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Scuola, la denuncia Anief: tornano le classi pollaio anche in presenza di alunni disabili

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Le cronache di questi giorni ci dicono che la Buona Scuola non ha cambiato nulla sulla tendenza tutta italiana di concentrare troppi alunni nella stessa classe. Mentre in diverse zone della Francia il limite è di soli 12 alunni per classe, da noi si supera anche l’ultima normativa che ha spostato in alto la soglia di alunni per aula (il Dpr 81/09): quelli che dovevano essere casi ‘eccezionali’, sono diventati la norma. Eppure, il numero di studenti è in progressivo calo: dal 1° settembre 33mila in meno rispetto al 2016 e l’Istat ci dice che nel prossimo decennio di iscritti se ne perderanno 700mila. Fatto sta che a Milano si è arrivati a creare una classe-record da 37 alunni, gruppi extra-large sono presenti sulla costa adriatica, in Lucania ci sono classi da 26 alunni pure se le condizioni di sicurezza non lo permettono. Il diktat numerico, imposto da chi governa per fare cassa, non si ferma neanche in presenza di allievi con sostegno: nel vicentino si è creata una classe con 30 allievi di cui uno disabile grave. A mettere a posto le cose ci sono per fortuna i tribunali della Repubblica che impongono di non superare i 20 iscritti (con disabile grave) e se c’è rischio sismico la soglia scende a 17.

Marcello Pacifico (Anief-Cisal): nel gruppo-classe sono spesso presenti, oltre agli alunni con certificazione di disabilità, anche alunni con problemi di apprendimento a vari livelli, di cui non si tiene conto, e le lezioni diventano ancora più difficili da svolgere poiché necessitano di diverse programmazioni, azioni educative e valutazioni personalizzate non sempre di facile gestione. Anche la Legge 107/2015 è stata una delusione, perché ha introdotto nuove norme inutili, dopo aver pure cercato di alzare le soglie. Si rasenta l’assurdo quando l’ufficio scolastico arriva a ignorare, non accade di rado, la presenza in classe di casi ‘certificati’, con sostegno annesso: una presenza che riduce sensibilmente i tetti sempre più alti e fa scattare lo sdoppiamento di classe.

Proprio su questo punto, la lesione del diritto allo studio degli alunni più bisognosi, i disabili, il presidente Anief, Marcello Pacifico, ha scritto in questi giorni alle scuole e alle famiglie, rilanciando l’iniziativa “Sostegno: non un’ora di meno!”: ‘l’obiettivo è ottenere il rispetto del diritto allo studio e all’integrazione scolastica dei nostri figli e dei nostri alunni che, attraverso certificazioni idonee, devono ottenere quanto previsto dalle normative vigenti a loro tutela’. I genitori, guidati dai referenti Anief, possono chiedere la documentazione utile per il ricorso: ‘tutti i docenti, gli ATA e i Dirigenti Scolastici possono partecipare attivamente alla nostra iniziativa informando le famiglie e contribuendo a migliorare la nostra scuola’.

Con l’anno scolastico, torna lo spettro delle classi pollaio: è divenuto un caso nazionale la classe-record da 37 alunni a Milano, come ha destato scalpore una primaria di Malo, nel vicentino, da 30 allievi perché è stata allestita senza considerare la presenza di un alunno con disabilità grave. Non sono da meno i diversi gruppi-classe extra-large sulla costa adriatica. E nemmeno la classe a Genzano, in Lucania, da 26 alunni anche se le condizioni di sicurezza non lo permettono.

Se si è arrivati a questo punto il motivo è nell’innalzamento del numero di alunni per classe: una tentazione al risparmio statale facile, sulla pelle dei giovani in formazione, a cui alcuni degli ultimi Governi non sono riusciti a resistere. Il fenomeno, inoltre, è tipicamente italiano: in Francia, ad esempio, da quest’anno in alcune zone del Paese ogni classe avrà soltanto 12 alunni. A rendere inspiegabile la situazione è anche il dato sulla riduzione sensibile di alunni a livello nazionale: solo quest’anno se ne contano 33mila in meno rispetto al 2016/17. Nell’ultimo triennio quasi 100mila. Anche le previsioni indicano che la tendenza non si arresterà, perché non è casuale ma da correlare allo stop della crescita degli alunni stranieri iscritti nelle nostre scuole: l’Istat ha calcolato, riassume La Repubblica, che “fra cinque anni il calo degli alunni potrebbe attestarsi sulle 361mila unità e fra 10 anni sulle 774mila unità”.

“Partendo da questi numeri – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – viene da chiedersi come mai non si colga l’occasione per ridurre il numero di alunni per classe, che nelle prime classi delle superiori supera spesso le 30 unità. È un problema di notevole portata che rende difficile l’insegnamento del docente e l’apprendimento del discente. Tra l’altro, nel gruppo-classe sono spesso presenti, oltre agli alunni con certificazione di disabilità, anche alunni con problemi di apprendimento a vari livelli di cui non si tiene conto e le lezioni diventano ancora più difficili da svolgere, poiché necessitano di diverse programmazioni, azioni educative e valutazioni personalizzate non sempre di facile gestione”.

“Si rasenta l’assurdo – continua Pacifico – quando l’ufficio scolastico arriva a ignorare, non accade di rado, la presenza in classe di casi ‘certificati’, con sostegno annesso: una presenza che riduce sensibilmente la soglia sempre più alta oltre la quale scatta lo sdoppiamento. La Legge 107/2015 è stata una delusione, perché ha introdotto nuove norme inutili, dopo aver pure cercato di alzare le soglie. Avevamo chiesto precise garanzie nell’attuazione della delega della Buona Scuola su sostegno, ma senza averne riscontro”.

Diventa interessante, a questo proposito, andare a rivedere i contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 20 marzo 2009, introdotto con l’ultimo Governo Berlusconi, in base al quale anche in presenza della deroga del 10% stabilita dall’art. 4 per ogni ordine di scuola, in casi eccezionali si possono formare classi rispettivamente fino a un massimo di 26-28 alunni nella scuola dell’infanzia e primaria, fino a 27-30 alunni in quella secondaria di primo grado e fino a 30-33 alunni nella scuola secondaria di secondo grado.

Sono “tetti” più alti dei precedenti, disposti principalmente dai decreti ministeriali del 18 dicembre 1975 e 22 agosto 1992, oltre che dalla legge n. 23 del 1996, attraverso cui si stabiliva che il rapporto alunni-superficie scolastica non avrebbe dovuto superare 1,80 metri quadrati ad alunno nella scuola dell’infanzia e primaria, e 1,96 nella scuola secondaria. All’approvazione del decreto n. 81 del 2009 si sarebbe dovuta attuare una fase di riqualificazione dell’edilizia scolastica, condotta dal Ministero dell’Istruzione assieme al Mef, per evitare che quell’innalzamento recasse problemi di sicurezza nei luoghi pubblici. Ma quell’adeguamento non c’è mai stato. Una mancanza che diventa gravissima dal momento che oggi abbiamo quasi 250mila iscritti disabili sparsi per le scuole della Penisola.

Ad essere aggirato, infine, è il diritto allo studio e alla formazione. Ricordiamo, a questo proposito, se vi sono alunni con disabilità grave, la normativa vigente prevede che “il numero complessivo dovrebbe essere al massimo di 20 alunni, in modo da facilitare i processi di integrazione e d’inclusività”. La norma di riferimento è sempre il DPR 81/09 che consente una riduzione del numero di alunni per classe, restando però nel limite dell’organico assegnato alla scuola: significa che non verrà assegnato personale aggiuntivo per la formazione di nuove classi meno numerose, ma gli studenti dovranno essere distribuiti nelle altre classi, le quali diverranno numerose. È compito del dirigente scolastico prevedere un’equa distribuzione degli alunni disabili tra le varie classi. Qualora l’alunno disabile ravvisasse delle problematiche non gravi si potrebbe arrivare anche a 25 alunni complessivi. E comunque sempre con non più di due alunni disabili con problematiche non gravi, come indicato chiaramente dalla stampa specializzata, che ha ripreso l’art. 5, comma 2 dello stesso DPR.

E siccome le norme sono fatte per essere applicate, i giudici non possono che dare ragioni a chi ricorre contro chi le aggira: una sentenza esemplare, in questo verso, è la n. 1367 del 19 settembre 2016, con cui il Tar della Toscana, sezione di Firenze, con cui il tribunale ha dato ragione al genitore di un alunno disabile iscritto al primo anno di un liceo di Firenze che chiedeva l’annullamento del provvedimento con cui era stata istituita una classe da 31 studenti, tra cui due alunni con patologia invalidante. “Con tale ricorso – ha spiegato la stampa specializzata – si evidenziava come l’inserimento del ragazzo disabile in una classe di trentuno alunni (definita come “classe pollaio”) violasse il diritto costituzionale alla istruzione e alla integrazione scolastica, pregiudicando il corretto svolgimento della didattica e la stessa inclusione dei minori disabili”: una pronuncia, spiegano gli addetti ai lavori, che “darà luogo a numerosi ricorsi in opposizione alla prassi delle scuole italiane di infrangere la normativa vigente”.

Laddove l’edificio scolastico sia collocato in una zona ad alto rischio sismico, i limiti di presenze di allievi non devono andare oltre i 17 alunni per classe: a stabilirlo è stato, di recente, il Tar di Napoli, che ha dato ragione a un gruppo di genitori, che denunciavano la suddivisione di 43 alunni, di cui 5 disabili, in due sole classi. La soglia di 20 alunni, prevista in caso di alunni disabili gravi in classe scende a 17, proprio laddove vi sia anche un’alta possibilità di evento sismico.

Proprio su questo punto, la lesione del diritto allo studio degli alunni più bisognosi, i disabili, il presidente Anief, Marcello Pacifico, ha scritto in questi giorni alle scuole e alle famiglie, rilanciando l’iniziativa “Sostegno: non un’ora di meno!”: “l’obiettivo è ottenere il rispetto del diritto allo studio e all’integrazione scolastica dei nostri figli e dei nostri alunni che, attraverso certificazioni idonee, devono ottenere quanto previsto dalle normative vigenti a loro tutela”, ha scritto il sindacalista. I genitori, guidati dai referenti Anief, potranno richiedere la documentazione utile per presentare ricorso: “tutti i docenti, gli ATA e i Dirigenti Scolastici possono partecipare attivamente alla nostra iniziativa informando le famiglie e contribuendo a migliorare la nostra scuola”.

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Cronaca

Roma, San Paolo: due ladre tentano di investire la commessa di un negozio dopo la rapina

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ROMA – Nel pomeriggio di ieri, i Carabinieri della Stazione di Roma Garbatella sono intervenuti in viale Leonardo Da Vinci, arrestando due donne romane, di 20 e 30 anni, appartenenti a una nota famiglia di nomadi stanziali, con precedenti penali e disoccupate. Le due sono gravemente indiziate di rapina aggravata in concorso.
 
L’episodio è iniziato quando i titolari di un negozio di casalinghi, gestito da cittadini cinesi nel quartiere San Paolo, hanno denunciato che le due donne avevano sottratto diversi articoli per la casa. Una dipendente del negozio, notando il furto, ha cercato di fermarle, ma le due donne, nel tentativo di fuggire, sono salite a bordo della loro auto e hanno cercato di investirla.
 
I Carabinieri, giunti rapidamente sul posto, sono riusciti a bloccare le ladre. La refurtiva, trovata all’interno dell’auto, è stata restituita ai legittimi proprietari. Fortunatamente, la coraggiosa dipendente, visitata dai sanitari del 118, non ha riportato ferite.
 
Successivi accertamenti hanno rivelato che la 30enne era alla guida dell’auto senza patente, mai conseguita, motivo per cui è stata anche sanzionata per violazione al codice della strada. Il Tribunale di Roma ha convalidato l’arresto e disposto gli arresti domiciliari per entrambe le donne.
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Castelli Romani

Rocca Priora, arrestati due uomini sorpresi a sotterrare telai di auto rubate

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I Carabinieri della Stazione di Rocca Priora hanno arrestato due uomini italiani, rispettivamente di 59 e 67 anni, entrambi con precedenti penali, accusati di riciclaggio. L’operazione è avvenuta durante un normale servizio di pattugliamento del territorio, quando i militari hanno notato i sospetti intenti a scavare una buca con una ruspa in un terreno situato lungo la via Tuscolana, al chilometro 32. All’interno della buca, i Carabinieri hanno scoperto quattro telai completi di autovetture, successivamente identificati come proventi di furto.
 
Successivamente, i militari hanno eseguito una perquisizione in un capannone nei pressi del luogo del ritrovamento, anch’esso nella disponibilità dei due uomini arrestati. All’interno del capannone, sono state rinvenute numerose parti di veicoli smontati e privi di matricola, le quali sono state immediatamente sequestrate per ulteriori verifiche.
 
I due uomini arrestati sono stati posti agli arresti domiciliari nelle rispettive abitazioni, in attesa dell’udienza di convalida. Le autorità stanno proseguendo le indagini per chiarire ulteriormente la portata dell’attività illegale e identificare eventuali complici.
 
 
 
 
 
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Epidemia di Peste Suina, cresce la rivolta degli allevatori: il Ministro Lollobrigida nel mirino

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Il ministro dell’Agricoltura accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza

L’epidemia di peste suina sta mettendo in ginocchio gli allevatori del Nord Italia, con nuovi focolai che si diffondono in Lombardia e Piemonte, alimentando rabbia e frustrazione tra i produttori. Nonostante l’adozione di nuove misure di sicurezza da parte del Commissario straordinario Giovanni Filippini, la situazione continua a peggiorare, con 26 allevamenti contaminati solo in Lombardia, coinvolgendo le province di Pavia, Milano e Lodi.

La diffusione del virus in queste aree altamente densamente popolate da suini, che contano circa 4,5 milioni di capi, ha suscitato un’ondata di proteste da parte degli allevatori, già provati da oltre due anni di gestione considerata fallimentare dell’emergenza. Assosuini, una delle principali associazioni di settore, ha espresso la propria indignazione, lamentando che gli allarmi lanciati dagli allevatori sono stati ignorati per troppo tempo, lasciandoli ora a dover affrontare costi insostenibili e una situazione sanitaria al limite.

La tensione è ulteriormente aggravata dalla critica dei vertici di Coldiretti, che chiedono l’immediata erogazione degli indennizzi alle aziende colpite e certezze sui rimborsi per chi è costretto a sospendere l’attività. Le nuove regole imposte dal commissario includono il divieto di movimentazione degli animali e l’accesso agli allevamenti nelle aree di restrizione, nonché la possibilità di abbattimenti preventivi in caso di rischio di contagio. Tuttavia, l’incertezza regna sovrana, con molti allevatori che si sentono abbandonati dalle istituzioni.

La critica si è rivolta anche verso il governo, e in particolare verso il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza. L’Eu Veterinary Emergency Team, gruppo di esperti della Commissione Europea, ha recentemente bocciato la strategia adottata, suggerendo che sarebbe stato più efficace un approccio basato sul monitoraggio e sul contenimento geografico dei cinghiali, piuttosto che sulla caccia.

Dichiarazioni recenti del ministro Lollobrigida, riportate dai media, sottolineano l’impegno del governo nel fronteggiare la crisi, pur ammettendo le difficoltà incontrate. Lollobrigida ha ribadito l’importanza delle nuove misure di biosicurezza e ha promesso un maggiore supporto agli allevatori, ma per molti queste rassicurazioni arrivano troppo tardi.

Con l’aumento dei focolai, l’epidemia di peste suina si sta trasformando in una catastrofe economica e sanitaria, con conseguenze che potrebbero essere devastanti non solo per il settore zootecnico, ma anche per l’intera economia delle regioni colpite.

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