Connect with us

Editoriali

Sfascisti, faranno fuori Salvini come Berlusconi?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

Già il 28 di agosto l’editorialista de Il Tempo Marcello Veneziani scriveva così: “Faranno fuori Salvini e so chi metteranno al suo posto”. Una nefasta profezia, che però trova cassa di risonanza in ciò che sta accadendo in queste settimane. Abbandonato ormai l’argomento dei migranti, ora il governo che gli Italiani hanno votato e che l’opposizione compatta – da centrodestra a centrosinistra e sinistra, cosa epocale – sta cercando di scalzare, ognuno per i propri interessi politici, è sotto un attacco mai accaduto nella storia della nostra repubblica.

S’è scomodato perfino Tajani, dichiarando in televisione che: “Questo governo va fermato, perché fa male all’Italia”

Accenti da marcia su Roma, e speriamo che nessuno sia così idiota da raccogliere questa istigazione all’insurrezione. Di fessi, purtroppo, siamo pieni e qualcuno potrebbe sentirsi autorizzato a compiere atti che, se fossero visti dall’altra parte, andrebbero classificati come ‘fascisti’. Mentre quelli che tuonano su media scritti e parlati sono ‘sfascisti’, o ‘disfattisti’, se qualcuno gradisce un termine caro al ventennio. Perché di questo si tratta. Salvini e il suo governo, in tandem con Di Maio, è sottoposto ad un bombardamento becero e cieco. Assistiamo alle riserve del PD, ancora rivitalizzate da un fertilizzante renziano, che in televisione recitano a memoria la lezioncina piena di bugie, facendo terrorismo politico e psicologico, senza nessuna attinenza con la realtà.

Accusare l’attuale governo di immobilismo, di inconcludenza e di incompetenza è davvero una menzogna

Come lo è accusarlo di continue liti e fratture. La verità è sotto gli occhi di tutti: i programmi trovano attuazione, i contrasti momentanei – ove ce ne fossero – servono ad aggiustare il tiro, nell’interesse del cittadino. Le accuse di populismo e sovranismo sono state respinte al mittente da un intervento sacrosanto del premier Conte: in realtà la sovranità del popolo è nell’articolo 1 della nostra sempre citata e ancor più disattesa Costituzione – proprio da coloro che accusano altri di violarla. Siamo all’assurdo. Attaccare un governo finalmente eletto – dopo quattro imposti – tramite regolari consultazioni, dimostra quello che da tempo sosteniamo su queste colonne. Cioè che chi comanda è l’Europa, con i suoi ‘poteri forti’; quei poteri che si sono opposti alla Brexit e che hanno paura di una eventuale Italexit, che soltanto vantaggi porterebbe alla nostra nazione. Chi teme quest’ultima soluzione è in realtà la Germania, che ne uscirebbe – lei sì – con le ossa rotte. Prova ne sia l’uscita che a suo tempo ci fu dell’Italia dal ‘Serpente monetario’: il Paese riprese vigore, le esportazioni aumentarono e ci fu un’ondata di benessere. Aggiunge Marcello Veneziani, nel suo editoriale su Il Tempo del 28 di agosto, che tutte le persone con cui ha parlato sono contente di questo nuovo governo, che finalmente fa ciò che piace ai cittadini. Di converso, tutti i media lo attaccano ferocemente. Allora noi ci chiediamo: che fiducia possiamo dare ai tiggì che mostrano soltanto aspre critiche al governo e alle sue iniziative, e anche, che fiducia possiamo dare ad alcuni ‘giornaloni’ che in prima pagina pubblicano non notizie, ma valutazioni faziose dell’azione di governo? È chiaro che anche questi ultimi sono di parte, magari legati ai finanziamenti pubblici. Quello che Renzi si è preoccupato di fare, quand’era al potere, è stato di infiltrare suoi fedelissimi nei gangli vitali dell’Amministrazione pubblica, e ora questa sua accortezza – che qualcuno potrebbe definire ‘totalitarista’ – gli torna utile.

Renzi non è morto – politicamente – , i traffici del cognato con i milioni di dollari dell’UNICEF non sono perseguibili, come riportano alcuni giornali in prima pagina

Salvato, il cognato, da una legge definita ‘ad personam’. Se manca una denunzia, nessuno potrà perseguire l’autore – presunto – dell’ammanco di 6 milioni e 600.000 dollari raccolti per i bambini meno fortunati, e dirottati – secondo alcune fonti ufficiali – verso le aziende di casa Renzi. Il giglio magico esiste ancora, ed è infiltrato nei gangli più profondi della nostra amministrazione pubblica: prova ne sia che Ermini – un avvocato di provincia fedelissimo di don Matteo – è stato eletto, con l’appoggio del centrodestra, alla presidenza del CSM, e sappiamo quale sia la potenza anche politica di questo organismo. E Berlusconi ne sa qualcosa. Tutti condannano lo sforamento programmato al 2,4% – mentre pare che l’Italia sia addirittura in avanzo primario – al contrario di ciò che accade alla Francia di Macron, la quale, lungi dall’essere criticata dai soliti buonisti per aver chiuso le frontiere ai migranti, si permette un 2,8%, con il beneplacito dell’establishment internazionale, a cui lui tiene bordone. L’impressione è che tutti temano che le misure adottate sortiscano l’effetto voluto, e che questo sia la fine della sinistra e della sua politica. Chi critica questo governo e le sue iniziative non ricorda che quando era al potere il PD l’Italia non aveva la benchè minima possibilità di crescita, sempre proclamata ma mai avvenuta, nella linea menzognera adottata anche oggi. Il reddito di cittadinanza, o di inclusione, o ciò che si vuole, porterà non soldi ai fannulloni, ma eliminerà sacche di povertà oggi irraggiungibili – perché il PD al potere per almeno cinque anni non ha fatto nulla? – e rimetterà in circolazione il denaro erogato. Anche le pensioni, se fossero aumentate, potrebbero portare vantaggio al mercato interno. Il pensionato, quello al di sotto dei mille euro, – che oggi è la maggioranza – si deve privare di tante cose, e per lo più non arriva a fine mese. Auspicando che i tagli ai ‘diritti acquisiti’ siano effettuati presto: un diritto, non ‘acquisito’, ma sancito dalla nostra Costituzione – sempre lei – è fra l’altro quello alla salute e al benessere del cittadino, senza discriminazioni di alcun genere. Soprattutto di emolumenti assurdi in un paese che si picca d’essere civile e democratico. L’aumento rimetterebbe in circolo buona parte delle somme, dando impulso all’economia interna. Insomma, le pensioni tornerebbero all’ovile sotto forma di impulso al commercio e aumento del gettito fiscale. La crescita non si stabilisce per decreto. Va preparata con misure strutturali, ciò che questo governo sta facendo, con grande capacità, nonostante l’opposizione dica il contrario – e il ministro Savona ne testimonia. Contro questo governo si è scatenato l’inferno. Speriamo che gli Italiani siano più intelligenti di quelli che lo vogliono affossare, e si regolino di conseguenza.

Roberto Ragone

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno senza Silvio Berlusconi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti