervento militare in Siria. Lo ha detto in conferenza stampa con il premier danese.
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