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Politica

Scontro aperto tra governo e magistratura: alta tensione sulla gestione dei migranti in Albania

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Pronto un decreto per blindare le procedure di rimpatrio dei migranti in Albania. Lo scontro tra esecutivo e magistratura si inasprisce sulle questioni di sicurezza e legalità

Il confronto tra governo e magistratura sul tema dell’immigrazione e dell’accordo con l’Albania per la gestione dei migranti sta assumendo toni sempre più accesi. La questione si è infiammata ulteriormente a seguito della decisione del Tribunale di Roma di non convalidare il trattenimento di migranti nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) in Albania, sollevando tensioni tra il potere esecutivo e quello giudiziario.

Il governo, e in particolare Palazzo Chigi, ha interpretato alcune recenti azioni della magistratura come tentativi di ostacolare le proprie politiche, insinuando che una parte politicizzata della magistratura possa agire con intenti ostruzionistici. Il sospetto è stato amplificato dalla pubblicazione di una mail del sostituto procuratore della Cassazione, Marco Patarnello, ritenuta da molti esponenti di governo come un’ulteriore prova di questa ipotetica interferenza politica. Nella mail, pubblicata da Il Tempo, Patarnello esprimeva preoccupazioni su come la premier Giorgia Meloni, priva di inchieste a suo carico, potesse agire con forza e determinazione su una base politica, rendendo così “molto più pericolosa” la sua azione.

Meloni ha rilanciato il passaggio, sottolineando come questo rappresenti un chiaro esempio dell’opposizione che alcune frange della magistratura potrebbero porre nei confronti delle politiche del governo. La leader del Partito Democratico, Elly Schlein, ha però respinto queste accuse, definendo le dichiarazioni di Meloni come “vittimismo quotidiano”.

In questo clima di alta tensione, il governo si prepara a varare un decreto legge, discusso in Consiglio dei ministri, volto a superare le difficoltà giuridiche sorte dalla sentenza del Tribunale di Roma. L’obiettivo del decreto sarebbe quello di rendere primaria, e non più secondaria, l’indicazione dei cosiddetti “Paesi sicuri”, come l’Albania, in cui poter rimpatriare i migranti. Inoltre, si sta valutando l’idea di limitare i ricorsi relativi ai trattenimenti nei CPR, demandando tali competenze alle Corti d’Appello, come già accaduto per le richieste di asilo.

La sentenza del Tribunale di Roma è stata definita “abnorme” dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, ma è stata giudicata conforme al diritto europeo dall’Unione delle Camere Penali, che ha difeso l’operato dei giudici, affermando che essi si sono limitati ad applicare la normativa comunitaria. Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), Giuseppe Santalucia, ha respinto con fermezza le accuse rivolte alla magistratura, denunciando come le critiche del governo rappresentino una “minaccia” senza precedenti all’autonomia giudiziaria.

Sul fronte politico, gli esponenti della maggioranza, come Maurizio Gasparri, hanno criticato duramente la mail di Patarnello, definendola “eversiva” e sollecitando l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in qualità di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Per Gasparri, la vicenda getta ombre sulla terzietà della magistratura, mentre esponenti di Fratelli d’Italia hanno denunciato una “deriva delle toghe rosse”.

D’altra parte, l’ANM ha respinto tali accuse, difendendo l’operato della magistratura e ribadendo che non vi è alcun intento politico dietro le decisioni giudiziarie. Santalucia ha dichiarato che la magistratura non cerca contrapposizioni con l’esecutivo, ma vive con preoccupazione gli attacchi rivolti ai giudici per aver agito secondo diritto.

Il Quirinale, per ora, osserva con attenzione l’evolversi della situazione, mantenendo il consueto riserbo fino alla pubblicazione del decreto legge. Tuttavia, l’interesse del Presidente Mattarella si estende oltre lo scontro tra governo e magistratura, considerando anche le implicazioni europee della gestione delle migrazioni, che resta una delle priorità della nuova Commissione Europea.

Il governo, spinto dalla necessità di accelerare le procedure di rimpatrio e proteggere gli accordi internazionali, sembra intenzionato a proseguire per la sua strada. Tuttavia, resta da vedere se il decreto legge riuscirà davvero a risolvere le criticità sollevate o se continueranno le tensioni tra i due poteri dello Stato.

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