San Camillo: malato terminale muore al pronto soccorso, il figlio scrive alla Lorenzin: “Nessuna dignità"

di Paolino Canzoneri

Roma – L'azienda ospedaliere San Camillo-Forlanini è stata teatro ancora una volta di un drammatico evento che ha suscitato indignazione e che non mancherà certamente di creare polemiche e scambi di accuse. Un malato terminale privato della benchè minima privacy se non un maglione appeso tra muro e paravento dietro il quale il padre del giornalista Patrizio Cairoli di Askanews malato terminale, ha atteso 56 ore di agonia privato di cure, senza essere sedato e sopratutto lontano dagli occhi del continuo via vai di parenti, dottori, infermieri e inservienti. Il San Camillo è una realtà fra le più grandi della capitale che conta all'attivo ben oltre 90mila visite e pazienti ma ad oggi manca una zona cosiddetta "fine vita" quale luogo decoroso che possa accogliere quei pazienti a cui non è più possibile trovare cura o rimedio. Il direttore dell'ospedale Luca Casertano ha commentato l'accaduto: "Un limite che stiamo cercando di affrontare. Abbiamo un settore più tranquillo e defilato, ma purtroppo non era disponibile. Si tratta di un'area, non dedicata o strutturata, ma purtroppo era occupata da un malato grave e da un altro 'fine vita. E' una questione complicata da comunicare. Si manda in un posto letto, magari di terapia intensiva, una persona che ha maggiore possibilità di giovarne piuttosto che una di cui so, con assoluta certezza, che non potrò salvare'". Il collega giornalista vittima e testimone anch'egli di questa tragedia personale ha mandato una missiva al ministro della Salute Beatrice Lorenzin reclamando il diritto sacrosanto di morte dignitosa da parte di tutti: "Abbiamo protestato e chiesto una stanza in reparto o in terapia intensiva, un posto più riparato. Ma non abbiamo ottenuto nulla. Allora sarebbe bastata una tenda, tra un letto e l'altro. Invece abbiamo dovuto insistere per ottenere un paravento, non di più, perché gli altri servono per garantire la privacy durante le visite'; una persona che sta morendo, invece, non ne ha diritto: ci hanno detto che eravamo persino fortunati. Così, ci siamo dovuti ingegnare: abbiamo preso un maglioncino e, con lo scotch, lo abbiamo tenuto sospeso tra il muro e il paravento; il resto della visuale lo abbiamo coperto con i nostri corpi, formando una barriera. Sarebbe dovuto morire a casa, soffrendo il meno possibile. È deceduto in un pronto soccorso, dove a dare dignità alla sua morte c'erano la sua famiglia, un maglioncino e lo scotch. L'indifferenza dei medici ma soprattutto per l'epilogo deprivato della necessaria umanità e riservatezza accanto anziani abbandonati, persone con problemi irrilevanti che parlavano e ridevano, vagabondi e tossicodipendenti". La ministra ha prontamente risposto d'esser colpita da quanto accaduto e di aver appurato la presenza di fatti gravi che dovranno essere chiariti tanto da disporre prontamente l'invio degli ispettori. Di pari avviso il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che si aspetta una relazione dettagliata dal generale dell'ospedale mentre la senatrice pentastellata Paola Taverna ha annunciato una interrogazione per venire a conoscenza del fatto. Sembra esserci la volontà di ampliare e creare spazi grazie ai fondi del Giubileo cosi da consentire la realizzazione di due aree con accesso indipendente ma resta tuttora incompresibile e inaccettabile quella sorta di "indifferenza causa impossibilità di cura" che ha relegato quella povera persona in un angolo apparentemente in disparte a patire dolore nell'attesa disperata del decesso. Una chiara mancanza di rispetto della dignità di chi non ha più speranza di guarigione.