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Economia e Finanza

SANITÀ E CORRUZIONE: IN ITALIA VALE 23 MILIARDI, MA SI TAGLIA SULLA PELLE DEI CITTADINI

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Dalle inefficienze agli sprechi e corruzione un mondo sommerso che ancora i politici fanno fatica a relazionare. Dai vaccini ai chemioterapici, quanto guadagnano le case farmaceutiche?

di Cinzia Marchegiani

Sanità italiana, un tempo un valore aggiunto che rappresentava il fiore all’occhiello di una nazione al passo con la crescita economica e con l’evoluzione della civiltà. Ora assistiamo a tagli repentini sulle prestazioni sanitarie che stanno minando l’assistenza sanitaria e il patrimonio indiscusso della prevenzione, forma acclarata di contenimento della spesa pubblica. Ora invece con colpi micidiali, la legge di stabilità ha deciso tagli lineari che i cittadini pagano sulla propria pelle con l’impossibilità concreta di poter accedere alla sanità pubblica diventata una chimera andando anche a ledere la libertà deontologica dei medici. Ma chi nel tempo non è riuscito a saper individuare i buchi neri dove i soldi pubblici venivano inghiottiti per poi presentare il "conto beffa" agli utenti che avendo perso lavoro non riusciranno ad andare nel privato? Quanti disabili o malati rari con necessità quotidiane sono stati privati di diritti inalienabili che uno stato garante dovrebbe tutelare?

La corruzione in sanità vale 23 miliardi annui. Dai dati pubblicati nel “Libro Bianco sulla corruption in sanità” realizzato da ISPE (Istituro per la Promozione dell’Etica in Sanità) emerge che la sanità italiana brucia ogni anno circa 23 miliardi di euro tra sprechi, inefficienze e corruzione. Il libro è una vera denuncia, frutto di un lavoro eccellente svolto in questi anni sullo studio del fenomeno e nella definizione di strumenti di prevenzione e contrasto al malaffare a danno della salute dei cittadini – come ha sottolineato Francesco Macchia, presidente di ISPE Sanità.

Tagli sulla sanità, sulle prestazioni e analisi mediche, mentre 23 miliardi l’anno vanno in tasca alla corruzione o inefficienza. In Italia quindi 23 miliardi di euro annui nel settore sanitario vengono fagocitati dalla corruzione, dalle inefficienze e sprechi che dovevano invece servire a dare più offerte agli utenti soprattutto in un paese sempre più povero dove il cittadino medio non riesce ad accedere ai servizi pubblici e quindi necessariamente ha rinunciato a curarsi, anche se il privato conviene a dispetto dei costi pubblici.

Sistema Sanitario Nazionale definanziato di altri 4,4 miliardi oltre i 25 degli anni 2012-2015. Appurato che ogni anno vengono sottratti ai cittadini 23 miliardi di euro di cui nessuno risponderà vista la legge italiana e l’incapacità di sanzionare concretamente chi non solo ruba, ma anche chi, pagato profumatamente, è incapace a gestire e amministrare denaro pubblico, dall’altra parte vengono tolti miliardi essenziali al SSN come previsto dal Patto nazionale per la salute 2014-2016, infatti il Disegno di Legge prevede che il SSN nel 2015-2016 venga definanziato di 4,4 miliardi, signora cifra che inoltre va ad aggiungersi ai 25 miliardi di euro sottratti al SSN delle precedenti manovre finanziarie nel quadriennio 2012-2015.

Verità paradossali, l’OCSE dimostra che la spesa sanitaria è crollata. Mentre si definanzia il SSN di altri 4,4 miliardi e prima ancora 25 miliardi, l’OCSE studia quanto la spesa sanitaria sia stata incisiva alle tasche dello stesso SSN. Ciò che emerge è paradossale, gli ultimi dati mostrano il perdurare del calo della spesa sanitaria nel nostro Paese:”Record negativo nel 2011 con un – 1,9% rispetto all'anno precedente. E la nostra spesa procapite è la più bassa di tutti i grandi paesi europei”. Ciò significa che la spesa sanitaria pubblica e privata italiana continua a scendere e nel 2011 quando ha segnato un record negativo del – 1,6%. Il dato diffuso dall’Ocse pone l’Italia tra i Paesi che spendono meno tra i 32 dell’area Ocse. Sia in termini di incidenza sul Pil (la nostra spesa pubblica e privata incide per il 9,2% contro medie superiori all’11 in molti paesi europei come Olanda, Francia e Germania) che in termini procapite.

Colpiti gli utenti ma non le case farmaceutiche. Nel paese degli eclatanti paradossi si colpisce il cittadino che con difficoltà sempre più emergenti si trova impossibilitato ad accedere ai servizi sanitari, ma non il business della case farmaceutiche. La riprova di questa dinamica vede in primo piano un accanimento nel voler continuare a rendere obbligatorio il vaccino esavalente quando la legge di stato obbliga solo 4 vaccini, ma di fatto i genitori non hanno possibilità di scegliere poiché esiste solo la forma farmaceutica dell’esavalente presso i centri vaccinali, con un aggravio di altri 114 milioni di euro annui in favore dell’industria farmaceutica, spesa importante che grava però sulle casse statali e un danno erariale di cui ancora nessuno è stato ritenuto responsabile.

Vaccini e il caso Lorenzin. Il ministro Lorenzin si è spinta talmente tanto a difesa di questa campagna mediatica che andando in tv ha spaventato molti genitori spiegando che se non si vaccinano si muore e come si può morire ad esempio di pertosse perché non esiste un farmaco per questa malattia.. Ecco, vogliamo ricordare ai genitori che ciò non solo è falso, per la pertosse esiste un farmaco e contrarre le malattie non significa perire per esse. E’ stata attivata una campagna aggressiva quando non esiste una pandemia in atto, ma forse chissà solo la necessità di giustificare la preparazione esavalente quando lo Stato non attiva bandi per quello quadrivalente. Per questo l’antitrust da maggio 2015 sta indagando porpio sul monopolio dei vaccini ad uso umano. Gli altri vaccini come ad esempio il MPR (Morbillo, Parotide e Rosolia) pur essendo raccomandati deve rimanere una scelta personale dei genitori e/o su consiglio pediatrico. Per questo molti si chiedono come mai non esiste un garante istituzionale che possa sanzionare o capire come mai il proprietario del dicastero della salute possa affermare che si muore di pertosse e impaurire le persone.

Inchieste giornalistiche svelano troppi sprechi a favore delle case farmaceutiche. In questo paese si deve venire a scoprire sempre tramite inchieste giornalistiche come quelle prodotte da Report gli sprechi che non vengono affrontati che sembrerebbero sempre tutelare le case farmaceutiche.

Dalla puntata del 1° Novembre 2015 la trasmissione Report ha scoperto altri sprechi dalle risonanze magnetiche "al succo d'ananas" alla cura dei tumori radioresistenti con l'innovativa "adroterapia". Due storie in cui ricerca e passione nella sanità si dimostrano più forti di qualsiasi taglio. Di solito le radiologie comprano un liquido di contrasto da un'azienda farmaceutica. Alla radiologia del policlinico S.Orsola di Bologna invece danno da bere il succo d'ananas ai pazienti che devono fare gli esami alle vie biliari. "E’ un succo normale – spiega la dottoressa Rita Golfieri, direttore del reparto – ma potrebbe essere impiegato anche un succo di mirtillo normale, perché anche il mirtillo contiene il manganese". L'ananas costa meno, i pazienti lo gradiscono e il Policlinico risparmia ogni anno 13 mila euro. Ma non è l'unica iniziativa: rimettendo mano ai servizi di ristorazione, logistica e pulizie sono riusciti a tagliare i costi di due milioni e mezzo e a ridistribuire ai dipendenti un milione, per esempio eliminando i piatti di plastica e tornando a quelli di ceramica.
Se poi vogliamo vedere quanto l’Italia può essere all’avanguardia nella sanità allora bisogna andare a Pavia, dove un gruppo di fisici coinvolgendo 500 ditte italiane ha realizzato il sincrotrone, una tecnologia che nel mondo si può trovare solo in altri tre centri in Giappone, Cina e Germania e cura i tumori radioresistenti. Pensate a un gigantesco microonde, un anello di 80 metri di diametro che genera un fascio di protoni o di ioni carbonio che percorrono la circonferenza un milione di volte in mezzo secondo. Il carbonio richiede grandi macchine per essere accelerato ma quando arriva a colpire la cellula tumorale è tre volte più efficace dei raggi X. I sarcomi sono radio resistenti, con questa terapia significa curare i malati.

Insomma, si è intuito che manager in seno all’Istituto Superiore della Sanità, né in seno al Ministero della Salute siano stati in grado di abbattere fortemente gli sprechi milionari che giorno dopo giorno vanno a ledere proprio le casse delle Stato che di fronte alla legge di stabilità pensa bene a togliere il diritto alla salute invece di eliminare le inefficienze, gli sprechi e la corruzione.

Le case farmeceutiche, la fidelizzazione efficace con la vendita dei vaccini. Intanto le case farmaceutiche ringraziano, le stesse che con i vaccini hanno una forte tendenza a fidelizzare sempre di più lo Stato ai propri Cluster poiché grazie alla fidelizzazione le industrie riescono ad anticipare le previsioni di incasso a prescindere dalle malattie, incassi sicuri che permettono alle stesse aziende di poter anticipare altri investimenti per progetti e/o sperimentazioni che non potrebbero avere se non esclusivamente con i vaccini. Fidelizzare un numero cospicuo di utenti è fondamentale per molti motivi: 1) è efficace perché sono la prima risorsa aziendale; 2) permette di azzardare acquisti; 3) programmare svendite e acquisti; 4) permettevi avere prezzi costanti e quindi essere fortemente concorrenziale; 5) evita svendite non produttive.

Paradossali i dati che emergono sui costi sanitari, gli sprechi oltre la corruzione e l’inefficienza. Buchi milionari che vengono fatti pagare a caro prezzo soprattutto ai cittadini che per una crisi economica o casi di malattie croniche, rare o disabilità saranno colpiti con maggiore violenza da questa scure, mentre si esonerano i responsabili della mala gestione sanitaria. Non si capisce la motivazione che spinge a tutelare sempre gli introiti delle case farmaceutiche che vanno ad incidere con una doppia lama i diritti dei cittadini.

La scienza economica deve coincidere con il diritto alla salute, il diritto di avere terapie le più efficienti ed efficaci, il diritto di sapere se vaccinando i propri figli si sta alimentando un business che non ha nulla a che fare con la prevenzione, visto che non sempre vaccinare corrisponde ad immunizzare. Nel mondo delle vaccinazioni servirebbe un controllo epidemiologico su come i vaccini siano efficaci e sicuri…d’altronde quando si autorizza un farmaco occorrerebbe verificare se lo stesso è capace di sostenere la sua azione, di fatto in farmacovigilanza si dichiara che la mancata o minore efficacia di un farmaco, rispetto alla risposta attesa, è una reazione avversa da segnalare. Vaccini e chemioterapici inclusi verrebbe da sottolineare. Ci si riuscirà? 

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Economia e Finanza

L’Italia è il paese più ricco di strutture ricettive in Europa

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Il fenomeno dell’eccesso turistico costituisce attualmente tema importante del dibattito pubblico, anche grazie a tutta una serie di proteste che si sono verificate in alcune delle mete turistiche più frequentate del continente europeo, con le più accese a Barcellona e Maiorca. Con questa espressione si intende una situazione in cui l’impatto del turismo supera le capacità fisiche, ambientali, sociali, economiche, psicologiche o politiche dei luoghi in cui accade vedi Venezia o Firenze. Si tratta di dinamiche che hanno delle ripercussioni sia sui residenti delle comunità locali che sui turisti stessi, oltre che sul paesaggio, sui beni culturali e sui servizi presenti all’interno di questi contesti. La misurazione di queste dinamiche è ancora complessa da fare. Si tratta di materia relativamente nuova per le quali ancora non ci sono delle reali linee guida su quali siano gli indicatori da utilizzare. Inoltre, alcune caratteristiche del fenomeno (come la sua stagionalità) rendono ancora più complesse le analisi. Per poter iniziare ad inquadrare il fenomeno è utile valutare lo stato dell’industria turistica nei paesi comunitari, partendo dal numero di strutture ricettive di accoglienza e il numero di posti letto.
 
Nel suo complesso, l’Unione Europea conta oltre 636mila strutture ricettive con più di 29 milioni di posti letto. In questo dato si comprendono non soltanto gli alberghi ma anche altre strutture di alloggio simili come i B&B oltre a campeggi e aree camperistiche attrezzate.
 
Negli anni delle restrizioni dovute alla pandemia si registra un calo ma i valori attuali (riferiti al 2023) sono in crescita rispetto al periodo pre-Covid. Per quel che riguarda il numero di strutture ricettive, si registra un incremento del 3% rispetto al 2019 mentre per i posti letto l’aumento è dell’1,5%. Il 21,1% delle strutture turistiche europee si trova in aree urbane centrali, che comprendono il 22,6% dei posti letto. Seguono poi le zone periferiche (32,5% strutture, 33,6% posti letto) e le zone rurali (46,4% e 43,8%). Circa la metà delle infrastrutture turistiche europee si trova in aree costiere (51,1%) e copre il 41,6% dei posti conteggiati.
 
Come informa Openpolis, su elaborazione dati da Eurostat, in termini assoluti l’Italia è il paese europeo dotato del maggior numero di strutture ricettive (229.513) e di posti-letto (5,2 milioni). Rispettivamente, coprono il 36,1% e il 17,8% dell’offerta nel continente; per quel che riguarda le infrastrutture turistiche, seguono Croazia (117.476, il 18,5%), Germania (48.275, 7,6%) e Francia (29.375, 4,6%). In coda,  tre piccoli paesi dell’unione: Cipro (771, 0,1%), Lussemburgo (357, 0,1%) e Malta (335, 0,1%).
 
Per quel che riguarda invece i posti-letto, al nostro paese seguono Francia (5.094.909, 17,5%), Germania (3.665.302, 12,6%) e Paesi Bassi (1.400.003, 4,8%). Gli stati caratterizzati da una minore quantità di posti letto sono invece Lussemburgo (57.830, 0,2%), Lettonia (52.263, 0,2%) e Malta (51.041, 0,2%). Occorre evidenziare che risultano mancanti i dati dell’Irlanda mentre quelli della Spagna sono invece parziali, motivo per cui non sono stati considerati nell’analisi.
 
Questi dati sono disponibili a livello regionale per quasi tutte le aree dell’UE. Per poter permettere di confrontare il dato tra regioni con popolazione differente, è stata calcolata l’incidenza ogni 10mila abitanti. La regione europea con l’incidenza maggiore di strutture ricettive è Jadranska Hrvatska (857,64 ogni 10mila abitanti), che comprende tutta l’area della Croazia. Seguono Ionia Nisia (Grecia, 223,90) e la provincia autonoma di Bolzano (221,55). Tra le prime dieci europee, quattro sono italiane: oltre al territorio già citato, sono presenti anche il Veneto (123,84), la Valle d’Aosta (103,39) e il Friuli-Venezia Giulia (83,07). Sui posti letto invece i valori maggiori si registrano nella regione di Notio Aigaio (Grecia, 9.084,56), Jadranska Hrvatska (Croazia, 8.357,92), Ionia Nisia (Grecia, 7.714,12) e Corsica (Francia, 4.728,77).
 
È importante notare che valutare l’incidenza delle strutture ricettive turistiche sul territorio è solo uno degli elementi utili per considerare lo stato del turismo in una regione. Di fondamentale importanza è considerare anche la quantità di notti passate dai turisti in un paese, così come l’incidenza del settore nel calcolo del Pil.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Economia e Finanza

Sicilia, discariche sature: 90mila tonnellate di rifiuti in partenza per la Finlandia

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Di Paola (M5s): “Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche”

È da tempo risaputo come anche i rifiuti siano una risorsa ma una risorsa non facile da gestire e trasformare in prodotti utili. Si apprende dunque sa organi d’informazione siciliani che è stata recentemente definitiva una disposizione o decreto regionale, del 1° agosto scorso, che consente di spedire i rifiuti della Sicilia all’estero fino al prossimo 30 giugno e questa volta con destinazione Finlandia.

L’assessorato regionale competente pei rifiuti ha deciso che dall’isola Sicilia saranno effettuate almeno 3 mila spedizioni di rifiuti indifferenziati, trattati negli impianti Tmb, che non possono essere più smaltiti in loco, per complessive circa 90 mila tonnellate di rifiuti, decisione provocata dalla saturazione delle discariche locali, come quella di Lentini, gestita dalla Sicula Trasporti.

Questi trasferimenti, però, non sono indolori per i Comuni siciliani, che vedranno sobbarcarsi un costo extra

Lo smaltimento in Sicilia costava tra i 200 e i 250 euro a tonnellata, mentre in Danimarca, nel termovalorizzatore di Copenaghen, la cifra è salita a 400 euro a tonnellata. Adesso, l’immondizia di circa 150 Comuni siciliani, soprattutto della Sicilia orientale ma anche del Trapanese, Agrigentino e Palermitano, finirà in Finlandia trasportata dalla ditta lombarda Vibeco, nel termovalorizzatore della società Loviisan Satama Oy, sita a Valko, ove verranno trattati nell’ottica del recupero energetico.

Ed è prevedibile che i costi lieviteranno ulteriormente. Il porto di Loviisa è un porto marittimo baltico nella città di Loviisa, situato sulla costa meridionale della Finlandia e sulla sponda settentrionale del Golfo di Finlandia. a poco meno di una novantina di km. da Helsinki.
Il decreto non indica alcun prezzo né fornisce un ristoro economico ai sindaci, che già dall’anno scorso avevano chiesto uno stanziamento extra per fronteggiare i costi.

La situazione è ora più complessa e pesante

Secondo l’attuale governo regionale, i rifiuti potranno in futuro essere trattati in Sicilia utilizzando un paio di inceneritori che dovrebbero essere realizzati a Palermo e Catania, ma il cui iter autorizzativo non sembra breve, ragion per cui la soluzione dell’esportazione non appare di breve durata.


Il M5S, con il vicepresidente dell’ARS, Nuccio Di Paola, fiuta il pericolo di una manovra inevitabile per la Regione dichiarando che “se spedire i rifiuti in Finlandia è la soluzione di cui tanto parlava Schifani pochi giorni fa, allora c’è davvero da preoccuparsi.

Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche. Con queste cifre, una amministrazione coscienziosa avrebbe dovuto stringere i tempi per accompagnare le due grandi città siciliane, Catania e Palermo, a ridurre il quantitativo di raccolta non differenziata. Invece a quanto apprendiamo, la musica non cambia. Lo avevamo visto già con Musumeci, continuiamo a vederlo con Schifani”.

Alla destinazione finnica si aggiunge anche una destinazione turca: infatti altri 5 decreti hanno autorizzato l’invio a Aliaga-Izmir, nell’impianto Ege Celik Sanay Ticaret, di 5.733 tonnellate. Anche in questo caso l’autorizzazione all’invio, concordata con i ministeri dell’Ambiente italiano e turco, durerà un anno.

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Costume e Società

Croazia: boom di turisti e prezzi alle stelle

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La Croazia ad oggi è parte dell’Unione Europea e come tale ha acquisito i diritti e i doveri degli altri Paesi che ne fanno parte. Diverse testimonianze di turisti confermano che quest’anno si è osservato un boom turistico proveniente da zone limitrofe e oltre: Italia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Grecia e Francia.

Tuttavia, è credibile che l’entrata della Croazia tra le “stelle” dell’Unione Europea abbia incentivato la costruzione di alberghi e di ristoranti per ospitarne il turismo da un lato, ma dall’altro ha sicuramente rialzato le spese dell’economia croata.

Questo aspetto finanziario dettato dalla moneta unica, rispetto a quello che era il valore della moneta croata, ha “meravigliato” sia la popolazione croata che il turismo, subendo alcuni contraccolpi sia nelle spese che nei ricavi economici.

L’euro, in un certo senso, ha equiparato la Croazia con gli altri Stati Europei da un punto di vista dei tre settori economici: agricoltura, industria e turismo.

Questo requisito ha però modificato la vita quotidiana di ciascun croato che si è ritrovato a dar di conto ad un’economia più ampia e complessa rispetto al passato.

Non c’è alcun dubbio sul fatto che la Croazia si stia notevolmente sviluppando nel turismo con la costruzione di alberghi, di strutture marittime etc…, ma questi nuovi investimenti hanno richiesto all’economia croata di creare adeguate risorse non solo per il turismo, ma anche per gli abitanti stessi.

La Croazia ad ora ha prezzi elevati e poco concorrenziali soprattutto negli alimenti, nelle postazioni turistiche (es. ombrelloni, sdrai), nei vestiti e nell’oggettistica (es. souvenirs), rischiando un saldo economico di ritorno più basso del previsto.

Un tempo il turista che arrivava in Croazia pagava meno rispetto ai servizi di cui necessitava, oggi è inevitabile che l’aumento dei prezzi possa portare con sé il rischio di abbassare il flusso turistico.

La Croazia ha però una particolarità intrinseca rispetto al passato: nelle città costiere i prezzi si sono elevati rispetto alle isole. Questo dato è tratto da alcune ricerche svolte sul campo nei periodi di luglio e agosto; è come se la vita da isolano costasse meno rispetto a quella di città. Il dato potrebbe essere scontato, ma non lo è, poiché prima dell’ingresso nell’Unione Europea, l’intera Croazia aveva costi poco concorrenziali e soprattutto similari nel triangolo costa, città e isola.

Nel frattempo che la Croazia continui il suo “viaggio” di inserimento in Europa, ogni turista sicuramente “farà due conti in tasca prima di avventurarsi in zone della Croazia dove i costi sono saliti alle stelle”.

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